Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 179 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 179 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 07/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 2625-2019 proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N. 2625/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 30/10/2024
CC
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1184/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 06/07/2018 R.G.N. 225/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/10/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
CONSIDERATO CHE
1. La Corte d’appello di Milano, in accoglimento del gravame proposto dall’istituto previdenziale, ha riformato la sentenza di primo grado, respingendo le domande proposte in primo grado da NOMECOGNOME ingegnere iscritto alla Inarcassa a cui versava il solo contributo integrativo, nonché insegnante con contratto a tempo indeterminato iscritto all’INPDAP, volte a conseguire l’insussistenza dell’obbligo di iscrizione alla gestione separata ex art. 2 comm a 26 L.335/1995 e l’accertamento delle indebite richieste di pagamento contributivo del 13/6/2011 e del 31/5/2012 rispettivamente inerenti agli anni 2005 e 2006, oltre agli anni successivi con sanzioni civili. In particolare, la Corte territoriale, a sostegno della legittimità della iscrizione alla gestione separata per coloro che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo il cui esercizio non sia subordinato all’iscrizione in appositi albi professionali privatizzati in base ai rispettivi statuti e ordinamenti, ovvero attività non soggette ad un versamento contributivo suscettibile di costituire in capo al lavoratore autonomo una correlata posizione previdenziale, richiama l’orientamento giurisprudenziale formatosi a seguito di pronunce di questa Corte n.30344/17 e 1172/18, sì da legittimare, nei predetti casi, l’iscrizione obbligatoria in linea con la finalità universalistica dell’istituzione della gestione separata; il versamento del contributo integrativo indipendentemente
dalla iscrizione alla cassa di appartenenza ha finalità solidaristica e non costituisce una posizione previdenziale, e, nel caso di svolgimento di ulteriore attività lavorativa nell’ambito di rapporto di lavoro subordinato ed in presenza di esercizio abituale non esclusivo di attività professionale, il professionista non è esonerato dalla iscrizione alla gestione separata INPS senza che ciò comporti una duplicazione di contribuzione. In definitiva, l’unico versamento contributivo rilevante ai fini dell’esclusione dell’obbligo di iscrizione alla gestione separata è quello suscettibile di costituire in capo al lavoratore autonomo una correlata posizione previdenziale. La Corte territoriale ha anche respinto l’eccezione di prescrizione quinquennale relativa alle prime due annualità dovendosi considerare come termine iniziale di decorrenza la data di invio telematico delle dichiarazioni dei redditi, effettuata rispettivamente il 30/10/2006 ed il 3/10/2007, coincidente con la data di conoscenza da parte di INPS de i redditi derivanti dall’attività professionale per gli anni 2005 e 2006, non decorso alla data di notifica delle note di pagamento (ricevute il 23/6/2011 e l’11/7/2012); ed infine ha confermato la debenza delle sanzioni civili qualificate come evasione co ntributiva ai sensi dell’art. 116 comma 8 lett.b, L.388/2000 in caso di mancata della dichiarazione dei redditi imponibili ai fini contributivi.
il professionista ricorrente impugna la sentenza affidandosi a nove motivi di ricorso, ribaditi in memoria illustrativa, a cui l’intimato istituto interpone rituale controricorso.
La Corte, discussa la causa nell’adunanza camerale del 30 ottobre 2024, si è riservata di decidere.
RILEVATO CHE
1.Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2 comma 26 L.335/1995 in combinato disposto con la norma di interpretazione autentica di cui all’art. 18 comma 12 DL 98/2011, dell’art. 21 L.6/1981 ed art. 7.2 dello Statuto Inarcassa, del principio di autonomia degli enti privati tratto da art. 2 comma 25 L.335/95, art. 6 d.lgs. 103/96, art. 18 co.12 dl 98/2011 ed art. 2 L.509/94, nonché violazione dell’art. 38 Cost., nella parte in cui la sentenza impugnata, pur formalmente invocando il contenuto precettivo delle norme di disciplina della fattispecie, se ne discostava non facendone corretta applicazione, alterando il dettato normativo e non traendo da esso le dovute conseguenze decisorie. Argomenta, quindi, sulla natura residuale della iscrizione alla gestione separata per i professionisti senza cassa o che non sono tenuti a pagare contributi alle proprie casse; sulla congiunzione ‘ovvero’, riportata all’art. 18 comma 12 del D.L. 98/2011 per i soggetti tenuti alla iscrizione alla gestione separata, avente natura alternativa non cumulativa né esplicativa dei soggetti tenuti all’iscrizione, e sulla efficacia retroattiva della norma di interpretazione autentica del citato art. 18; sulla impossibilità di imporre l’iscrizione alla gestione separata di INPS per mancanza di requisito soggettivo -perché quella di ingegnere è categoria protetta di professionista iscritto ad Albo- ed oggettivo l’attività è soggetta a versamento contributivo secondo il proprio regolamento- sicché il caso in esame si porrebbe al di fuori della disciplina dell’art. 18 comma 12 D.L. 98/11, trattandosi di soggetti esonerati ex lege 335/95 per i quali è invece obbligatoria l’iscrizione a Inarcassa per carattere di continuità, e sul punto richiama la sentenza di Cass. 13218/2008; rileva che l’interpretazione della Corte Appello Milano si pone in contrasto con la relazione alla legge delega, con il concetto di
attività svolta come redito prodotto, ed equipara situazioni differenti -autonomi senza cassa con autonomi non iscrivibili per copertura IVS relativa ad altra attività per i quali è prevista una tutela previdenziale-; sostiene che la ratio legis del 1995 è quella di aver prima conferito al Governo, con art. 2 comma 25, la delega a disciplinare la previdenza dei liberi professionisti con forme autonome di previdenza affidate agli Albi secondo lo schema dell’ente di diritto privato delineato dal d.lgs. 509/94 , e poi al comma 26 di aver istituito un fondo residuale per i lavoratori senza Albo; ancora, rileva che l’art. 18 D.L. 98/11 prevede al comma 11 il contributo soggettivo ed al comma 12 tutti gli altri contributi, e critica la sentenza Cass. 30344/17 e ss. laddove la giurisprudenza di merito continua ad esprimersi in senso difforme rispetto alla universalizzazione delle tutele ex SU 3240/2010, principio non dirimente e non applicato in modo assoluto; conclude poi evidenziando l’incomprensibile ragione per la quale debba essere versato a Inarcassa il contributo soggettivo sul reddito prodotto dallo svolgimento di attività professionale di ingegnere, se esclusivo, e ad INPS, se non esclusivo.
Nel secondo motivo di ricorso è denunciato , ai sensi dell’art. 360 co.1 n.5 c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione fra le parti, inerente alla circostanza pacifica che il ricorrente era iscritto all’Albo professionale ed era beneficiario di esonero; nonché la violazione o falsa applicazione dell’art. 18 comma 12 DL 98/2011 , in relazione all’art. 360 co.1 n.3 c.p.c., nella parte in cui in sentenza, pur rilevato che un lavoratore autonomo sarebbe obbligato ad iscriversi alla gestione separata qualora svolga un’attività per la quale non sia richiesta l’iscrizione all’Albo, non giunge poi a dichiarare la propria esclusione da tale
obbligo per essere egli, invece, iscritto in apposito Albo professionale; in sentenza mancherebbe alcun esame della questione giuridica prospettata secondo la quale la congiunzione ‘ovvero’ contenuta nell’art. 18 comma 12 cit. sarebbe di tipo alternativo e non cumulativo o esplicativo, per cui alla ricorrenza anche solo del primo requisito ne discende l’esonero dall’obbligo di iscrizione, ed altrettanto sarebbe stato disatteso l’ulteriore aspetto inerente alla circostanza che il ricorrente era stato regolarmente iscritto alla cassa ingegneri dal 2005 al 2014: se la Corte d’appello avesse esaminato le questioni, sarebbe giunta a d affermare l’esonero contributivo.
Con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art. 2 comma 25 L.335/95 e degli artt. 2222 e 2229 c.c. perché sin dalla emanazione della legislazione di riforma del sistema pensionistico l’attività professionale per il cui esercizio è richiesta l’iscrizione ad appositi albi o elenchi era estranea alla Gestione Separata INPS; ed ancora, la Corte territoriale avrebbe disatteso la distinzione tra art. 2 comma 25, che prevede la delega al governo di emanare norme che assicurino la previdenza a professionisti che svolgono attività autonoma il cui esercizio è subordinato all’iscrizione all’Albo, e comma 26 che disciplina la gestione separata per i lavoratori autonomi per i quali non è prevista l’iscrizione ad un albo e che non hanno un ente che decida sulla gestione della tutela previdenziale, senza distinguere fra liberi professionisti (art. 2229 c.c. coloro che svolgono professioni intellettuali) e lavoratori autonomi (art. 2222 c.c. coloro che compiono un’opera o un servizio con lavoro prevalentemente proprio).
Con il quarto motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 18 comma 12 DL 98/2011, dell’art. 2
L.509/94, dell’art. 1 L.133/2011 e dell’art. 26 comma 5 Regolamento Inarcassa, in relazione all’art. 360 co.1 n.3 c.p.c., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto irrilevante l’avvenuto pagamento del contributo integrativo ad RAGIONE_SOCIALE e non ha dichiarato che l’integrale assolvimento degli obblighi verso la cassa professionale comporti l’esenzione dall’iscrizione alla gestione separata, perché anche il contributo integrativo assolve ad una funzione in senso lato previdenziale, essendo utile alla determinazione del montante contributivo individuale.
Nel quinto motivo viene denunciata la violazione del principio di esclusività ed unicità del regime previdenziale vigente su una medesima attività, e la violazione dell’art. 18 comma 12 d.l. 98/2011 e d ell’art. 38 Cost., laddove l’iscrizione ad una gestione previdenziale esclude l’obbligo di contribuzione ad un altro fondo per la stessa attività in considerazione del fatto che i contributi dovuti sui redditi professionali non possono essere soggetti a più gestioni contemporaneamente (Cass. 4982/14 e 9076/13); ne sono corollari l’autonomia d elle casse private, i benefici previdenziali ed il principio solidaristico, per cui RAGIONE_SOCIALE è l’unico ente titolato a richiedere le contribuzioni, e non si giustificherebbe alcuna ingerenza di INPS in presenza di obbligatorietà di iscrizione alla cassa privata, stante la sovranità di Inarcassa nella disciplina del regime previdenziale; donde il contrasto con l’orientamento espresso dalle pronunce di legittimità n.30344/17 e n.1178/18.
Al sesto motivo lamenta la violazione dell’art. 38 Cost . laddove la sentenza di appello illegittimamente ritenga che ogni cittadino sarebbe obbligato a costituirsi tante posizioni previdenziali quante sono le attività lavorative esercitate in vita. La Corte d’appello avrebbe confuso l’art. 53 (obbligo di conco rrere alle
spese in ragione di capacità contributiva) con l’art. 38 Cost. (i lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati per soddisfare esigenze in caso di infortunio, malattia, invalidità, vecchiaia, disoccupazione involontaria).
Con il settimo motivo deduce la violazione dell’art. 133 c.p.c. e 101 comma 2 Cost, dell’art. 132 comma 2 n.4 cpc ed art. 118 disp. att. c.p.c. , in relazione all’art. 360 n. 4 cpc e del principio di non interpretabilità della legge interpretativa, in relazione all’art. 360 n. 3 e 4 cpc per illegittimità del procedimento logicogiuridic o adottato, basato sulla tesi dell’ente quale assunto unilaterale che non trova fondamento testuale nella norma di interpretazione autentica.
Con l’ottavo motivo il ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2935 c.c. in combinato disposto con l’art. 3 L.335/95 per essere stato individuato in sentenza il termine inziale di decorrenza della prescrizione nell’invio della dichiarazione dei redditi anziché dalla scadenza dei termini per il pagamento della contribuzione, alla data del 16 giugno dell’anno successivo a quello cui si riferisce l’anno contributivo, ma per l’anno 2005 l’INPS aveva inoltrato missiva il 13/6/2011 ricevu ta il 23/6/2011, e per l’anno 2006 aveva inoltrato missiva il 31/5/12 ricevuta l’ 11/7/2012.
Ed infine, nell’ultimo nono motivo denuncia, in via subordinata, la violazione e/o falsa applicazione del d.lgs. 218/97 in combinato disposto con l’art. 116 comma 12 della L.388/2000 nella parte in cui la sentenza ha ritenuto che il mancato versamento della contribuzione alla gestione separata integrasse gli estremi dell’evasione contributiva anziché la meno grave ipotesi di omissione contributiva.
Nel controricorso l’INPS eccepisce la inammissibilità dei primi sette motivi di doglianza in quanto afferenti ad argomentazioni già respinte da questa Corte sin dal 2017, mentre per gli ultimi due motivi l’istituto previdenziale insiste nel sostenere ch e la contribuzione andasse pagata dopo la presentazione della dichiarazione dei redditi e soltanto in base ad essa l’ente poteva conoscere le risultanze reddituali fondanti la base contributiva; riguardo all’ultimo motivo rileva che il ricorrente non abbia allegato né provato l’inesistenza del requisito soggettivo legittimante l’omissione.
I primi sette motivi possono essere unitariamente valutati in quanto complessivamente intesi a contestare la legittimità dell’ obbligo di iscrizione del professionista ricorrente alla gestione separata dell’IRAGIONE_SOCIALE; essi sono infondati, per le medesime ragioni evidenziate, con orientamento ormai consolidato di questa Corte, in plurime pronunce rese in fattispecie analoghe a quelle oggetto di causa, ed alla cui motivazione si rinvia ex art. 118 disp. art. c.p.c. (cfr. ord. n.36251/2022, n.11322/2022, 33399/2021, n.334/2021, n.35366/2021, 35672/2021). Ivi è rimasto affermato il principio secondo cui gli ingegneri e gli architetti, che siano iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie e che non possano conseguentemente iscriversi all’Inarcassa (esclusione dall’iscrizione prevista dall’art. 21 L.6/1981 e dall’art. 7 co.5 dello Statuto Inarcassa per gli ingegneri ed architetti iscritti a forme di previdenza obbligatorie in dipendenza di un rapporto di lavoro subordinato), rimanendo obbligati verso quest’ultima soltanto al pagamento del contributo integrativo in quanto iscritti agli albi professionali (come previsto dall’art. 10 della Legge n.6/1981), sono tenuti comunque ad iscriversi alla Gestione separata presso l’I.RAGIONE_SOCIALE, in quanto la ratio
universalistica delle tutele previdenziali cui è ispirata la L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, induce ad attribuire rilevanza, ai fini dell’esclusione dell’obbligo di iscrizione di cui alla norma di interpretazione autentica contenuta nel D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 12, conv. con modif. in L. n.111 del 2011, al solo versamento di contributi suscettibili di costituire in capo al lavoratore autonomo una correlata prestazione previdenziale. Altrettanto non può dirsi, invece, con riguardo al cd. contributo integrativo, in quanto versamento effettuato da tutti gli iscritti agli albi in funzione solidaristica (in particolare, Cass. Sez. L. 18/12/2017, n. 30344, cui hanno dato continuità, tra le numerose, Cass. Sez. 12/12/2018, n. 32166, Cass. Sez. 6-L. 22/11/2019, n. 30605, Cass. Sez. L. 3/03/2021, n.5826). Con i richiamati arresti -in particolare con l’ultimo richiamato- si è ulteriormente ribadito che la disciplina dettata dalla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 25 (che, com ‘è noto, ha delegato il Governo ad emanare “norme volte ad assicurare, a decorrere dal 1 gennaio 1996, la tutela previdenziale in favore dei soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione, senza vincolo di subordinazione, il cui esercizio è subordinato all’iscrizione ad appositi albi o elenchi”), non delinea, rispetto al successivo comma 26, un riparto di competenze tale per cui, laddove una cassa di previdenza abbia escluso dall’obbligo di iscrizione taluni professionisti iscritti al relativo albo in ragione del loro reddito (o, come accade per gli ingegneri e gli architetti, a causa della loro contemporanea iscrizione presso altra gestione previdenziale obbligatoria), non possa riespandersi l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata. La questione è, piuttosto, quella di stabilire la tipologia del “versamento contributivo” che può esonerare dall’iscrizione alla Gestione separata, da risolversi “volgendosi all’interpretazione della L.
n.335 del 1995, art. 2, comma 26 e delle disposizioni che ne hanno dato attuazione, esattamente come ritenuto da Cass. nn. 30344 del 2017 e 32166 del 2018” (così, Cass. n. 5826 cit.).
4. Si aggiunga, con specifico riferimento ai motivi di ricorso in esame, che sul tema del principio universalistico delle tutele previdenziali e della rilevanza della costituzione di una tutela previdenziale per il lavoratore autonomo si è espressa anche ordinanza interlocutoria n.22056/2023 (di rimessione alla Corte Costituzionale per la sola parte relativa alla legittimità delle sanzioni); sul tema del rispetto del principio di divieto di duplicazione di coperture assicurative incidenti sulla medesima att ività professionale laddove il professionista iscritto all’Albo sia tenuto al versamento della contribuzione alla gestione separata INPS ancorché non iscritto all’Inarcassa a cui versa il solo contributo di solidarietà, stante la funzione solidaristica della contribuzione integrativa dovuta alla Cassa di categoria in ragione della mera iscrizione all’albo, si veda Cass. n.25605/2023, che sul rapporto fra i due sistemi di copertura previdenziale si è così espressa ‘ Secondo tale orientamento (quello della sentenza 30344/17), il rapporto tra il sistema previdenziale categoriale e quello della gestione separata si pone non in termini di alternatività bensì di complementarietà (ex plurimis cfr. Cass. n. 20288 del 2022). A ciò deve aggiungersi che, con sentenza n. 104 del 2022, la Corte Costituzionale ha ritenuto esente da profili d’irragionevolezza, illogicità e incoerenza col sistema normativo la norma d’interpretazione autentica dell’art. 2, co.26 l. n. 335 del 1995 (art. 18, co.12, D.L. n.98 del 2011). La Corte Costituzionale ha, infatti, attribuito a tale disposizione il valore di norma di chiusura del sistema, rinvenendone il fondamento costituzionale nell’obbligo dello Stato di dare concretezza al principio della
universalità delle tutele assicurative obbligatorie sancito nei confronti di tutti i lavoratori. Il bagaglio di principi che presiede all’applicazione della normativa richiamata è, perciò, idoneo a fornire risposte a ciascuna delle censure prospettate nei primi sette motivi di ricorso, i quali, in definitiva, non pongono questioni rispetto alle quali questa Corte non abbia già dato risposta ‘.
Infondata è la doglianza di omesso esame della circostanza dell’iscrizione all’Albo professionale, poiché la Corte territoriale ha esaminato che il professionista iscritto all’Albo, benché tenuto al contributo integrativo, non versa contribuzione utile a costituire una correlata prestazione previdenziale se non svolge continuativamente l’esercizio professionale; ma non è esonerato colui che è iscritto all’Albo bensì il professionista che è anche lavoratore dipendente e non esegue versamenti suscettibili di una corr elata prestazione previdenziale. Sull’uso della congiunzione ‘ovvero’, riportata all’art. 18 comma 12 DL 98/2011, dal tenore alternativo e non esplicativo, si rimanda a quanto argomentato nella pronuncia n.30344/17 richiamata nella impugnata sentenza.
Riguardo al terzo motivo non è fondata l’osservazione della estraneità alla gestione separata dell’attività professionale per la quale è richiesta l’iscrizione ad appositi albi, poiché la delega di cui all’art. 2 comma 25 L.335/95 ad emanare norme volte ad assicurare la tutela previdenziale in favore di soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione senza vincolo di subordinazione, il cui esercizio è subordinato all’iscrizione in appositi albi, non ha escluso ma definito il perimetro di tutela previdenziale, da assicurare anche in favore di coloro per i quali non è possibile procedere a forme autonome di gestione, donde
la successiva disposizione del comma 26 sui soggetti tenuti all’iscrizione alla gestione separata, ivi inclusi i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo, come autenticamente interpretato dall’ar t. 18 comma 12 DL. 98/2011.
Anche il quarto motivo sulla asserita irrilevanza del pagamento del contributo integrativo all’Inarcassa per dichiarare l’esenzione dall’iscrizione alla gestione separata quale conseguenza dell’integrale assolvimento degli obblighi verso la cassa previdenziale di categoria, è infondato, non riscontrandosi una funzione previdenziale del contributo integrativo, bensì solidaristica. E neppure si ravvisa una violazione del principio di esclusività ed unicità del regime previdenziale vigente per la medesima attività professionale, come dedotto al quinto motivo, avendo natura residuale la cassa di gestione separata INPS, e disponendo il professionista di proprie cognizioni tecniche nell’esercizio di attività abituale non esclusiva di lavoro autonomo, dando ad essa continuità ed effettività nei suoi contenuti tipici, in una prospettiva dinamica e non statica della professione a servizio della quale abbia fornito la propria competenza e le cognizioni tecnico-scientifiche acquisite. E neppure è condivisibile l’asserita ‘sovranità’ della Cassa professionale nella disciplina del regime previdenziale spettante, in presenza di norme di rango primario e secondario che precludono l’iscrizione alla cassa agli ingegneri ed architetti che siano iscritti a forme di previdenza obbligatoria in dipendenza di rapporto di lavoro subordinato (art. 21 L.6/81 ed art. 7 dello Statuto).
Alcuna violazione dell’art. 38 Cost., denunciata al sesto motivo di ricorso, appare emergere per la necessaria copertura
previdenziale del lavoratore; si rammenti quanto già osservato in sent. n. 25605/23 che, di seguito alla sent. n. 30344/17, ha argomentato: ‘ Secondo tale orientamento, il rapporto tra il sistema previdenziale categoriale e quello della gestione separata si pone non in termini di alternatività bensì di complementarietà (ex plurimis cfr. Cass. n. 20288 del 2022). A ciò deve aggiungersi che, con sentenza n. 104 del 2022, la Corte Costituzionale ha ritenuto esente da profili d’irragionevolezza, illogicità e incoerenza col sistema normativo la norma d’interpretazione autentica dell’art. 2, co.26 l. n. 335 del 1995 (art. 18, co.12, D.L. n.98 del 2011). La Corte Costituzionale ha, infatti, attribuito a tale disposizione il valore di norma di chiusura del sistema, rinvenendone il fondamento costituzionale nell’obbligo dello Stato di dare concretezza al principio della universalità delle tutele assicurative obbligatorie sancito nei confronti di tutti i lavoratori ‘ .
Egualmente infondato è il settimo motivo sul dedotto vizio logico del procedimento interpretativo della norma di interpretazione autentica: dalle citate norme (art. 26 co.2 L.335/95 e art. 18 co.12 D.L. 98/2011 si evince che il sistema previdenziale categoriale e quello della Gestione separata va costruito infatti non già in termini di alternatività, bensì di complementarità, atteso che, ai sensi dell’art. 18, comma 12, d.l. n. 98/2011 (conv. con L. n. 111/2011), che è norma di chiusura del sistema (come riporta Corte Cost. n.104/2022), anche coloro che sono iscritti ad albi ed elenchi hanno l’obbligo di iscriversi alla gestione separata quando non effettuino agli enti della categoria professionale di appartenenza alcun ‘versamento contributivo’ suscettibile di dar luogo ad una posizione previdenziale (così, tra le più recenti, Cass. nn.
5826/2021, 20288/2022 e 10286/2023, tutte sulla scorta delle già citate sent. Cass. nn. 30344/2017 e 32166/2018).
10. Di contro, l’ottavo motivo è fondato. La questione concerne il decorso della prescrizione del credito contributo e, quindi, impone la verifica della sua maturazione in base alla disciplina legale di riferimento; la Corte territoriale ha ritenuto che il termine iniziale della prescrizione del credito decorresse dal giorno di presentazione della dichiarazione dei redditi a cura del contribuente e non dalla scadenza del versamento dei contributi (16 giugno dell’anno successivo a quello di riferimento ); ha, quindi, giudicato tempestiva la richiesta di pagamento pervenuta, per entrambe le annualità in osservazione, 2005 e 2006, entro il quinquennio successivo alla scadenza in tal modo determinata. Tuttavia, la prescrizione decorre dal momento in cui scadono i termini per il relativo pagamento e non già dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi ad opera del titolare della posizione assicurativa (così, ex multis, Cass. nr. 27950 del 2018; Cass. nr. 19403 del 2019; Cass. nr. 1557 del 2020 e, più di recente, Cass. nr. 4898 del 2022, e Cass. nr. 5578 del 2022) ma è altrettanto vero che questa Corte ha chiarito che, ai fini della decorrenza della prescrizione in questione, assume rilievo anche il differimento dei termini stessi, quale quello previsto, senza alcuna maggiorazione, dalla disposizione di cui al D.P.C.M. 14/6/2007, in relazione ai contributi dovuti per l’anno 2006. Si precisa, come osservato in ord. di questa Corte n.25684/2023, che l’art. 12, comma 5, del D.Lgs. nr. 241 del 1997, infatti, devolve ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale) la possibilità di modificare i termini riguardanti gli adempimenti dei contribuenti relativi a imposte e contributi. Il D.P.C.M. (tempo per tempo applicabile) concorre, dunque, ad
attuare e integrare le previsioni del D.Lgs. e, pertanto, considerato nelle sue interrelazioni e in una prospettiva sostanziale, ha natura regolamentare e rango di fonte normativa, come questa Corte ha in più occasioni affermato (tra le tante, Cass. nr. 32685 del 2022, punti 3.2 e ss., con i richiami ivi effettuati). La sentenza impugnata, tuttavia, ha inteso far decorrere la prescrizione dalla data di presentazione della dichiarazione reddituale; sul punto, se da un lato il fatto costitutivo dell’obbligazione contributiva è costituito dall’avvenuta produzione, da parte del lavoratore autonomo, di un determinato reddito (Cass. 29 maggio 2017, n. 13463) è altresì chiaro che, pur sorgendo il credito sulla base della produzione del reddito, la decorrenza del termine di prescrizione dipende dall’ ulteriore momento in cui la corrispondente contribuzione è dovuta e quindi dal momento in cui scadono i termini di pagamento di essa, in armonia del resto con il principio generale in ambito di assicurazioni obbligatorie secondo cui la prescrizione corre appunto dal momento in cui «in cui i singoli contributi dovevano essere versati» (art. 55 r.d.l. 1827/1935). È stato osservato (Cass. sent. n. 27950/18) che ‘ in proposito vale la regola, fissata dall’art. 18, co. 4, d Igs. 9 luglio 1997, n. 241, secondo cui «i versamenti a saldo e in acconto dei contributi dovuti agli enti previdenziali da titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate da enti previdenziali sono effettuati entro gli stessi termini previsti per il versamento delle somme dovute in base alla dichiarazione dei redditi». Nel caso di specie il versamento del saldo, che è il termine più avanzato da cui, non considerando gli acconti, si può ipotizzare la decorrenza della prescrizione, era fissato dall’art. 17, co. 1, d.p.r. 435/2011, nel testo ratione temporis vigente, al 20 giugno dell’anno di presentazione della
dichiarazione dei redditi, che è l’anno successivo a quello in cui i redditi sono stati prodotti; mentre la dichiarazione dei redditi, sempre secondo le cadenze del tempo (redditi 2004) doveva essere presentata «tra il 1 maggio ed il 31 luglio ovvero in via telematica entro il 31 ottobre» dell’anno successivo (2005) a quello di chiusura del periodo di imposta. 3.2 La dichiarazione dei redditi, d’altra parte, quale dichiarazione di scienza (tra le molte, Cass. 4 febbraio 2011, n. 2725) non è presupposto del credito contributivo, così come non lo è rispetto all’obbligazione tributaria, in quanto il fatto costitutivo resta, come detto, la produzione di redditi rilevante ai sensi di legge. Semmai ad essa, quale atto giuridico successivo all’esigibilità del credito, può riconoscersi effetto interruttivo della prescrizione, se ed in quanto dalla medesima consti la ricognizione dell’esistenza del debito contributivo (per i principi, pur se in diversa fattispecie contributiva, v. Cass. 22 febbraio 2012, n. 2620; Cass. 12 maggio 2004, n. 9054 ) ‘ . Va anche segnalato che, una volta devoluta la questione della prescrizione, spetta al giudice individuarne il momento iniziale, più esiguo o più ampio (Cass. nr. 12182 del 2021), senza essere vincolato dalle deduzioni delle parti (di recente, Cass. nr. 24047 del 2022, punto 21; Cass. nr. 33169 del 2021, punto 10) giacché il momento iniziale della prescrizione si atteggia come quaestio juris ed il suo vaglio s’impone anche in sede di legittimità, a condizione che non siano necessari accertamenti di fatto. Accertamenti che il caso di specie non richiede, poiché il dies a quo è sancito, con portata generale, da una fonte normativa, che questa Corte è tenuta a conoscere, in quanto puntualizza le previsioni del D.Lgs. n. 241 del 1997, mentre l’atto idoneo a interrompere la prescrizione è accertato dalla sentenza impugnata; una volta che sia stato dedotto l’elemento costitutivo dell’eccezione di prescrizione
(mutatis mutandis: una volta che sia stato dedotto che non è decorso il tempo idoneo ad estinguere il diritto), sarà il giudice, anche in sede di legittimità, a individuare la disciplina appropriata e a scrutinare i fatti che incidono sulla durata del termine di prescrizione, al fine di verificare se sia decorso invano il tempo «determinato dalla legge» in base a una normativa che la legge stessa qualifica come inderogabile (art. 2936 cod.civ.); oggetto di giudizio è (proprio) la disciplina legale che regola tale termine e che concorre dunque a definire il tempo «determinato dalla legge» (art. 2934 cod.civ.), indispensabile per il compiersi della prescrizione.
Tutto ciò posto, si osserva che non è corretta l’individuazione del termine iniziale di decorrenza nella data di presentazione della dichiarazione dei redditi individuando in essa una conoscenza (recte, conoscibilità) dell’entità reddituale alla quale ancorare la determinazione della base contributiva per i versamenti alla gestione separata, giacché già alla data di scadenza dell’acconto IRPEF l’Istituto previdenziale poteva disporre dei dati reddituali, ancorché provvisori, in base ai quali poter avviare gli accertamenti necessari per contestare l’eventuale omesso versamento contributivo. E non hanno rilievo gli ostacoli di mero fatto come quelli che trovino causa nell’ignoranza, da parte del titolare, dell’evento generatore del diritto: impropriamente sarebbe qualificabile come ostacolo giuridico all’esercizio del diritto la difficoltà di accertamento del diritto previdenziale prima della dichiarazione dei redditi. Il termine quinquennale di prescrizione del credito contributivo inizia, invece, a decorrere da quando il diritto può essere fatto valere, coincidente con il mancato versamento alla data di scadenza dell’obbligo a cui è tenuto il contribuente, ossia al 16
giugno dell’anno successivo a quello a cui si riferisce la produzione reddituale e, quindi, la copertura contributiva.
Orbene, per l’anno 2005 il termine era stato fissato dall’Agenzia delle Entrate entro la scadenza del 20 giugno 2006 coincidente con il saldo IRPEF e, per l’anno 2006, la scadenza veniva prorogata al 9 luglio 2007 giusta disposizioni emesse con DPCM del 14/6/2007. Le notifiche delle note INPS del 13/6/2011 e del 31/5/2012, ricevute rispettivamente il 23/6/2011 e l’ 11/7/2012, sono pervenute a conoscenza del destinatario, in entrambi i casi, allorquando erano già maturati i termini di prescrizione per ciascuna delle due annualità. Trattasi di dati emergenti dal fascicolo processuale e non occorre ulteriore accertamento di fatto demandabile in sede di rinvio.
Il nono motivo di ricorso resta assorbito nell’ottavo, non essendo più rilevante ai fini di giudizio la verifica della natura dolosa o colposa dell’omissione contributiva, né l’ulteriore approfondimento sulla abolizione, totale o parziale, del regime sanzionatorio, stante la accertata estinzione per prescrizione del credito contributivo dell’INPS sulle due annualità 2005 e 2006.
La controversia si conclude, quindi, in questa fase, con il solo accoglimento dell’ottavo motivo, in esso assorbito il nono, per la ritenuta esistenza del diritto alla pretesa contributiva, tuttavia, estinto per maturata prescrizione decorrente da un termine diverso da quello indicato in sentenza.
La complessità delle questioni trattate e il consolidamento dell’orientamento giurisprudenziale in epoca successiva alla introduzione della originaria domanda giudiziale consentono di accedere alla compensazione delle spese processuali fra le parti.
Non ricorrono le condizioni per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, limitatamente al motivo n.8, in esso assorbito il motivo n.9, e respinti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara non dovuti i contributi richiesti per gli anni 2005 e 2006.
Compensa le spese fra le parti.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del DPR 115/2002, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello steso art. 13.
Così deciso in Roma, il 30 ottobre 2024.