Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9583 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 9583 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 10607-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
COGNOME
– intimati – e sul RICORSO SUCCESSIVO SENZA N.R.G. proposto da: COGNOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio
Oggetto
PREVIDENZA
PROFESSIONISTI
R.G.N. 10607/2019
Ud. 28/02/2025 CC
dell’avvocato NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrenti successivi –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
resistenti con mandato al ricorso successivo -avverso la sentenza n. 837/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 28/09/2018 R.G.N. 365/2017; udita la udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME e NOME COGNOME adivano il Tribunale di Bologna e impugnavano l’avviso di addebito loro notificato dall’INPS con riguardo ai contributi dovuti alla gestione separata per l’anno 2008 da entrambi e per l’anno 2009 dal solo COGNOME, sos tenendo l’insussistenza dell’obbligazione contributiva e comunque la prescrizione della pretesa creditoria dell’INPS quanto ai medesimi contributi. L’INPS si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale di Bologna, con la sentenza n. 763/2016 pronunciata in data 10/11/2016, accoglieva la domanda, annullava l’atto impugnato e condannava l’INPS alla rifusione delle spese processuali.
Proponevano appello l’INPS e la RAGIONE_SOCIALE. NOME COGNOME e NOME COGNOME si costituivano in giudizio
chiedendo il rigetto dell’impugnazione. Con la sentenza n. 837/2018 depositata in data 28/09/2018 la Corte di Appello di Bologna, sezione lavoro, accoglieva parzialmente l’appello affermando la doverosità all’iscrizione della gestione separata e, rigettata l’eccezione di prescrizione dei contributi, riformava la sentenza impugnata con riguardo alle sanzioni, dichiarando non dovute le sanzioni per morosità previste dall’art. 116, comma 9, lettera a), della legge 388/2000.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso in cassazione in via principale l’INPS con un solo motivo di impugnazione. Hanno proposto ricorso in via incidentale COGNOME NOME e COGNOME NOME con nove motivi di impugnazione.
La difesa dei ricorrenti in via incidentale ha depositato memoria ex art. 380-bis. 1 c.p.c..
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 28/02/2025.
Considerato che :
Va premesso che avverso la sentenza sono stati proposti due ricorsi in via autonoma e nella stessa data; assume rilievo, pertanto, il principio di diritto secondo il quale: il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo e perciò, nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso, fermo restando che tale modalità non è essenziale, per cui ogni ricorso successivo al primo si converte, indipendentemente dalla forma assunta e ancorché proposto con atto a sé stante, in ricorso incidentale. Nel caso in cui i due ricorsi risultino essere stati notificati nella stessa data, l’individuazione del ricorso principale e di quello
incidentale va effettuata con riferimento alle date di deposito dei ricorsi, sicché è principale il ricorso depositato per primo, mentre è incidentale quello depositato per secondo (Cass. 04/12/2014, n. 25662).
Il ricorso proposto da COGNOME NOME e da COGNOME NOME deve, da un punto di vista logico, essere trattato per primo.
Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2, comma 26, legge 335/1995 in combinato disposto con l’art. 18, comma 12, d.l. 98/2011 e con gli artt. 2222 e 2229 cod. civ., dell’art. 21 legge 6/1981 e dell’art. 7.2. Statuto Inarcassa, dell’art. 2, comma 25, legge 335/1995, art. 6d.lgs. 103/1996 e art. 18, comma 12, d.l. 98/2011, art. 2 legge 509/1994 e dell’art. 28 della costituzione tutti in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. La sentenza impugnata avrebbe errato nel considerare doverosa l’iscrizione alla gestione separata per i soggetti, come i ricorrenti in via incidentale, che svolgono lavoro autonomo ma non abbiano un albo professionale cui iscriversi.
3.1. Con il secondo motivo di ricorso si deduce omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e oggetto di discussione tra le parti, anche sub specie di omesso esame di documenti decisivi in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. Vi olazione e falsa applicazione del Dell’art. 18 comma 12 d.l. 98/2011 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. Ci si duole che la sentenza non avrebbe considerato che nel periodo in questione i due ricorrenti in via incidentale erano iscritti ad un albo professionale e quindi erano in possesso di esonero.
3.2. Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 2, comma 25, l. 335/1995, degli artt. 2222 e 2229
cod. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. Si lamenta che la sentenza impugnata avrebbe violato la norma applicata perché la stessa prevederebbe una eccezione alla iscrizione alla gestione separata per i professionisti per i quali esiste un albo professionale.
3.3. Con il quarto motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 18, comma 12, d.l. 98/2011, dell’art. 2, legge 509/1994 e dell’art. 1 legge 133/2011 e dell’art. 26, comma 5, regolamento Inarcassa. Ci si duole che la sentenza avrebbe considerato il contributo come dovuto perché relativo solo a funzioni solidaristiche e inidoneo ad escludere la iscrizione alla gestione separata.
3.4. Con il quinto motivo di ricorso si deduce violazione del principio di esclusività e unicità del regime previdenziale vigente su medesima attività; violazione e falsa applicazione dell’art. 18, comma 12, d.l. 98/2011 e dell’art. 38 cost. in relazione a ll’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ..
3.5. Con il sesto motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 38 cost. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ..
3.6. Con il settimo motivo si deduce violazione dell’art. 113 c.p.c. e 101, comma 2, cost., art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. nonché violazione del principio di non interpretabilità della legge interpretativa in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ.. Ci si duole de fatto che solo formalmente la sentenza impugnata si fonderebbe sulla interpretazione delle norme di rilievo come l’art. 2, comma 26, legge 335/1995 come interpretato dall’art. 18, comma 12, d.l. 98/2011 mentre nella sostanza disapplicherebbe le stesse disposizioni attribuendo loro significati non espressi dal testo normativo.
Il secondo motivo di ricorso, da esaminare prioritariamente, è inammissibile. La parte ricorrente deduce che la sentenza impugnata, nel ritenere la doverosità della iscrizione dei professionisti alla gestione separata, avrebbe omesso di considerare la circostanza che i due ricorrenti erano già iscritti ad una cassa professionale. Tuttavia, per questa via, non si denuncia l’omesso esame di un fatto storico, peraltro preso in considerazione dalla sentenza, bensì la valutazione in diritto della pronuncia secondo la quale l’iscrizione ad una cassa non preclude l’iscrizione alla gestione separata.
4.1. In tale prospettiva si consideri che l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. n. 83 del 2012, conv. dalla l. n. 143 del 2012, prevede che l’omesso esame sia riferito ad un fatto decisivo per il giudizio ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico naturalistico, non assimilabile in alcun modo a questioni o argomentazioni che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate (Cass. 26/01/2022, n. 2268).
I motivi primo, terzo, quarto, quinto, sesto e settimo del ricorso devono essere esaminati congiuntamente in quanto riguardano per vari aspetti tutti la medesima questione di diritto, vale a dire l’obbligo di iscrizione alla gestione separata di lavoratori autonomi già iscritti ad altre forme di previdenza obbligatoria. È dedotta, peraltro, la violazione e/o la falsa applicazione delle stesse norme, variamente combinate in relazione ai diversi motivi.
5.1. Detti motivi sono infondati atteso che costituisce orientamento costante della Corte al quale questo Collegio intende conferire continuità quello secondo il quale:
gli ingegneri e gli architetti iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie, per i quali è preclusa l’iscrizione all’INARCASSA, alla quale versano esclusivamente un contributo integrativo di carattere solidaristico in quanto iscritti agli albi, cui non segue la costituzione di alcuna posizione previdenziale a loro beneficio, sono tenuti comunque ad iscriversi alla gestione separata presso l’INPS, in virtù del principio di universalizzazione della copertura assicurativa, cui è funzionale la disposizione di cui all’art. 2, comma 26, della l. n. 335 del 1995, secondo la quale l’unico versamento contributivo rilevante ai fini dell’esclusione di detto obbligo di iscrizione è quello suscettibile di costituire in capo al lavoratore autonomo una correlata prestazione previdenziale, dovendosi porre il rapporto tra il sistema previdenziale categoriale e quello della Gestione separata in termini non già di alternatività, bensì di complementarità. (In applicazione del suddetto principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva affermato tale obbligo di iscrizione per l’attività libero-professionale svolta da un ingegnere, evidenziando che la Corte cost., con sentenza n. 104 del 2022, ha ritenuto la norma censurata, nell’esegesi prevalsa nella giurisprudenza di legittimità, esente da profili di irragionevolezza, illogicità e incoerenza nel sistema normativo, di cui, al contrario, assume una funzione di chiusura, rinvenendo il suo fondamento costituzionale nell’obbligo dello Stato di dare concretezza al principio della universalità delle tutele assicurative obbligatorie per tutti i lavoratori) (Cass. 23/06/2022, n. 20288). Ed ancora, nel medesimo senso: gli ingegneri e gli architetti iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie, per i quali è preclusa l’iscrizione all’INARCASSA, alla quale versano esclusivamente un contributo integrativo di carattere solidaristico in quanto
iscritti agli albi, cui non segue la costituzione di alcuna posizione previdenziale a loro beneficio, sono tenuti comunque ad iscriversi alla gestione separata presso l’INPS, in virtù del principio di universalizzazione della copertura assicurativa, cui è funzionale la disposizione di cui all’art. 2, comma 26, della l. n. 335 del 1995, secondo la quale l’unico versamento contributivo rilevante ai fini dell’esclusione di detto obbligo di iscrizione è quello suscettibile di costituire in capo al lavoratore autonomo una correlata prestazione previdenziale; sussiste, infatti, una relazione di complementarità tra gestione separata e casse professionali, posto che, ai sensi dell’art. 18, comma 12, del d.l. n. 98 del 2011 (conv. con modif. nella l. n. 111 del 2011), anche per coloro che sono iscritti ad albi ed elenchi è previsto l’obbligo di iscriversi alla gestione separata quando non effettuino alcun “versamento contributivo” agli enti della categoria professionale di appartenenza (Cass. 03/03/2021, n. 5826).
5.2. Le sentenze citate e gli altri arresti della Corte in argomento rispondono ampiamente a tutti i profili di doglianza sollevati dai ricorrenti in via incidentale e superano anche i dubbi di legittimità costituzionale, da ritenersi manifestamente infondati. Peraltro, si tratta di una disciplina già sottoposta al vaglio del Giudice delle leggi che ha escluso la dedotta illegittimità costituzionale (Corte cost. n. 238 del 2022).
6. Con l’ottavo motivo di ricorso si deduce sotto un primo profilo la violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 c.c. in combinato disposto con l’art. 3, legge 335/1995 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. nonché, sotto un secondo profil o, violazione dell’art. 112 e dell’art. 115 c.p.c. omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 1 e 3 c.p.c.. I ricorrenti in via incidentale si dolgono del rigetto dell’eccezione di prescrizione
quinquennale sollevata in ordine ai contributi richiesti. Deducono che il termine sarebbe decorso dalla data di scadenza per il versamento dei contributi e non dalla data di presentazione delle dichiarazioni dei redditi. Sicché nella fattispecie essendo in questione i contributi dovuti per il 2008 la decorrenza andava fissata al 16/06/2009 con scadenza al 16/6/2014 sicché le missive dell’INPS non erano idonee a interrompere il termine perché inviate il 17/06/2014 e recapitate al COGNOME il 27/06/2014 e al Tedeschi il 30/06/2014.
6.1. Il motivo è infondato. E’ ben vero che «in materia previdenziale, la prescrizione dei contributi dovuti alla gestione separata decorre dal momento in cui scadono i termini per il pagamento dei predetti contributi e non dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi ad opera del titolare della posizione assicurativa, in quanto la dichiarazione in questione, quale esternazione di scienza, non costituisce presupposto del credito contributivo» (Cass. nr. 27950 del 2018; Cass. nr. 19403 del 2019; Cass. nr. 1557 del 2020 e, più di recente, Cass. nr.4898 del 2022, Cass. nr. 5578 del 2022 e Cass. 28721/2024). Tuttavia, ai fini della decorrenza del termine assume rilievo anche il differimento dei termini stessi, quale quello previsto, senza alcuna maggiorazione, dalla disposizione di cui al D.P.C.M. 4 giugno 2009, art. 1, comma 1, in relazione ai contributi dovuti per l’anno 2009 (così Cass. nr. 4148 del 2023 e Cass. nr. 34947 del 2024); l’art. 12, comma 5, del D.Lgs . nr. 241 del 1997, infatti, devolve ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale) la possibilità di modificare i termini riguardanti gli adempimenti dei contribuenti relativi a imposte e contributi. Il D.P.C.M. (tempo per tempo applicabile) concorre, dunque, ad attuare e
integrare le previsioni del d.lgs. e, pertanto, considerato nelle sue interrelazioni e in una prospettiva sostanziale, ha natura regolamentare e rango di fonte normativa (tra le tante, Cass. nr. 32685 del 2022, punti 3.2 e ss., con i richiami ivi effettuati).
6.2. La Corte si è occupata anche di definire il perimetro di applicazione del differimento. Ha chiarito, quanto alla «latitudine soggettiva del differimento» che ne beneficiano tutti i «contribuenti che esercitano attività economiche per le quali siano stati elaborati gli studi di settore e non soltanto coloro che, in concreto, alle risultanze di tali studi (siano) fiscalmente assoggettati per non aver scelto un diverso regime d’imposizione » (Cass. nr.10273 del 2021 e successive conformi). Ciò che rileva è, infatti, il dato oggettivo dello svolgimento di un’attività economica riconducibile tra quelle per le quali siano state elaborati studi di settore e non la condizione soggettiva del singolo professionista di effettiva sottoposizione al regime fiscale derivante dall’adesione alle risultanze degli studi medesimi (Cass. nr. 24668 del 2022; nello stesso senso, fra le molte, Cass. nr. 32682 del 2022, punto 4.4.; Cass. nr. 10286 del 2023, punto 11).
6.3. E, così, per l’anno in questione il termine di pagamento dei contributi è stato differito al 06/07/2009 con scadenza della prescrizione al 06/07/2014 e dunque utile interruzione prima della scadenza in ragione delle richieste inviate il 17/06/2014 e pervenute prima del definitivo decorso.
Con il nono motivo di ricorso incidentale si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 346 c.p.c. omessa pronuncia su questione assorbita in primo grado e ritualmente riproposta in appello in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. – perché la Corte di appello avrebbe omesso di
pronunciarsi sulla eccepita prescrizione del diritto INPS a pretendere il pagamento della contribuzione alla gestione separata per l’anno 2009 e per il solo COGNOME richiesto dall’ente in data 11.6.2015 con missiva ricevuta il 01/07/2015.
7.1. Orbene, piuttosto che omessa pronuncia è da ravvisarsi rigetto implicito, dal momento che in via riassuntiva la sentenza ha respinto l’eccezione di prescrizione escludendo che fosse maturato il termine per tutti i contributi richiesti. Ad ogni modo la Corte di appello ha emesso una pronuncia che, nella sostanza è conforme a diritto, perché per il versamento dei contributi per l’anno anno 2009 si applicava, in ragione del D.P.C.M. 10/10/2010, il differimento al 06/07/2010 del termine per il pagamento. Dalla stessa data decorreva il termine di prescrizione che non è maturato, perché interrotto in data 01/07/2015 prima del termine finale che cadeva il 06/07/2015. Il motivo è, per questa ragione, infondato.
Va, a questo punto, considerato che l’impugnazione proposta da COGNOME NOME e COGNOME NOME, perché diretta a contrastare in radice la sussistenza del debito contributivo, ha precluso il formarsi del giudicato riguardo al profilo dipendente delle sanzioni e, a tal proposito, impedisce di configurare il rapporto controverso come esaurito e dunque impermeabile all’incidenza della sopravvenuta declaratoria d’illegittimità costituzionale della relativa disciplina (si veda Cass. 01/08/2024, n. 21682 e Cass., 04/09/2023, n. 25653, punto 20 del Considerato, in linea con quanto già affermato da Cass., S.U., 27 ottobre 2016, n. 21691). La Corte costituzionale, con la sentenza n. 55 del 2024 a esteso agli iscritti all’RAGIONE_SOCIALE i principi già affermati con a sentenza n. 104 del 2022, resa con riguardo alla disciplina della Cassa forense ed ha dichiarato ‘l’illegittimità costituzionale dell’art.
18, comma 12, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111, nella parte in cui non prevede che gli ingegneri ed architetti non iscritti alla cosiddetta RAGIONE_SOCIALE, per essere contemporaneamente iscritti presso altra gestione previdenziale obbligatoria, ai sensi dell’art. 21 della legge 3 gennaio 1981, n. 6 (Norme in materia di previdenza per gli ingegneri e gli architetti), tenuti all’obblig o di iscrizione alla Gestione separata costituita presso l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), sono esonerati dal pagamento, in favore dell’ente previdenziale, delle sanzioni civili per l’omessa iscrizione con riguardo al periodo anteriore alla sua entrata in vigore.’ Ha rilevato infatti che il legislatore, pur fissando legittimamente, con l’art. 18, comma 12, del d.l. n. 98 del 2011, un precetto normativo già desumibile dalla disposizione interpretata dell’art. 2, comma 26, della legge n. 3 35 del 1995, «avrebbe dovuto comunque tener conto, in questa particolare fattispecie, di tale già insorto affidamento in una diversa interpretazione; ciò, peraltro, in sintonia con un criterio destinato ad affermarsi nell’ordinamento previdenziale» (punto 7.1. del Considerato in diritto). Nel caso di specie, trova applicazione la pronuncia di accoglimento: si controverte, invero, sulle sanzioni riguardanti annualità precedenti (2008 e 2009) alla legge d’interpretazione autentica ed esse non sono dovute.
Entro questi limiti, con esclusivo riguardo alle implicazioni sanzionatorie dell’obbligo contributivo, dev’essere cassata la sentenza impugnata.
9.1. Resta assorbito il ricorso principale dell’INPS, che attiene al profilo consequenziale della concreta modulazione
di un regime sanzionatorio che risulta inapplicabile per effetto della declaratoria d’illegittimità costituzionale.
L’esito della controversia, definita dalla infondatezza dei ricorsi di entrambe le parti e dalla applicazione dello ius superveniens , giustifica la compensazione delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte decidendo sul ricorso proposto dai ricorrenti COGNOME Gaetano e COGNOME lo accoglie nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata limitatamente al capo relativo alle sanzioni e dichiara che le stesse non sono dovute; dichiara assorbito il ricorso proposto in via principale dall’INPS;
compensa le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta