Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9485 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 9485 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 12360-2019 proposto da:
NOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– controricorrenti –
Oggetto
PREVIDENZA
PROFESSIONISTI
R.G.N. 12360/2019
Ud. 13/02/2025 CC
avverso la sentenza n. 376/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 05/11/2018 R.G.N. 140/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
Con ricorso al Tribunale di Ancona, in funzione di giudice del lavoro, NOME COGNOME, avvocato e procuratrice di se stessa, impugnava la richiesta di pagamento spiegata nei suoi confronti dall’INPS per la somma di euro 1.692,71 a titolo di contributi dovuti alla gestione separata. L’INPS si costituiva chiedendo il rigetto della domanda. Con la sentenza n. 101/2018, depositata il 14/03/2018, il Tribunale di Ancona, sezione lavoro, rigettava l’impugnazione.
Avverso detta sentenza proponeva appello NOME COGNOME L’INPS si costituiva chiedendo il rigetto dell’appello. Con la sentenza n. 376/2018 depositata il 05/11/2018 la Corte di Appello di Ancona, sezione lavoro, rigettava l’impugnazione.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione, articolato su quattro motivi, NOME COGNOME . L’INPS si è costituito con controricorso chiedendo il rigetto dell’impugnazione.
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 13/02/2025.
Considerato che
Con il primo motivo di ricorso NOME COGNOME deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 26, della legge 335/1995 e dell’art. 18, comma 12, del d.l. 98/2011 convertito dalla legge 111/2011 ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. Secondo la ricorrente la sentenza impugnata avrebbe erroneamente interpretato le norme invocate affermando che anche gli avvocati dovrebbero
includersi tra i professionisti da iscrivere alla gestione separata INPS mentre gli stessi sarebbero esentati se percettori di redditi inferiori al limite di legge.
1.1. Il motivo è infondato. La motivazione della sentenza ha fatto corretta applicazione delle disposizioni invocate e deve andare esente da censure perché si è adeguata al principio di diritto, costantemente affermato da questa Corte, secondo il quale: gli avvocati iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie che, svolgendo attività libero professionale priva del carattere dell’abitualità, non hanno secondo la disciplina vigente ” ratione temporis “, antecedente l’introduzione dell’automatismo della iscrizione – l’obbligo di iscrizione alla Cassa Forense, alla quale versano esclusivamente un contributo integrativo di carattere solidaristico in quanto iscritti all’albo professionale, cui non segue la costituzione di alcuna posizione previdenziale a loro beneficio, sono tenuti comunque ad iscriversi alla gestione separata presso l’INPS, in virtù del principio di universalizzazione della copertura assicurativa, cui è funzionale la disposizione di cui all’art. 2, comma 26, della l. n. 335 del 1995, secondo cui l’unico versamento contributivo rilevante ai fini dell’esclusione di detto obbligo di iscrizione è quello suscettibile di costituire in capo al lavoratore autonomo una correlata prestazione previdenziale. (In applicazione del principio, la S.C. ha annullato la decisione di merito che aveva escluso la sussistenza dell’obbligo di iscrizione alla Gestione separata presso l’INPS a carico dell’avvocato che, pur esercitando la libera professione, non risultava iscritto alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, in ragione del mancato conseguimento del limite di reddito per il sorgere del relativo obbligo (Cass. 03/08/2022, n. 24047).
Con il terzo motivo di ricorso NOME COGNOME deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 9, della legge 335/1995 e dell’art. 55 r.d.l. 1827/1935 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. La ricorrente deduce l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto che la prescrizione del credito contributivo potesse decorrere solo dalla data della presentazione della dichiarazione dei redditi e non dalla data di scadenza del termine per il versamento dei contributi.
2.1. Con il quarto motivo di ricorso NOME COGNOME deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 9, della legge 335/1995 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. La ricorrente deduce l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto che prima della presentazione de lla dichiarazione dei redditi l’INPS non fosse in grado di esercitare il suo diritto non avendo conoscenza della attività professionale svolta e dei redditi maturati.
2.2. I motivi terzo e quarto vanno esaminati congiuntamente perché logicamente e giuridicamente connessi, riguardando la questione della decorrenza e del maturare della prescrizione con riguardo alla pretesa contributiva dell’INPS.
2.3. Nel merito va premesso che la Corte territoriale ha respinto l’eccezione di prescrizione sollevata dal contribuente perché, secondo la motivazione della sentenza, il dies a quo della prescrizione quinquennale sarebbe decorso dal 21 luglio 2011 e cioè dal giorno della presentazione della dichiarazione dei redditi , mentre l’atto di costituzione in mora perveniva a conoscenza del professionista il 4 luglio 2016, allorché la prescrizione non era maturata.
2.4. Orbene, la motivazione della sentenza impugnata non è conforme a diritto e va corretta, ma la prescrizione nella
fattispecie non è maturata e il dispositivo, sul punto, va confermato.
2.5. In via preliminare occorre chiarire che la questione della prescrizione è oggetto di controversia tra le parti e può essere valutata in ogni suo aspetto da questa Corte trattandosi di questione di diritto. Si consideri, infatti, come «a seguito dell’impugnazione della sentenza d’appello per violazione della disciplina sulla sospensione della prescrizione, l’intera fattispecie della prescrizione, anche con riguardo alla decorrenza del dies a quo , rimane sub iudice e rientra, pertanto, nei poteri del giudice di legittimità valutare d’ufficio, sulla scorta degli elementi ritualmente acquisiti, la corretta individuazione del termine iniziale di decorrenza» (Cass. 03/10/2022, n. 28565).
2.6. Orbene, nell’affermare che la prescrizione nella fattispecie non poteva decorrere se non dalla data della presentazione della dichiarazione dei redditi perché prima l’INPS non sarebbe stato messo nella condizione di conoscere il lavoro autonomo svolto dalla professionista nell’anno 2010, la Corte di Appello non ha applicato un principio di diritto costantemente affermato da questa Corte secondo il quale: «in materia previdenziale, la prescrizione dei contributi dovuti alla gestione separata decorre dal momento in cui scadono i termini per il pagamento dei predetti contributi e non dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi ad opera del titolare della posizione assicurativa, in quanto la dichiarazione in questione, quale esternazione di scienza, non costituisce presupposto del credito contributivo» (così, ex multis , Cass. nr. 27950 del 2018; Cass. nr. 19403 del 2019; Cass. nr. 1557 del 2020 e, più di recente, Cass. nr.4898 del 2022, Cass. nr. 5578 del 2022 e Cass. 28721/2024).
2.7. Nel definire la decorrenza della prescrizione dei contributi dovuti alla Gestione Separata deve, allora, prendersi in considerazione la scadenza del termine di pagamento e -come da ultimo chiarito da Cass. 05/09/2023 n. 25755, con orientamento al quale il Collegio intende dare continuità, «assume rilievo anche il differimento previsto, senza alcuna maggiorazione, dalla disposizione di cui al D.P.C.M. 10 giugno 2010, art. 1, comma 1, in relazione ai contributi dovuti per l’anno 2009» (così Cass. nr. 10273 del 2021 e plurime pronunce successive conformi); l ‘art. 12, comma 5, del D.Lgs. nr. 241 del 1997 devolve, infatti, ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale) la possibilità di modificare i termini riguardanti gli adempimenti dei contribuenti relativi a imposte e contributi, tenendo conto delle esigenze generali dei contribuenti, dei sostituti e dei responsabili d’imposta o delle esigenze organizzative dell’amministrazione; il D.P.C.M. (tempo per tempo applicabile) concorre, dunque, ad attuare e integrare le previsioni del D.Lgs. nr. 241 cit. e, pertanto, considerato nelle sue interrelazioni e in una prospettiva sostanziale, ha natura regolamentare e rango di fonte normativa, come questa Corte ha pure, in diverse pronunce, affermato (di recente, Cass. nr. 32685 del 2022, punti 3.2 e ss., con i richiami ivi effettuati); la Corte di legittimità si è occupata, anche, di indicare l’ambito di applicazione del «differimento» attuato, di volta in volta, dai D.P.C.M. susseguitisi nel tempo. Ha chiarito, quanto alla «latitudine soggettiva» del differimento (v. Cass. nr.32682 del 2022, punto 4.4.) che ne beneficiano tutti i «contribuenti che esercitano attività economiche per le quali s(iano) stati elaborati gli studi di settore e non soltanto coloro che, in concreto, alle risultanze di tali studi (siano) fiscalmente
assoggettati per non aver scelto un diverso regime d’imposizione » (Cass. nr.10273 del 2021 e successive conformi). Ciò che rileva è, infatti, il dato oggettivo dello svolgimento di un’attività economica riconducibile tra quelle per le quali siano state elaborati studi di settore e non la condizione soggettiva del singolo professionista di effettiva sottoposizione al regime fiscale derivante dall’adesione alle risultanze degli studi medesimi (Cass. nr. 24668 del 2022; nello stesso senso, tra le tante, Cass. nr. 32682 del 2022, punto 4.4. cit.; Cass. nr. 10286 del 2023, punto 11)».
2.8. Nel caso di specie viene in rilievo il D.P.C.M del 12 maggio 2011 che ha disposto il differimento del termine di pagamento dei contributi originariamente stabilito, senza maggiorazione, al 6 luglio 2011. L’atto di messa in mora dell’Istituto, intervenut o il 4 luglio 2011 e pertanto nel quinquennio, ha interrotto il termine di prescrizione. La prescrizione non è decorsa e la conclusione raggiunta dalla Corte di Appello, sebbene in ragione di un percorso argomentativo che va corretto nei termini innanzi specificati, va confermata.
Con il secondo motivo di ricorso NOME COGNOME deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 116, commi 8 e 9, della legge 388/2000 e dell’art. 30 d.P.R. n. 602/1973 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. Secondo la ricorrente la sentenza avrebbe errato nel non rilevare la ec cessività della sanzione comminata dall’INPS che sarebbe oltre i limiti di legge non essendo dovuti gli interessi di mora.
3.1 Il motivo va accolto nei termini che vanno ad illustrarsi.
3.2. Questa Corte, quanto alle sanzioni civili per la violazione degli obblighi contributivi nei confronti della
Gestione Separata INPS, ha ritenuto che «lo stato di incertezza sulla sussistenza dell’obbligo contributivo, che consente di attribuire i connotati della buona fede alla posizione del contribuente, non assume rilevanza all’interno della possibile alternativa tra omissione ed evasione contributiva» (Cass. 03/06/2022, n. 17970); tuttavia, in ragione della pronuncia della Corte Costituzionale 22/04/2022, n. 104 che ha dichiarato «l’illegittimità costituzionale del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 18, comma 12, conv. in L. n. 111 del 2011, nella parte in cui non prevede che gli avvocati del libero foro non iscritti alla Cassa di previdenza forense siano esonerati dal pagamento, in favore dell’ente previdenziale, delle sanzioni civili per l’omessa iscrizione con riguardo al periodo anteriore alla sua entrata in vigore», nella fattispecie concreta, le sanzioni non sono dovute, in quanto riferite all’anno 2010. Come osservato nella citata Cass. 17970 del 2022 (in motivazione, punto 40) «la sentenza della Corte Costituzionale cancella la norma incostituzionale dall’ordinamento giuridico, con riferimento a tutti i rapporti non ancora esauriti».
3.3. Ne consegue che la questione prospettata in ordine all’entità delle sanzioni civili può essere decisa nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti, trattandosi di periodi temporali antecedenti alla norma di interpretazione autentica dichiarata incostituzionale, con la declaratoria che «nulla è dovuto per sanzioni civili in conseguenza del confermato obbligo di iscrizione alla gestione separata »; (v. Cass. 17970 cit., punto 41) per l’anno 2010.
In definitiva, respinti il primo, il terzo e il quarto motivo di ricorso (questi ultimi previa correzione della motivazione della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 384, quarto comma, cod. proc. civ.), va accolto il secondo motivo e,
cassata sul punto la sentenza impugnata, la controversia va decisa nel merito ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ. non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto.
In relazione all’obiettiva incertezza delle questioni controverse e alla rilevanza dello ius superveniens , vanno compensate le spese di lite dell’intero processo.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo di ricorso, respinti il primo, il terzo e il quarto motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara che la ricorrente non è tenuta a versare le sanzioni civili relat ive alla gestione separata per l’anno 2010.
Dichiara compensate le spese dell’intero processo. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta