Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 25909 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 25909 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 10980/2024 r.g. proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in Pescara, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che li rappresenta e difende , unitamente all’AVV_NOTAIO , giusta procura speciale allegata al ricorso.
-ricorrenti contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata dalla RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in Genova, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO che l a rappresenta e difende giusta procura speciale allegata al controricorso.
-controricorrente –
e
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in Genova, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO
COGNOME che la rappresenta e difende giusta procura speciale allegata al controricorso.
-controricorrente –
avverso la SENTENZA, n. cron. 1739/2023, depositata dalla CORTE D’APPELLO DI L’AQUILA il 13/12/2023.
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 17/09/2025 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
Con decreto n. 237/17, il Tribunale di Chieti (sezione distaccata di Ortona) ingiunse a NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali garanti di RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), di pagare, in favore di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE s.p.a., l’importo di € 1.079.328,87 , oltre interessi e spese liquidate, pari al credito derivante dall’atto di ‘ ricognizione del debito, consenso a frazionamento di finanziamento e restrizione ipotecaria ‘ stipulato i l 29 ottobre 2012 con la RAGIONE_SOCIALE (poi incorporata da RAGIONE_SOCIALE).
Avverso il suddetto decreto gli ingiunti proposero tempestiva opposizione e nel corrispondente giudizio di costituì la banca opposta, confutando le argomentazioni della controparte e chiedendone il rigetto.
Intervenne in causa, ex art. 111 cod. proc. civ., quale cessionaria del credito monitoriamente azionato da RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, affermandosi mandataria con rappresentanza di RAGIONE_SOCIALE, riportandosi a tutte le domande, eccezioni, deduzioni ed istanze già formulate dalla suddetta banca.
Con sentenza del 12 aprile 2021, n. 53, l’adito Tribunale di Chieti, sezione distaccata di Ortona, respinse l’opposizione, conferm ò il decreto opposto e compensò le spese di lite.
Il gravame promosso contro quella decisione da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME
NOME fu rigettato dalla Corte di appello di L’Aquila con sentenza del 13 dicembre 2023, n. 1739, pronunciata nel contraddittorio con RAGIONE_SOCIALE, rappresentata da RAGIONE_SOCIALE, e da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE s.p.a.
In sintesi, quella Corte: i ) disattese l’eccezione di difetto di legittimazione della cessionaria RAGIONE_SOCIALE, rimarcando pure che « Solo in sede di memoria di replica e quindi tardivamente gli appellanti hanno lamentato (nell’ottica di sostenere il difetto di legittimazione della cessionaria) la mancata iscrizione della stessa nell’apposito Albo previsto ai sensi dell’art. 106 TUB »; ii ) ritenne che, nelle ipotesi di garanzia successiva rispetto al provvedimento della RAGIONE_SOCIALE d’Italia n. 55/2005 , « in difetto di un’istruttoria svolta dalla competente autorità (RAGIONE_SOCIALE, spetta alla parte che invoca la nullità dimostrare l’illecito concorrenziale. Nella fattispecie, gli appellant i si sono genericamente limitati ad indicare le clausole nulle ovvero quelle contenenti rispettivamente la clausola di riviviscenza, di sopravvenienza e di rinunzia ». Aggiunse che « La censura sulla estensione del provvedimento della RAGIONE_SOCIALE d’Italia n. 55 del 2005 a fideiussioni diverse da quelle omnibus non persuade e, di conseguenza, non può essere condivisa »; iii ) respinse le doglianze con cui gli appellanti avevano lamentato la nullità del tasso Euribor (individuato come criterio per la determinazione degli interessi corrispettivi) perché oggetto di manipolazione da parte di un cartello di banche e, quindi, in contrasto sia con la decisione della Commissione Europea del dicembre 2013 che con l’art. 1346 cod . civ.; iv ) negò, infine, l’ammissione della richiesta c.t.u. contabile.
Per la cassazione di questa sentenza NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso affidandosi a sei motivi, il primo dei quali recante plurime censure. Hanno resistito, con distinti controricorsi, RAGIONE_SOCIALE, rappresentata da RAGIONE_SOCIALE, e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
Il 7/9 dicembre 2024, il consigliere delegato ha depositato una proposta di definizione anticipata del giudizio ex art. 380bis cod. proc. civ., come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Con istanza del 2/3 gennaio 2025, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno chiesto la decisione del loro ricorso. Sono state depositate memorie ex art. 380bis .1 cod. proc civ.
RAGIONI RAGIONE_SOCIALEA DECISIONE
I formulati motivi di ricorso sono rubricati, rispettivamente:
I) «Ex art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 2, comma 6, della legge n. 130/1999, 106 TUB e 1418 c.c., in relazione all’art. 1421 c.c. per aver la Corte territoriale ritenuto tardiva l’eccezione su violazione di norme imperative e su nullità rilevabili d’ufficio ». Tale doglianza contiene, a sua volta, le seguenti ulteriori censure così rispettivamente rubricate: Ia ) « Violazione degli incarichi di servicing come pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale e, quindi, nel prospetto informativo; elusione di norma imperativa; nullità della procura speciale tra RAGIONE_SOCIALE, mandataria della società RAGIONE_SOCIALE, e servicer non scritto all’albo ex art. 106 TUB .»; Ib ) « La distonia di Cass. Civ., Sez. III, 18 marzo 2024, n. 7243 rispetto a Cass. SS.UU. n. 8472/2022 e n. 26724/2007 »; Ic ) « Sdoppiamento della qualità del servicer in master (iscritto all’albo 106 TUB) e special (non iscritto) quale prassi operativa contraria alla norma imperativa primaria »; Id ) « Mancata prova della pattuizione del potere di vigilanza e controllo dal master allo special servicer»; Ie ) « Insanabilità degli atti compiuti dalla SPV tramite il servicer non iscritto all’albo ex art. 106 TUB »;
II) «Ex art. 360 comma 1, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 101, comma 2, c.p.c., 1264 c.c., 58 TUB e 2697 c.c. -La Corte territoriale ha erroneamente ritenuto provata la legittimazione attiva e/o titolarità attiva del credito azionato in capo alla sedicente cessionaria RAGIONE_SOCIALE »;
III) «Ex art. 360 comma 1, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 101, comma 2, c.p.c., 1418, comma 1, c.c., 1419 c.c., 1957 c.c., 2697 c.c. e 2969 c.c.; della L. n. 287 del 1990, artt. 2, 14, 20, 33 e 34; dell’ art. 41 Cost. ; dell’ art. 101 Trattato UE (già art. 81 Trattato CE); degli artt. 2697 e 2729 c.c.; degli artt. 115 e 116 c.p.c., La Corte d’Appello ha
erroneamente ritenuta non provata l’intesa anticoncorrenziale nell’anno 2010 e non applicabile la tutela anticoncorrenziali anche alle fideiussioni cd. specifiche »;
IV) «Ex art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione de ll’ art. 2, comma 2, della legge n. 287/90 »;
«Ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 1346 c.c., 117 TUB, 1284 c.c., 132, comma 2, c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. »;
VI) « Mancata ammissione della CTU tecnico contabile e vizio di motivazione apparente ».
Va rilevato, innanzitutto, che la menzionata proposta ex art. 380bis cod. proc. civ. ha il seguente tenore:
« 1. Ancor prima di procedere allo scrutinio dei motivi di ricorso in esso formulati, va rilevato, in via pregiudiziale, che l’odierno ricorso deve essere dichiarato improcedibile ex art. 369, comma 2, n. 2, cod. proc. civ.
1.1. NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, infatti, pur affermando che la sentenza della Corte di appello di L’Aquila n. 1739/2023, oggi impugnata, pubblicata il 13 dicembre 2013, è stata notificata in data 2 marzo 2024, hanno depositato copia della corrispondente relazione di notificazione solo in data 5 luglio 2024, ben oltre il termine di cui all’art. 369, comma 2, n. 2, cod. proc. civ., tenuto conto dell’avvenuto deposito del ricorso (preced entemente notificato il 2 maggio 2024) il 15 maggio 2024.
1.2. Giova ricordare, allora, che, come ribadito dalle Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass., SU, n. 21349 del 2022, cui fa rinvio anche la più recente Cass. n. 27313 del 2024, pronunciatasi su questione assolutamente identica a quella odierna), la dichiarazione, contenuta nel ricorso per cassazione, di avvenuta notificazione della sentenza impugnata attesta un «fatto processuale» – la notificazione della sentenza – idoneo a far decorrere il termine «breve» di impugnazione e, quale manifestazione di «autoresponsabilità» della parte, impegna quest’ultima a subire le conseguenze di quanto dichiarato, facendo sorgere in capo ad essa l’onere di
depositare, nel termine stabilito dall’art. 369 cod. proc. civ., copia della sentenza munita della relata di notifica (ovvero delle copie cartacee dei messaggi di spedizione e di ricezione, in caso di notificazione a mezzo EMAIL), senza che sia possibile riparare alla relativa omissione mediante la successiva, e ormai tardiva, produzione ai sensi dell’art. 372 cod. civ. (cfr., nel medesimo senso, pure nelle rispettive motivazioni, anche la precedente Cass. n. 15832 del 2021 e le più recenti Cass. nn. 14790 e 19475 del 2024).
1.3. Il difetto di procedibilità, poi, deve essere rilevato d’ufficio, né può essere sanato dalla mancata contestazione ad opera della/e della parte/i controricorrente/i, perché l’improcedibilità trova la sua ragione nel presidiare, con efficacia sanzionatoria, un comportamento omissivo di una parte che ostacola la stessa sequenza di avvio di un determinato processo (cfr. Cass., SU, n. 9005 del 2009; Cass., SU, n. 10648 del 2017; Cass., SU, n. 21349 del 2022; Cass. nn. 17014, 19475 e 27313 del 2024), sicché nessun valore può assumere, al fine di escluderla, l’eventuale comportamento di non contestazione di un’altra parte. Chiarissima, in tal senso, è l’affermazione di Cass., SU, n. 21349 del 2022, laddove spiega che «Non può condividersi l’affermazione, contenuta nell’ordinanza interlocutoria, secondo cui la sanzione dell’improcedibilità sarebbe inapplicabile quando “la controparte (controricorrente) che ha notificato il provvedimento di merito impugnato (…) abbia riconosciuto nel giudizio di legittimità la data in cui l’adempimento è stato da lei stessa curato, rendendo in tal modo inutile ogni accertamento dell’ufficio al riguardo” […]. Ed infatti, il ricorrente che, pur dichiarando che la sentenza impugnata è stata notificata in una certa data, depositi la copia autentica della stessa omettendo di depositare la relata della notifica, incorre nella sanzione dell’improcedibilità, trattandosi di omissione che impedisce alla Suprema Corte la verifica – a tutela dell’esigenza pubblicistica del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale – della tempestività dell’esercizio del diritto di impugnazione, a nulla valendo la non contestazione dell’osservanza del termine breve da parte del controricorrente, ovvero il mero reperimento di tale copia nel fascicolo d’ufficio, da cui emerga, in ipotesi, la tempestività
dell’impugnazione ( ex plurimis , Cass. 3466 del 2020, n. 9987 del 2016, n. 9004 del 2009)».
1.3.1. In altri termini, come sancito dalla già menzionata Cass. n. 27313 del 2024, la previsione di un termine perentorio per il deposito della relata a cura del ricorrente, ex art. 369 cod. proc. civ., o eccezionalmente del controricorrente, ex art. 370, comma 3, cod. proc. civ., è funzionalmente preordinata all’immediato e diretto riscontro, da parte del giudicante, dell’ordinato svolgersi del giudizio di legittimità mediante la verifica d’ufficio della tempestività dell’impugnazione e del conseguente formarsi del giudicato: tanto giustifica la già spiegata efficacia sanzionatoria della declaratoria di improcedibilità.
1.3.2. È stato insegnato pure che essa è compatibile con il diritto di accesso al giudice se configurata nelle fasi di impugnazione, risolvendosi, altrimenti, in una non ragionevole compromissione del diritto di difesa e che la selezione delle impugnazioni da scrutinare nel merito va perciò compiuta se i termini fissati dal legislatore per la sequenza procedimentale siano stati rispettati (cfr. Cass., SU, n. 10648 del 2017; Cass. n. 27313 del 2024). Infatti, consentire il recupero della omissione mediante la produzione a tempo indeterminato con lo strumento di cui all’art. 372 cod. proc. civ. vanificherebbe il senso del duplice adempimento nel meccanismo processuale che è anche quello di selezionare tempestivamente i ricorsi ai fini della scelta del rito processuale di legittimità più consono.
1.3.3. Va rimarcato, inoltre, che, giusta la recente Cass. n. 19475 del 2024 (cui rinvia anche Cass. n. 27313 del 2024), «In tema di giudizio di cassazione, l’omessa produzione della relata di notifica della sentenza impugnata comporta l’improcedibilità del ricorso ex art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c. e tale sanzione non contrasta con gli artt. 24 e 111 Cost. e 6 CEDU, trattandosi di un adempimento preliminare, tutt’altro che oneroso e complesso, che non mette in discussione il diritto alla difesa ed al giusto processo, essendo finalizzato a verificare, nell’interesse pubblico, il passaggio in giudicato della decisione di merito ed a selezionare la procedura più adeguata alla definizione della controversia». Tale principio, ovviamente,
deve trovare applicazione anche nell’ipotesi di tardiva produzione della relata predetta, perché avvenuta, come nella specie, oltre il termine perentorio sancito dall’art. 369, coma 2, n. 2, cod. proc. civ.
1.4. La già più volte citata Cass. n. 27313 del 2024 ha puntualizzato, altresì, che «A queste conclusioni non possono ritenersi di ostacolo il principio sancito da Cass., SU, n. 22438 del 2018 (‘Il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notifica, di copia analogica del ricorso per cassazione predisposto in originale telematico e notificato a mezzo EMAIL, senza attestazione di conformità del difensore ex art. 9, commi 1-bis e 1ter , della l. n. 53 del 1994 o con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non ne comporta l’improcedibilità ove il controricorrente -anche tardivamente costituitosi -depositi copia analogica del ricorso ritualmente autenticata ovvero non abbia disconosciuto la conformità della copia informale all’originale notificatogli ex art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 82 del 2005. Viceversa, ove il destinatario della notificazione a mezzo PEC del ricorso nativo digitale rimanga solo intimato -così come nel caso in cui non tutti i destinatari della notifica depositino controricorso -ovvero disconosca la conformità all’originale della copia analogica non autenticata del ricorso tempestivamente depositata, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità sarà onere del ricorrente depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica sino all’udienza di discussione o all’adunanza in camera di consiglio») e quelli enunciati da Cass., SU, n. 8312 del 2019 («1. Il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notifica, di copia analogica della decisione impugnata predisposta in originale telematico e notificata a mezzo EMAIL priva di attestazione di conformità del difensore ex art. 9, commi 1bis e 1ter , della legge n. 53 del 1994 oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non comporta l’applicazione della sanzione dell’improcedibilità ove l’unico controricorrente o uno dei controricorrenti -anche in caso di tardiva costituzione -depositi copia analogica della decisione stessa ritualmente autenticata ovvero non abbia disconosciuto la conformità della copia informale all’originale notificatogli ex art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 82 del 2005. Invece, per evitare
di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità, il ricorrente ha l’onere di depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica sino all’udienza di discussione o all’adunanza in camera di consiglio nell’ipotesi in cui l’unico destinatario della notificazione del ricorso rimanga soltanto intimato -oppure tali rimangano alcuni o anche uno solo tra i molteplici destinatari della notifica del ricorso -oppure comunque il/i controricorrente/i disconosca/no la conformità all’originale della copia analogica non autenticata della decisione tempestivamente depositata; 2. I medesimi principi si applicano all’ipotesi di tempestivo deposito della copia della relata della notificazione telematica della decisione impugnata -e del corrispondente messaggio PEC con annesse ricevute -senza attestazione di conformità del difensore ex art. 9, commi 1bis e 1ter , della legge n. 53 del 1994 oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa; 3. Il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notifica, di copia analogica della decisione impugnata redatta in formato elettronico e firmata digitalmente -e necessariamente inserita nel fascicolo informatico -senza attestazione di conformità del difensore ex art. 16bis , comma 9bis , d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221 oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non comporta l’applicazione della sanzione dell’improcedibilità ove l’unico controricorrente o uno dei controricorrenti -anche in caso di tardiva costituzione -depositi copia analogica della decisione stessa ritualmente autenticata ovvero non abbia disconosciuto la conformità della copia informale all’originale della decisione stessa. Mentre se alcune o tutte le controparti rimangono intimate o comunque depositino controricorso ma disconoscano la conformità all’originale della copia analogica non autenticata della decisione tempestivamente depositata il ricorrente, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità, ha l’onere di depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica della decisione impugnata sino all’udienza di discussione o all’adunanza in camera di consiglio; 4. Il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notifica, di copia analogica della decisione impugnata sottoscritta con firma autografa ed inserita nel
fascicolo informatico senza attestazione di conformità del difensore ex art. 9, commi 1bis e 1ter , della legge n. 53 del 1994 oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non comporta l’applicazione della sanzione dell’improcedibilità ove l’unico controricorrente o uno dei controricorrenti -anche in caso di tardiva costituzione -depositi copia analogica della decisione stessa ritualmente autenticata ovvero non abbia disconosciuto la conformità della copia informale all’originale della decisione stessa. Mentre se alcune o tutte le controparti rimangono intimate o comunque depositino controricorso ma disconoscano la conformità all’originale della copia analogica non autenticata della decisione tempestivamente depositata il ricorrente, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità, ha l’onere di depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica della decisione impugnata sino all’udienza di discussione o all’adunanza in camera di consiglio») …». Ad av viso della pronuncia in esame, infatti, «si tratta di principi chiaramente dettati per fattispecie specifiche (e diverse da quella oggi in esame) e non estendibili al di fuori di essi».
1.5. La copia della menzionata sentenza della Corte di appello di L’Aquila n. 1739/2023, munita della corrispondente relata di sua notificazione, poi, neppure è stata tempestivamente depositata dalla parte controricorrente e ciò preclude anche la possibili tà di ritenere che, malgrado l’intempestiva produzione da parte dei ricorrenti, l’avvio della sequenza procedimentale non sia stato comunque impedito, né apprezzabilmente ritardato (cfr. SU, n. 10648 del 2017; Cass. n. 27313 del 2024).
1.5.1. La medesima copia neppure poteva essere in possesso dell’ufficio perché presente nel fascicolo trasmesso dal giudice di appello (cfr. Cass., SU n. 10648 del 2017), atteso che, nella specie, non era previsto, ai fini della decorrenza del termine breve di impugnazione, un obbligo di comunicazione del provvedimento (come nel caso di cui all’ordinanza ex art. 348-ter cod. proc. civ.), né di sua notificazione da parte della cancelleria (cfr. Cass. n. 17014 del 2024). Solo in tali ipotesi, nelle quali la legge anche implicitamente ricollega la decorrenza del termine per impugnare al compimento di attività doverose della cancelleria, sub specie di comunicazione ovvero di
notificazione, salvo diversa e specifica disposizione di legge (che imponga alla cancelleria di allegare al fascicolo d’ufficio la copia notificata dalla parte della sentenza impugnata), è previsto o possibile che resti traccia degli adempimenti a cura della cancelleria, cioè della comunicazione e notifica della sentenza, nel fascicolo d’ufficio, sicché ben potrebbe la trasmissione avvenuta in adempimento della richiesta di cui all’art. 369 cod. proc. civ. supplire alla negligenza della parte ricorrente. Al di fuori di esse, invece, laddove la notificazione della sentenza, idonea a far decorrere il termine breve, sia frutto di una successiva ed autonoma iniziativa della parte interessata ad abbreviare i tempi di formazione del giudicato, non è previsto che nel fascicolo d’ufficio (nel quale sono inseriti i soli atti indicati nell’art. 168 cod. proc. civ.) debba inserirsi copia della relata di notifica, trattandosi evidentemente di attività che non avviene su iniziativa dell’ufficio e che interviene in un momento successivo alla definizione del giudizio, non sussistendo un diritto delle parti a provvedere ad ulteriori inserimenti di atti nel fascicolo nei tempi dalle stesse liberamente decisi, al di fuori delle ipotesi espressamente contemplate dal legislatore (cfr., in termini, Cass. n. 21386 del 2017. In senso conforme, si vedano anche Cass. n. 14360 del 2021, Cass., SU, n. 21349 del 2022 e Cass. n. 27313 del 2024). Perché la sanzione dell’improcedibilità sia evitata, quindi, non è sufficiente, che il documento (la relata di notifica ad istanza di parte) sia materialmente presente nel fascicolo d’ufficio (di cui il ricorrente abbia chiesto la trasmissione) per esservi stato materialmente inserito dalla parte interessata nei tempi dalla stessa determinati.
1.6. Fermo quanto precede, poiché, nella specie, la notifica del ricorso è avvenuta in data 2 maggio 2024 ed il suo deposito risale al 15 maggio 2024, mentre il deposito della relata di notificazione è avvenuto solo il successivo 5 luglio 2024 (ben oltre, quindi, il termine di cui all’art. 369, comma 2, cod. proc. civ.), l’improcedibilità dello stesso nemmeno può essere scongiurata in riferimento alla data della pubblicazione della sentenza impugnata (13.12.2023), come stabilito dalla giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte secondo cui, pur in difetto o, come nella specie, tardiva produzione, della relata di notificazione, il ricorso per cassazione deve ugualmente
ritenersi procedibile ove risulti che la sua notificazione si è perfezionata, dal lato del ricorrente, entro il sessantesimo giorno (nella specie da individuarsi nella giornata di) dalla pubblicazione della sentenza, perché in tal caso è comunque consentito al giudice dell’impugnazione, fin dal momento del deposito del ricorso ed in riferimento alla sola data di pubblicazione della decisione impugnata, verificare e ritenere la tempestività in relazione al termine di cui all’art. 325, comma 2, cod. proc. civ. (cfr. Cass. n. 11386 del 2019; Cass. nn. 17014 e 27313 del 2024).
1.7. Resta solo da dire, da ultimo, che la improcedibilità della odierna impugnazione può essere rilevata d’ufficio senza necessità di stimolare il contraddittorio, perché il divieto di porre a fondamento della decisione una questione non sottoposta al previo contraddittorio delle parti non si applica alle questioni di rito relative ai requisiti di procedibilità della domanda previsti da norme la cui violazione è rilevabile in ogni stato e grado del processo, senza che tale esito processuale integri una violazione dell’art. 6, § 1, della CEDU, il quale – nell’interpretazione data dalla Corte Europea – ammette che il contraddittorio non venga previamente suscitato su questioni di rito che la parte, con una minima diligenza, avrebbe potuto e dovuto attendersi o prefigurarsi (cfr. in senso analogo, sebbene con riferimento al rilievo della tardività della impugnazione, Cass. n. 7356 del 2022. In senso sostanzialmente conforme, cfr. pure Cass. n. 6218 del 2019 e Cass. n. 27313 del 2024) ».
Il Collegio reputa affatto condivisibile tali conclusioni (rinvenibili anche nella più recente Cass. n. 1845 del 2025), che, pertanto, ribadisce interamente, facendole proprie, altresì rimarcando che nemmeno persuadono le contrarie argomentazioni, sul punto, esposte dai ricorrenti nella loro memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ., depositata il 29 agosto 2025, in cui, sostanzialmente, si invoca l’applicazione, al caso di specie, del principio (fatto proprio dalla giurisprudenza di legittimità) secondo cui va esclusa l’irrogazione della sanzione dell’improcedibilità del ricorso là dove la copia autentica della sentenza impugnata risulti comunque acquisita alla disponibilità del giudice, da ciò traendosi l’ulteriore corollario in forza del quale
la prova della notificazione della tempestività del ricorso andrebbe valutata, non già alla scadenza del termine per il deposito a pena di improcedibilità degli atti indicati dall’art. 369 c od. proc. civ., bensì al momento della decisione.
In proposito, infatti, è sufficiente osservare che:
i ) si discute qui del tardivo deposito, non già della copia autentica della sentenza impugnata, bensì della sua relata di notificazione;
ii ) l’onere , per il ricorrente che affermi essergli stata notificata la sentenza avverso la quale propone l’impugnazione per cassazione, di depositare, ‘ a pena di improcedibilità ‘, nel termine di cui all’art. 369, comma 2, n. 2, cod. proc. civ., anche la corrispondente relata di notifica, trova ragione risolutiva nel cd. principio di ‘ autoresponsabilità ‘ (evocato anche nella pronuncia di Cass., SU, n. 21349 del 2022 e riflesso del generale criterio di riparto dell’onere della prova di cui all’art. 2697 cod. civ.: onus probandi incumbit ei qui dicit ), tale per cui la dichiarazione di avvenuta notificazione della sentenza, costituendo l’attestazione di un ‘ fatto processuale ‘ , impegna la parte che la rende e fa sorgere dunque in capo alla stessa l’onere di darne la prova;
iii ) le uniche condizioni alle quali la giurisprudenza di questa Corte ( cfr . Cass., SU, n. 10648 del 2017; Cass., SU, n. 21349 del 2022; Cass. n. 27883 del 2024 ) ha ricollegato l’esclusione dell’applicabilità della sanzione dell’improcedibilità sancita dall’art. 369 c od. proc. civ. in relazione alla mancata produzione, da parte del ricorrente, della relazione di notificazione della sentenza impugnata, devono ritenersi limitate ai soli casi in cui la relazione di notificazione della sentenza impugnata sia stata comunque acquisita a seguito della trasmissione del fascicolo d’ufficio (previo tempestivo deposito della corrispondenza istanza avanzata dal ricorrente), ovvero a seguito dell’eventuale costituzione della parte controri corrente. Si tratta di limitate eccezioni alla disciplina processuale ( cfr . l’art. 369 c od. proc. civ.) che la Corte di cassazione ha ritenuto di dover dedurre in forza di specifiche ragioni di ordine sistematico. A tale riguardo, le Sezioni Unite di questa Corte hanno rimarcato come « la mancata produzione, nei termini, della sentenza
impugnata o la mancata prova (mediante la relata di notifica) della tempestività del ricorso per cassazione costituiscono negligenze difensive che, per quanto frequenti, in linea di principio non sono giustificabili. Si tratta di adempimenti agevoli, normativamente prescritti da sempre, di intuitiva utilità per attivare il compito del giudice in modo non ‘ trasandato ‘ e conseguente con il fine di pervenire sollecitamente alla formazione del giudicato. Consentire il recupero della omissione mediante la produzione a tempo indeterminato con lo strumento di cui all’art. 372 c.p.c. vanificherebbe il senso del duplice adempimento nel meccanismo processuale. L’improcedibilità, infatti, a differenza di quanto previsto in altre ‘ situazioni procedurali ‘ trova la sua ragione nel presidiare, con efficacia sanzionatoria, un comportamento omissivo che ostacola la sequenza di avvio di un determinato processo. È stato insegnato anche che essa è compatibile con il diritto di accesso al giudice se configurata nelle fasi di impugnazione, risolvendosi altrimenti in una non ragionevole compressione del diritto di difesa (cfr., per una applicazione di quest’ultimo principio SU n. 1238/05). La selezione delle impugnazioni da scrutinare nel merito va perciò compiuta se i termini fissati dal legislatore per la sequenza procedimentale siano stati rispettati, salvo che i termini stessi (e gli adempimenti prescritti) risultino insignificanti. Questa sarebbe la percezione della sanzione se fosse mantenuta anche quando l’adempimento omesso da una parte risulti subito espletato dall’altra, nell’ambito della medesima fase iniziale dell’impugnazione. Lo scopo di attivare la sequenza procedimentale non potrebbe dirsi impedito, n é apprezzabilmente ritardato (l’esame del fascicolo non può aver luogo se non si è atteso il tempo utile per il deposito del controricorso). Il documento proverrebbe dalla stessa parte interessata a far constare la violazione processuale. La sanzione massima sarebbe incongrua, irragionevole e sproporzionata secondo i parametri normativi di cui si è discusso sopra. Non diversamente dovrebbe dirsi per le ipotesi – qui il richiamo ai due precedenti più ravvicinati (Cass. 25513/16 e 22726/11) è d’obbligo – in cui il documento sia già in possesso dell’ufficio perché presente nel fascicolo trasmesso dal giudice di appello. Se si considera che tale
