Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 5654 Anno 2025
Civile Ord. Sez. U Num. 5654 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/03/2025
Sul ricorso iscritto al n. r.g. 14286/2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
AZIENDA RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4081/2023 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 21/04/2023.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME il quale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. RAGIONE_SOCIALE, quale cessionaria dei crediti vantati dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti della Azienda Sanitaria Locale (ASL) di Salerno, chiese ed ottenne l’emissione, da parte del Tribunale di Salerno, di un decreto ingiuntivo avente ad oggetto la ‘somma complessiva di euro 759.44,18 quale sorte capitale, oltre interessi moratori, come sopra specificato , calcolati dalle singole scadenze e fino all’effettivo pagamento’, derivante dalle fatture emesse dalla cedente, a fronte delle prestazioni rese agli assistiti del RAGIONE_SOCIALE, in regime di accreditamento, nei mesi di aprile-luglio 2010, per le quali aveva ricevuto soltanto pagamenti parziali. L’ingiunzione venne opposta dalla ASL Salerno innanzi lo stesso Tribunale che, con la sentenza n. 815/15, del 23.02.2015, poi passata in giudicato, rigettò integralmente l’opposizione.
Rientrata, in seguito ad atto di retrocessione, nella titolarità dei crediti già ceduti, la RAGIONE_SOCIALE ha promosso, innanzi al TAR per la Campania-sezione staccata di Salerno, giudizio di ottemperanza del decreto ingiuntivo, divenuto definitivo per il passaggio in giudicato della sentenza che aveva rigettato l’opposizione, dando atto (attraverso l’allegata scheda contabile) di aver ricevuto una parte dei pagamenti e di agire per ‘il capitale residuo, imputato per legge’, o ltre agli interessi ex d.lgs. n. 231 del 2002 ed oltre alle spese ed alle competenze legali.
Con la sentenza n. 1793/2022, pubblicata il 24.06.2022, il TAR ha accolto il ricorso in ottemperanza ‘nei sensi e nei limiti di cui in motivazione’. Nella motivazione, per quanto qui interessa, veniva rilevato infatti che ‘il ricorso in esame deve essere a ccolto e, per l’effetto, in esecuzione dell’azionato titolo esecutivo, deve ordinarsi alla ASL Salerno di provvedere alla corresponsione in favore di parte ricorrente delle somme indicate nel provvedimento giudiziale di cui si chiede l’ottemperanza, dedotti gli importi che il ricorso in esame riconosce già corrisposti, e quelli ulteriori che fossero stati comunque versati, fermo restando che i conteggi degli interessi legali e di mora prodotti dal
creditore non sono vincolanti per l’Amministrazione resistente se non nei limiti delle disposizioni di legge applicabili ‘.
Premessa a tale decisione era il rigetto della difesa della ASL ‘concernente l’intervenuta integrale soddisfazione del credito azionato per effetto degli ordinativi di pagamento versati in atti, attuativi degli accordi transattivi siglati dalla ricorrente’ . Osservava infatti il TAR che si trattava di fatti estintivi antecedenti alla sentenza pronunciata dal giudice ordinario in sede di opposizione al decreto ingiuntivo, che la parte debitrice avrebbe dovuto necessariamente eccepire in quest’ultimo giudizio, essendo irrilevanti, in sede esecutiva, i pagamenti liberatori antecedenti la formazione del giudicato civile, in quanto quest’ultimo, formatosi sul decreto ingiuntivo, ‘ concerne non soltanto l’esistenza del debito e la sua causale, ma altresì il suo ammontare a quella data, con la conseguenza che in sede di opposizione all’esecuzione del giudicato possono essere fatti valere solo fatti posteriori alla pronuncia del provvedimento giurisdizionale costituente il titolo esecutivo, siano essi modificativi o estintivi del rapporto’, ‘ dovendosi ribadire che la fase dell’ottemperanza non può modificare il precetto, ma unicamente verificare vicende estintive ad esso successive, poiché diversamente l’indagine su fattori estintivi antecedenti si risolverebbe in una violazione dell’art. 2909 del codice civile.’.
2. Avverso tale decisione ha proposto appello, innanzi il Consiglio di Stato, la ASL, sostenendo che la parte appellata aveva dichiarato di agire per ottenere non l’esecuzione integrale del decreto ingiuntivo divenuto esecutivo, ma il pagamento della supposta differenza, dovuta all’imputazione dei pagamenti ricevuti nel corso del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, sicché non vi sarebbero preclusioni per il giudice amministrativo a valutare fatti estintivi dell’obbligazione da ottemperare, anche se antecedenti al giudicato civile. Pertanto, l’appellante ha dedotto l’infondatezza della pretesa azionata in quanto, a fronte del decreto ingiuntivo ed in pendenza del giudizio di opposizione, le parti avevano stipulato una transazione in base alla quale la s.p.a. aveva accettato il pagamento di una parte del credito complessivo, rinunciando agli interessi.
Il Consiglio di Stato , con la sentenza qui impugnata, ha accolto l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, ha respinto il ricorso di primo grado
della s.p.a.. Il giudice d’appello ha disatteso la tesi dell’appellata, secondo cui le censure dell’appellante avrebbero inteso superare le preclusioni derivanti dal giudicato, osservando che la pretesa di pagamento azionata dalla s.p.a. si riferiva solo a quella parte dei crediti nascenti dal decreto ingiuntivo che non sarebbero stati soddisfatti, tanto che nello stesso ricorso in ottemperanza la casa di cura aveva chiesto il pagamento di una cifra inferiore a quella portata dal giudicato, avendo riconosciuto che, nel lasso di tempo intercorso tra il decreto ingiuntivo e la sentenza che l’ha confermato, una parte del credito era stata pagata, per cui la questione controversa non intaccava il giudicato, ma si riferiva esclusivamente alla corretta imputazione dei pagamenti effettuati per darvi esecuzione.
Secondo la sentenza impugnata, infatti, l’oggetto del giudizio di ottemperanza riguarda propriamente gli aspetti esecutivi, per cui non può prescindere dai dati di fatto che impediscono al giudice di ordinare la duplicazione dei pagamenti a carico della P .A., se vi è in atti la prova dell’avvenuta soddisfazione del credito e dei suoi accessori, ovvero la rinuncia alla riscossione, anche parziale, degli stessi, a seguito di transazione. In particolare, il giudice d’appello ha richiamato ed applicato un proprio precedente, secondo cui il creditore che abbia ottenuto una sentenza di condanna e in sede di esecuzione ne chieda l’esecuzione, senza tenere conto dell’adempimento già effettuato in precedenza, tiene un comportamento contrario ai principi di correttezza e buona fede; e ciò abilita il debitore a chiedere al giudice dell’ottemperanza sostanzialmente con una exceptio doli – di rilevare il precedente pagamento: una tale difesa, del resto, configura una eccezione in senso lato, dal momento che l’avvenuto pagamento, finanche parziale, può essere rilevato anche d’ufficio, quando emerga dagli atti (Cons. Stato, sez. III, 14 dicembre 2022, n. 10960).
Date tali premesse, il giudice a quo ha rilevato, che nel caso di specie, il Commissario ad acta della Regione Campania, all’esito della procedura di ricognizione dei debiti e predisposizione di un piano inerente modalità e tempi di pagamento, aveva emanato il decreto n.12/2011 successivamente integrato e modificato dai decreti n.48/2011 e n.22/2012, avente ad oggetto: la ‘Definizione del piano di pagamento dei debiti sanitari ai
sensi dell’art.11,comma 2, del decreto legge 31 -5-2010, n.78, convertito in legge 30.07.2010 n.122).
Secondo la sentenza impugnata, l’adesione a tale piano da parte della s.p.a. creditrice, con l’atto transattivo del 5 marzo 2013 e la relativa rinunzia agli accessori, aveva quindi consentito alla parte privata di ottenere ‘il pagamento di quanto dovuto in relazione alle fatture n. 3492 del 07/05/2010, n. 4313 del 04/6/2010, n. 5265 del 08/07/2010 (al netto delle decurtazioni delle Nota di credito afferente il II trimestre 2010), n. 6057 del 06/08/2010, oltre agli importi riferiti a crediti ulteriori e div ersi da quelli oggetto dell’azione monitoria (cfr. documentazione contabile in atti)’.
Risultava infatti che ‘Il Direttore Responsabile del Servizio Economico Finanziario -della ASL Salerno ha comunicato l’estinzione dei crediti della appellata di cui all’atto transattivo del 5/03/2013 ex DCA n.12/2011, per effetto dell’emissione del mandato n. 4689 del 19/7/2013 (per € 426.034,86), in anticipo rispetto ai termini di pagamento di cui all’art. 4.1 lett. a) del medesimo atto transattivo: ha precisato che per questa ragione non vi è stato il rilascio di certificazione.’.
Pertanto, considerato che ‘quanto sostenuto dalla ASL Salerno, che dimostra l’infondatezza della pretesa azionata dalla casa di cura Salus, trova conferma nella documentazione depositata in atti’, il Consiglio di Stato ha accolto l’appello ed ha rigettato il ricorso introduttivo del giudizio di ottemperanza.
3. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione, ex art. 362, co.1, c.p.c., la s.p.a., affidandolo ad un unico mezzo e supportandolo con due memorie (in vista delle precedenti adunanze camerali, poi rinviate a nuovo ruolo).
La RAGIONE_SOCIALE si è difesa con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi degli artt. 375, comma 2, n. 4 e 380bis .1 c.p.c.
Il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME ai fini delle precedenti adunanze camerali, poi rinviate, ha depositato conclusioni scritte, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo la ricorrente RAGIONE_SOCIALE denuncia « ex art. 111, c. 8, cost., e art. 362, c. 1, c.p.c.) nullità e/o illegittimità della sentenza per difetto assoluto di giurisdizione – violazione dei limiti esterni della giurisdizione del g.a. e invasione della sfera riservata al g.o.’.
Lamenta la ricorrente che, rigettando il ricorso per l’ottemperanza, il giudice a quo avrebbe deciso e fatto valere una questione di merito – l’esistenza o meno di una transazione tra le parti, comprensiva della rinunzia del creditore agli interessi, ed i suoi effetti sulla determinazione della somma dovuta dalla ASL antecedente alla pronuncia passata in giudicato, in contrasto rispetto al comando giudiziale irrevocabile portato da quest’ultima e, comunque, rientrante nella sfera della giurisdizione riservata al G.O., che infatti aveva emesso la sentenza, divenuta irrevocabile, che aveva confermato integralmente il decreto ingiuntivo opposto, legittimando il ricorso della Casa di Cura all’ottemperanza.
Pur premettendo che la questione esula dal presente giudizio di legittimità, aggiunge poi la ricorrente che, nel merito, la transazione accertata dalla sentenza impugnata avrebbe comunque riguardato esclusivamente una delle fatture, non anche quelle i cui saldi, per imputazione, unitamente agli interessi, hanno formato oggetto del ricorso per ottemperanza.
2. Giova premettere sinteticamente il quadro sistematico nel quale si inserisce la controversia.
Ai sensi dell’art. 112 cod. proc. amm., l’azione di ottemperanza può essere proposta anche per conseguire l’attuazione del giudicato maturato a seguito di una pronuncia del giudice ordinario, affinché la pubblica amministrazione vi si conformi. Essa, nella prospettiva di garanzia e di effettività della tutela offerta al privato, concorre con il procedimento di esecuzione forzata, regolato dal c.p.c., ad assicurare effettività e pienezza alle pronunce rese dal giudice ordinario nei confronti dell ‘Amministra zione.
Il giudizio di ottemperanza per ottenere l’esecuzione di una sentenza di condanna emessa dal giudice ordinario offre al creditore la peculiare possibilità di ottenere la soddisfazione del suo diritto anche tramite i poteri sostitutivi attribuiti al giudice amministrativo ed al commissario ad acta del quale
quest’ultimo si avvalga, cui è consentito realizzare, in luogo dell’amministrazione, gli adempimenti e gli atti necessari per soddisfare la pretesa della parte privata esposta nella decisione da eseguire.
Come questa Corte ha già chiarito (Cass., Sez. Un., 17/01/2022, n. 1227; Cass., Sez. Un., 16/6/2022, n. 19349), anche sulla scorta della giurisprudenza della Corte costituzionale in materia (Corte Cost., 12 dicembre 1998, n. 406) l’ottemperanza si presenta con caratteristiche diverse a seconda che riguardi una sentenza di annullamento del giudice amministrativo o una sentenza del giudice ordinario di condanna al pagamento di una somma di danaro.
Nel primo caso, il giudizio tende a conseguire un ‘ attività provvedimentale dell’amministrazione ed effetti ulteriori e diversi rispetto al provvedimento originario oggetto di impugnazione. Infatti, il giudice dell’ottemperanza ha il potere di integrare il giudicato, nel quadro degli ampi poteri, tipici della giurisdizione estesa al merito, che può esercitare ai fini dell’adeguamento della situazione al comando rimasto inevaso.
Viceversa, quando abbia per oggetto una sentenza del giudice ordinario al pagamento di una somma di danaro, il giudizio di ottemperanza assume natura e caratteristiche di giudizio prevalentemente esecutivo, caratterizzato dalla carenza di giurisdizione del giudice amministrativo sulla materia sottostante al giudicato azionato, sicché il giudice dell’ottemperanza svolge una funzione attuativa della concreta statuizione giudiziale adottata dal giudice ordinario e non può alterare il suo precetto, limitandone o ampliandone la portata effettuale in violazione dell’art. 2909 c .c..
In questo senso, già il giudice delle leggi (Corte Cost., 12 dicembre 1998, n. 406, cit.) ha chiarito che ‘il giudizio di ottemperanza, secondo l’attuale elaborazione giurisprudenziale, ricomprende una pluralità di configurazioni (in relazione alla situazione concreta, alla statuizione del giudice e alla natura dell’atto impugnato), assumendo talora (quando si tratta di sentenza di condanna al pagamento di somma di denaro esattamente quantificata e determinata nell’importo, senza che vi sia esigenza ulteriore di sostanziale contenuto cognitorio) natura di semplice giudizio esecutivo -come tale assoggettabile alle limitazioni proprie delle ‘azioni esecutive’ nei confronti degli
enti locali dissestati -e quindi qualificabile come rimedio complementare che si aggiunge al procedimento espropriativo del codice di procedura civile, rimesso alla scelta del creditore ‘.
Anche in dottrina, peraltro, viene perlopiù riconosciuto che, a fronte di statuizioni giudiziali rese dal giudice civile, il giudice dell’ottemperanza svolge generalmente un ‘ attività prevalentemente esecutiva, tant’è che non ha la possibilità di integrare la decisione civile, ed in linea di massima, quindi, il giudizio deve essere ascritto alla sfera delle azioni esecutive.
:Si è detto infatti che la giurisdizione è sempre di merito, ma la possibilità del giudice di sostituirsi all’amministrazione è decisamente meno forte nel caso delle sentenze del giudice civile, semplicemente perché sono sentenze di un altro giudice, che il giudice amministrativo non può completare. Parallelamente, la componente cognitoria è ridotta nel caso di sentenze del giudice ordinario, in ordine alle quali il giudice dell’ ottemperanza deve rimanere nei confini della stretta esecuzione del giudicato.
Nei casi, invece, di esecuzione di sentenze di annullamento del giudice amministrativo, il giudizio di ottemperanza tende ad assumere piuttosto la natura di giudizio misto, di cognizione ed esecuzione al contempo.
2.1. In generale, la sentenza del G.A. di rigetto del ricorso per ottenere l’ottemperanza di un giudicato non è sindacabile da questa Corte per motivi inerenti all’interpretazione del giudicato e delle norme oggetto di quel giudizio, poiché gli errori nei quali il giudice amministrativo sia eventualmente incorso, essendo inerenti al giudizio di ottemperanza, restano interni alla giurisdizione stessa (Cass., Sez. Un., 26 dicembre 2016, n. 26274; Cass., Sez. Un., 8 febbraio 2021, n.2909; Cass., Sez. Un., 17/01/2022, n. 1227, cit.; Cass., Sez. Un., 16/6/2022, n. 19349, cit.).
Al fine di distinguere le fattispecie nelle quali il sindacato della Sezioni Unite sulle decisioni del Consiglio di Stato in sede di giudizio di ottemperanza è consentito, da quelle in cui esso è inammissibile, occorre quindi valutare se il ricorso per cassazione censuri il modo con cui il potere di ottemperanza viene esercitato (limiti interni della giurisdizione), oppure se censuri la possibilità stessa, in una determinata situazione, di fare ricorso al giudizio di ottemperanza
(limiti esterni). Ove le censure riguardino l’interpretazione del giudicato, l’accertamento del comportamento tenuto dalla P.A. e la valutazione di conformità di tale comportamento rispetto a quello che essa avrebbe dovuto tenere, gli errori nei quali il giudice amministrativo sia in ipotesi incorso sono inerenti al giudizio di ottemperanza, restano interni alla giurisdizione stessa e non sono sindacabili dalla Corte di cassazione (Cass., Sez. Un., 27 febbraio 2013, n. 4852; Cass., Sez. Un., 30 maggio 2018, n. 13699; Cass., Sez. Un., 26 maggio 2020, n. 9773; Cass., Sez. Un., 17 settembre 2021, n. 25165; Cass., Sez. Un., 17/01/2022, n. 1227, cit.; Cass., Sez. Un., 16/6/2022, n. 19349, cit.).
Il potere interpretativo del giudicato da eseguire, necessariamente insito nel giudizio di esecuzione e quindi nella struttura stessa del giudizio di ottemperanza, si atteggia tuttavia in modo particolare qualora riguardi un giudicato formatosi davanti ad un giudice diverso da quello amministrativo.
In questo caso, infatti, il G.A. è investito della giurisdizione in materia di ottemperanza, ma ne è privo riguardo alla materia controversa nel merito e decisa dal provvedimento irrevocabile di altro giudice. Pertanto, l’interpretazione del giudicato può in tal caso esercitarsi esclusivamente sulla base di elementi interni al giudicato da ottemperare e non su elementi esterni ed addirittura antecedenti al passaggio in giudicato (come nel caso sub iudice ), la cui valutazione rientri in ogni caso nella giurisdizione propria del giudice che ha emesso la sentenza da attuare.
Pertanto, ove il Consiglio di Stato, in sede di ottemperanza di una sentenza definitiva del giudice ordinario, effettui un sindacato integrativo, con una pronuncia sostanzialmente autoesecutiva, integrerà un eccesso di potere giurisdizionale sindacabile ai sensi dell’art. 111, ottavo comma, Cost., inteso quale esorbitanza dai limiti esterni che segnano l’ambito della sua giurisdizione (Cass., Sez. Un., 27 dicembre 2011, n. 28812; Cass., Sez. Un., 14 dicembre 2016, n. 25625; Cass. Sez. Un., n. 7825 del 14/04/2020; Cass., Sez. Un., 17/01/2022, n. 1227, cit.; Cass., Sez. Un., 16/6/2022, n. 19349, cit.).
2.2. A conclusione, poi, del quadro ricostruttivo che precede, si deve ricordare che il ricorso per cassazione contro le decisioni del Consiglio di Stato
può essere proposto soltanto per motivi inerenti alla giurisdizione (artt. 111, ottavo comma, Cost., 362 c.p.c. e 110 c.p.a.).
È stato quindi rilevato (Cass., Sez. Un., 17/09/2021, n. 25165; Cass., Sez. Un., 25/11/ 2021, n. 36594; Cass., Sez. Un., 17/01/2022, n. 1227; Cass., Sez. Un., 22/09/2022, n. 27746) che l’eccesso di potere denunciabile con ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione va riferito alle sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione (che si verifica quando il giudice speciale affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o alla discrezionalità amministrativa, ovvero, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto in assoluto di cognizione giurisdizionale) o di difetto relativo di giurisdizione (riscontrabile quando detto giudice abbia violato i limiti esterni della propria giurisdizione, pronunciandosi su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale, ovvero negandola sull’erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici); e poiché la nozione di eccesso di potere giurisdizionale non ammette letture estensive, neanche limitatamente ai casi di sentenze abnormi, anomale ovvero caratterizzate da uno stravolgimento radicale delle norme di riferimento, il relativo vizio non è configurabile in relazione a denunciate violazioni di legge sostanziale o processuale riguardanti il modo di esercizio della giurisdizione speciale (Cass., Sez. Un., 4 dicembre 2020, n. 27770).
3. Venendo al caso di specie, giova innanzitutto sottolineare che nel ricorso il dato fattuale e giuridico la cui considerazione, da parte del giudice dell’ottemperanza, avrebbe determinato la violazione dei limiti esterni del giudice a quo , lo sconfinamento nella giurisdizione del giudice ordinario ed il contrasto con il giudicato civile da ottemperare, è individuato nell’ ‘accordo transattivo stipulato il 5/03/2013’ (così menzionato nella sentenza impugnata). Per effetto di quest’ultimo, secondo il giudice dell’ottemperanza, l’appellata avrebbe già ottenuto il pagamento di quanto dovuto in relazione alle fatture in questione, poiché avrebbe rinunziato agli ‘interessi moratori a deconto sulla sorte capitale’. L’effetto sostanziale ultimo di tale censurata valutazione del giudice dell’ottemperanza è, secondo la ricorrente, che il suo credito ‘ che in ossequio alla sentenza passata in cosa giudicata è di € 759.444,18, oltre
interessi ex D.lgs. 231/02 – troverebbe, allo stato, soltanto parziale esecuzione, limitatamente al capitale nominale corrisposto dall’ASL.’.
È opportuno precisare che la datazione (5 marzo 2013 ) dell’accordo transattivo de quo risulta dalla stessa sentenza impugnata ed è pacifica tra le parti; pertanto, deve ritenersi altrettanto pacifico che si tratti di un fatto, o meglio del perfezionamento di un negozio giuridico, verificatosi anteriormente alla pubblicazione (il 23 febbraio 2015) della sentenza civile da ottemperare e perciò anche al passaggio in giudicato di quest’ultima.
Risulta poi per tabulas che la sentenza che ha respinto l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo da ottemperare non conteneva alcun riferimento espresso alla transazione in questione, benché ad essa antecedente.
È inoltre opportuno confermare che, come dedotto dalla stessa ricorrente, la contestata fondatezza, nel merito, dell’accertamento contenuto nella sentenza impugnata ( quanto alla transazione, al suo oggetto, alla sua pertinenza rispetto ai titoli delle somme residue richieste ed ai suoi effetti sugli accessori effettivamente domandati) non è rilevante in questa sede ai fini della decisione sulla controversa giurisdizione.
3.1. Tanto premesso, deve quindi rilevarsi che, accertando la transazione ed i suoi effetti, il giudice dell’ottemperanza non ha meramente interpretato il giudicato civile, ma ha dato rilievo ad un ‘fatto’ (il contratto di transazione) modificativo/estintivo del credito ingiunto (in particolare con riguardo agli accessori, che ha inteso rinunziati con riferimento a tutte le fatture), che lo stesso giudicato civile non contemplava, benché fosse anteriore ad esso, essendo pacificamente intervenuto nel corso del giudizio civile, sicché avrebbe potuto e dovuto essere eccepito ed accertato in quella sede di cognizione ordinaria.
Si tratta poi di un ‘fatto’ incidente sul credito accertato dalla sentenza civile passata in giudicato, che ha condotto il giudice dell’ottemperanza a negare l’esistenza di quest’ultimo (quanto meno in ordine agli accessori). Pertanto, con la sentenza impugnata è stato attribuito al giudicato un contenuto precettivo differente da quello risultante dal titolo, è stato accertato il diritto da attuare oltre il decisum (ed in contrasto con lo stesso) ed il giudice amministrativo ha
conosciuto e regolato un diverso rapporto (quello fondato sulla transazione) tra le parti, la cui cognizione è comunque assegnata ad altra giurisdizione, ovvero a quella ordinaria.
Sussiste quindi il denunziato eccesso di potere denunciabile con ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione, nella forma del difetto relativo di giurisdizione, per avere il giudice amministrativo violato i limiti esterni della propria giurisdizione, pronunciandosi su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria.
Tale conclusione (peraltro conforme ad alcune recenti pronunce del giudice amministrativo: cfr. CdS n. 2912/2023 e CdS n. 6155/2023) non si pone in contrasto con i precedenti di queste sezioni Unite nei quali è stato escluso l’eccesso di potere giurisdizionale, per avere il giudice dell’ottemperanza subordinato il pagamento dell’Amministrazione in un caso (Cass., Sez. Un., 18 febbraio 2017, n. 4092) alla presentazione, da parte del creditore, del documento unico di regolarità contributiva, essendo tale prescrizione meramente confermativa di un obbligo di legge, che viene in rilievo al momento stesso dell’adempimento (Cass., Sez. Un., 18 febbraio 2017, n. 4092); in altri casi (Cass., Sez. Un., 17/01/2022, n. 1227, cit.; idem Cass., Sez. Un., 17/01/2022, n. 1258) al rilascio di una cauzione a prima richiesta, in ragione della sopravvenuta pendenza di procedimenti penali (con sentenze di primo grado di condanna, appellate dall’imputato) per fatti di reato relativi alla falsità di numerosissime procure alle liti, a carico dell’avvocato che agiva per l’ottemperanza di crediti per spese di lite.
Invero, a differenza del caso sub iudice , in tali ultimi arresti il giudice dell’ottemperanza aveva apprezzato circostanze , potenzialmente suscettibili di escludere la persistenza di una situazione debitoria in capo all’Amministrazione, che erano sopravvenute alla formazione del giudicato civile da ottemperare, in ragione delle quali si era limitato a prescrivere le modalità dell’esecuzione, incidendo esclusivamente sul quomodo di quest’ultima, senza incorrere in alcuna manipolazione di quel decisum o in una limitazione della portata dello stesso. In altri termini, nei citati precedenti, il giudice amministrativo non aveva risolto una controversia i cui effetti travalicassero il perimetro dell’ottemperanza, ma si
era limitato a prendere atto di sopravvenienze, rimanendo nei limiti della propria giurisdizione.
Il ricorso va quindi accolto e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio al giudice a quo , cui è demandata anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia al Consiglio di Stato, cui demanda di provvedere anche sulle spese di lite del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 18 febbraio 2024