Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7260 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7260 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 32170/2021 R.G., proposto da
COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME domiciliato come da indirizzo pec indicato, per procura su foglio separato allegato al ricorso
–
ricorrente
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contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA , in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato come da indirizzo pec indicato,
–
contro
ricorrente – per la cassazione del decreto n. 1139/2021 del Tribunale di L’Aquila pubblicato il 14.6.2021;
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 13.12.2021 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Ordinamento penitenziario -Detenzione in condizioni non conformi all’art. 3 CEDU -Decreto -Impugnazione
Con decreto pubblicato il 15.6.2021 il Tribunale di L’Aquila rigettò il ricorso ex art. 35 ter l. 354/1975 proposto da NOME COGNOME nei confronti del Ministero della Giustizia, al fine di ottenere il risarcimento del danno patito per la detenzione in Teramo, tra il 16.5.2019 ed il 14.2.2020, in condizioni inumane per la durata di 274 giorni.
Osservò il Tribunale che il ricorrente nel periodo indicato non era mai stato detenuto in una cella con spazio individuale a disposizione inferiore o uguale a 3 mq, anzi per la maggior parte del periodo lo spazio a disposizione era stato ben oltre i 4 mq. Inoltre, le condizioni generali di detenzione (bagno, acqua calda, riscaldamento, areazione e luce) erano sufficienti ed al detenuto era consentito uscire dalla cella per moltissime ore durante la giornata.
Per la cassazione del decreto ricorre NOME COGNOME sulla base due motivi. Risponde con controricorso il Ministero della Giustizia.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, ai sensi dell’art.380bis .1. cod. proc. civ..
Il Pubblico Ministero presso la Corte non ha presentato conclusioni scritte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia ‘violazione ovvero falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ.’.
Il ricorrente sostiene che il Tribunale di L’Aquila, pur partendo dalla premessa dell’esistenza di una presunzione relativa di inumanità della detenzione nelle carceri italiane, avrebbe erroneamente valutato la prova contraria offerta dal Ministero della Giustizia sulla base di una relazione fornita dall’amministrazione penitenziaria , presente solo nello storico del fascicolo, ma riferita ad un periodo di detenzione diverso da quello oggetto del ricorso e finanche disconosciuta dall’Avvocatura dello Stato , la quale nelle note di trattazione scritta del 18.5.2021 aveva riferito che il carcere interessato non aveva fornito le notizie richieste.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ‘manifesta contraddittorietà, erroneità ed illogicità della motivazione, ovvero omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti’.
Pur ammettendo che la relazione prodotta dall’amministrazione penitenziaria fosse riferibile al periodo dal 16.5.2019 al 14.2.2020, erroneamente il Tribunale avrebbe effettuato il computo dello spazio vitale. Infatti, dai 27,10 mq della cella si sarebbero dovuti sottrarre 4,30 mq corrispondenti alla superficie del bagno, residuando mq 16,32, da suddividere per 3 detenuti (48 giorni), per 4 detenuti (68 giorni), per 5 detenuti (100 giorni) e 6 detenuti (59 giorni), non senza considerare la necessità di sottrarre la superficie occupata dal mobilio che, sebbene non ancorato, riduceva vieppiù lo spazio utile.
Il ricorso è inammissibile perché proposto ol tre il termine previsto dall’art. 325, comma secondo, cod. proc. civ.
3.1. L’art. 35 ter , comma terzo, l. 354/1975, prevede che ‘Coloro che hanno subito il pregiudizio di cui al comma 1, in stato di custodia cautelare in carcere non computabile nella determinazione della pena da espiare ovvero coloro che hanno terminato di espiare la pena detentiva in carcere possono proporre azione, personalmente ovvero tramite difensore munito di procura speciale, di fronte al tribunale del capoluogo del distretto nel cui territorio hanno la residenza. L’azione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla cessazione dello stato di detenzione o della custodia cautelare in carcere. Il tribunale decide in composizione monocratica nelle forme di cui agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Il decreto che definisce il procedimento non è soggetto a reclamo. Il risarcimento del danno è liquidato nella misura prevista dal comma 2’.
Come evidenziato dal Ministero della Giustizia il decreto del Tribunale di L’Aquila è stato reclamato dal sig. COGNOME con atto notificato il 15.7.2021 dinanzi alla Corte d’appello di L’Aquila, che l’ha dichiarato inammissibile con decreto del 22.10.2021, in quanto relativo a provvedimento non reclamabile ex art. 35 ter , comma terzo, l. 354/1975. Solo successivamente a tale declaratoria di inammissibilità il sig. COGNOME ha proposto il ricorso per cassazione con atto notificato il 13.12.2021.
3.2. L’art. 358 cod. proc. civ., al pari di quanto previsto dall’art. 387 cod. proc. civ., stabilisce che ‘l’appello dichiarato inammissibile o improcedibile non può essere riproposto, anche se non è decorso il termine fissato dalla legge.
Sulla base di tali disposizioni questa Corte ha ripetutamente affermato che il principio di consumazione del relativo potere non esclude che, fino a quando non intervenga una declaratoria d’inammissibilità dell’atto d’appello preventivamente notificato, possa essere proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza, contro la quale sia ammessa soltanto la ricorribilità per cassazione, sempre che la seconda impugnazione risulti tempestiva, dovendo tale tempestività valutarsi, anche in caso di mancata notificazione della sentenza medesima, non in relazione al termine annuale, bensì in relazione al termine breve decorrente dalla data di proposizione della prima impugnazione, equivalendo essa alla conoscenza legale del provvedimento impugnato da parte dell’impugnante (v., Cass., sez. III, 23 maggio 2011, n. 11308).
Infatti, costituisce principio portante, affermato dalla giurisprudenza di legittimità rispetto sia all’appello sia al ricorso per cassazione, quello secondo cui, la notificazione di un’impugnazione equivale (tanto per la parte notificante, quanto per la parte destinataria) alla notificazione della sentenza stessa, ai fini della decorrenza del termine breve di cui all’art. 325 cod. proc. civ. per proporre altro tipo di impugnazione (v., Cass., sez. II, 15 marzo 2023, n. 7448; sez. III, 20 novembre 2020, n. 26427), sì che la seconda impugnazione non è ammessa se al momento della sua proposizione sia intervenuta pronuncia (di inammissibilità, improcedibilità, estinzione) sulla prima impugnazione (v. Cass., 11308/2011, cit.).
3.3. Da ciò consegue che, una volta proposta impugnazione presso la Corte d’appello, la possibilità di esperire il ricorso per cassazione presuppone che questo sia avanzato prima della eventuale dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità della prima impugnazione, fermo restando che dalla notificazione di quest’ultima decorre il termine breve per la proposizione della seconda. Tale astratta possibilità non può escludersi nelle ipotesi di pluralità di impugnazioni
diverse svolte contestualmente o a breve distanza di tempo l’una dall’altra , non potendo revocarsi in dubbio la scienza legale ai fini del decorso del termine breve a partire dalla prima impugnazione, risultando così impedita, per il principio della consumazione del diritto di impugnazione, la possibile presentazione sequenziale della seconda impugnazione dopo la dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità della prima.
Tanto premesso, l’odierno ricorso è stato proposto solo successivamente alla dichiarazione di inammissibilità, pronunciata dalla Corte d’appello il 22.10.2021, del reclamo presentato con atto notificato il 15.7.2021 dal sig. COGNOME quando il termine breve per proporre ricorso per cassazione era ormai spirato.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (Cass., sez. un., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, in favore del controricorrente, che liquida in euro 800,00 per competenze professionali, oltre le spese prenotate e prenotande a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza sezione civile della Corte