trasmissione deve essere chiesta dalla parte ricorrente sempre ex art. 369 cpc, è facile desumere che quest’ultima deve beneficiare della eventualità che il documento non autonomamente prodotto sia comunque in possesso del giudice grazie anche alla sua iniziativa. Ancora una volta non avrebbe senso, alla luce delle normative della Carte europee, rifiutare l’accesso al giudice dell’impugnazione perché l’atto da valutare è presente nel fascicolo dell’Ufficio – grazie a un’istanza della parte – ma non può essere esaminato per il ritardo nel produrne la copia. Si tratterebbe di un inutile formalismo, contrastante con le esigenze di efficienza e semplificazione, le quali impongono di privilegiare interpretazioni coerenti con la finalità di rendere giustizia’ (S ez. U, Sentenza n. 10648 del 02/05/2017, in motivazione pagg.10-11) ». Nella specie, avendo gli odierni ricorrenti incontestatamente (ed ingiustificatamente) trascurato l’assolvimento del tempestivo onere di deposito della relazione di avvenuta notificazione (da essi espressamente affermata) della sentenza impugnata impostogli dall’art. 369 c od. proc. civ., senza che l’acquisizione d i detta relazione sia avvenuta per impulso della controparte ( che, costituendosi, non l’ha prodotta ), o a seguito della trasmissione del fascicolo d’ufficio, deve escludersi il ricorso delle condizioni per dar luogo alla disapplicazione della sanzione dell’improcedibilità del ricorso prevista dall’art. 369 c od. proc. civ.;
iii ) come ancora recentemente sancito da Cass. n. 11319 del 2025, « Al fine di evitare la sanzione della improcedibilità di cui all’art. 369, primo comma, c.p.c., l’onere per il ricorrente di depositare, ai sensi del numero 2 del secondo comma di tale disposizione, unitamente a copia autentica della sentenza o della decisione impugnata, la relazione di notificazione, sorge solo se il ricorrente stesso alleghi espressamente oppure implicitamente che la sentenza, contro cui ricorre, è stata notificata ai fini del decorso del termine di impugnazione ».
4. In conclusione, quindi, l’odierno ricorso di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME deve essere dichiarato improcedibile, restando a loro carico, in via solidale,
le spese di questo giudizio di legittimità sostenute da ciascuna delle costituitesi controricorrenti.
4.1. Poiché il giudizio è definito in conformità della proposta ex art. 380bis , comma 1, cod. proc. civ. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), va disposta la condanna della parte istante a norma dell’art. 96, commi 3 e 4, cod. proc. civ.
Vale rammentare, in proposito, che, in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380bis , comma 3, cod. proc. civ. (pure novellato dal menzionato d.lgs. n. 149 del 2022) -che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ. -codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente ( cfr . Cass., SU, n. 28540 del 2023; Cass. nn. 11346 e 16191 del 2024). Pertanto, non ravvisando il Collegio (stante la complessiva ‘tenuta’ del provvedimento della PDA rispetto alla motivazione necessaria per confermare l’inammissibilità del ricorso) ragioni p er discostarsi dalla suddetta previsione legale ( cfr ., in motivazione, Cass., SU, n. 36069 del 2023), i ricorrenti suddetti, vanno condannati, in solido tra loro, nei confronti di ciascuna delle costituitesi controricorrenti, al pagamento della somma equitativamente determinata di € ,00, oltre che al pagamento dell’ulteriore somma di € 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
4.2. Deve darsi atto, infine, -in assenza di ogni discrezionalità al riguardo ( cfr . Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 -che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte dei medesimi ricorrenti, in solido tra loro, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre « spetterà
all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento ».
PER QUESTI MOTIVI
La Corte dichiara improcedibile il ricorso proposto da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME e li condanna al pagamento, in solido tra loro, delle spese di questo giudizio di legittimità, che liquida, in favore di ciascuna delle parti controricorrenti costituitesi, in € 15.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi, liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge.
Condanna i medesimi ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento della somma di € 15.000,00 in favore di ciascuna delle costituitesi controricorrenti e di una ulteriore somma di € 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, in solido tra loro, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, giusta il comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 17 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME