Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 23428 Anno 2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5277/2024 R.G. proposto da COMUNE DI NAPOLI, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli Avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME che hanno indicato i seguenti indirizzi di posta elettronica certificata:
e
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– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t. NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. Prof. NOME COGNOME e dagli Avv. NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME che hanno indicato i seguenti indirizzi di posta elettronica certificata:
Civile Ord. Sez. U Num. 23428 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/08/2025
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-controricorrente e ricorrente incidentale -avverso la sentenza del Consiglio di Stato n. 925/24, depositata il 30 gennaio 2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 maggio 2025 dal Presidente NOME COGNOME
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE propose ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, per sentir annullare a) l’avviso di pagamento Prot. N. PG/941894/1 del 30 dicembre 2022, notificatole dal Comune di Napoli, avente ad oggetto l’indennità per occupazione abusiva di suolo e contestuale irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria relativa alla annualità 2017, nonché b) il Regolamento per l’occupazione di suolo pubblico e per l’applicazione del relativo canone, approvato dal Consiglio comunale con deliberazione n. 12 del 19 giugno 2012, nella parte in cui prescriveva il rilascio di specifica concessione anche nelle ipotesi di esonero o esclusione del canone di occupazione di suolo pubblico per carenza dei presupposti, e nella parte in cui prevedeva un termine di prescrizione del relativo credito pari a dieci anni.
Si costituì il Comune di Napoli, ed eccepì il difetto di giurisdizione del Giudice adìto, nonché l’infondatezza della domanda, chiedendone il rigetto.
1.1. Con sentenza del 7 marzo 2023, il Tar dichiarò il ricorso inammissibile per difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo.
L’appello proposto dall’Autostrade Meridionali è stato accolto dal Consiglio di Stato, che con sentenza del 30 gennaio 2024 ha rimesso la causa dinanzi al Tar.
Premesso che il COSAP si configura come il corrispettivo dovuto per l’uso di un bene pubblico, la cui corresponsione presuppone la stipula di una concessione tra l’impresa e l’Amministrazione, il Giudice amministrativo di ap-
pello ha osservato che secondo la giurisprudenza di legittimità le relative controversie spettano alla giurisdizione del Giudice ordinario, laddove secondo la giurisprudenza amministrativa spetta al Giudice ordinario la mera impugnazione dell’avviso di pagamento, mentre è devoluta alla giurisdizione del Giudice amministrativo l’impugnazione del Regolamento e degli atti autoritativi della Pubblica Amministrazione.
Ciò posto, e rilevato che nella specie l’impugnazione aveva ad oggetto la soggezione dell’appellante, in qualità di concessionaria autostradale, al canone in questione, in virtù di una previsione regolamentare che prescriveva il rilascio di una specifica concessione anche nelle ipotesi di esonero o esclusione del COSAP per carenza dei presupposti, ha ritenuto che, in quanto consistente nella verifica della legittimità dell’esercizio di poteri discrezionali-valutativi da parte del Comune nell’individuazione dei soggetti comunque tenuti a richiedere una concessione di occupazione di suolo pubblico, la causa petendi della domanda attenesse all’esercizio di un potere pubblico discrezionale, idoneo a radicare la giurisdizione del Giudice amministrativo.
Avverso la predetta sentenza il Comune ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo. La Autostrade Meridionali ha resistito con controricorso, proponendo ricorso incidentale condizionato, affidato ad un solo motivo.
La Prima Presidente ha depositato proposta di definizione del giudizio, ai sensi dell’art. 380bis , primo comma, cod. proc. civ., avendo ravvisato la manifesta infondatezza dell’impugnazione.
A seguito della comunicazione, il Comune ha chiesto la decisione del ricorso, ai sensi dell’art. 380bis , secondo comma, cod. proc. civ.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo d’impugnazione, il Comune denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 1 cod. proc. civ., la violazione e la falsa applicazione dell’art. 133, comma primo, lett. b) , cod. proc. amm., sostenendo che la controversia in esame spetta alla giurisdizione del Giudice ordinario, non riguardando un provvedimento che costituisce
espressione di un potere discrezionale dell’Amministrazione, ma un’intimazione di pagamento del COSAP, ed avendo quindi un contenuto meramente patrimoniale.
Premesso che il riparto di giurisdizione non dipende dalla scelta del ricorrente d’impugnare, unitamente all’atto impositivo, il relativo regolamento, rileva che l’impugnazione ha ad oggetto un provvedimento con cui il ricorrente si è limitato a chiedere il pagamento del canone dovuto in relazione ad un’occupazione del suolo pubblico che, in assenza della relativa concessione, è qualificabile come occupazione sine titulo , restando conseguentemente escluso l’esercizio della discrezionalità amministrativa.
Precisato inoltre che il Regolamento comunale, nel testo applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame, non contiene alcuna norma che prescriva il rilascio di una concessione anche nelle ipotesi di esonero o esclusione del COSAP per carenza dei presupposti, osserva che la giurisdizione del Giudice amministrativo sussiste soltanto in caso d’impugnazione di provvedimenti generali di carattere discrezionale relativi alla conformazione e determinazione del canone, in quanto implicanti una valutazione comparativa d’interessi generali, e non anche in caso d’impugnazione di atti impositivi di natura individuale, che, ricollegandosi al contestuale rilascio del titolo concessorio, implicano un’attività meramente applicativa e consequenziale.
Richiama, infine, l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, pur non essendo il COSAP un tributo, ma il corrispettivo di una concessione, reale o presunta, per l’occupazione di suolo pubblico, dovuto in relazione all’utilizzazione particolare o eccezionale che ne trae il singolo, indipendentemente dall’esistenza di una formale concessione, ad esso è applicabile il principio enunciato in tema di tassa per l’occupazione di spazi pubblici, secondo cui, in caso di occupazione di spazi del demanio o del patrimonio indisponibile dello Stato o del demanio provinciale o comunale da parte di una società concessionaria per la realizzazione e la gestione di un’opera pubblica, l’esenzione non spetta, poiché è la società a provvedere alla costruzione dell’opera e alla sua gestione economica e funzionale, non assumendo alcun rilievo la circostanza che l’opera sia di proprietà dello Stato.
Con l’unico motivo del ricorso incidentale condizionato, la Autostrade Meridionali ripropone il motivo di appello, ritenuto assorbito dalla sentenza impugnata, con cui aveva censurato la sentenza di primo grado, per aver ritenuto che il provvedimento impugnato non implicasse l’esercizio di un potere discrezionale volto all’irrogazione di una sanzione amministrativa ripristinatoria, a causa dell’inesistenza di un verbale di contestazione dell’abusività della occupazione.
Premesso che l’accertamento di tale abusività costituisce l’elemento centrale e qualificante del provvedimento impugnato, prodromico all’adozione di sanzioni sia pecuniarie che ripristinatorie, sostiene che l’omessa menzione di queste ultime non esclude la titolarità del relativo potere, cui corrisponde una situazione d’interesse legittimo dell’intimato, idoneo a radicare la giurisdizione del Giudice amministrativo. Precisato che tale potere trova fondamento nella medesima disposizione regolamentare che prevede le sanzioni pecuniarie, aggiunge che la concorrenza tra i due tipi di sanzioni comporta la sussistenza della giurisdizione amministrativa, anche nel caso in cui, come nella specie, quelle ripristinatorie non siano state irrogate.
A sostegno della proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380bis cod. proc. civ., la Prima Presidente ha osservato che «avendo la controversia ad oggetto la domanda di annullamento sia di una specifica previsione del Regolamento comunale per l’occupazione di suolo pubblico e per l’applicazione del relativo canone, sia, in via conseguenziale, dell’intimazione di pagamento dell’indennità e della sanzione per occupazione abusiva e della contestuale sanzione pecuniaria -trova applicazione il costante orientamento giurisprudenziale secondo cui le controversie in materia di concessioni amministrative concernenti indennità, canoni o altri corrispettivi, riservate alla giurisdizione del Giudice ordinario, sono solo quelle con un contenuto meramente patrimoniale, senza che assuma rilievo alcun potere d’intervento della Pubblica Amministrazione a tutela di interessi generali, mentre, quando la controversia coinvolge, come nella specie, la verifica dell’azione autoritativa della Pubblica Amministrazione sull’intera
economia del rapporto concessorio, ovvero l’esercizio di poteri discrezionali inerenti alla determinazione del canone, dell’indennità o di altri corrispettivi, la medesima lite è attratta nella sfera della giurisdizione del Giudice amministrativo (tra le tante, Cass. Sez. Un. n. 16459 del 2020; n. 20939 del 2011)».
4. Nell’istanza di decisione depositata ai sensi dell’art. 380bis , secondo comma, cod. proc. civ., il Comune ha insistito nella propria tesi difensiva, sostenendo che in tema di COSAP la regola è che il canone si applica in via generale ad ogni caso in cui vi sia un’occupazione di suoli o spazi pubblici da parte di terzi, sicché, ove la Pubblica Amministrazione decida di praticare una riduzione o un’esenzione dal pagamento, tale eccezione deve necessariamente estrinsecarsi attraverso una norma di diritto positivo, nella specie non desumibile in alcun modo né dalla legge né dal Regolamento comunale, con la duplice conseguenza che dev’essere esclusa la devoluzione della controversia alla giurisdizione amministrativa, e che i concessionari di infrastrutture autostradali restano assoggettati al pagamento del canone, non operando in loro favore l’esenzione prevista per lo Stato.
Nella memoria depositata ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ., il Comune ha poi ribadito che la controversia ha ad oggetto l’accertamento del diritto dell’Autostrade Meridionali all’esonero dal pagamento del canone sulla base della normativa vigente, rispetto al quale non è ravvisabile alcun margine di discrezionalità dell’Amministrazione. Nessun rilievo può assumere, in contrario, la circostanza che sia stato impugnato anche il Regolamento comunale, vertendosi in materia di diritti soggettivi, ed avendo l’obbligazione la sua fonte non già nel Regolamento, ma nella legge; è altresì ininfluente la circostanza che il Regolamento preveda la sanzione del ripristino, non risultando la stessa menzionata nell’avviso di pagamento impugnato, e non essendo d’altronde ipotizzabile la rimozione di un’opera pubblica legittimamente realizzata. Ribadisce infine il carattere abusivo dell’occupazione, in quanto posta in essere in assenza di un titolo concessorio rilasciato da esso ricorrente, da parte dell’Autostrade Meridionali, nella qualità di concessionaria dell’infrastruttura autostradale, cui non si applica l’esenzione dal canone prevista in favore dello Stato.
5. Tali argomentazioni non introducono elementi di novità rispetto a quelle svolte nel ricorso, tali da giustificare una riconsiderazione dell’orientamento richiamato nella proposta di definizione anticipata, la quale deve trovare pertanto conferma, con il conseguente rigetto del ricorso principale.
La domanda proposta dall’Autostrade Meridionali ha infatti ad oggetto l’annullamento 1) dell’avviso di pagamento del COSAP per il 2017 e di contestuale irrogazione di sanzione amministrativa pecuniaria, e 2) del Regolamento comunale per l’occupazione di suolo pubblico e l’applicazione del COSAP: essa muove dalla contestazione della natura abusiva dell’occupazione del soprassuolo, in quanto avvenuta per la costruzione dell’autostrada, autorizzata per legge e gestita in regime di concessione, pervenendo alla negazione dell’obbligo di corrispondere il COSAP e le sanzioni pecuniarie, in virtù dell’affermazione secondo cui l’attrazione delle aree all’interesse istituzionale pubblico, per effetto dell’autorizzazione dell’opera e del rilascio della concessione, comporta la perdita di qualsiasi potere da parte dell’ente locale. Nel giudizio amministrativo, la controricorrente non si è tuttavia limitata a sostenere che, trattandosi di spazi sottratti per legge alla titolarità/disponibilità del Comune, difetta in radice il presupposto applicativo del canone, ma si è spinta ad affermare che la legittimità dell’occupazione esclude la spettanza al Comune del potere, previsto dal Regolamento, di richiedere un titolo ulteriore di occupazione e d’irrogare alternativamente sanzioni pecuniarie e ripristinatorie.
Correttamente, pertanto, il Consiglio di Stato ha ritenuto applicabile il principio, costantemente ribadito da questa Corte in materia di concessioni amministrative, secondo cui «le controversie concernenti indennità, canoni od altri corrispettivi», riservate in passato dall’art. 5, secondo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, ed oggi dall’art. 133, comma primo, lett. b) , cod. proc. amm. alla giurisdizione del Giudice ordinario sono solo quelle aventi un contenuto meramente patrimoniale, rispetto alle quali non assume alcun rilievo l’esercizio di un potere d’intervento della Pubblica Amministrazione a tutela di interessi generali, laddove, quando la controversia coinvolga la ve
rifica dell’azione autoritativa dell’Amministrazione, ovvero quando investa l’esercizio di poteri discrezionali-valutativi nella determinazione del canone e non semplicemente di accertamento tecnico dei presupposti fattuali (sia in ordine all’ an che in ordine al quantum ), la medesima è attratta nella sfera di competenza giurisdizionale del Giudice amministrativo (cfr. Cass., Sez. Un., 30/07/2020, n. 16459; 31/12/2018, n. 33688; 9/06/2017, n. 14428).
5.1. Non può condividersi l’osservazione formulata in proposito dalla difesa del Comune, secondo cui l’applicazione di tale principio, comportando il radicamento della giurisdizione del Giudice amministrativo in tutti i casi di doppia impugnativa, rimetterebbe alla scelta discrezionale del ricorrente l’individuazione del giudice cui spetta la giurisdizione, consentendogli di adire il Giudice amministrativo in virtù della mera impugnazione congiunta dell’atto impositivo e del relativo regolamento, anche in contrasto con le norme positive che disciplinano il riparto di giurisdizione.
E’ pur vero, infatti, che, secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, i rapporti tra le diverse giurisdizioni sono regolati dal criterio del petitum sostanziale, cioè dello specifico oggetto e della reale natura della controversia, da identificarsi non soltanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi , costituita dal contenuto della posizione soggettiva dedotta in giudizio e individuabile in relazione alla sostanziale protezione accordata, in astratto, dall’ordinamento alla posizione medesima, senza che a tal fine possa assumere rilievo la prospettazione dalla parte (cfr. Cass., Sez. Un., 24/01/ 2024, n. 2368; 10/01/2023, n. 362; 30/06/2022, n. 20852). E’ proprio sulla base di tale criterio, nonché dell’esclusione della riconducibilità del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (COSAP) all’art. 2 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 542, che queste Sezioni Unite hanno riconosciuto la spettanza al Giudice ordinario della giurisdizione in ordine alle controversie aventi ad oggetto tale entrata, osservando che la stessa, a differenza della tassa per
l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP), non ha natura tributaria, non trovando la propria giustificazione nella manifestazione di capacità contributiva rappresentata dal godimento di tipo esclusivo o speciale di spazi ed aree altrimenti compresi nel sistema di viabilità pubblica, ma configurandosi come il corrispettivo di una concessione, reale o presunta, dell’uso esclusivo o speciale di beni pubblici (cfr. Cass., Sez. Un., 26/12/2024, n. 34495; 28/10/ 2015, n. 21950). In quest’ottica, d’altronde, è stato anche chiarito che, nelle controversie aventi ad oggetto il COSAP, ove non ricorrano opere che evidenzino una qualche sottrazione della superficie all’uso pubblico, l’impugnazione dell’atto impositivo adottato sulla base di un regolamento comunale che ampli illegittimamente il presupposto di fatto richiesto dalla norma primaria per l’assoggettamento al canone non implica la necessità di adire il Giudice amministrativo, spettando al Giudice ordinario il potere di disapplicare il regolamento in via incidentale (cfr. Cass., Sez. VI, 14/09/2016, n. 18108).
E’ noto peraltro che il potere di disapplicare gli atti amministrativi, ai sensi dell’art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, pur potendo essere esercitato anche nelle controversie in cui è parte la Pubblica Amministrazione, presuppone che l’atto illegittimo venga in rilievo come mero antecedente logico, e non già come fondamento del diritto dedotto in giudizio, e cioè che la questione della sua legittimità sia prospettata come pregiudiziale in senso tecnico e non come principale (cfr. Cass., Sez. Un., 25/05/2018, n. 13193; Cass., Sez. I, 14/03/2025, n. 6834): sicché, nel caso in cui, come nella specie, oggetto dell’impugnazione sia proprio il Regolamento comunale che costituisce il fondamento dell’atto impositivo, del quale il ricorrente deduca l’illegittimità in via principale, chiedendone l’annullamento, nella parte in cui subordina l’occupazione al rilascio di un ulteriore titolo amministrativo, non può escludersi la devoluzione della controversia alla giurisdizione del Giudice amministrativo, giacché la domanda coinvolge l’esercizio del potere discrezionale, attribuito al Comune dall’art. 63 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, di istituire con proprio regolamento il COSAP e di disciplinarne l’applicazione, conformemente ai criteri previsti dal comma secondo della medesima disposizione.
5.2. In riferimento a fattispecie analoghe a quella in esame, in cui la società affidataria della costruzione e della gestione di un’infrastruttura autostradale pubblica aveva agito per l’annullamento del verbale di accertamento dell’occupazione del soprassuolo pubblico e di contestazione dell’abusività dell’occupazione per l’assenza di concessione, quale atto prodromico all’irrogazione di una sanzione amministrativa pari al doppio del COSAP, queste Sezioni Unite hanno d’altronde riconosciuto che le affermazioni relative all’insussistenza dell’obbligo di corrispondere il canone costituivano mere conseguenze argomentative della ritenuta inesistenza dell’obbligo di munirsi di un ulteriore titolo autorizzatorio ai fini dell’occupazione del suolo pubblico, confermando pertanto la spettanza della giurisdizione al Giudice amministrativo (cfr. Cass., Sez. Un., 4/03/2025, nn. 5572, 5575; 2/03/2025, nn. 5536, 5537, 5538; 1/03/2025, nn. 5375, 5376, 5377, 5378, 5379).
Il rigetto del ricorso principale comporta l’assorbimento di quello incidentale condizionato proposto dalla controricorrente.
Le spese processuali seguono la soccombenza, e si liquidano come dal dispositivo.
La conformità della decisione alla proposta formulata ai sensi dell’art. 380bis , primo comma, cod. proc. civ. comporta l’applicazione delle conseguenze sanzionatorie previste dall’art. 96, terzo e quarto comma, cod. proc. civ., richiamato dall’ultimo comma dell’art. 380bis cit.: tale disposizione, che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., codifica infatti un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi a una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente (cfr. Cass., Sez. Un., 13/10/2023, n. 28540; 27/09/2023, n. 27433).
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della contro-
ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge, nonché al pagamento, in favore della controricorrente, dell’ulteriore somma di Euro 4.000,00, ai sensi dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ., e al pagamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma di Euro 4.000,00, ai sensi dell’art. 96, quarto comma, cod. proc. civ.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale dal comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 27/05/2025