Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 31803 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 31803 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 15757-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO nello studio dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, NOME COGNOME INDIRIZZO, nello studio de ll’avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avv. NOME COGNOME
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE E RAGIONE_SOCIALE
– intimata –
avverso la sentenza n. 4796/2019 della CORTE DI APPELLO di MILANO, PUBBLICATA il 3/12/2019;
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione ritualmente notificato COGNOME NOME Raffaele proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 7748/2013, con il quale il Tribunale di Milano gli aveva ingiunto, in solido con RAGIONE_SOCIALE (poi divenuta RAGIONE_SOCIALE, il pagamento della somma di € 573.146,76 in favore di RAGIONE_SOCIALE
Con separato atto di citazione, notificato in un momento successivo, anche RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione avverso il predetto decreto ingiuntivo.
Nella resistenza dell’opposta, il Tribunale di Milano, riunite le due opposizioni, revocato il menzionato decreto monitorio, condannava con sentenza n. 2303/2018 ambedue le parti opponenti al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE, della ridotta somma di € 558.139,97, oltre accessori e spese.
Con la sentenza impugnata, n. 4796/2019, la Corte di Appello di Milano riformava la decisione di prime cure, revocando il decreto ingiuntivo opposto e condannando l’odierna ricorrente alle spese del doppio grado di giudizio.
Ha proposto ricorso per la cassazione di detta sentenza RAGIONE_SOCIALE affidandosi a cinque motivi.
Ha resistito con controricorso COGNOME NOME COGNOME.
RAGIONE_SOCIALE intimata, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.
Con lettera del 12.12.2022 il procuratore della parte ricorrente ha rinunciato al mandato difensivo.
Con atto dell’8.2.2023 si è costituito il nuovo difensore della predetta società ricorrente.
A seguito della formulazione di proposta di decisione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. la parte ricorrente, con istanza del 21.2.2024 depositata dal suo nuovo difensore munito di apposita procura speciale, ha chiesto la decisione del ricorso.
In prossimità dell’adunanza camerale, la parte ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via pregiudiziale il collegio rileva che il ricorso deve essere dichiarato improcedibile.
Con lo stesso è stata, infatti, impugnata la sentenza della Corte di Appello di Milano n. 4796/2019, che la stessa parte ricorrente dichiara esserle stata notificata in data 07.02.2020 (cfr. pag. 1 del ricorso).
Poiché non emerge che la medesima ricorrente abbia depositato la sentenza oggetto di ricorso con la prova della relata della sua avvenuta notificazione e considerato che essa è stata pubblicata il 3.12.2019, il ricorso, notificato in data 10.6.2020 (e non in data 14.7.2020, come erroneamente indicato nella proposta di decisione), risulta essere stato proposto oltre il termine di 60 giorni dalla indicata data di pubblicazione della pronuncia impugnata, e dunque tardivamente.
Trattasi di vizio rilevabile d’ufficio ‘… non potendo il vizio ritenersi sanato dalla mancata contestazione da parte della controricorrente,
perché l’improcedibilità trova la sua ragione nel presidiare, con efficacia sanzionatoria, un comportamento omissivo che ostacola la stessa sequenza di avvio di un determinato processo’ (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 17014 del 20/06/2024). In relazione ad esso, va data continuità al principio secondo cui ‘Nel giudizio di cassazione, è esclusa la dichiarazione di improcedibilità ex art. 369, comma 2, n. 2), c.p.c., quando l’impugnazione sia proposta contro una sentenza notificata, di cui il ricorrente non abbia depositato, unitamente al ricorso, la relata di notifica (o le copie cartacee dei messaggi di spedizione e di ricezione, in caso di notifica a mezzo PEC), ove tale documentazione risulti comunque nella disponibilità del giudice, per essere stata prodotta dal controricorrente nel termine di cui all’art. 370, comma 3, c.p.c., ovvero acquisita -nei casi in cui la legge dispone che la cancelleria provveda alla comunicazione o alla notificazione del provvedimento impugnato (da cui decorre il termine breve per impugnare ex art. 325 c.p.c.)mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio’ (Cass. Sez. U, Sentenza n. 21349 del 6/07/2022; cfr. anche Cass. Sez. 1, Sentenza n. 33923 del 5/12/2023 e Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 27883 del 29/10/2024).
Non è, inoltre, ammessa la sanatoria del vizio in questione mediante deposito successivo della relata di notificazione della sentenza impugnata, poiché ‘La dichiarazione contenuta nel ricorso per cassazione di avvenuta notificazione della sentenza impugnata, attesta un fatto processuale – la notificazione della sentenza – idoneo a far decorrere il termine breve di impugnazione e, quale manifestazione di autoresponsabilità della parte, impegna quest’ultima a subire le conseguenze di quanto dichiarato, facendo sorgere in capo ad essa l’onere di depositare, nel termine stabilito dall’art. 369 c.p.c., copia della sentenza munita della relata di notifica (ovvero delle copie
cartacee dei messaggi di spedizione e di ricezione, in caso di notificazione a mezzo PEC), senza che sia possibile recuperare alla relativa omissione mediante la successiva, e ormai tardiva, produzione ai sensi dell’art. 372 c.c.’ (Cass. Sez. U, Sentenza n. 21349 del 6/07/2022, cit.).
Con riferimento alla portata del principio di autoresponsabilità, va anche ribadito che ‘La dichiarazione di avvenuta notificazione della sentenza impugnata contenuta nel ricorso per cassazione, quale atto processuale formale, indipendente dall’intenzione del dichiarante e produttivo degli effetti cui è destinato dalla legge nella serie procedimentale, non può essere successivamente corretta dal ricorrente con la memoria ex art. 380 bis o 378 c.p.c., atteso, per un verso, che l’ordinamento processuale non prevede un istituto che consenta la correzione degli atti processuali di parte (i quali sono normalmente ripetibili, salvo lo spirare dei termini stabiliti a pena di decadenza e il maturare delle preclusioni) e considerato, per altro verso, che la dichiarazione medesima, in quanto espressione dell’autoresponsabilità della parte, deve ritenersi inemendabile, rimettendosi altrimenti nella disponibilità della parte stessa l’applicabilità della sanzione dell’improcedibilità del ricorso’ : in termini v. Cass. Sez. 6, Ordinanza n. 15832 del 7/06/2021.
Con quest’ultima pronuncia si è anche precisato che ‘In tema di notificazione del provvedimento impugnato ad opera della parte, ai fini dell’adempimento del dovere di controllare la tempestività dell’impugnazione in sede di giudizio di legittimità, assumono rilievo le allegazioni delle parti, nel senso che, ove il ricorrente non abbia allegato che la sentenza impugnata gli è stata notificata, si deve ritenere che il diritto di impugnazione sia stato esercitato entro il c.d. termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c., procedendo all’accertamento
della sua osservanza, mentre, nella contraria ipotesi in cui l’impugnante abbia allegato espressamente o implicitamente che la sentenza contro cui ricorre gli sia stata notificata ai fini del decorso del termine breve di impugnazione (nonché nell’ipotesi in cui tale circostanza sia stata eccepita dal controricorrente o sia emersa dal diretto esame delle produzioni delle parti o del fascicolo d’ufficio), deve ritenersi operante il termine di cui all’art. 325 c.p.c., sorgendo a carico del ricorrente l’onere di depositare, unitamente al ricorso o nei modi di cui all’art. 372, comma 2, c.p.c., la copia autentica della sentenza impugnata, munita della relata di notificazione, entro il termine previsto dall’art. 369, comma 1, c.p.c., la cui mancata osservanza comporta l’improcedibilità del ricorso, escluso il caso in cui la notificazione del ricorso risulti effettuata prima della scadenza del termine breve decorrente dalla pubblicazione del provvedimento impugnato e salva l’ipotesi in cui la relazione di notificazione risulti prodotta dal controricorrente o presente nel fascicolo d’ufficio’ .
Ne discende l’erroneità del calcolo del termine breve per proporre ricorso per cassazione per come prospettato dalla parte ricorrente con l’istanza di decisione, poiché la stessa individua – a tal fine – il dies a quo nella data del 7.2.2020, che corrisponde a quella cui essa afferma – senza averlo riscontrato documentalmente – che la sentenza impugnata le era stata notificata. Al contrario, proprio l’assenza, all’interno degli atti del giudizio di legittimità, della copia munita dell’apposita relata di notifica di detta decisione, impedisce di far decorrere il termine di cui all’art. 325 c.p.c. dalla data di asserita notificazione della pronuncia di secondo grado, ed impone al collegio di fare riferimento all’unica data certa, rappresentata da quella della sua pubblicazione, che nella specie è avvenuta – come visto – il 3.12.2019. Da tale data va, quindi, computato il termine breve per impugnare, che
era pacificamente decorso nel momento in cui il ricorso è stato spedito per la notificazione (ovvero in data 10.06.2020).
Per completezza, va evidenziato che non si configura alcun contrasto tra la sanzione processuale dell’improcedibilità ex art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c. ed i principi posti dagli artt. 24 e 111 Cost. e 6 della Convenzione E.D.U. ‘… trattandosi di un adempimento preliminare, tutt’altro che oneroso e complesso, che non mette in discussione il diritto alla difesa ed al giusto processo, essendo finalizzato a verificare, nell’interesse pubblico, il passaggio in giudicato della decisione di merito ed a selezionare la procedura più adeguata alla definizione della controversia’ (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 19475 del 15/07/2024; in termini, cfr. anche Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 24724 del 16/09/2024).
In definitiva, alla stregua di tutte le argomentazioni svolte, il ricorso deve essere dichiarato improcedibile, con conseguente preclusione dell’esame dei proposti motivi.
Le spese, liquidate come da dispositivo (in base al valore della causa e alle attività difensive compiute dal controricorrente), seguono la soccombenza.
Poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ai sensi dell’art. 380bis c.p.c., vanno applicati – come previsto dal terzo comma, ultima parte, dello stesso art. 380bis c.p.c. – il terzo e il quarto comma dell’art. 96 c.p.c., con conseguente condanna della parte ricorrente al pagamento, in favore della sola parte costituitasi tempestivamente con controricorso (essendo rimasta l’altra parte intimata), di una somma equitativamente determinata (nella misura di cui in dispositivo), nonché al pagamento di una ulteriore somma – nei limiti di legge – in favore della cassa delle ammende.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater , del D.P .R. n. 115 del 2002- della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
PQM
la Corte dichiara il ricorso improcedibile e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente COGNOME NOME Raffaele, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 9.200,00 di cui € 200,00 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.
Condanna altresì la parte ricorrente, ai sensi dell’art. 96, commi terzo e quarto, c.p.c. al pagamento, in favore del suddetto controricorrente, di una somma ulteriore pari ad € 5.000,00, nonché all’ulteriore pagamento dell’importo di euro 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda