Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 11014 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 11014 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 21240-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
Oggetto
CONTRIBUTI
R.G.N.21240/2019
Ud.11/03/2025 CC
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE – intimata – avverso la sentenza n. 178/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 13/03/2019 R.G.N. 450/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Inps notificava alla RAGIONE_SOCIALE di COGNOME Domenica e C. un avviso di addebito fondato sulla pretesa illegittimità dell’inquadramento della società come impresa artigiana ai sensi della legge 443/1985; tanto perché delle due socie la prima, NOME, non era iscritta alla gestione previdenziale degli artigiani e la seconda, NOME, pur essendo iscritta, non svolgeva attività anche manuale nell’impresa in questione gerente attività di trasporti, ma si limitava ad effettuare attività organizzativa e amministrativa del lavoro altrui e cioè degli autisti dipendenti. Secondo l’INPS tale circostanza impediva di ritenere integrati i presupposti per l’applicazione degli artt. 2 e 3 della legge 443/1985 e per l’inquadramento della imp resa nel settore artigiano.
La RAGIONE_SOCIALE di COGNOME e C. impugnava l’avviso di addebito innanzi al Tribunale di Verbania sostenendo l’infondatezza dell’accertamento perché NOME Domenica lavorava a tempo pieno nell’impresa con mansioni amministrative e organizzative e partecipava in via diretta alla realizzazione del servizio di trasporto offerto ai clienti. L’INPS si costituiva in giudizio contestando l’impugnazione proposta e chiedendone il rigetto. Il Tribunale di Verbania, con la sentenza n. 84/2017, a ccoglieva l’impugnazione e annullava l’addebito.
Avverso detta sentenza proponeva appello l’INPS. La RAGIONE_SOCIALE di COGNOME Domenica e C. si costituiva
nel giudizio di secondo grado chiedendo il rigetto dell’impugnazione. Con la sentenza 178/2019 depositata il 13/03/2019 la Corte di Appello di Torino, sezione lavoro, accoglieva l’appello, respingeva l’originaria impugnazione proposta dalla società e condannava la società appellata alle spese del doppio grado di giudizio.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE di COGNOME Domenica e C. articolando tre motivi. Si è costituita con controricorso l’INPS chiedendo il rigetto dell’impugnazione. La società ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis. 1 cod. proc. civ..
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio dell’11/03/2025.
Considerato che :
Con il primo motivo si deduce ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 3) c.p.c.: violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 2 e 3 della l. 443/1985 (cd. legge quadro per l’artigianato) per avere, la Corte d’appello di Torin o, erroneamente escluso dal novero delle attività «manuali» che la legge considera presupposto per la qualifica della impresa artigiana anche l’attività di gestione, direzione e coordinamento dell’attività svolta dalla ricorrente. La società ricorrente è costituita per la gestione in forma di impresa di attività di trasporto e, secondo il ricorso, la sentenza impugnata avrebbe errato nell’interpretare le norme citate nel senso di ritenere necessario, ai fini della qualificazione quale impresa artigiana, il coinvolgimento della socia nella concreta e manuale attività di guida degli automezzi e tanto perché NOME avrebbe sempre organizzato il servizio di trasporto, avrebbe sempre diretto gli autisti e i servizi, così partecipando con funzioni decisiv e e ineludibili al processo produttivo dell’impresa e alla creazione del servizio offerto ai clienti.
1.1. Il motivo è infondato; questa Corte ha già offerto, con interpretazione alla quale il Collegio intende dare continuità, la retta interpretazione della disposizione invocata e del significato da conferire alla dizione «anche manuale» in essa contenuta. In tale prospettiva si è affermato che ai fini dell’iscrizione all’albo delle imprese artigiane, alla stregua della definizione di imprenditore artigiano contenuta nell’art. 2, comma 1, della l. n. 443 del 1985, è indispensabile che il titolare dell’impresa espleti un lavoro di tipo anche manuale, non essendo, invece, sufficiente che svolga unicamente un’attività di carattere amministrativo (Cass. 09/07/2019, n. del 09/07/2019). Ed ancora: «ai fini dell’iscrizione all’albo delle imprese artigiane, è necessaria la sussistenza di un lavoro anche di tipo manuale del titolare dell’impresa, non essendo, invece, sufficiente che egli svolga unicamente attività di carattere amministrativo, alla stregua della definizione di imprenditore artigiano contenuta nell’art. 2, primo comma, della legge 8 agosto 1985, n. 443» (Cass. 22/11/2011, n. 28431). La disposizione richiede il coinvolgimento manuale del titolare dell’impresa nell’attività propria di creazione dei prodotti o di prestazione dei servizi, e tale diretto coinvolgimento è elemento essenziale per la qualificazione dell’impresa come artigi ana e per la conseguente disciplina di favore.
1.2. La motivazione della sentenza impugnata si è attenuta a questi principi e deve andare esente da censure.
Con il secondo motivo di ricorso la società deduce ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ. nullità della sentenza o del procedimento in relazione all’art. 115 cod. proc. civ., nonché agli artt. 2730, 2735 cod. civ. per l’erronea rite nuta attribuzione di valenza probatoria ad una pretesa dichiarazione contra se mai resa della ricorrente. Si tratta delle dichiarazioni
rese da NOME COGNOME agli ispettori del lavoro circa la natura del suo lavoro nell’impresa.
2.1. Con il terzo motivo di ricorso la società deduce ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per motivazione totalmente assente in relazione alle ragioni della ritenuta inattendibilità delle dichiarazioni testimoniali assunte a favore della ricorrente. In sostanza la difesa della società ricorrente lamenta che la sentenza impugnata avrebbe fatto malgoverno delle emergenze istruttorie e non avrebbe tenuto conto del quadro delle testimonianze raccolte che militava per il coinvolgimento diretto di NOME COGNOME nella attività, anche manuale, di trasporto.
2.2. I motivi secondo e terzo sono inammissibili perché mirano a deferire alla corte di legittimità il riesame del merito istruttorio e della valutazione della prova acquisita nei gradi di merito.
2.3. In ordine al secondo motivo, occorre richiamare il principio secondo il quale: «nel giudizio di cassazione non è consentito sindacare l’accertamento della natura confessoria delle dichiarazioni delle parti compiuto dal giudice di merito, non essendo soggetto a vaglio di legittimità il prodotto della sua attività interpretativa, se non nei limiti in cui è contestabile il vizio di motivazione» (Cass. 24/01/2019, n. 2048).
2.4. L’inammissibilità del terzo motivo è giustificata dal richiamo ad altro principio di diritto costantemente applicato da questa Corte: la valutazione delle risultanze delle prove e il giudizio sull’attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio
convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass. 07/01/2009, n. 42). Ed ancora: l’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass. 02/08/2016, n. 16056).
Nell’atto di impugnazione la difesa della società ricorrente, per l’ipotesi in cui la Corte avesse ritenuto necessario il coinvolgimento manuale dell’imprenditore nella attività tipica dell’impresa per la qualificazione dell’impresa come artigiana ai se nsi dell’art. 2 della legge 443/1985, dubitava della legittimità costituzionale della disposizione in relazione agli articoli 3, secondo comma, 37, primo comma, 41, primo comma e 45, secondo comma, della Costituzione. La questione di costituzionalità prospettata è, ad avviso del Collegio, manifestamente infondata in relazione ai profili denunciati atteso che non vengono in alcun modo evidenziati elementi di irragionevolezza o di disparità di trattamento.
Il ricorso deve, allora, essere integralmente respinto.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in euro 4.000,00 (quattromila) per compensi, euro 200,00 per esborsi e accessori come per legge;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta