Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1018 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1018 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30936/2021 R.G. proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE per procura a margine del ricorso;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliata a ll’ indirizzo PEC del difensore iscritto nel REGINDE, l’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende per procura in calce al controricorso;
–
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n.6682/2021 depositata l’ 11.10.2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18.9.2024 dal
Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
L’avvocato NOME COGNOME chiedeva al Tribunale di Frosinone l’emissione di decreto ingiuntivo per la somma di € 20.151,00 dovuta pro quota dagli eredi di COGNOME NOME (la moglie NOME COGNOME ed i figli COGNOME NOME e COGNOME NOME) per compensi professionali relativi a giudizi civili e penali patrocinati in favore del predetto, oltre interessi legali ex art. 1284, comma 4° cod. civ. dal deposito del ricorso ed accessori di legge, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%.
Il Tribunale di Frosinone accoglieva la richiesta (d.i. n. 1293/2019 del 2.12.2019), ma ingiungeva il pagamento in solido della somma di € 20.151,00, oltre interessi legali, a carico degli eredi, che proponevano separate opposizioni.
Le opposizioni al decreto ingiuntivo di COGNOME e COGNOME NOME venivano accolte, con conseguente revoca nei loro confronti del decreto ingiuntivo, l’opposizione proposta da COGNOME NOME con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. veniva dichiarata tardiva ed inammissibile, per il mancato deposito del ricorso entro il termine di quaranta giorni dalla notifica nei confronti della predetta del decreto ingiuntivo, con ordinanza del Tribunale di Frosinone, in composizione camerale collegiale, del 15.9.2020, che condannava COGNOME NOME al pagamento delle spese processuali del giudizio di opposizione in favore dell’avv. NOME COGNOME rilevata altresì la tardività ed inammissibilità della richiesta avanzata in quella sede dalla COGNOME di ingiungerle il pagamento della somma solo pro quota e non in solido con COGNOME NOME e COGNOME NOME.
L’avv. COGNOME intraprendeva quindi una procedura esecutiva nei confronti di COGNOME NOME per il pagamento della somma ingiunta, interessi, IVA, CA e rimborso spese generali, e la COGNOME si opponeva, sostenendo che mancava il titolo esecutivo nei suoi confronti per il pagamento di IVA, CA e rimborso spese generali sui compensi liquidati.
L’avv. COGNOME chiedeva al giudice del monitorio del Tribunale di Frosinone di correggere il decreto ingiuntivo, includendovi anche sui compensi liquidati gli accessori dovuti per legge (IVA, CA e rimborso spese generali), e la COGNOME, intervenuta volontariamente nel procedimento di correzione, chiedeva a sua volta di correggere il decreto ingiuntivo, prevedendo a suo carico il pagamento pro quota quale erede dell’originario obbligato COGNOME NOME, anziché in solido.
Il Tribunale di Frosinone con ordinanza del 4.1.2021 accoglieva entrambe le istanze di correzione del decreto ingiuntivo n. 1293/2019 del 2.12.2019, e per quanto qui rileva, ingiungeva a COGNOME NOME di pagare la somma di € 20.151,00 nei limiti della sua quota ereditaria, con gli interessi legali e gli accessori riconosciuti.
Avverso il decreto ingiuntivo come corretto proponeva impugnazione alla Corte d’Appello di Roma l’avvocato COGNOME nei confronti di COGNOME NOME con atto di citazione notificato il 14.1.2021, invocando la previsione dell’art. 288 ultimo comma c.p.c., e sostenendo che la sostituzione del pagamento pro quota a quello in solido nel decreto ingiuntivo era inammissibile, in quanto volta ad eliminare non un errore materiale, ma semmai un errore di diritto commesso dal giudice del monitorio, per il quale la COGNOME avrebbe dovuto proporre un tempestivo motivo di opposizione, tanto più che la COGNOME aveva già visto dichiarata tardiva ed inammissibile la richiesta in tal senso formulata nel
corso del giudizio di opposizione dall’ordinanza camerale collegiale del Tribunale di Frosinone del 15.9.2020.
La Corte d’Appello di Roma con sentenza n. 6682/2021 dell’11.10.2021, nella resistenza della COGNOME, dichiarava inammissibile l’appello proposto dal COGNOME, che condannava al pagamento in favore della COGNOME delle spese processuali del grado, con la motivazione che il decreto ingiuntivo anche se corretto, in base all’art. 645 c.p.c., era suscettibile di contestazione solo tramite opposizione e non tramite appello.
Avverso tale sentenza, notificatagli il 13.10.2021, ha proposto ricorso a questa Corte l’avv. COGNOME notificato alla Corsetti il 7.12.2021, con un unico motivo, cui resiste con controricorso la Corsetti.
E’ stata formulata proposta di definizione anticipata dal Consigliere NOME COGNOME per manifesta infondatezza del ricorso, comunicata in data 3.5.2023, ed il 17.5.2023 il legale dell’avv. COGNOME munito di procura speciale, ha presentato istanza di decisione ex art. 380 bis comma 2° c.p.c.
All’esito della fissazione di udienza camerale, entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 380 bis.1 c.p.c.
Ritiene la Corte, in linea con la proposta di definizione anticipata, che correttamente sia stata dichiarata l’inammissibilità dell’appello proposto dall’avv. COGNOME avverso il decreto ingiuntivo come impropriamente corretto, pur dovendosi emendare la motivazione addotta dalla Corte d’Appello di Roma ex art. 384 ultimo comma c.p.c.
Ed invero, l’inammissibilità dell’appello non deriva dal fatto che l’unico strumento utilizzabile per impugnare il decreto ingiuntivo corretto fosse l’opposizione al decreto ingiuntivo, che è riservata al solo destinatario del decreto ingiuntivo opposto, perché se così fosse il richiedente il decreto ingiuntivo, in contrasto con la previsione dell’art. 24 della Costituzione, resterebbe privo di
strumenti di difesa ove in sede di correzione del decreto ingiuntivo vengano apportate delle modifiche per lui pregiudizievoli non consentite dalla procedura di correzione di errore materiale.
L’inammissibilità dell’appello proposto dall’avv. COGNOME avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Frosinone per il pagamento di compensi professionali di avvocato, come corretto, dopo che l’opposizione allo stesso proposta dalla COGNOME era stata dichiarata inammissibile per tardività dal Tribunale di Frosinone in composizione camerale collegiale ai sensi dell’art. 14 del D. Lgs. n. 150/2011 -, derivava dal fatto che avverso tale decisione, in base al principio dell’apparenza ed alla previsione dell’inappellabilità del quarto comma di tale articolo, l’impugnazione consentita dall’art. 288 ultimo comma c.p.c. era solo rappresentata dal ricorso immediato in Cassazione e non dall’appello.
Anche se COGNOME NOME aveva conferito all’avv. COGNOME diversi incarichi professionali sia in materia civile, che in un caso per la costituzione di parte civile in un processo penale, e benché il rito sommario speciale sia escluso per i compensi di avvocato in materia penale, l’ordinanza camerale collegiale del Tribunale di Frosinone del 15.9.2020 ha espressamente applicato per tutti gli incarichi professionali il rito speciale sommario previsto dall’art. 14 del D. Lgs. n. 150/2011, per giunta richiamando anche la sentenza delle sezioni unite della Corte di Cassazione n. 4485/2018 che prevede l’applicazione di tale rito per le controversie di cui all’art. 28 della L. n. 794/1942 anche in caso di opposizione a decreto ingiuntivo, per cui per il principio dell’apparenza e del necessario riferimento al rito applicato (vedi in tal senso Cass. n. 35026/2023; Cass. ord. 17.10.2019 n. 26347; Cass. ord. n. 4904/2018) l’avv. COGNOME avrebbe dovuto seguire il regime d’impugnazione del rito speciale sommario, che una volta proposta col ricorso ex art. 702 bis c.p.c. l’opposizione al decreto ingiuntivo e definito il relativo giudizio, consente solo, in base all’ultimo comma del citato art. 14,
il ricorso in Cassazione, escludendo la possibilità dell’appello, non essendo ipotizzabile che l’art. 288 ultimo comma c.p.c. abiliti la retrocessione del grado di giudizio definito prima della correzione e la proposizione contro il provvedimento giudiziale corretto di un rimedio non contemplato dal rito già applicato.
Dal rigetto del ricorso, che segue la motivazione della proposta di definizione anticipata, deriva la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, determinate in € 200,00 per esborsi ed € 3.500,00 per compensi, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%, da distrarre in favore del legale antistatario della COGNOME, avv. NOME COGNOME nonché la condanna al risarcimento danni ex art. 96, comma 3° c.p.c. in favore di COGNOME NOME, liquidati in € 3.500,00, ed al pagamento ex art. 96, comma 4° c.p.c. in favore della Cassa delle Ammende di € 1.200,00.
Sussistono i presupposti applicativi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n.115/2002 a carico del ricorrente principale.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, determinate in € 200,00 per spese ed € 3.500,00 per compensi, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%, da distrarsi in favore del legale antistatario della COGNOME, avv. NOME COGNOME nonché al risarcimento dei danni ex art. 96 comma 3° c.p.c. in favore di COGNOME NOME, liquidati in € 3.500,00 ed al pagamento in favore della Cassa delle Ammende di € 1.200,00.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda