Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20814 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20814 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23736/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, anche in via disgiuntiva tra loro, dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio dei predetti difensori in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME , elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso la sede legale di RAGIONE_SOCIALE;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza del Tribunale di Roma n. 6413/2020, depositata il 22 aprile 2020.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14 maggio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
-Con ricorso notificato il 13 novembre 2000, RAGIONE_SOCIALE adiva il T.A.R. Lazio al fine di ottenere l’annullamento del verbale e della connessa nota RAGIONE_SOCIALE con la quale si contestava la violazione dell’art. 23, commi quattro e undici, del Codice della strada (C.d.S.) per avere installato in vista dell’autostrada del Grande raccordo anulare un impianto pubblicitario senza il prescritto nulla osta dell’ente proprietario della strada, assumendo che gli atti gravati erano basati sull’erroneo presupposto secondo cui l’installazione dell’insegna era avvenuta per scopi pubblicitari . In particolare, si sosteneva che l’insegna fosse da qualificare come insegna di esercizio, avente la specifica funzione di localizzazione del punto vendita. Come tale, dunque, non necessitava per l’ins tallazione di alcuna preventiva autorizzazione.
Si costituiva in giudizio l’RAGIONE_SOCIALE, eccependo preliminarmente il difetto di giurisdizione del giudice adito.
Con sentenza n. 2762/09 del 17 marzo 2009, il T.A.R. Lazio dichiarava il proprio difetto di giurisdizione.
Con comparsa depositata in cancelleria il 17 settembre 2009, RAGIONE_SOCIALE riassumeva il giudizio dinanzi al Giudice di Pace di Roma, riproponendo le medesime argomentazioni formulate dinanzi al giudice amministrativo.
Alla prima udienza, si costituiva in giudizio l’RAGIONE_SOCIALE, depositando memoria difensiva.
Al giudizio veniva riunita l’impugnazione avverso la nota del 12 giugno 2009, con cui l’RAGIONE_SOCIALE aveva nelle more disposto la rimozione coattiva dell’impianto.
Con sentenza n. 10963/15, depositata in cancelleria il 3 marzo 2015, il Giudice di Pace rigettava le domande proposte dalla società attrice.
–RAGIONE_SOCIALE – quale successore di RAGIONE_SOCIALE , giusto conferimento di ramo d’azienda – proponeva appello avverso la sentenza di primo grado.
Si costituiva in giudizio l’ RAGIONE_SOCIALE con comparsa di risposta.
Con sentenza pubblicata in data 22 aprile 2020, il Tribunale di Roma ha rigettato l’appello, confermando la sentenza di primo grado e condannando RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.
–RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.
NOME ha resistito con controricorso.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONE_SOCIALE ha depositato una memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Oggetto del giudizio è l’ impugnazione del verbale elevato dall’RAGIONE_SOCIALE per violazione dell’art. 23, commi quattro e undici, C.d.S. in relazione all’insegna posta in vista dell’autostrada del Grande raccordo anulare e della diffida alla rimozione della medesima.
Al riguardo sono stati formulati cinque motivi di ricorso.
Il primo motivo di ricorso verte sulla violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115, primo comma, e 116 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e 4 cod. proc. civ., per non avere il giudice del secondo grado considerato che costituiva un fatto non contestato tra le parti l’errata individuazione dell’insegna da parte del primo giudice e per non avere, altresì, preso in considerazione quanto riportato nel verbale impugnato, al fine dell’individuazione corretta dell’insegna medesima .
Il secondo motivo concerne la violazione e falsa applicazione dell’art. 23, commi 4 e 11, C.d.S . , nonché dell’art. 47 del
Regolamento e dei principi regolatori in materia di insegne, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.
Il terzo motivo riguarda la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 23, comma 13, C.d.S. e del principio di immutabilità della contestazione, nonché dell’art. 21 octies , secondo comma, della legge n. 241 del 1990, in relazione alla impugnativa della Nota RAGIONE_SOCIALE NUMERO_DOCUMENTO, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.
Il quarto motivo attiene alla violazione e/o falsa applicazione dell’art. 23, comma 13 bis, C.d.S. e del principio di legalità, in relazione alla impugnativa della Nota RAGIONE_SOCIALE CRM NUMERO_DOCUMENTOP, in relazione all ‘art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.
Il quinto motivo concerne la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 132, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ., 111 Cost., 118, primo comma, disp. att. cod. proc. civ., in relazione all’art . 360, primo comma, n. 3 e 4 cod. proc. civ., per vizio di motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui il tribunale ha ritenuto assorbita la doglianza relativa alla violazione dell’art 23, comma 13 bis, C.d.S. e del principio di legalità. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., nonché degli artt. 111, sesto comma, Cost., 132, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ., 35, comma 3, e 36, secondo comma, n. 4 del d.lgs. n. 546/92, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e 4 cod. proc. civ., per non avere il tribunale vagliato la doglianza relativa alla violazione dell’art. 23, comma 13 bis, C.d.S. e del principio di legalità.
-Preliminarmente, il Collegio rileva l’improcedibilità del ricorso ai sensi dell’art. 369, secondo comma, n. 2, cod. proc. civ., per avere la ricorrente omesso di produrre la sentenza corredata della relata di notifica, nonostante l’indicazione, contenuta in ricorso, dell’avvenuta sua notificazione in data 16.6.2020.
La dichiarazione contenuta nel ricorso per cassazione di avvenuta notificazione della sentenza impugnata attesta, infatti, un “fatto processuale” – la notificazione della sentenza – idoneo a far decorrere il termine “breve” di impugnazione e, quale manifestazione di “autoresponsabilità” della parte, impegna quest’ultima a subire le conseguenze di quanto dichiarato, facendo sorgere in capo ad essa l’onere di depositare, nel termine stabilito dall’art. 369 cod. proc. civ., copia della sentenza munita della relata di notifica (ovvero delle copie cartacee dei messaggi di spedizione e di ricezione, in caso di notificazione a mezzo EMAIL), senza che sia possibile recuperare alla relativa omissione mediante la successiva, e ormai tardiva, produzione ai sensi dell’art. 372 cod. proc. civ. (Cass., Sez. Un., 6 luglio 2022, n. 21349; Cass., Sez. VI, 7 giugno 2021, n. 15832; Cass., Sez. V, 19 gennaio 2018, n. 1295), a meno che la sentenza, munita della relata di notifica (o delle copie cartacee dei messaggi di spedizione e di ricezione, in caso di notifica a mezzo EMAIL), non sia stata prodotta dal controricorrente nel termine di cui all’art. 370, terzo comma, cod. proc. civ., ovvero acquisita – nei casi in cui la legge dispone che la cancelleria provveda alla comunicazione o alla notificazione del provvedimento impugnato (da cui decorre il termine breve per impugnare ex art. 325 cod. proc. civ.) – mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio (Cass., Sez. Un., 6 luglio 2022, n. 21349).
In ragione di ciò deve allora dichiararsi l’improcedibilità del ricorso, non essendo stata la sentenza, munita della relata di notifica, depositata né dal ricorrente, che, infatti, attesta di produrre copia autentica del provvedimento impugnato e non anche la sua notifica, né dalla controricorrente, e non essendo stata la stessa acquisita in seguito all’istanza di trasmissione del fascicolo d’ufficio.
Né può dirsi applicabile il principio secondo cui, pur in difetto della produzione di copia autentica della sentenza impugnata e della relata di notificazione della medesima, prescritta dall’art. 369,
secondo comma, n. 2, cod. proc. civ., il ricorso per cassazione deve egualmente ritenersi procedibile ove risulti, dallo stesso, che la sua notificazione si è perfezionata, dal lato del ricorrente, entro il sessantesimo giorno dalla pubblicazione della sentenza, poiché il collegamento tra la data di pubblicazione della sentenza indicata nel ricorso e quella della notificazione del ricorso, emergente dalla relata di notificazione dello stesso, assicura comunque lo scopo, cui tende la prescrizione normativa, di consentire al giudice dell’impugnazione, sin dal momento del deposito del ricorso, di accertarne la tempestività in relazione al termine di cui all’art. 325, secondo comma, cod. proc. civ. (in tal senso, Cass., Sez VI-3, 3 aprile 2019, n. 11386; Cass., Sez. III, 10 luglio 2013, n. 17066), posto che il ricorso, nella specie, è stato notificato il 10 settembre 2020, oltre i sessanta giorni dalla pubblicazione della sentenza avvenuta il 22 aprile 2020, considerando anche la sospensione straordinaria dei termini per l’emergenza COVID 2019 .
– Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza e devono essere poste a carico della parte ricorrente.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara improcedibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di co ntributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione