Grave ed Irreparabile Danno: No alla Sospensione se il Debitore non ha Beni
Quando è possibile sospendere l’esecuzione di una sentenza in attesa del giudizio della Cassazione? La risposta risiede nel concetto di grave ed irreparabile danno, un presupposto che la Corte di Appello di Roma, con una recente ordinanza, ha interpretato in modo rigoroso. Il caso in esame offre uno spunto di riflessione cruciale: l’assenza di beni pignorabili, anziché giustificare una sospensione, può in realtà diventare il motivo per negarla.
I Fatti del Caso: La Richiesta di Sospensione
Un cittadino, condannato da una sentenza della Corte di Appello, presentava ricorso in Cassazione. Contestualmente, chiedeva alla stessa Corte di Appello di sospendere l’efficacia esecutiva della condanna, invocando l’articolo 373 del codice di procedura civile. La sua argomentazione principale si basava sulla sua precaria situazione patrimoniale: dichiarava di non possedere beni pignorabili, ad eccezione di due vecchie autovetture di valore commerciale quasi nullo. Inoltre, essendo titolare di un assegno sociale, una prestazione assistenziale totalmente impignorabile, sosteneva che qualsiasi tentativo di esecuzione forzata avrebbe compromesso le sue minimali esigenze di sostentamento, configurando così un grave ed irreparabile danno.
La Decisione della Corte: il paradosso del debitore senza beni
La Corte di Appello di Roma ha rigettato l’istanza, offrendo un’analisi che ribalta la prospettiva del ricorrente. Secondo i giudici, proprio la mancanza di beni aggredibili esclude la sussistenza del danno richiesto dalla norma. Se il creditore non ha beni su cui rivalersi, non può materialmente avviare un’esecuzione forzata fruttuosa e, di conseguenza, non può arrecare al debitore quel pregiudizio ‘grave’ e ‘irreparabile’ che la legge richiede per concedere la sospensione.
Le Motivazioni della Corte
La decisione si fonda su due pilastri argomentativi principali.
L’impignorabilità come scudo naturale
Il collegio ha sottolineato che la condizione patrimoniale descritta dal ricorrente stesso funge da scudo contro un’azione esecutiva dannosa. Le due automobili datate sono state ritenute di valore così esiguo da non giustificare l’avvio di una procedura esecutiva. L’assegno sociale, per sua natura assistenziale e protetto dalla legge, è per definizione al riparo da qualsiasi pignoramento, anche parziale nei limiti del quinto. Pertanto, il rischio di veder compromesso il proprio sostentamento era, nei fatti, inesistente.
L’insussistenza della sproporzione e del rischio d’insolvenza
La Corte ha anche esaminato e respinto l’argomento di una ‘eccezionale sproporzione’ tra il vantaggio per il creditore e il pregiudizio per il debitore. Anzi, secondo la prospettiva del ricorrente, il creditore non ricaverebbe alcun vantaggio dall’esecuzione. Inoltre, il ricorrente non ha fornito alcuna prova di svolgere un’attività d’impresa che potesse essere messa a rischio da una procedura di liquidazione giudiziale. Senza un’attività economica in corso, il rischio di apertura di una procedura concorsuale non incide in modo irreparabile sulla situazione del debitore.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza della Corte di Appello di Roma chiarisce un principio fondamentale: per ottenere la sospensione di una sentenza non basta affermare un potenziale danno, ma è necessario dimostrare che questo sia concreto, grave e non altrimenti rimediabile. La mancanza di patrimonio, paradossalmente, può rendere impossibile per il debitore provare questo requisito. La decisione insegna che la tutela offerta dall’ordinamento contro le esecuzioni forzate (come l’impignorabilità di certi beni e crediti) è già di per sé una garanzia che può rendere superflua un’ulteriore misura cautelare come la sospensione della sentenza.
Quando si può chiedere la sospensione dell’esecuzione di una sentenza impugnata in Cassazione?
La sospensione può essere richiesta ai sensi dell’art. 373 c.p.c. quando dall’esecuzione della sentenza possa derivare un ‘grave ed irreparabile danno’ per la parte che ha subito la condanna.
La mancanza di beni pignorabili costituisce un ‘grave ed irreparabile danno’ per il debitore?
No. Secondo l’ordinanza, la mancanza di beni pignorabili esclude la sussistenza di un danno grave e irreparabile, perché il creditore non ha beni su cui poter eseguire la condanna in modo efficace e dannoso per il debitore.
L’assegno sociale può essere pignorato per soddisfare un creditore?
No, l’ordinanza conferma che l’assegno sociale è una prestazione di carattere assistenziale e, come tale, non è pignorabile in alcuna misura, neanche nei limiti del quinto.
Testo del provvedimento
ORDINANZA CORTE DI APPELLO DI ROMA – N. R.G. 00002674-1 2014 DEPOSITO MINUTA 07 08 2025 PUBBLICAZIONE 07 08 2025
CORTE DI APPELLO DI ROMA
SECONDA SEZIONE CIVILE
r.g.a.c. n. 2674-1/2014
La Corte, riunita in camera di consiglio e composta dai magistrati:
NOME COGNOME de RAGIONE_SOCIALE
Presidente
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere rel.
ha emesso la seguente
O R D I N A N Z A
lette le note di trattazione scritta depositate da entrambe le parti;
rilevato che parte ricorrente ha formulato istanza ex art. 373 c.p.c., documentando di avere proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 5659/2022 emessa dalla Sezione Prima civile di questa Corte il 16.9.2022;
ritenuto che non sussiste il ‘ grave ed irreparabile danno ‘ , richiesto dalla suddetta disposizione, qualora il ponesse in esecuzione la condanna nei confronti di disposta con la decisione impugnata innanzi alla Suprema Corte dallo stesso;
considerato che, infatti, l ‘ odierno ricorrente deduce di non avere beni pignorabili, a parte due autovetture di circa quindici anni, e quindi sostanzialmente prive di un valore commerciale che ne possa far ipotizzare la sottoposizione ad esecuzione coattiva da parte dell ‘ Amministrazione comunale, nonché di essere titolare di assegno sociale, il quale non è pignorabile (trattandosi di una prestazione di carattere assistenziale che prescinde del tutto dal pagamento dei contributi e spetta ai cittadini che si trovino in disagiate condizioni economiche) in alcuna misura, neanche sussistendo, quindi, il dedotto pericolo di non poter far fronte alle esigenze minimali di sostentamento nel caso di pignoramento dello stesso seppure nei limiti del quinto;
osservato che neanche è prospettabile un ‘ eccezionale sproporzione tra il vantaggio che il creditore otterrebbe ponendo in esecuzione la sentenza e il pregiudizio che patirebbe il debitore in quanto rischierebbe l ‘ apertura di una procedura concorsuale: infatti, da un lato, il ricorrente prospetta
-in buona sostanza -come il non ricaverebbe vantaggio dal mettere in esecuzione la suddetta sentenza di secondo grado; dall ‘ altro, non allega, e documenta, di svolgere tuttora attività di impresa, anzi nelle difese svolte non si rinviene alcun cenno a tale circostanza, e quindi non è possibile ritenere sussistente, in concreto, la dedotta sproporzione per il rischio di apertura di una procedura di liquidazione giudiziale, non incidendo questa su un ‘ attività di impresa e -a detta dell ‘ odierno ricorrente -neanche consentirebbe di liquidare in in sede concorsuale beni dello stesso per soddisfare i suoi creditori;
P.Q.M.
rigetta l ‘ istanza.
SI COMUNICHI.
Roma, 21/07/2025
IL PRESIDENTE