Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8491 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 8491 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 4869-2020 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso da sé stesso, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME
– controricorrente –
Oggetto
CONTRIBUTI GESTIONE SEPARATA
AVVOCATI
R.G.N.4869/2020
COGNOME
Rep.
Ud.30/01/2025
CC
avverso la sentenza n. 283/2019 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 15/11/2019 R.G.N. 278/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/01/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
COGNOME NOME aveva adito il Tribunale di Ancona con due distinti ricorsi, poi riuniti, contestando, rispettivamente, l ‘avviso di addebito per il recupero dei contributi dovuti alla gestione separata per l ‘ anno 2009 nonché la propria iscrizione d’ufficio alla gestione separata per l’anno 2 010; il Tribunale aveva ritenuto sussistente l’obbligo di iscrizione alla gestione separata, con applicazione delle sanzioni previste per l’omissione contributiva e non per l’evasione. La Corte d’appello, adita con ri corso principale del COGNOME ed incidentale dell’INPS, aveva, con la sentenza n. 283/2019, rigettato le doglianze del professionista e, in parziale accoglimento del gravame dell’Istituto, respinto l’opposizione anche in relazione al regime sanzionatorio.
COGNOME NOME impugna la sentenza per cinque motivi, illustrati da memoria.
Resiste INPS con controricorso.
Chiamata la causa all’adunanza camerale del 30 gennaio 2025, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (art.380 bis 1, secondo comma, cod. proc. civ.).
CONSIDERATO CHE
COGNOME NOME propone cinque motivi di ricorso.
I)Violazione e falsa applicazione, ex art. 360, n. 3 cod. proc. civ., dell’art. 2, commi 25 e 26, della legge n. 335/1995, in combinato disposto con l’art. 18, comma 12, del d.l. n. 98/2011, convertito nella legge n. 111/2011, degli artt. 3 e 8 del d.lgs. n. 103/1996, dell’art. 22, commi 1 e 3, del la legge n. 576/1980, dell’art. 6 del dm n. 281/1996, dell’art. 44, comma 2, del d.l. n. 269/2003, convertito nella legge n. 326/2003, dell’art. 2697 cod. civ., per avere la Corte ritenuto legittima l’iscrizione d’ufficio alla gestione separata per gli ann i 2009/2010 e non aver tenuto conto del limite reddituale di € 5 .000,00.
II)violazione e falsa applicazione ex art. 360, n. 3 cod. proc. civ., degli artt. 3, comma 9, della legge n. 335/1995, degli artt. 2935 e 2941, n. 8, cod. civ., dell’art. 55 del r .d.l. n. 1827/1935, degli artt. 1 e ss. del d.lgs. n. 462/1997 in relazione al combinato disposto dell’art. 3 del dm n. 282/1995 e dell’art. 17 del d.P.R. n. 435/2001, dell’art. 2697 cod. civ. , per avere la Corte ritenuto non prescritto il diritto dell’INPS di esigere la contribuzione ed aver ritenuto dolosa ed evasiva l’omessa compilazione del quadro RR senza alcun sostegno né di fatto né di diritto ed a fronte di regolare dichiarazione reddituale.
III) violazione e falsa applicazione ex art. 360, n. 3 cod. proc. civ., dell’art. 116, comma 8, della legge n. 388/2000 , per avere la Corte ritenuto applicabili nella specie le sanzioni di cui alla lettera b) anziché le sanzioni di cui alla lett. a) del predetto comma 8.
IV)violazione e falsa applicazione ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ. dell’art. 44 del d.l. n. 269/2003, convertito nella legge n.
326/2003 e dell’art. 2697 cod. civ. , per avere la Corte ritenuto legittimo il calcolo dei contributi per l’anno 2010 ignorando la soglia di esenzione di € 5 .000,00.
V) violazione e falsa applicazione ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ. dell’art. 30, comma 14, del d.l. n. 78/2010, dell’art. 24, comma 23, del d.lgs. n. 46/1999, per avere la Corte ritenuto legittimamente emesso e con efficacia esecutiva l’avviso di addebito relativo all’anno 2009 in pendenza del giudizio sul merito dell’illegittima iscrizione d’ufficio alla gestione separata per lo stesso anno.
La Corte d’appello di Ancona ha rigettato l’originaria domanda del ricorrente avverso un avviso di addebito avente ad oggetto i contributi dovuti alla Gestione separata, per i redditi prodotti nell’anno 2009, in qualità di avvocato, iscritto all’Albo Forense ma non anche alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense ed avverso l’iscrizione d’ufficio alla medesima gestion e per l’anno 2010.
Con il primo motivo di censura il ricorrente assume l’erroneità della decisione che ha ritenuto sussistente l’obbligo di iscrizione alla suddetta gestione nonché l’obbligo di contribuzione in presenza di un reddito inferiore ad €5 .000,00.
Detto motivo è infondato.
Va richiamata la consolidata giurisprudenza con cui questa Corte ha da tempo affermato che «l’obbligatorietà dell’iscrizione alla Gestione separata da parte di un professionista iscritto ad albo o elenco è collegata all’esercizio abituale, ancorché non esclusivo, di una professione che dia luogo ad un reddito non assoggettato a contribuzione da parte della cassa di riferimento; la produzione di un reddito superiore alla soglia di Euro 5.000,00
costituisce invece il presupposto affinché anche un’attività di lavoro autonomo occasionale possa mettere capo all’iscrizione presso la medesima Gestione, restando invece normativamente irrilevante qualora ci si trovi in presenza di un’attività lavorativa svolta con i caratteri dell’abitualità (Cass. nr. 4419 del 2021; nr. 12419 del 2021; nr. 12358 del 2021 e numerosissime successive conformi); a chiarimento del principio espresso, si è poi osservato che «la produzione di un reddito superiore alla soglia citata vale a privare di rilievo ogni questione circa la natura abituale o occasionale dell’attività libero-professionale da assoggettare a contribuzione, dal momento che il superamento della soglia di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 44 cit., determina comunque la sottoposizione all’obbligo di contribuzione in favore della Gestione separata» (in ultimo, Cass. nr. 11535 del 2024, in motiv., punto 13, sulla scia di Cass. nr. 29272 del 2022, in motivazione, p. 17); nei casi, invece, in cui resta necessario l’a ccertamento del carattere abituale dell’attività professionale «il Giudice di merito si avvarrà delle presunzioni semplici ricavabili, ad esempio, dall’iscrizione all’albo, dall’accensione della partita IVA o dall’organizzazione materiale predisposta dal professionista a supporto della sua attività, mentre la percezione da parte del libero professionista di un reddito annuo di importo inferiore a Euro 5.000,00 potrà semmai rilevare quale indizio – da ponderare adeguatamente con gli altri che siano stati acquisiti al processo – per escludere che, in concreto, l’attività sia stata svolta con carattere di abitualità» (tra le tantissime, Cass. nr. 4152 del 2023, con richiamo, in motivazione, a Cass. nr. 7231 del 2021), senza che nessuno di tali elementi possa di per sé imporsi all’interprete come univocamente significativo, trattandosi «pur sempre di forme di praesumptio hominis, che non impongono all’interprete
conclusioni indefettibili, ma semplici regole di esperienza per risalire al fatto ignoto da quello noto» (Cass. n. 4419 del 2021 cit.)» (Cass. n. 24195/2024 da ultimo ed ex multis ).
Nella specie, diversamente da quanto denunciato, la Corte di appello ha fatto corretta applicazione dei principi di questa Corte, procedendo all’accertamento di abitualità dello svolgimento della professione, con valutazioni di elementi fattuali non ritualmente censurati in questa sede. La Corte del merito ha valorizzato, in uno alla iscrizione all’Albo professionale, la perdurante apertura dello studio legale, traendo da tali elementi il convincimento di non occasionalità dello svolgimento della profession e che, all’evidenza, integra un tipico giudizio di merito, sottratto al sindacato di questa Corte, se non nei ristretti limiti di cui all’art. 360 nr. 5 cod.proc.civ., qui non illustrati.
Quanto al secondo motivo, in ordine alla non maturata prescrizione, la sentenza è pervenuta alla conclusione corretta, sia pure per ragioni diverse da quelle esposte.
Come già osservato da Cass. n. 25610/2023 in un caso sovrapponibile al presente, «ancorché il ricorso proponga unicamente la questione della sospensione del decorso della prescrizione a causa di doloso occultamento del debito per mancata compilazione del Quadro RR, non sfugge al Collegio che la sentenza gravata contiene un errore fondamentale, consistente nella mancata applicazione del differimento del termine iniziale della prescrizione che riveste rilievo assorbente per la risoluzione della controversia».
Considerato che trattasi dei redditi per gli anni 2009 e 2010, il termine iniziale della prescrizione è stato differito ad opera del d.P.C.M. 10 giugno 2010 al 6 luglio 2010 e del D.P.C.M. 12
maggio 2011 al 6 luglio 2011, secondo un consolidato orientamento di questa Corte, il cui principio di diritto è certamente applicabile anche ai contributi relativi all’anno 2010, «in materia previdenziale, la prescrizione dei contributi dovuti alla gestione separata decorre dal momento in cui scadono i termini per il pagamento dei predetti contributi, sicché assume rilievo, ai fini della decorrenza della prescrizione in questione, anche il differimento dei termini stessi, quale quello previsto dalla disposizione di cui all’art. 1, comma 1, d.P.C.M. del 10 giugno del 2010 in relazione ai contributi dovuti per l’anno 2009 dai titolari di posizione assicurativa che si trovino nelle condizioni da detta disposizione stabilite’ (Cass. n. 10273 del 2021 e successive)» (Cass. n. 25610/2023).
Facendo applicazione dell’orientamento sopra richiamato, il termine per versare il saldo dei contributi dovuti in relazione ai redditi prodotti nel 2009 era stato spostato al 6 luglio 2010, così che l’atto interruttivo, notificato al professionista il 3 lu glio 2015 (secondo quando dedotto nello stesso ricorso in cassazione), era antecedente allo scadere del termine differito e, pertanto il termine di prescrizione non era ancora spirato; analogamente è a dirsi quanto ai contributi dovuti sui redditi del 2010: il termine era stato differito al 6 luglio 2011 con la conseguenza che alla notifica dell’atto interruttivo il 4 luglio 2016 (come da ricorso in cassazione) non era spirato.
«Avuto riguardo a una disposizione direttamente applicabile, tale ricognizione temporale può essere compiuta dal giudice in ogni stato e grado del processo» (Cass. n. 25610/2023): pertanto, assorbita ogni altra questione, va dichiarato il mancato decorso della prescrizione del credito contributivo preteso dall’INPS nei confronti del ricorrente per effetto del
differimento del dies a quo della prescrizione disposto dai d.P.C.M. di cui sopra.
Alla luce di ciò, il secondo motivo deve essere respinto.
Il terzo motivo, con cui ci si duole del regime sanzionatorio applicato dalla Corte, per evasione e non per omissione contributiva, è fondato e va accolto in applicazione dello “ius supeveniens” conseguente alla pronuncia della Corte cost. n. 104 del 2022 di illegittimità costituzionale dell’art. 18, comma 12, del d.l. n. 98 del 2011, conv. dalla l. n. 111 del 2011, nella parte in cui non prevede che gli avvocati del libero foro non iscritti alla Cassa di previdenza forense per mancato raggiungimento delle soglie di reddito o di volume d’affari, di cui all’art. 22 della l. n. 576 del 1980, tenuti all’obbligo di iscrizione alla Gestione separata costituita presso l’INPS, siano esonerati dal pagamento delle sanzioni civili per l’omessa iscrizione con riguardo al periodo anteriore alla sua entrata in vigore (Cass. n. 23879/2024, n. 28644/2024, n. 31182/2024 ex multis ).
Il quarto motivo, che pretende di individuare nell’importo di 5.000,00 una soglia di esenzione, è da rigettarsi.
L’art. 44 del d.l. n. 269/2003, convertito nella legge n. 326/2003, stabilisce che: ‘A decorrere dal 1° gennaio 2004 i soggetti esercenti attività di lavoro autonomo occasionale ….sono iscritti alla gestione separata …. solo qualora il reddito annuo derivante da dette attività sia superiore ad euro 5.000 ‘ . Come detto in rapporto al primo motivo, «il superamento della soglia di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 44 cit., determina comunque la sottoposizione all’obbligo di contribuzione in favore della Gestione separata (in ultimo, Cass. nr. 11535 del 2024, in motiv., punto 13, sulla scia di Cass. nr. 29272 del 2022, in
motivazione, p. 17)» (Cass. n.24195/2024, da ultimo): è chiaro dal tenore letterale e dalla ratio della norma che il superamento o meno della soglia rappresenta il discrimen tra automaticità dell’obbligo di iscrizione (nel caso di redditi superiori ad €5000,00) e necessità della prova della non occasionalità dell’attività (nel caso di redditi inferiori) ma non comporta che, nel caso di superamento, la quota di reddito al di sotto della soglia vada esente da contribuzione.
L’ultimo motivo è inammissibile per difetto di interesse in quanto, anche laddove accolto, non condurrebbe alla cassazione della sentenza impugnata che ha correttamente esaminato il merito. Infatti, deve al riguardo richiamarsi giurisprudenza di legittimità costante ( ex multis , Cass. n. 12025/2019 e precedenti ivi richiamati) secondo cui, «in base alla norma citata , quando l’accertamento effettuato dall’ufficio è impugnato davanti all’autorità giudiziaria, l’iscrizione a ruolo è eseguita in presenza di provvedimento esecutivo del giudice; tuttavia, ove tale iscrizione avvenga ugualmente, la ritenuta illegittimità del procedimento non esime il giudice dall’accertamento nel merito sulla fondatezza dell’obbligo di pagamento dei premi. Ricorrono infatti gli stessi principi che governano il procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, per il quale si è ritenuto (tra le tante Cass. 4 dicembre 1997, n. 12311) che l’opposizione al decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario, autonomo giudizio di cognizione, che sovrapponendosi allo speciale e sommario procedimento monitorio (art. 633 c.p.c., art. 644 cod. proc. civ. e segg.) si svolge nel contraddittorio delle parti secondo le norme del procedimento ordinario (art. 645 cod. proc. civ.) (in tal senso, v. Cass., 15 giugno 2015, n. 12333). Si è pertanto
affermato che, in tema di riscossione di contributi e premi assicurativi, il giudice dell’opposizione alla cartella esattoriale che ritenga illegittima l’iscrizione a ruolo non può limitarsi a dichiarare tale illegittimità, ma deve esaminare nel merito la fondatezza della domanda di pagamento dell’istituto previdenziale, valendo gli stessi principi che governano l’opposizione a decreto ingiuntivo (cfr., ex plurimis , Cass., 6 agosto 2012, n. 14149), con la conseguenza che gli eventuali vizi formali della cartella esattoriale opposta comportano soltanto l’impossibilità, per l’Istituto, di avvalersi del titolo esecutivo, ma non lo fanno decadere dal diritto di chiedere l’accertamento in sede giudiziaria dell’esistenza e dell’ammontare del proprio credito (cfr., Cass., 19 gennaio 2015, n. 774; Cass. 26 novembre 2011, n. 26395)» (più di recente, Cass. 3360/2023, n. 13843/2023, n. 15016/2023 ex multis ).
L’illegittimità dell’iscrizione a ruolo non esime, quindi, il Giudice dall’esaminare il merito della pretesa.
Resta da aggiungere che non è stato dedotto né dimostrato che la sentenza resa nel distinto giudizio, vertente tra le stesse parti, avente ad oggetto l’impugnazione della iscrizione alla gestione separata per l’anno 2009 (sentenza n. 12/2025 della Corte di Appello di Ancona) sia passata in giudicato.
Pertanto, deve essere accolto il terzo motivo di ricorso, respinti gli altri; la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa va decisa nel merito dichiarando non dovute le sanzioni.
Le spese si compensano per la soccombenza reciproca, in relazione ai diversi capi di domanda proposti ed in considerazione della sopravvenienza di Corte Cost. n.104/2022.
PQM
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, rigettati gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara non dovute le sanzioni; compensa le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 30 gennaio