Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 14576 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 14576 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/05/2025
Oggetto: tardività ricorso
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 05201/2023 R.G. proposto da
COGNOME, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME nel cui studio in Roma, INDIRIZZO è elettivamente domiciliata;
-ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso in proprio ed elettivamente domiciliato presso il proprio indirizzo PEC iscritto nel REGINDE;
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 5026/2019, pubblicata il 22/7/2019 e notificata il 6/12/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/1/2025 dalla dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
Con sentenza n. 627 del 17/06/2015, il Tribunale di Civitavecchia revocò il decreto n. 602/2008, col quale era stato
ingiunto a COGNOME il pagamento, in favore dell’avv. NOME COGNOME della somma di € 3.510, 04 a titolo di compensi per l’attività professionale da questi svolta in materia civile e penale, condannando la medesima COGNOME al pagamento del minor importo di € 2.820,76, con compensazione delle spese di lite.
Il giudizio di gravame, interposto da COGNOME NOME, che chiese il rigetto dell’opposizione ex art. 645 cod. proc. civ. e la conferma del decreto ingiuntivo, si concluse, nella contumacia di COGNOME, con la sentenza n. 5026/2019, pubblicata il 22/07/2019, con la quale la Corte d’Appello di Roma accolse parzialmente l’appello, condannando COGNOME al pagamento, in favore di COGNOME NOME, dell’importo di € 3.510,40 e al rimborso delle spese dei due gradi del giudizio, confermando per il resto l’impugnata sentenza.
Contro la predetta ordinanza, COGNOME propone ricorso per cassazione affidato ad un motivo. COGNOME NOME si difende con controricorso.
Considerato che :
1.1 Con l’unico motivo di ricorso, si lamenta la violazione e falsa applicazione del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 16sexies , conv., con modif., dalla legge n. 221 del 2012 e successivamente modificato dal d.l. n. 90 del 2014, conv., con modif., dalla legge n. 114 del 2014, per avere la Corte d’Appello ritenuto corretta la notifica dell’atto di appello eseguita, tramite servizio postale, presso la cancelleria del Tribunale di Civitavecchia, anziché presso il domicilio digitale (PEC) del procuratore di parte opponente del primo grado costituito in giudizio, nonostante l’istituzione del domicilio digitale obbligatorio.
1.2 Il ricorso è inammissibile.
Occorre, innanzitutto, prendere le mosse dall’art. 327 cod. proc. civ., il quale stabilisce che ‘ Indipendentemente dalla notificazione,
l’appello, il ricorso per cassazione e la revocazione per i motivi indicati nei numeri 4 e 5 dell’articolo 395 non possono proporsi dopo decorsi sei mesi dalla pubblicazione della sentenza ‘ (primo comma) e che ‘ Questa disposizione non si applica quando la parte contumace dimostra di non aver avuto conoscenza del processo per nullità della citazione o della notificazione di essa, e per nullità della notificazione degli atti di cui all’articolo 292 ‘ (secondo comma).
Quest’ultima norma, che, nell’ammettere l’impugnazione tardiva, introduce una deroga alla regola generale, trova applicazione nel solo caso del convenuto contumace incolpevole il quale, prima che abbia a maturare il termine generale annuale di decadenza di cui al primo comma dell’art. 327 cod. proc. civ., non abbia avuto, a causa dell’originaria nullità della citazione o della notifica di essa, notizia alcuna del procedimento (Cass., Sez. 2, 12/12/2003, n. 19037), di talché il termine per impugnare decorre dal momento in cui questi abbia avuto conoscenza anche solo di fatto della decisione sfavorevole, a nulla rilevando quando essa abbia acquisito la prova della non colpevolezza della decadenza (Cass., Sez. 6-3, 24/11/2021, n. 36387), mentre la deroga non è applicabile allorché, prima del maturare di detto termine, il convenuto, sebbene contumace involontario, abbia comunque avuto notizia del procedimento attraverso la notifica della sentenza, effettuata a lui personalmente (Cass., Sez. 2, 12/12/2003, n. 19037).
Come già affermato da questa Corte, la valida notificazione della sentenza al contumace involontario, anche se intervenuta (nella specie, in uno all’atto di precetto) dopo la scadenza del termine lungo decorrente dalla pubblicazione della sentenza, è idonea a far decorrere il termine breve per proporre impugnazione, qualora sussistano sia la condizione oggettiva della nullità degli atti di cui
all’art. 327, secondo comma, cod. proc. civ., sia quella soggettiva della mancata conoscenza del processo a causa di detta nullità, la relativa prova spettando al contumace, salvo il caso di inesistenza della notificazione, la quale pone a carico di chi eccepisca che la parte ebbe, di fatto, conoscenza del giudizio l’onere di fornire la relativa prova (in termini Cass., Sez. 6-2, 6/4/2018, n. 8593; si vedano anche Cass., Sez. 2, 5/11/2013, n. 24763; anche Cass., Sez. 2, 12/12/2003, n. 19037; Cass., Sez. U, 22/06/2007, n. 14570; Cass., Sez. 30/9/2015, n. 19574; Cass., 3, 11/10/2023, n. 28425).
Alla stregua di quest’ultimo principio, deve allora ritenersi che, una volta avuta conoscenza della sentenza, il termine per impugnare è, per il contumace incolpevole, quello breve decorrente dalla conoscenza del processo, in presenza delle condizioni oggettiva e soggettiva di cui si è detto.
Posto, dunque, che, nel caso in esame, il termine lungo è quello annuale, alla stregua della modifica dell’art. 327 cod. proc. civ., introdotta dalla l. n. 69 del 2009, che, sostituendo il termine di decadenza di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza all’originario termine annuale, è applicabile, ai sensi dell’art. 58, comma 1, della predetta legge, ai giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore e, quindi, dal 4 luglio 2009, restando irrilevante il momento dell’instaurazione di una successiva fase o di un successivo grado di giudizio (Cass., Sez. 2021, n. 37750), essendo stato il presente giudizio instaurato prima del 25/9/2008, data di ricezione della notifica del ricorso e del pedissequo decreto ingiuntivo n. 602/2008, deve ritenersi che il ricorso per cassazione avrebbe dovuto essere instaurato entro sessanta giorni decorrenti dal 6/12/2022, data nella quale sono stati notificati alla ricorrente la copia esecutiva della sentenza della Corte d’Appello e l’atto di precetto, come affermato nello stesso ricorso, e dunque entro il
6/2/2023. Come costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, tale modalità di notificazione deve ritenersi infatti idonea anche a far decorrere il termine breve per l’impugnazione, indipendentemente dalla circostanza che la sentenza sia stata notificata in forma esecutiva, ai sensi dell’art. 479 cod. proc. civ., e quindi in funzione dell’eventuale avvio dell’esecuzione forzata, dal momento che, agli effetti di cui all’art. 326 cod. proc. civ., non assume rilievo il fine per il quale la notifica sia stata effettuata, ma il fatto obiettivo della notifica, quale evento ritenuto dalla legge idoneo ad assicurare la conoscenza legale della decisione, e quindi a consentire al destinatario l’esercizio del potere d’impugnazione (cfr. Cass., Sez. I, 25/01/2017, n. 1647; Cass., Sez. III, 15/03/2006, n. 5682; Cass., Sez. II, 18/04/2000, n. 4975).
Pertanto, essendo stato il ricorso per cassazione mandato per la notifica il 17/2/2023, è evidente come questo sia comunque tardivo, nonostante la dedotta originaria inconsapevolezza, per il ricorrente, del processo d’appello, con conseguente sua inammissibilità.
Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza e devono essere poste a carico della ricorrente.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è stato rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1quater della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte d ichiara l’inammissibilità del ricorso ;
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda