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Gestione Separata INPS: quando l’iscrizione è dovuta

Un professionista ha contestato una richiesta di contributi alla Gestione Separata INPS, sostenendo che il suo reddito fosse inferiore alla soglia di 5.000 euro. La Corte di Cassazione ha stabilito che il fattore decisivo non è l’importo del reddito, ma la natura ‘abituale’ o ‘occasionale’ dell’attività professionale. Il limite di reddito è rilevante solo per il lavoro occasionale. Di conseguenza, il caso è stato rinviato al giudice di merito per accertare la natura dell’attività svolta dal professionista.

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Pubblicato il 10 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Gestione Separata INPS: Reddito Basso non Esclude l’Obbligo Contributivo

L’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata INPS per un professionista non dipende unicamente dal superamento di una soglia di reddito, ma dalla natura ‘abituale’ della sua attività. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha chiarito che un reddito inferiore a 5.000 euro non esclude automaticamente l’obbligo contributivo se il lavoro è svolto con continuità. Questa decisione fornisce un’importante chiave di lettura per tutti i professionisti, specialmente quelli all’inizio della carriera o con redditi variabili.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla notifica di un avviso di addebito da parte dell’INPS a un professionista per contributi e sanzioni relativi all’anno 2010. Il professionista si opponeva, sostenendo di aver già versato i contributi alla propria cassa professionale e che il credito era prescritto. Mentre il Tribunale rigettava l’opposizione, la Corte d’Appello riformava parzialmente la decisione: confermava la debenza dei contributi, ma annullava le sanzioni più gravi, ritenendo non si trattasse di evasione. Secondo la corte territoriale, il professionista, pur iscritto all’albo, non era tenuto all’iscrizione alla propria cassa e quindi doveva versare i contributi alla Gestione Separata per integrare la sua posizione pensionistica. Il professionista, tuttavia, ha impugnato la decisione in Cassazione, sollevando, tra gli altri motivi, il fatto che il suo reddito, inferiore a 5.000 euro, non avrebbe dovuto generare alcun obbligo contributivo.

La Questione Giuridica sulla Gestione Separata INPS

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione delle norme che regolano l’iscrizione alla Gestione Separata INPS. La questione fondamentale era stabilire quale fosse il criterio determinante per l’obbligo contributivo: il mero ammontare del reddito prodotto o la natura dell’attività svolta?

La normativa (art. 2, c. 26, L. 335/1995 e art. 44, c. 2, D.L. 269/2003) distingue due scenari:
1. Attività di lavoro autonomo abituale: L’iscrizione è obbligatoria per chi esercita, per professione ‘abituale’ (anche se non esclusiva), un’attività i cui redditi non sono già assoggettati a contribuzione presso un’altra cassa previdenziale.
2. Attività di lavoro autonomo occasionale: L’obbligo di iscrizione e contribuzione scatta solo se il reddito annuo supera la soglia di 5.000 euro.

L’errore del giudice di merito, secondo la Cassazione, è stato quello di basare la propria decisione esclusivamente sul dato reddituale, senza prima aver qualificato l’attività del professionista come ‘abituale’ o ‘occasionale’.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del professionista, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa per un nuovo esame. Il ragionamento dei giudici supremi è stato netto e chiarificatore.

L’elemento dirimente per stabilire l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata INPS è la qualificazione dell’attività come abituale o occasionale. Questo accertamento deve essere condotto ‘a monte’ e costituisce una questione di fatto. Il giudice deve valutare una serie di indizi, come l’iscrizione a un albo, il possesso di una partita IVA o l’organizzazione materiale predisposta per l’attività. Questi elementi, pur essendo presunzioni semplici (praesumptio hominis), contribuiscono a definire il carattere di stabilità e continuità del lavoro.

La Corte ha precisato che la percezione di un reddito inferiore a 5.000 euro può essere un indizio, da ponderare insieme agli altri, per escludere il carattere dell’abitualità. Tuttavia, non è un fattore automaticamente escludente. Un professionista potrebbe svolgere un’attività in modo abituale e continuativo ma generare, per varie ragioni, un reddito esiguo. In questo caso, l’obbligo di iscrizione sussisterebbe comunque. Al contrario, la soglia dei 5.000 euro è il presupposto normativo specifico solo per far scattare l’obbligo contributivo per le attività genuinamente occasionali. Il giudice d’appello aveva erroneamente desunto l’assenza dell’obbligo contributivo solo dal dato reddituale, omettendo l’indagine preliminare e fondamentale sulla natura dell’attività.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La decisione della Cassazione stabilisce un principio cruciale: per i professionisti, la soglia di reddito non è una ‘franchigia’ universale. Il primo passo è sempre determinare se l’attività sia svolta con abitualità. Se la risposta è affermativa, l’iscrizione alla Gestione Separata INPS è dovuta a prescindere dal reddito prodotto (a meno che non si versi già a una cassa di categoria). Se, invece, l’attività è puramente occasionale, allora e solo allora il limite dei 5.000 euro diventa il discrimine per l’obbligo contributivo. Questa pronuncia impone ai professionisti, soprattutto a quelli con bassi volumi d’affari, di valutare attentamente la natura della propria attività, poiché l’iscrizione all’albo e la partita IVA possono essere considerati forti indizi di abitualità, con conseguente obbligo di versare i contributi previdenziali.

Un professionista con un reddito annuo inferiore a 5.000 euro è sempre esente dall’iscrizione alla Gestione Separata INPS?
No. Secondo la Corte, l’esenzione non è automatica. Se l’attività professionale è svolta in modo ‘abituale’, l’obbligo di iscrizione sussiste a prescindere dall’ammontare del reddito. La soglia dei 5.000 euro rileva solo per le attività di lavoro autonomo ‘occasionale’.

Cosa distingue un’attività professionale ‘abituale’ da una ‘occasionale’ ai fini contributivi?
L’abitualità implica una continuità e una professionalità nell’esercizio dell’attività, anche se non esclusiva. L’occasionalità si riferisce a prestazioni sporadiche e non inserite in un contesto professionale stabile. La distinzione è un accertamento di fatto che il giudice deve compiere basandosi su indizi come l’iscrizione a un albo, il possesso di Partita IVA e l’organizzazione dell’attività.

L’iscrizione a un albo professionale o l’apertura della Partita IVA obbligano automaticamente all’iscrizione alla Gestione Separata INPS?
Non automaticamente, ma sono considerati presunzioni importanti (‘praesumptio hominis’) che indicano un’attività di tipo ‘abituale’. Questi elementi, insieme ad altri, devono essere valutati dal giudice per determinare se l’attività sia svolta con continuità e professionalità, facendo così scattare l’obbligo di iscrizione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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