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Impugnazione compenso CTU: la guida della Cassazione

La Corte di Cassazione chiarisce che il provvedimento di liquidazione dei compensi al Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) va sempre contestato con lo specifico rimedio dell’opposizione, anche quando il giudice lo inserisce erroneamente all’interno della sentenza che definisce il merito della causa. Viene affermato il principio della prevalenza della sostanza sulla forma, annullando la decisione di un tribunale che aveva dichiarato inammissibile l’opposizione, ritenendo necessario l’appello. La corretta impugnazione del compenso CTU è dunque sempre l’opposizione ex art. 170 d.P.R. 115/2002.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Impugnazione Compenso CTU: Cosa Fare se è Liquidato in Sentenza? La Cassazione Fa Chiarezza

L’impugnazione del compenso CTU rappresenta un momento delicato e tecnicamente complesso all’interno di un procedimento giudiziario. Cosa succede, però, se il giudice, anziché emettere un decreto separato, liquida le spettanze del consulente direttamente nella sentenza che decide la causa? È necessario appellare l’intera sentenza o esiste uno strumento più agile? Con una recente pronuncia, la Corte di Cassazione ha fornito un’indicazione netta, riaffermando il principio della prevalenza della sostanza sulla forma.

I Fatti di Causa

Nel caso di specie, al termine di un giudizio di merito, il Tribunale liquidava i compensi dovuti a diversi Consulenti Tecnici d’Ufficio (CTU) direttamente all’interno della sentenza finale. Le parti processuali, ritenendo eccessivi gli importi stabiliti, proponevano un’opposizione specifica, basata sulla normativa che regola la contestazione delle spese di giustizia (art. 170 D.P.R. 115/2002).

La Decisione del Tribunale di Primo Grado

Il Tribunale adito per decidere sull’opposizione la dichiarava inammissibile. Secondo il giudice di primo grado, dal momento che la liquidazione era contenuta in una sentenza, l’unico rimedio esperibile era il normale giudizio di appello. In altre parole, le parti avrebbero dovuto impugnare l’intera decisione davanti a un giudice di secondo grado, anziché utilizzare lo strumento specifico e più rapido dell’opposizione.

Analisi sulla corretta impugnazione del compenso CTU

Questa interpretazione creava un’incertezza procedurale significativa. Obbligare una parte a un appello completo solo per contestare le spese del CTU appariva contrario ai principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo. Le parti, quindi, decidevano di ricorrere in Cassazione per far valere le proprie ragioni.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto i ricorsi, cassando la decisione del Tribunale e fornendo un principio di diritto fondamentale. Gli Ermellini hanno stabilito che il provvedimento con cui si liquidano le spettanze degli ausiliari del magistrato è un atto ontologicamente autonomo rispetto alla decisione sul merito della controversia tra le parti.
La sua unica funzione è determinare quanto spetta al consulente, non chi debba pagarlo (aspetto che invece attiene ai rapporti tra le parti e viene deciso con la sentenza).

Di conseguenza, questo provvedimento è sempre soggetto al suo peculiare regime di impugnazione, ovvero l’opposizione prevista dall’art. 170 del D.P.R. n. 115/2002. Questo vale anche se, per errore, il giudice lo inserisce nel corpo della sentenza anziché in un decreto separato come previsto dall’art. 168 dello stesso decreto.

La Corte ha sottolineato che l’errata forma attribuita al provvedimento (sentenza anziché decreto) non può modificare il regime di impugnazione previsto dalla legge. Far prevalere la forma sulla sostanza violerebbe il diritto delle parti a utilizzare uno strumento rapido e specifico, costringendole a un più oneroso giudizio di appello. Pertanto, l’impugnazione del compenso CTU deve seguire la via dell’opposizione.

Le Conclusioni

La sentenza in esame consolida un principio di estrema importanza pratica. Le parti e i loro difensori devono sapere che per contestare la liquidazione delle spese del CTU, lo strumento corretto è sempre e solo l’opposizione, a prescindere dalla forma dell’atto in cui tale liquidazione è contenuta. Questa pronuncia garantisce certezza del diritto e tutela i principi di economia processuale, evitando che un errore formale del giudice possa pregiudicare il diritto di difesa delle parti e appesantire inutilmente il sistema giudiziario. La causa è stata quindi rinviata al Tribunale di origine, che dovrà decidere nel merito l’opposizione originariamente proposta.

Qual è lo strumento corretto per contestare la liquidazione dei compensi a un Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU)?
Lo strumento corretto è sempre l’opposizione prevista dall’art. 170 del d.P.R. n. 115/2002, un rimedio specifico e rapido disciplinato dall’articolo 15 del d.lgs. n. 150/2011.

Cosa succede se il giudice liquida il compenso del CTU all’interno della sentenza finale anziché con un decreto separato?
Anche in questo caso, il rimedio corretto rimane l’opposizione. La Corte di Cassazione ha stabilito che la natura autonoma del provvedimento di liquidazione prevale sulla sua forma. L’erroneo inserimento nella sentenza non modifica il regime di impugnazione previsto dalla legge.

È ammissibile un ricorso incidentale che si basa sugli stessi motivi del ricorso principale?
Sì, la sentenza afferma l’ammissibilità del ricorso incidentale tardivo adesivo, ovvero quello proposto da una parte che aderisce ai motivi già sollevati dal ricorrente principale, citando a supporto una decisione delle Sezioni Unite della Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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