Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 19332 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 19332 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 14/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 37298-2019 proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– resistenti con mandato –
Oggetto
Previdenza professionisti gestione separata prescrizione
R.G.N. 37298/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 13/02/2025
CC
avverso la sentenza n. 105/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 31/05/2019 R.G.N. 1131/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/02/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE
1. La Corte d’appello di Venezia ha riformato, con compensazione delle spese di lite, la sentenza di primo grado di accoglimento del ricorso proposto da NOME COGNOME volto a conseguire l’annullamento d ella propria iscrizione alla Gestione Separata INPS disposta per gli anni dal 2005 al 2013 ai sensi dell’art. 2 comma 26 legge n. 335 del 1995, con rimborso di contributi versati pari ad Euro 60.061,24. In particolare, la sentenza di secondo grado, definito l’ambito della questione giuridica nel perimetro interpretativo dell’art. 2 comma 26 legge n.335 del 1995 e della norma di interpretazione autentica di cui all’art. 18 comma 12 d.l. n. 98 del 2011 conv. in legge n. 111 del 2011, e richiamato l’orientamento giurisprudenziale di legittimità affermato con sentenza n. 30344 del 2017 e seguenti (n.30345/2017, n.1172/2018 e n.1643/2018) sulla universalizzazione della tutela previdenziale e sulla finalità del contributo integrativo senza incorrere in duplicazione contributiva, per cui unico versamento contributivo rilevante ai fini dell’esclusione dell’obbligo di iscrizione alla gestione separata è quello suscettibile di costituire in capo al lavoratore autonomo una correlata posizione previdenziale, ha accolto l’appello proposto da INPS rigettando le originarie domande del professionista, precisando che sono tenuti all’iscrizione nella gestione separata non solo tutti coloro che non siano iscritti ad altra gestione previdenziale ma anche coloro che, seppure iscritti, non siano tenuti a versare, sulla base delle previsioni statuarie e regolamentari dell’ente previdenziale, il contributo
soggettivo, rispetto al quale il contributo integrativo non è sostitutivo od equivalente.
Il ricorrente impugna la sentenza affidandosi a otto motivi, illustrati in memoria depositata in atti. L’INPS ha depositato procura ma non ha svolto attività difensiva.
La Corte, discussa la causa nell’adunanza camerale del 13/2/2025, si è riservata di decidere.
RITENUTO CHE
1.Con il primo motivo il ricorrente, architetto e docente di scuola superiore, deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2 comma 26 legge n. 335/1995 in combinato disposto con la norma di interpretazione autentica di cui all’art. 18 co mma 12 d.l. n. 98/2011, dell’art. 21 legge n. 6/1981 ed art. 7.2 dello Statuto Inarcassa, del principio di autonomia degli enti privati tratto da art. 2 comma 25 legge n.335/1995, art. 6 d.lgs. n. 103/1996, art. 18 comma 12 d.l. n.98/2011 ed art. 2 legge n.509/19 94, nonché violazione dell’art. 38 Cost., nella parte in cui la sentenza impugnata, pur formalmente invocando il contenuto precettivo delle norme di disciplina della fattispecie, se ne è discostata non facendone corretta applicazione, alterando il dettato normativo e non traendo da esso le dovute conseguenze decisorie. Argomenta, inoltre, sulla natura residuale della iscrizione alla gestione separata per i professionisti senza cassa o che non sono tenuti a pagare contributi alle proprie casse; sulla natura alternativa, non cumulativa né esplicativa, della congiunzione ‘ovvero’, riportata a ll’art. 18 co mma 12 del d.l. n. 98/2011 per i soggetti tenuti alla iscrizione alla gestione separata, e sulla efficacia retroattiva della norma di interpretazione autentica del citato art. 18; sulla
impossibilità di imporre l’iscrizione alla gestione separata di INPS per mancanza di requisito soggettivo -perché quella di ingegnere è categoria protetta di professionista iscritto ad Alboed oggettivo in quanto l’attività è soggetta a versamento contributivo secondo il proprio regolamento- sicché il caso in esame si porrebbe al di fuori della disciplina dell’art. 18 co mma 12 d.l. n. 98/2011, trattandosi di soggetti esonerati ex lege 335/95 per i quali è invece obbligatoria l’iscrizione a Inarcassa per carattere di continuità, e sul punto richiama la sentenza di Cass. 13218/2008; rileva il ricorrente che l’interpretazione della Corte d’appello si pone in contrasto con la relazione alla legge delega, con il concetto di attività svolta come reddito prodotto, ed equipara situazioni differenti -autonomi senza cassa con autonomi non iscrivibili per copertura IVS relativa ad altra attività per i quali è prevista una tutela previdenziale-; sostiene che la ratio legis del 1995 è quella di aver prima conferito al Governo, con art. 2 comma 25, la delega a disciplinare la previdenza dei liberi professionisti con forme autonome di previdenza affidate agli Albi secondo lo schema dell’ente di diritto privato delineato dal d.lgs. n. 509/1994, e poi al comma 26 di aver istituito un fondo residuale per i lavoratori senza Albo; ancora, rileva che l’art. 18 d.l. n. 98/2011 prevede al comma 11 il contributo soggettivo ed al comma 12 tutti gli altri contributi, e critica la sentenza Cass. 30344/2017, laddove la giurisprudenza di merito continua ad esprimersi in senso difforme rispetto alla universalizzazione delle tutele ex Cass. s.u. n. 3240/2010, principio non dirimente e non applicato in modo assoluto; conclude poi evidenziando l’incomprensibile ragione per la quale debba essere versato a Inarcassa il contributo soggettivo sul reddito prodotto dallo svolgimento di
attività professionale di ingegnere, se esclusivo, e ad INPS, se non esclusivo.
Nel secondo motivo di ricorso è denunciato, ai sensi dell’art. 360 primo comma n.5 c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione fra le parti, inerente alla circostanza pacifica che il ricorrente era iscritto all’Albo professionale ed era beneficiario di esonero; nonché la violazione o falsa a pplicazione dell’art. 18 comma 12 d.l. n. 98/2011, in relazione all’art. 360 primo comma n.3 c.p.c., nella parte in cui in sentenza, pur rilevato che un lavoratore autonomo sarebbe obbligato ad iscriversi alla gestione separata qualora svolga un’attività per la quale non sia richiesta l’iscrizione all’Albo, non giunge poi a dichiarare la propria esclusione da tale obbligo per essere egli, invece, iscritto in apposito Albo professionale; in sentenza mancherebbe alcun esame della questione giuridica prospettata secondo la quale la congiunzione ‘ovvero’ contenuta nell’art. 18 c omma 12 cit. sarebbe di tipo alternativo e non cumulativo o esplicativo, per cui alla ricorrenza anche solo del primo requisito discende l’esonero dall’obbligo di iscrizione, ed altrettanto sarebbe stato disatteso l’ulteriore aspetto inerente alla circostanza di aver regolarmente versato il contributo integrativo alla cassa ingegneri dal 2005 al 2015: se la Corte d’appello avesse esaminato le questioni, sarebbe giunta ad affermare l’esonero contributivo.
Con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art. 2 comma 25 legge n.335/1995 e degli artt. 2222 e 2229 c.c. perché sin dalla emanazione della legislazione di riforma del sistema pensionistico l’attività professionale per il cui esercizio è richiesta l’iscrizione ad appositi albi o elenchi era estranea alla
Gestione Separata INPS; ed ancora, la Corte territoriale avrebbe disatteso la distinzione tra art. 2 comma 25, che prevede la delega al governo di emanare norme che assicurino la previdenza a professionisti esercenti attività autonoma previa iscrizione all’Albo, e comma 26 che disciplina la gestione separata per i lavoratori autonomi per i quali non è prevista l’iscrizione ad un albo e che non hanno un ente che decida sulla gestione della tutela previdenziale, senza distinguere fra liberi professionisti (che svolgono professioni intellettuali, art. 2229 c.c. ) e lavoratori autonomi (che compiono un’opera o un servizio con lavoro prevalentemente proprio, art. 2222 c.c.).
Con il quarto motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 18 co mma 12 d.l. n. 98/2011, art. 2 legge n.509/1994, art.1 legge n. 133/2011 e art. 26 comma 5 Regolamento Inarcassa, in relazione all’art. 360 primo comma n.3 c.p.c., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto irrilevante l’avvenuto pagamento del contributo integrativo ad Inarcassa e non ha dichiarato che l’integrale assolvimento degli obblighi verso la cassa professionale comporti l’esenzione dal l’iscrizi one alla gestione separata, perché anche il contributo integrativo assolve ad una funzione in senso lato previdenziale, utile alla determinazione del montante contributivo individuale.
Nel quinto motivo viene denunciata la violazione del principio di esclusività ed unicità del regime previdenziale vigente su una medesima attività, e la violazione dell’art. 18 co mma 12 d.l. n. 98/2011 e dell’art. 38 Cost., laddove l’iscrizione ad una gestione previdenziale esclude l’obbligo di contribuzione ad un altro fondo per la stessa attività in considerazione del fatto che i contributi dovuti sui redditi professionali non possono essere soggetti a più gestioni contemporaneamente (Cass. n.
4982/2014 e n. 9076/20 13); ne sono corollari l’autonomia delle casse private, i benefici previdenziali ed il principio solidaristico, per cui RAGIONE_SOCIALE è l’unico ente titolato a richiedere le contribuzioni, e non si giustificherebbe alcuna ingerenza di INPS in presenza di obbligatorietà di iscrizione alla cassa privata, stante la sovranità di Inarcassa nella disciplina del regime previdenziale; donde il contrasto con l’orientamento espresso da Cass. n. 30344/2017.
Al sesto motivo lamenta la violazione dell’art. 38 Cost. laddove la sentenza di appello illegittimamente ritenga che ogni cittadino sarebbe obbligato a costituirsi tante posizioni previdenziali quante sono le attività lavorative esercitate in vita. La Corte d’appello avrebbe confuso l’art. 53 Cost. (obbligo di concorrere alle spese in ragione di capacità contributiva) con l’art. 38 Cost. (i lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati per soddisfare esigenze in caso di infortunio, malattia, invalidità, vecchiaia, disoccupazione involontaria).
Con il settimo motivo deduce la violazione dell’art. 133 c.p.c. e 101 comma 2 Cost, dell’art. 132 secondo comma n.4 c.p.c. ed art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4 c .p.c. e del principio di non interpretabilità della legge interpretativa, in relazione all’art. 360 n. 3 e 4 c .p.c. per illegittimità del procedimento logico-giuridico adottato, basato sulla tesi dell’ente quale assunto unilaterale che non trova fondamento testuale nella norma di interpretazione autentica.
Con l’ottavo motivo il ricorrente deduce l’omessa pronuncia sulla domanda subordinata di prescrizione ai sensi dell’art. 2935 c.c. in combinato disposto con l’art. 3 legge n.335/1995, in relazione all’art. 360 primo comma n.4 c.p.c., non dichiarata in sentenza sul credito vantato da INPS per l’anno 2005 con nota del
13/6/2011 consegnata il 25/6/2011 e, per l’anno 2006, con la nota del 31/5/2012 consegnata in data successiva al 20/6/2012, entrambe giunte oltre il termine quinquennale di prescrizione decorrente dalla data di scadenza del versamento del saldo delle contribuzioni, indicata ex lege (art. 17 legge n .435/2001) al 16 giugno dell’anno successivo a quello di riferimento.
Il ricorso è fondato soltanto con riferimento all’ultimo motivo mentre nel resto deve essere rigettato.
I primi sette motivi possono essere unitariamente valutati in quanto complessivamente intesi a contestare la legittimità dell’obbligo di iscrizione del professionista ricorrente alla gestione separata dell’I.N.P.S. . Essi sono infondati, per le medesime ragioni evidenziate, con orientamento ormai consolidato di questa Corte, in plurime pronunce rese in fattispecie analoghe a quelle oggetto di causa, ed alla cui motivazione si rinvia ex art. 118 disp. att. c.p.c. (cfr. Cass. n.36251/2022, n.11322/2022, 33399/2021, n.334/2021, n.35366/2021, 35672/2021, e di recente, anche Cass. n.34947/2024, 34952/2024, n.179/2025, 746/2025, 747/2025, 2653/2025). In queste pronunce è stato affermato il principio secondo cui gli ingegneri e gli architetti, che siano iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie e che non possano conseguentemente iscriversi all’Inarcassa (esclusione dall’iscrizione prevista dall’art. 21 legge n .6/1981 e dall’art. 7 comma 5 dello Statuto Inarcassa per gli ingegneri ed architetti iscritti a forme di previdenza obbligatorie in dipendenza di un rapporto di lavoro subordinato), rimanendo obbligati verso quest’ultima soltanto al pagamento del contributo integrativo in quanto iscritti agli albi professionali (come previsto dall’art. 10
della legge n.6/1981), sono tenuti comunque ad iscriversi alla Gestione separata presso l’IRAGIONE_SOCIALE, in quanto la ratio universalistica delle tutele previdenziali cui è ispirata la legge n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, induce ad attribuire rilevanza, ai fini dell’esclusione dell’obbligo di iscrizione di cui alla norma di interpretazione autentica contenuta nel d.l. n. 98 del 2011, art. 18, comma 12, conv. con modif. in legge n.111 del 2011, al solo versamento di contributi suscettibili di costituire in capo al lavoratore autonomo una correlata prestazione previdenziale. Altrettanto non può dirsi, invece, con riguardo al cd. contributo integrativo, in quanto versamento effettuato da tutti gli iscritti agli albi in funzione solidaristica (in particolare, Cass. 18/12/2017, n. 30344, cui hanno dato continuità, tra le numerose, Cass. Sez. 12/12/2018, n. 32166, Cass. 22/11/2019, n. 30605, Cass. 03/03/2021, n.5826). Con i richiamati arresti -in particolare con l’ultimo richiamato- si è ulteriormente ribadito che la disciplina dettata dalla legge n. 335 del 1995, art. 2, comma 25 (che, com’è noto, ha delegato il Governo ad emanare “norme volte ad assicurare, a decorrere dal 1 gennaio 1996, la tutela previdenziale in favore dei soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione, senza vincolo di subordinazione, il cui esercizio è subordinato all’iscrizione ad appositi albi o elenchi”), non delinea, rispetto al successivo comma 26, un riparto di competenze tale per cui, laddove una cassa di previdenza abbia escluso dall’obbligo di iscrizione taluni professionisti iscritti al relativo albo in ragione del loro reddito (o, come accade per gli ingegneri e gli architetti, a causa della loro contemporanea iscrizione presso altra gestione previdenziale obbligatoria), non possa riespandersi l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata. La questione è, piuttosto, quella di stabilire la tipologia del “versamento
contributivo” che può esonerare dall’iscrizione alla Gestione separata, da risolversi ” volgendosi all’interpretazione della L. n.335 del 1995, art. 2, comma 26, e delle disposizioni che ne hanno dato attuazione, esattamente come ritenuto da Cass. nn.30344 del 2017 e 32166 del 2018 ” (così, Cass. n. 5826 cit.).
5. Si aggiunga, con specifico riferimento ai motivi di ricorso in esame, che sul tema del principio universalistico delle tutele previdenziali e della rilevanza di una loro costituzione per il lavoratore autonomo si è espressa anche l’ordinanza interlocutoria n.22056/2023 (di rimessione alla Corte Costituzionale per la sola parte relativa alla legittimità delle sanzioni); sul tema del rispetto del principio di divieto di duplicazione di coperture assicurative incidenti sulla medesima attività professionale laddove il professionista iscritto all’Albo sia tenuto al versamento della contribuzione alla gestione separata INPS ancorché non iscritto all’Inarcassa a cui versa il solo contributo di solidarietà, stante la funzione solidaristica della contribuzione integrativa dovuta alla Cassa di categoria in ragione della mera iscrizione all’albo, si veda Cass. n.25605/2023, che sul rapporto fra i due sistemi di copertura previdenziale si è così espressa ‘ Secondo tale orientamento (quello della sentenza 30344/2017), il rapporto tra il sistema previdenziale categoriale e quello della gestione separata si pone non in termini di alternatività bensì di complementarietà (ex plurimis cfr. Cass. n. 20288 del 2022). A ciò deve aggiungersi che, con sentenza n. 104 del 2022, la Corte Costituzionale ha ritenuto esente da profili d’irragionevolezza, illogicità e incoerenza col sistema normativo la norma d’interpretazione autentica dell’art. 2, co.26 l. n. 335 del 1995 (art. 18, co.12, D.L. n.98 del 2011). La Corte Costituzionale ha, infatti, attribuito a tale disposizione il valore di norma di
chiusura del sistema, rinvenendone il fondamento costituzionale nell’obbligo dello Stato di dare concretezza al principio della universalità delle tutele assicurative obbligatorie sancito nei confronti di tutti i lavoratori. Il bagaglio di principi che presiede all’applicazione della normativa richiamata è, perciò, idoneo a fornire risposte a ciascuna delle censure prospettate nei primi sette motivi di ricorso, i quali, in definitiva, non pongono questioni rispetto alle quali questa Corte non abbia già dato risposta ‘.
Infondata è la doglianza di omesso esame della circostanza dell’iscrizione all’Albo professionale, poiché la Corte territoriale ha esaminato che il professionista iscritto all’Albo, benché tenuto al contributo integrativo, non versa contribuzione utile a costituire una correlata prestazione previdenziale se non svolge continuativamente l’esercizio professionale; ma non è esonerato colui che è iscritto all’Albo bensì il professionista che è anche lavoratore dipendente e non esegue versamenti suscettibili di una correlata prestazione previdenziale. Sulla congiunzione ‘ovvero’, riportata all’art. 18 co mma 12 d.l. n.98/2011, dal tenore alternativo e non esplicativo, si rimanda a quanto argomentato in Cass. n.30344/2017 richiamata nella impugnata sentenza.
Riguardo al terzo motivo non è fondata l’osservazione della estraneità alla gestione separata dell’attività professionale per la quale è richiesta l’iscrizione ad appositi albi, poiché la delega di cui all’art. 2 comma 25 legge n.335/1995 ad emanare norme volte ad assicurare la tutela previdenziale in favore di soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione senza vincolo di subordinazione, il cui esercizio è subordinato all’iscrizione in appositi albi, non ha escluso ma ha definito il
perimetro di tutela previdenziale, da assicurare anche in favore di coloro per i quali non è possibile procedere a forme autonome di gestione, donde la successiva disposizione del comma 26 sui soggetti tenuti all’iscrizione alla gestione separata, ivi incl usi i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo, come autenticamente interpretato dall’art. 18 comma 12 d.l. n. 98/2011.
8. Anche il quarto motivo sull ‘ asserita irrilevanza del pagamento del contributo integrativo alla cassa previdenziale di categoria per dichiarare la conseguent e esenzione dall’iscrizione alla gestione separata, è infondato, non riscontrandosi una funzione previdenziale del contributo integrativo, bensì solidaristica. E neppure si ravvisa una violazione del principio di esclusività ed unicità del regime previdenziale vigente per la medesima attività professionale, come dedotto al quinto motivo, avendo natura residuale la cassa di gestione separata INPS, e disponendo il professionista di proprie cognizioni tecniche nell’esercizio di attività abituale non esclusiva di lavoro autonomo, dando ad essa continuità ed effettività nei suoi contenuti tipici, in una prospettiva dinamica e non statica della professione a servizio della quale abbia fornito la propria competenza e le cognizioni tecnico-scientifiche acquisite. N eppure è condivisibile l’asserita ‘sovranità’ della Cassa professionale nella disciplina del regime previdenziale spettante, in presenza di norme di rango primario e secondario che precludono l’iscrizione alla cassa a d ingegneri e architetti iscritti a forme di previdenza obbligatoria in dipendenza di rapporto di lavoro subordinato (art. 21 legge n.6/1981 ed art. 7 Statuto).
Alcuna violazione dell’art. 38 Cost., denunciata al sesto motivo di ricorso, appare emergere per la necessaria copertura previdenziale del lavoratore; si rammenti quanto già osservato in Cass. n. 25605/2023 che, di seguito alla sentenza n. 30344/2017, ha argomentato con esplicito riferimento a ragionevolezza, logicità e coerenza della norma di interpretazione autentica con il sistema normativo, divenendo norma di chiusura e ‘ rinvenendone il fondamento costituzionale nell’obbligo dello Stato di dare conc retezza al principio della universalità delle tutele assicurative obbligatorie sancito nei confronti di tutti i lavoratori ‘. E gualmente infondato è il settimo motivo sul dedotto vizio logico del procedimento interpretativo della norma di interpretazione autentica: dalle citate norme (art. 26 comma 2 L.335/1995 e art. 18 comma 12 d.l. n. 98/2011) si evince che il sistema previdenziale categoriale e quello della Gestione separata va costruito infatti non già in termini di alternatività, bensì di complementarità, atteso che, ai sensi dell’art. 18, comma 12, d.l. n. 98/2011 (conv. con legge n. 111/2011), che è norma di chiusura del sistema (come riporta Corte Cost. n.104/2022), anche coloro che sono iscritti ad albi ed elenchi hanno l’obbligo di iscriversi alla gestione separata quando non effettuino agli enti della categoria professionale di appartenenza alcun ‘versamento contributivo’ suscettibile di dar luogo ad una posizione previdenziale (così, tra le più recenti, Cass. nn. 5826/2021, 20288/2022 e 10286/2023, tutte sulla scorta delle già citate sentenze Cass. nn. 30344/2017 e 32166/2018). La legittimità costituzionale di tale interpretazione è stata poi riconosciuta da Corte cost. n. 238 del 2022.
L’ottavo motivo è invece fondato. L’accoglimento del ricorso in primo grado aveva di fatto consentito l’assorbimento della
questione di prescrizione, essendo stata accertata l’illegittimità dell’iscrizione alla gestione separata e della pretesa contributiva, anche per gli anni 2005 e 2006. Nella sua sentenza la Corte di appello trascura di valutare se i contributi erano o meno prescritti.
Con riguardo alla prescrizione questa Corte ha precisato che essa decorre dal momento in cui scadono i termini per il relativo pagamento e non già dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi ad opera del titolare della posizione assicurativa (così, ex multis , Cass. n. 27950 del 2018; Cass. n. 19403 del 2019; Cass. n. 1557 del 2020 e, più di recente, Cass. n. 4898 del 2022, e Cass. n. 5578 del 2022) e che, ai fini della decorrenza della prescrizione in questione, assume rilievo anche il differimento dei termini stessi, quale quello previsto, senza alcuna maggiorazione, dalla disposizione di cui al D.P.C.M. 14/6/2007, in relazione ai contributi dovuti per l’anno 2006. Come osservato da Cass. n.25684/2023, l’art. 12, comma 5, del D.lgs. n. 241 del 1997 devolve ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale) la possibilità di modificare i termini riguardanti gli adempimenti dei contribuenti relativi a imposte e contributi. Il D.P.C.M. (tempo per tempo applicabile) concorre, dunque, ad attuare e integrare le previsioni del d.lgs e, pertanto, considerato nelle sue interrelazioni e in una prospettiva sostanziale, ha natura regolamentare e rango di fonte normativa, come è stato in più occasioni affermato (tra le tante, Cass. n. 32685/2022, punti 3.2 e ss., con i richiami ivi effettuati); si precisa anche che giusta la lettera del comma 1 dell’art. 1 cit. DPCM, il differimento del termine di pagamento concerneva tutti «contribuenti che esercitano attività economiche per le quali sono stati elaborati gli studi di settore» e non soltanto coloro che, in
concreto, alle risultanze di tali studi fossero fiscalmente assoggettati per non aver scelto un diverso regime d’imposizione, quale quello di cui all’art. 1, commi 96 ss., legge n. 244/2007 (lo rammenta Cass. ord. 10273/2021).
Sul punto, va altresì osservato che, se da un lato il fatto costitutivo dell’obbligazione contributiva concerne l’avvenuta produzione, da parte del lavoratore autonomo, di un determinato reddito (Cass. 29/05/2017 n. 13463), è altresì chiaro che, pur sorgendo il credito sulla base della produzione del reddito, la decorrenza del termine di prescrizione dipende dall’ulteriore momento in cui la corrispondente contribuzione è dovuta e quindi dal momento in cui scadono i termini di pagamento di essa, in armonia del resto con il principio generale in ambito di assicurazioni obbligatorie secondo cui la prescrizione corre appunto dal momento in cui «in cui i singoli contributi dovevano essere versati» (art. 55 r.d.l. n. 1827/1935). È stato rilevato (Cass. n. 27950/20 18) che ‘ in proposito vale la regola, fissata dall’art. 18, co. 4, D. Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, secondo cui «i versamenti a saldo e in acconto dei contributi dovuti agli enti previdenziali da titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate da enti previdenziali sono effettuati entro gli stessi termini previsti per il versamento delle somme dovute in base alla dichiarazione dei redditi». Nel caso di specie il versamento del saldo, che è il termine più avanzato da cui, non considerando gli acconti, si può ipotizzare la decorrenza della prescrizione, era fissato dall’art. 17, co. 1, d.p.r. 435/2011, nel testo ratione temporis vigente, al 20 giugno dell’anno di presentazione della dichiarazione dei redditi, che è l’anno successivo a quello in cui i redditi sono stati prodotti; mentre la dichiarazione dei redditi, sempre secondo le cadenze del tempo (redditi 2004) doveva
essere presentata «tra il 1 maggio ed il 31 luglio ovvero in via telematica entro il 31 ottobre» dell’anno successivo (2005) a quello di chiusura del periodo di imposta. 3.2 La dichiarazione dei redditi, d’altra parte, quale dichiarazione di scienza (tra le molte, Cass. 4 febbraio 2011, n. 2725) non è presupposto del credito contributivo, così come non lo è rispetto all’obbligazione tributaria, in quanto il fatto costitutivo resta, come detto, la produzione di redditi rilevante ai sensi di legge. Semmai ad essa, quale atto giuridico successivo all’esigibilità del credito, può riconoscersi effetto interruttivo della prescrizione, se ed in quanto dalla medesima consti la ricognizione dell’esistenza del debito contributivo (per i principi, pur se in diversa fattispecie contributiva, v. Cass. 22 febbraio 2012, n. 2620; Cass. 12 maggio 2004, n.9054 )’.
Va poi evidenziato che, una volta devoluta la questione della prescrizione, spetta al giudice individuarne il momento iniziale del suo decorso, più esiguo o più ampio (Cass. n. 12182 del 2021), senza essere vincolato dalle deduzioni delle parti (di recente, Cass. n. 24047 del 2022, punto 21; Cass. n. 33169 del 2021, punto 10) giacché il momento iniziale della prescrizione si atteggia come quaestio juris.
11. Il termine iniziale di decorrenza non può essere individuato nella data di presentazione della dichiarazione dei redditi, ravvisando in essa una conoscenza ( recte , conoscibilità) dell’entità reddituale alla quale ancorare la determinazione della base contributiva per i versamenti alla gestione separata, giacché già alla data di scadenza dell’acconto IRPEF l’Istituto previdenziale poteva disporre dei dati reddituali, ancorché provvisori, in base ai quali poter avviare gli accertamenti necessari per conte stare l’eventuale omesso versamento
contributivo. E non hanno rilievo gli ostacoli di mero fatto come quelli che trovino causa nell’ignoranza, da parte del titolare, dell’evento generatore del diritto: impropriamente sarebbe qualificabile come ostacolo giuridico all’esercizio del diritto la difficoltà di accertamento del diritto previdenziale prima della dichiarazione dei redditi.
Il termine quinquennale di prescrizione del credito contributivo inizia, invece, a decorrere da quando il diritto può essere fatto valere, coincidente con il mancato versamento alla data di scadenza dell’obbligo a cui è tenuto il contribuente, ossia al 16 giugno dell’anno successivo a quello a cui si riferisce la produzione reddituale e, quindi, la copertura contributiva o a quello ulteriormente prorogato in base ai d.p.c.m. ricordati.
12. Orbene, nel caso in esame , per l’annualità 2005 il ricorrente riporta la data di spedizione della nota INPS del 13/6/2011, consegnata il 25/6/2011, data successiva al quinquennio decorrente dalla scadenza del versamento del 16/6/2006, ed anche successiva alla data del 20/6/2006 indicata da INPS nella circolare n. 75/2006; per l’annualità 2006, invece, la scadenza è stata prorogata al 9 luglio 2007 giusta disposizioni emesse con DPCM del 14/6/2007, ma il ricorrente indica soltanto la nota INPS del 31/5/2012 senza precisare la data di consegna, affermando che essa sia come avvenuta in data successiva al 20/6/2012, non meglio precisata. Nulla si afferma con riferimento alle altre annualità. Ne discende che il ricorso può essere accolto soltanto per tale aspetto, dovendosi valutare l’intervenuta prescrizione, o meno delle dedotte annualità, con prosieguo nel merito per completare l’accertamento di fatto demandabile in sede di rinvio.
In conclusione in accoglimento dell’ottavo motivo di ricorso la sentenza cassata deve essere rinviata alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione che dovrà rivalutare la questione controversa della prescrizione, tenendo conto, ai fini del decorso del relativo termine, della sospensione prevista dalla disciplina speciale richiamata nei paragrafi che precedono. Al giudice del rinvio è demandato anche il compito di regolare le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie l’ottavo motivo di ricorso, rigettati gli altri, cassa l’impugnata sentenza limitatamente al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del grado, alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 13 febbraio 2025.