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Immunità giurisdizionale: licenziamento e consolato

La Corte di Cassazione, con la sentenza Sez. U n. 34474/2019, affronta il tema dell’immunità giurisdizionale di uno Stato estero in una controversia di lavoro. Una dipendente di un Consolato, licenziata per giusta causa, ha impugnato il provvedimento chiedendo la reintegrazione. La Corte ha rigettato il ricorso, confermando che, sebbene il giudice italiano abbia giurisdizione sulle richieste patrimoniali (es. indennità), non può ordinare la reintegrazione nel posto di lavoro, poiché tale atto inciderebbe sui poteri sovrani di organizzazione dello Stato estero, protetti dall’immunità ristretta.

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Pubblicato il 11 luglio 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Immunità Giurisdizionale e Lavoro: Limiti alla Tutela nei Consolati

Quando un dipendente di un’ambasciata o di un consolato estero in Italia viene licenziato, può rivolgersi a un giudice italiano? La risposta non è semplice e chiama in causa un principio fondamentale del diritto internazionale: l’immunità giurisdizionale. Con la sentenza n. 34474/2019, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno tracciato una linea netta, distinguendo tra le richieste di natura economica e quelle che invadono la sfera sovrana dello Stato estero, come la reintegrazione nel posto di lavoro.

I fatti del caso

Una dipendente di un Consolato Generale estero a Firenze veniva licenziata per giusta causa a seguito di un presunto, violento diverbio con una collega. La lavoratrice ha impugnato il licenziamento, ritenendolo illegittimo, e ha chiesto al Tribunale di Firenze non solo un risarcimento, ma anche la reintegrazione nel suo posto di lavoro. Il Tribunale ha accolto parzialmente la domanda: ha ritenuto non provata la giusta causa del licenziamento, condannando il Consolato al pagamento di un’indennità risarcitoria. Tuttavia, ha negato la reintegrazione, dichiarando il difetto di giurisdizione del giudice italiano su tale specifica richiesta a causa dell’immunità dello Stato estero. La decisione è stata confermata in Appello e la questione è infine giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione

Le Sezioni Unite hanno rigettato sia il ricorso principale della lavoratrice sia quello incidentale del Consolato, confermando integralmente la sentenza d’appello. La Corte ha stabilito che il giudice italiano ha giurisdizione sulle domande con contenuto meramente patrimoniale (come l’indennità per licenziamento illegittimo), ma non può ordinare la reintegrazione del lavoratore. Questo perché un simile ordine costituirebbe un’ingerenza inammissibile nei poteri sovrani di autorganizzazione dello Stato estero.

Le motivazioni: i confini dell’immunità giurisdizionale

Il cuore della sentenza risiede nella puntuale applicazione del principio della cosiddetta ‘immunità ristretta’. Questo principio, recepito nell’ordinamento italiano e consolidato a livello internazionale, distingue due tipologie di atti compiuti da uno Stato estero:

1. Atti jure privatorum: Sono atti di natura privatistica, come la stipula di un contratto di locazione o, appunto, la gestione degli aspetti patrimoniali di un rapporto di lavoro. Su questi atti, lo Stato estero non gode di immunità e può essere convenuto in giudizio davanti ai tribunali locali.

2. Atti jure imperii: Sono atti che costituiscono espressione della sovranità dello Stato, come le decisioni di politica estera o l’organizzazione dei propri uffici pubblici. Su questi atti, l’immunità è piena e il giudice locale non ha giurisdizione.

La Corte ha chiarito che, mentre una richiesta di risarcimento del danno per licenziamento illegittimo ha natura puramente patrimoniale e rientra quindi nella prima categoria, la domanda di reintegrazione è diversa. Ordinare a un Consolato di riassumere un dipendente significa interferire direttamente con le scelte organizzative dell’ente, che sono espressione del potere sovrano dello Stato di appartenenza. Pertanto, su questa specifica domanda, scatta l’immunità giurisdizionale.

La lavoratrice aveva anche sostenuto che il Consolato avesse rinunciato all’immunità, ma la Cassazione ha precisato che tale rinuncia deve essere esplicita, specifica e inequivocabile, e non può essere desunta dalla semplice partecipazione al giudizio o da generiche dichiarazioni.

Conclusioni: cosa significa questa sentenza

Questa pronuncia consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza pratica per chi lavora alle dipendenze di enti stranieri in Italia. La sentenza stabilisce che:

* Tutela economica garantita: I dipendenti possono fare causa davanti al giudice italiano per ottenere tutele di natura economica, come indennità di licenziamento, differenze retributive o risarcimento del danno.
* Reintegrazione preclusa: La tutela reale, cioè la reintegrazione nel posto di lavoro, è preclusa dal principio dell’immunità giurisdizionale, poiché incide sulla sfera sovrana dello Stato estero.

In definitiva, la Cassazione traccia un confine chiaro: la giurisdizione italiana si ferma dove inizia l’esercizio del potere sovrano dello Stato straniero. I lavoratori hanno diritto a una tutela giudiziaria, ma questa tutela non può spingersi fino a imporre allo Stato estero come organizzare i propri uffici.

Un dipendente di un consolato estero può fare causa in Italia se viene licenziato?
Sì, un dipendente può adire il giudice italiano, ma la tutela che può ottenere è limitata. Può richiedere e ottenere tutele di natura patrimoniale, come un’indennità per licenziamento illegittimo, ma non può chiedere la reintegrazione nel posto di lavoro.

Perché il giudice italiano non può ordinare la reintegrazione di un dipendente di un consolato?
Perché l’ordine di reintegrazione è considerato un atto che interferisce con i poteri sovrani di organizzazione dello Stato estero (un atto jure imperii). In base al principio dell’immunità giurisdizionale ristretta, il giudice italiano non ha il potere di emettere tali ordini contro uno Stato straniero.

L’immunità dello Stato estero in materia di lavoro è assoluta?
No, non è assoluta. La sentenza conferma il principio dell’immunità ‘ristretta’. Ciò significa che lo Stato estero può essere citato in giudizio per gli aspetti patrimoniali del rapporto di lavoro (considerati atti di natura privata), ma non per quelli che toccano la sua sovranità, come la scelta di chi impiegare nei propri uffici.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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