Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20392 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20392 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/07/2024
O R D I N A N Z A
sul ricorso n. 9730/22 proposto da:
-) RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliato ex lege all ‘ indirizzo PEC del proprio difensore, difeso ope legis dall ‘ Avvocatura Generale dello Stato;
– ricorrente –
contro
-) COGNOME NOME , domiciliata ex lege all ‘ indirizzo PEC del proprio difensore, difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze 1° febbraio 2022 n. 196; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29 maggio 2024 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
Nel 2016 la RAGIONE_SOCIALE (cui subentrerà, lite pendente , la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ai sensi del d.l. 193/16) pignorò un autoveicolo di NOME COGNOME, al fine di riscuotere coattivamente il complessivo importo di euro 63.232,05, risultante da 44 cartelle di pagamento aventi ad oggetto imposte (IRPEF, addizionale regionale sull ‘ IRPEF, IVA) e contributi dovuti all ‘ ente di assicurazione sociale.
Oggetto: interpretazione della sentenza di primo grado da parte del giudice d ‘ appello impugnabilità – presupposti e limiti.
NOME COGNOME a novembre del 2016 propose opposizione all ‘ esecuzione dinanzi al Tribunale di Pisa, deducendo la nullità del titolo esecutivo per mancanza di previa notifica della cartella e la prescrizione del credito.
Con sentenza 20.4.2021 il Tribunale di Pisa, dopo avere qualificato l ‘ azione proposta da NOME COGNOME come ‘ opposizione all ‘ esecuzione ex art. 615 c.p.c. ‘ la accolse in parte, dichiarando esistente il diritto dell ‘ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di riscuotere coattivamente la minor somma di euro 857,73.
Per pervenire a questa conclusione il Tribunale:
diede atto che nelle more del giudizio l ‘ Agente della RAGIONE_SOCIALE aveva annullato 35 cartelle esattoriali, in applicazione del sostanziale condono introdotto dal d.l. 119/18 (per effetto del quale divennero inesigibili i crediti erariali di importo inferiore ad euro 1.000, iscritti a ruolo tra il 2000 ed il 2010);
la esecutata ‘ aveva ammesso ‘ l’ esistenza dei crediti sottesi dalle cartelle n. 08720130000107935 (contributi INAIL) e n. 0872012001896068 (contributi previdenziali), per il totale di euro 857,73.
Il Tribunale ritenne di aggiungere che tali crediti sussistevano ‘ pure volendo aderire alla difesa della esecutata in punto di prescrizione non decennale RAGIONE_SOCIALE pretese (sul punto si confronti da ultimo quanto chiarito da Cass. 7409/2020) ‘ . Nulla in modo espresso il Tribunale osservò sulle restanti sette cartelle esattoriali.
La sentenza fu appellata dalla RAGIONE_SOCIALE, la quale si dolse del fatto che il Tribunale, pur avendo dichiarate infondate le eccezioni sollevate da NOME COGNOME, aveva accertato il diritto di RAGIONE_SOCIALE di riscuotere coattivamente i soli crediti sottesi dalle due cartelle indicate al precedente § 3.
Ne trasse la conclusione che la sentenza doveva ritenersi o nulla per mancanza di motivazione, oppure nulla per insanabile contraddittorietà d ‘ una motivazione la quale, da un lato, aveva rigettato le eccezioni sollevate dall ‘ opponente e, dall ‘ altro, aveva accolto l ‘ opposizione.
Con sentenza 1° febbraio 2022 n. 196 la Corte d ‘ appello di Firenze dichiarò inammissibile il gravame così ragionando:
-) la sentenza di primo grado non era priva di motivazione, ma aveva motivato l ‘ accoglimento parziale dell ‘ opposizione ‘ seppure in modo assai sintetico’ , ritenendo prescritti i crediti azionati esecutivamente dall ‘ RAGIONE_SOCIALE, ad eccezione dei due crediti sopra indicati al § 3;
-) questa ratio decidendi (prescrizione dei crediti) non era stata impugnata dall ‘ RAGIONE_SOCIALE.
La sentenza d ‘ appello è stata impugnata per Cassazione dall ‘ RAGIONE_SOCIALE con ricorso fondato su due motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
Il Collegio ha disposto il deposito della motivazione nel termine di cui all ‘ art. 380 bis, secondo comma, c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo la RAGIONE_SOCIALE denuncia la violazione degli artt. 112 e 342 c.p.c..
Il motivo muove dal presupposto che la sentenza d ‘ appello abbia ritenuto ‘aspecifico’ il gravame proposto da RAGIONE_SOCIALE e sostiene che quella valutazione fu erronea, perché l ‘ atto d ‘appello aveva chiaramente denunciato ‘ la contraddittorietà e l ‘omessa motivazione della pronuncia di prime cure’ , che nulla aveva statuito su sette RAGIONE_SOCIALE 44 cartelle poste a fondamento dell ‘ esecuzione.
1.1. Il motivo è inammissibile, perché fraintende il contenuto della sentenza d ‘ appello e, fraintendendolo, non ne impugna la reale ratio decidendi .
La sentenza d ‘ appello, infatti, ha interpretato la sentenza di primo grado e ritenuto che il Tribunale con essa il Tribunale avesse accolto l ‘ opposizione di NOME COGNOME sul presupposto che i crediti erariali (ad eccezione dei due sopra indicati) si fossero estinti per prescrizione quinquennale.
Si legge infatti nella sentenza d ‘ appello: ‘ il Tribunale ha affermato la prescrizione quinquennale RAGIONE_SOCIALE cartelle oggi oggetto di appello’ (vale a dire quelle sette cartelle sulle quali, ad avviso dell ‘ RAGIONE_SOCIALE, il Tribunale nulla aveva statuito).
Stabilito ciò (p. 3), la sentenza d ‘ appello ha rilevato che il gravame proposto dall ‘ RAGIONE_SOCIALE non si occupava della questione della prescrizione e l ‘ ha ritenuto inammissibile per estraneità alla ratio decidendi : dunque, per difetto di decisività.
Ci troviamo dunque di fronte ad una sentenza d ‘ appello la quale:
-) interpreta la sentenza di primo grado e ritiene che il Tribunale abbia dichiarato prescritti i crediti di RAGIONE_SOCIALE;
-) rileva che l ‘ appello non censura la dichiarata prescrizione;
-) conclude che l ‘ appello è inammissibile per difetto di rilevanza , non per difetto di specificità.
1.2. Il ricorso per cassazione proposto dall ‘ RAGIONE_SOCIALE, tuttavia, non ha censurato il modo in cui la Corte d ‘ appello ha interpretato la sentenza di primo grado. Senza cogliere il senso e la portata di quell ‘ interpretazione, il ricorso per cassazione muove dall ‘ assunto che la Corte d ‘ appello abbia dichiarato il gravame proposto dall ‘ RAGIONE_SOCIALE inammissibile perché privo di specificità, ex art. 342 c.p.c., e si limita a sostenere che l ‘ appello non era affatto generico, poiché aveva prospettato in modo chiaro i vizi di mancanza e contraddittorietà della motivazione della sentenza di primo grado.
Ebbene, che l ‘ appello proposto dall ‘ RAGIONE_SOCIALE esponesse in modo chiaro i vizi di contraddittorietà e mancanza della motivazione è vero. Ma non è men vero che l ‘ atto d ‘ appello non sottopose alla Corte d ‘ appello nessuna censura sul punto della prescrizione dei crediti erariali e che il ricorso per cassazione non censura la sentenza d ‘ appello, nella parte in cui ha ritenuto che in primo grado l ‘ opposizione fu accolta per ragioni di prescrizione.
Ci troviamo dunque di fronte alla seguente fattispecie processuale:
-) l ‘ appellante formula le sue censure interpretando la sentenza impugnata in un certo modo;
-) il giudice d ‘ appello interpreta la sentenza di primo grado in modo difforme rispetto all ‘ appellante e, di conseguenza, reputa il gravame inammissibile per estraneità alla ratio decidendi ;
-) l ‘ appellante impugna per cassazione la sentenza d ‘ appello, ma non censura l ‘ interpretazione che della sentenza di primo grado ha dato il giudice d ‘ appello.
1.3. Fattispecie processuali di questo tipo sono state più volte esaminate da questa Corte e decise nel senso che la mancata impugnazione espressa del modo in cui la Corte d ‘ appello ha interpretato la sentenza di primo grado rende il primo motivo di ricorso inammissibile.
Questa Corte, infatti, che in passato aveva escluso la possibilità di censurare in sede di legittimità il modo in cui il giudice d ‘ appello ha interpretato la sentenza di primo grado (Sez. 1, Sentenza n. 2804 del 29/11/1966, Rv. 325347 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 1815 del 23/05/1969, Rv. 340907 – 01; Sez. L, Sentenza n. 13989 del 2008), più di recente l ‘ ha ammessa (approdo inevitabile alla luce RAGIONE_SOCIALE motivazioni di Sez. U, Sentenza n. 8077 del 22/05/2012), ma a condizione che il sindacato della Corte di cassazione sul modo in cui il giudice d ‘ appello ha interpretato la sentenza di primo grado sia sollecitato da ‘ un ‘ espressa censura ‘ ( ex multis, Sez. L, Sentenza n. 3248 del 05/03/2003, Rv. 560865 – 01).
1.4. Dal suddetto principio la giurisprudenza di questa Corte ha tratto due corollari.
Il primo corollario è che, se il giudice d ‘ appello rigetti il proposto gravame confermando la sentenza di primo grado dopo averla interpretata in un certo modo, il soccombente che intenda impugnare per cassazione la sentenza di secondo grado ha l ‘ onere di ‘ proporre specifica e valida impugnazione dell ‘ interpretazione adottata dal giudice di appello ‘, pena l’ inammissibilità del ricorso per difetto di interesse (Sez. L, Sentenza n. 3248 del 05/03/2003, Rv. 560866 – 01).
Il secondo corollario è che, se il giudice d ‘ appello rigetti il gravame, proponendo una interpretazione della sentenza diversa da quella ritenuta dall ‘ appellante, ma conforme a diritto, non viola i principi di cui agli artt. 112, 342 e 345 c.p.c. (Sez. 3, Sentenza n. 15185 del 10/10/2003, Rv. 567415 01).
1.5. Da questi princìpi discende che:
-) in mancanza di impugnazione nella presente sede, non è sindacabile il modo in cui la Corte d ‘ appello ha interpretato la sentenza di primo grado;
-) di conseguenza, la Corte d ‘ appello non ha violato l ‘ art. 112 c.p.c. (ha infatti provveduto sull ‘ appello dell ‘ RAGIONE_SOCIALE dichiarandolo inammissibile, e dunque la pronuncia sulla domanda vi è stata), né l ‘ art. 342 c.p.c. (ha infatti ritenuto la censura proposta dall ‘ RAGIONE_SOCIALE non decisiva perché estranea alla ratio decidendi : il che è corretto, dal momento che non è stata contestata l ‘ interpretazione della sentenza di primo grado data dalla Corte d ‘ appello);
-) infine, è conforme a diritto l ‘ affermazione della Corte d ‘ appello secondo cui ‘ la sentenza di primo grado dichiarò prescritti per decorso del termine quinquennale ‘ una parte dei crediti azionati da RAGIONE_SOCIALE sarebbe stata idonea a sorreggere anche il rigetto nel merito del motivo d ‘ appello con cui RAGIONE_SOCIALE aveva lamentato la mancanza di motivazione.
Il vizio di mancanza di motivazione, infatti, è concepibile solo con riferimento agli accertamenti di fatto, non con riferimento alle valutazioni in diritto. Una affermazione scorretta in iure resta tale comunque sia motivata, così come una statuizione esatta in punto di diritto rende normalmente incensurabile la sentenza quand ‘ anche fosse priva di motivazione.
Nel caso di specie il Tribunale – secondo la lettura che della sentenza di primo grado ha dato la Corte d ‘ appello – dichiarò prescritto il credito erariale per maturata prescrizione quinquennale.
Ma lo stabilire se un credito sia soggetto alla prescrizione quinquennale o decennale è, per l ‘ appunto, una valutazione in diritto, non un accertamento di fatto. Rispetto ad esso pertanto non era concepibile un ‘vizio di motivazione’.
Pertanto, la Corte d ‘ appello, alla luce del modo in cui ha interpretato la sentenza di primo grado, non avrebbe potuto che dichiarare infondato il primo motivo d ‘ appello anche se ne avesse esaminato il fondo. E poiché, per quanto detto, quell ‘ interpretazione della sentenza di primo grado non viene censurata in questa sede, diventa irrilevante stabilire se la Corte d ‘ appello abbia interpretato la sentenza di primo grado in modo corretto, là dove ha ritenuto
che il Tribunale rigettò la pretesa erariale per sopravvenuta prescrizione quinquennale.
Col secondo motivo è prospettata la violazione dell ‘ art. 2946 c.c.. L ‘ RAGIONE_SOCIALE deduce che erroneamente la Corte d ‘ appello avrebbe ritenuto applicabile ai crediti messi in esecuzione da RAGIONE_SOCIALE il termine breve di prescrizione (p. 13 del ricorso, terzo capoverso).
2.1. Anche tale motivo è inammissibile.
La Corte d’appello, infatti, non si è occupata del problema del termine di prescrizione applicabile ai crediti erariali.
Si è limitata a rilevare che il Tribunale dichiarò parte dei crediti prescritti e che tale statuizione non fu impugnata.
Il secondo motivo, pertanto, ravvisa nella sentenza d ‘ appello – ed impugna – una statuizione in realtà inesistente.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 385, comma 1, c.p.c., e sono liquidate nel dispositivo.
P. q. m.
(-) dichiara inammissibile il ricorso;
(-) condanna RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE alla rifusione in favore di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di euro 1.500, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della