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Impugnazione sentenza giurisdizione: i termini

Una società concessionaria autostradale viene sanzionata da un’amministrazione provinciale per l’occupazione di suolo pubblico. Nasce una controversia sulla giurisdizione. Il Consiglio di Stato la attribuisce al giudice amministrativo. L’ente locale non impugna subito questa decisione, ma solo insieme alla sentenza finale di merito. La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso sulla giurisdizione, affermando che la relativa sentenza doveva essere oggetto di impugnazione immediata, essendo ormai passata in giudicato.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Impugnazione Sentenza Giurisdizione: Quando la Tempistica è Decisiva

Nel complesso mondo del diritto processuale, la tempistica è tutto. Un ritardo può compromettere irrimediabilmente l’esito di una causa, anche se si ritiene di avere ragione nel merito. Una recente ordinanza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: l’impugnazione della sentenza sulla giurisdizione che rimette la causa al primo giudice deve essere immediata, pena la sua inammissibilità. Analizziamo insieme questo caso per capire le implicazioni pratiche di questa regola.

I Fatti del Caso: Una Controversia su Canoni e Giurisdizione

Una società concessionaria di una tratta autostradale si è vista notificare da un’amministrazione provinciale un verbale di accertamento. L’accusa era di aver occupato abusivamente lo spazio sovrastante una strada provinciale con un ponte autostradale, senza la necessaria concessione e senza pagare il relativo canone per l’occupazione di suolo pubblico (COSAP) per l’anno 2013. La società ha impugnato il verbale davanti al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR).

Il TAR, accogliendo un’eccezione dell’ente locale, ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione, ritenendo competente il giudice ordinario, poiché la questione verteva principalmente su una sanzione pecuniaria. La società ha appellato questa decisione dinanzi al Consiglio di Stato.

La Decisione sulla Giurisdizione del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato, con una prima sentenza (datata 2019), ha ribaltato la decisione del TAR. Ha affermato la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo, motivando che l’atto impugnato non si limitava a una sanzione pecuniaria, ma presupponeva l’esercizio di un potere discrezionale dell’amministrazione, che avrebbe potuto disporre anche misure ripristinatorie. Di conseguenza, ha annullato la sentenza del TAR e ha rimesso la causa a quest’ultimo per la decisione nel merito.

L’amministrazione provinciale, pur soccombente su questo punto, non ha impugnato immediatamente questa sentenza sulla giurisdizione davanti alla Corte di Cassazione.

Il processo è quindi proseguito davanti al TAR, che ha rigettato il ricorso della società. La causa è tornata in appello al Consiglio di Stato che, con una seconda sentenza (del 2023), ha questa volta dato ragione alla società, annullando il verbale di accertamento originario.

L’Impugnazione della Sentenza sulla Giurisdizione in Cassazione

Solo a questo punto l’amministrazione provinciale ha deciso di ricorrere per cassazione, impugnando congiuntamente sia la sentenza del 2023 (sul merito) sia quella del 2019 (sulla giurisdizione). L’ente sosteneva che il Consiglio di Stato avesse errato nell’affermare la propria giurisdizione, che a suo dire spettava al giudice ordinario.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, con la decisione in esame, ha dichiarato inammissibili i motivi di ricorso relativi alla giurisdizione. Il punto centrale della motivazione risiede in un consolidato orientamento giurisprudenziale: la sentenza con cui il giudice d’appello (in questo caso, il Consiglio di Stato) riforma la decisione di primo grado sulla giurisdizione e rimette la causa al primo giudice è una sentenza definitiva. In quanto tale, essa deve essere impugnata immediatamente con ricorso per cassazione nei termini di legge. Non è possibile attendere la fine dell’intero giudizio di merito per impugnarla unitamente alla sentenza finale.

Nel caso specifico, la sentenza del Consiglio di Stato del 2019, che aveva stabilito la giurisdizione amministrativa, non è stata impugnata dall’amministrazione provinciale entro il termine previsto. Di conseguenza, quella statuizione sulla giurisdizione è passata in giudicato, ovvero è diventata definitiva e non più contestabile. L’impugnazione proposta solo nel 2023 era, quindi, irrimediabilmente tardiva.

Per quanto riguarda il terzo motivo di ricorso, con cui l’ente lamentava un eccesso di potere giurisdizionale perché il Consiglio di Stato si era pronunciato sulla non debenza del canone, la Corte lo ha ritenuto infondato. Ha specificato che le affermazioni sulla non debenza del canone erano semplici conseguenze argomentative della ritenuta insussistenza dell’obbligo di concessione, e non un’invasione della sfera del giudice ordinario o del legislatore.

Le Conclusioni

La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando l’amministrazione provinciale al pagamento delle spese legali. Questa ordinanza sottolinea un principio procedurale cruciale: le questioni di giurisdizione, quando decise in appello con una sentenza che chiude quella fase del giudizio e dispone la prosecuzione in primo grado, devono essere risolte subito. Attendere la conclusione del merito per sollevare nuovamente la questione comporta il rischio che la decisione sulla giurisdizione diventi intoccabile a causa del passaggio in giudicato, precludendo ogni ulteriore discussione sul punto.

Una sentenza d’appello che decide solo sulla giurisdizione e rimette la causa al giudice di primo grado è immediatamente impugnabile?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, tale sentenza ha carattere definitivo e deve essere impugnata immediatamente con ricorso per cassazione, non potendo attendere la conclusione del giudizio di merito.

Cosa succede se una sentenza sulla giurisdizione non viene impugnata tempestivamente?
Se la sentenza che decide sulla giurisdizione non viene impugnata entro i termini di legge, la statuizione in essa contenuta passa in giudicato. Ciò significa che diventa definitiva e non può più essere messa in discussione nelle fasi successive del processo.

Il giudice amministrativo può affermare la non debenza di un canone se annulla l’atto amministrativo che ne è il presupposto?
Sì. La Corte ha ritenuto che, una volta annullato l’atto presupposto (in questo caso, il verbale che contestava l’occupazione abusiva), l’affermazione sulla non debenza del canone costituisce una mera conseguenza argomentativa e non un’indebita invasione della giurisdizione del giudice ordinario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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