Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5053 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 5053 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8762/2024 R.G. proposto da :
COGNOME elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
CAMERA DI CONCILIAZIONE FORENSE PICENA;
-intimata- avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di ASCOLI PICENO n. 692/2023 depositata il 03/11/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/01/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME proponeva appello avverso la sentenza n. 232/21, emessa dal Giudice di Pace di Ascoli Piceno, che aveva rigettato l’opposizione al decreto ingiuntivo n. 741/20 avanzata dalla COGNOME
nei confronti della Camera di Conciliazione Forense Picena, organismo non autonomo dell’Ordine degli Avvocati di Ascoli Piceno.
A sostegno dell’impugnazione deduceva la nullità dell’incontro di mediazione del 19.02.2020, attesa l’assenza dell’amministratore. Aggiungeva, tra le altre contestazioni, che la procura rilasciata dal Condominio non era valida, mancando di un espresso riferimento alla mediazione e non essendo stata rilasciata in copia alla COGNOME ed all’avv. NOME COGNOME.
Il Tribunale di Ascoli Piceno, con la sentenza n. 692/2023 del 3 novembre 2023, rigettava l’appello confermando la sentenza impugnata.
Avverso tale pronuncia NOME COGNOME propone ricorso per Cassazione con un motivo articolato in più censure.
3.1. La Camera di Conciliazione Forense non ha svolto attività difensiva.
3.2. È formulata proposta di definizione accelerata del ricorso, per i suoi riscontrati profili di improcedibilità in quanto parte ricorrente non ha prodotto, nel termine perentorio previsto dall’art. 369, co. 2, n. 2, c.p.c., la copia autentica del provvedimento impugnato; in esito al deposito della procura e istanza a chiedere la decisione del ricorso, ne è disposta la trattazione in adunanza camerale.
Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La ricorrente ha depositato istanza di decisione, contestando la prospettazione di improcedibilità da mancato deposito di copia autentica notificata della sentenza impugnata: e tanto perché la sentenza è stata impugnata con ricorso per cassazione proposto nei termini previsti dall’articolo 327 c.p.c., di sei mesi, che decorre dalla data di pubblicazione della sentenza impugnata. Ne consegue
che il deposito della copia autentica notificata corredata dalla relata di notifica, nel caso di specie, non avrebbe alcun rilievo, dovendo la Corte verificare la tempestività del ricorso rispetto alla pubblicazione della sentenza impugnata.
Sostiene la ricorrente che la sentenza è stata depositata il 3 novembre 2023 e, conseguentemente il termine lungo scadeva il 3 maggio 2023. Il ricorso è stato iscritto il 19 aprile 2024, prima, quindi, dello spirare del predetto termine.
Sostiene anche che è sufficiente aver depositato la copia autentica del provvedimento impugnato, indipendentemente dal fatto che in prossimità della consumazione del termine di impugnazione controparte abbia notificato la sentenza.
Ritiene la Corte di dover confermare la proposta di definizione accelerata del ricorso. Il ricorso è, infatti, improcedibile ai sensi dell’art. 369 c.p.c. (Cass. 25971/2022).
La previsione di cui all’art. 369, comma 2, n. 2 c.p.c., -dell’onere di deposito a pena di improcedibilità, entro il termine di cui al comma 1 della stessa norma, della copia della decisione impugnata con la relazione di notificazione, ove questa sia avvenuta, è funzionale al riscontro, da parte della Corte di cassazione – a tutela dell’esigenza pubblicistica (e, quindi, non disponibile dalle parti) del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale – della tempestività dell’esercizio del diritto di impugnazione, il quale, una volta avvenuta la notificazione della sentenza, è esercitabile soltanto con l’osservanza del cosiddetto termine breve. Nell’ipotesi in cui il ricorrente, espressamente od implicitamente, alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata, limitandosi a produrre una copia autentica della sentenza impugnata senza la relata di notificazione, il ricorso per cassazione dev’essere dichiarato improcedibile, restando possibile evitare la declaratoria di improcedibilità soltanto attraverso la produzione separata di una copia con la relata avvenuta nel rispetto dell’art. 372, comma 2,
c.p.c., applicabile estensivamente, purché entro il termine di cui all’art. 369, comma 1, c.p.c., e dovendosi, invece, escludere ogni rilievo dell’eventuale non contestazione dell’osservanza del termine breve da parte del controricorrente ovvero del deposito da parte sua di una copia con la relata o della presenza di tale copia nel fascicolo d’ufficio, da cui emerga in ipotesi la tempestività dell’impugnazione» (Cass. civ., sez. un., 16 aprile 2009, n. 9005; cfr., ex multis , Cass. 11 maggio 2010, n. 11376; Cass. 10 dicembre 2010, n. 25070; Cass. 27 gennaio 2015, n. 1443). Con successiva sentenza le Sezioni Unite hanno temperato la portata del predetto principio, osservando che: «deve escludersi la possibilità di applicazione della sanzione della improcedibilità, ex art. 369 c.p.c., comma secondo, n. 2, al ricorso contro una sentenza notificata di cui il ricorrente non abbia depositato, unitamente al ricorso, la relata di notifica, ove quest’ultima risulti comunque nella disponibilità del giudice perché prodotta dalla parte controricorrente ovvero acquisita mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio» (Cass. civ., sez. un. 2 maggio 2017, n. 10648). È stato peraltro ulteriormente precisato che, in mancanza del fascicolo di ufficio di cui pure risulti chiesta l’acquisizione, deve comunque dichiararsi l’improcedibilità, posto che l’art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c., prevede tale sanzione per l’omesso deposito in parola ad opera della parte, senza che possano dilatarsi irragionevolmente i tempi processuali per una carenza comunque imputabile alla stessa, e anche atteso che non è previsto, al di fuori di ipotesi eccezionali, qui non dedotte, che nel fascicolo d’ufficio debba inserirsi copia della relata di notifica, trattandosi di attività che non avviene su iniziativa dell’ufficio e che interviene in un momento successivo alla definizione del giudizio (Cass. 31 maggio 2018, n. 13751; Cass. 15 settembre 2017, n. 21386).
In definitiva si può affermare che: a) l’art. 369 c.p.c. non consente di distinguere tra deposito della sentenza impugnata e deposito
della relazione di notificazione, con la conseguenza che anche la mancanza di uno solo dei due documenti determina l’improcedibilità del ricorso; b) l’improcedibilità può essere evitata se il deposito del documento mancante avviene in un momento successivo, purché entro il termine di venti giorni dalla notifica del ricorso per cassazione; c) l’improcedibilità non può invece essere evitata allorquando il deposito avvenga oltre detto termine, in quanto consentire il recupero dell’omissione mediante la produzione a tempo indeterminato con lo strumento dell’art. 372 c.p.c. vanificherebbe il senso del duplice adempimento del meccanismo processuale; d) la sanzione della improcedibilità non è applicabile quando il documento mancante sia nella disponibilità del giudice perché prodotto dalla controparte o perché presente nel fascicolo d’ufficio acquisito su istanza della parte (senza che, però, ove tale fascicolo manchi, ancorché richiesto, se ne debba attendere l’acquisizione); e) l’improcedibilità non sussiste quando il ricorso per cassazione risulta notificato prima della scadenza dei sessanta giorni dalla pubblicazione della sentenza e quindi nel rispetto del termine breve per l’impugnazione, perché in tal caso perde rilievo la data della notifica del provvedimento impugnato (cfr. ex plurimis Cass. civ., Sez. II, Ord., 10 marzo 2023, n. 7157; Cass. civ., Sez. III, Ord., 19 gennaio 2022, n. 1580; Cass. civ., Sez. VI-5, Ord., 15 ottobre 2021, n. 28380; Cass. civ., Sez. V, Ord., 13 maggio 2021, n. 12844; Cass. civ., Sez. VI-5, Ord., 22 maggio 2020, n. 9499; Cass. civ., Sez. VI-lav., Ord., 29 novembre 2016, n. 24178).
La singolare opposta tesi della ricorrente, sull’inoperatività di tale disciplina, è priva del benché minimo sostegno normativo, testuale o sistematico: non incidendo, come si ricava dal tenore letterale delle espressioni adoperate dal codice ed in conformità ad un granitico pluridecennale orientamento di giurisprudenza, sull’ineludibile onere di tempestivo deposito della copia notificata
del provvedimento impugnato l’entità del termine per proporre impugnazione (onere escluso dalla sola circostanza che, appunto indipendentemente dal termine in concreto fruito per proporla, la notificazione del ricorso abbia avuto luogo prima dello spirare dei sessanta giorni dalla pubblicazione della sentenza impugnata: poiché, in tal caso, la notificazione della sentenza non avrebbe potuto avere luogo prima della pubblicazione e, quindi, il ricorso notificato entro i sessanta giorni da questo non può che essere tempestivo rispetto alla data più remota possibile di notificazione del provvedimento da impugnare).
Nel caso di specie il ricorso deve essere dichiarato improcedibile, confermando la proposta di definizione anticipata, perché la ricorrente non ha prodotto, nel termine perentorio previsto da detta norma, la copia autentica del provvedimento impugnato, che risulta pubblicato oltre 60 giorni prima della notificazione del ricorso, che la parte stessa dichiara espressamente esserle stato notificato in data 14 marzo 2024 e che non è stato prodotto neanche dalla controparte rimasta intimata (Cass. civ., Sez. Un., 24 settembre 2018, n. 22438; Cass. civ., Sez. Un., 25 marzo 2019, n. 8312).
L’ indefensio degli intimati non richiede la condanna alle spese.
Considerato che la trattazione del ricorso è stata chiesta ai sensi dell’art. 380 bis, co. 2°, c.p.c. a seguito di proposta di improcedibilità del Consigliere delegato, la Corte, avendo definito il giudizio in conformità della proposta, applica l’art. 96 4° co., c.p.c. come previsto dall’art. 380 bis , ult. comma, c.p.c.: individuando le somme oggetto delle relative condanne negli importi reputati congrui come in dispositivo.
P. Q. M.
La Corte dichiara improcedibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento di euro 5.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, ai sensi dell’art. 96, 4° comma, c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, come modif. dalla l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente all’ufficio del merito competente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza