Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 19355 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 19355 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 14/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 2461-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 596/2018 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 09/07/2018 R.G.N. 941/2017;
R.G.N. 2461/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 13/02/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1. La Corte d’appello di Palermo ha confermato, con compensazione delle spese di lite, la sentenza di primo grado di accoglimento del ricorso proposto da NOME COGNOME, ingegnere, volto a conseguire l’annullamento d ella propria iscrizione alla Gestione Separata disposta d’ufficio da INPS per l’anno 2008 ai sensi dell’art. 2 comma 26 L.335/95.
In particolare la sentenza di secondo grado, reputando che l’iscrizione sia dovuta per i lavoratori autonomi che svolgano un’attività professionale per la quale non è prevista l’iscrizione all’albo, e che la sopravvenuta norma di interpretazione autentica di cui all’art. 18 comma 12 D.L. 98/2011 si riferisca ad attività non soggette al versamento contributivo agli enti di cui al comma 11 (enti previdenziali di diritto privato previsti dal d.lgs. 509/94), senza estendere con effetto retroattivo l’ambito sogg ettivo dell’obbligo di iscrizione alla gestione separata, ha ritenuto di disattendere l’orientamento d i questa Corte espresso con sentenza n.30344/2017, basato sulla universalizzazione della tutela previdenziale, in ragione delle iscrizioni a cui il lavoratore era già tenuto (presso INPS come lavoratore dipendente e presso RAGIONE_SOCIALE per il contributo integrativo inerente all’attività libero professionale) e della natura residuale della Gestione Separata dell’INPS correlata all’esercizio di attività di lavor o autonomo non subordinata all’iscrizione in appositi albi od elenchi di cui all’art. 2 comma 25.
Ha ritenuto, ad ogni modo, fondata l’eccezione di prescrizione per avere il professionista ricevuto la richiesta di pagamento il 17/6/2014, decorso il quinquennio successivo alla scadenza
dell’obbligo di versamento alla data del 16/6/2009, senza che assuma rilievo per INPS l’impossibilità di esercitare il diritto in data antecedente alla scadenza della dichiarazione dei redditi, non ravvisandosi alcuna ipotesi di sospensione dei termini di cui all’art. 2941 n.8 c.c. riferibile alle sole cause giuridiche di ostacolo all’esercizio di un diritto.
L ‘INPS impugna la sentenza affidandosi a due motivi a cui il contribuente interpone controricorso.
A ll’adunanza camerale del 13 febbraio 2025, la controversia è stata trattata e decisa con riserva di motivazione.
RITENUTO CHE
1.Con il primo motivo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n.3 c.p.c., la violazione e l a falsa applicazione dell’art. 2 co.26 L.335/1995 e dell’art. 18 co.12 D.L. 98/2011 conv. in L.111/2011, nonché in connessione con art. 3 L.179/1958, artt. 10 e 21 L.n.6/1981, artt. 7, 23 e 37 Statuto Inarcassa, per non avere la Corte territoriale ritenuto l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata per coloro che, in via abituale ancorché non esclusiva, svolgono un’attività di lavoro autonomo per il cui esercizio è prevista l’iscrizi one ad uno albo professionale, al quale non abbiano l’obbligo di versare la contribuzione presso il corrispondente ente di previdenza; e per non aver considerato che la legge istitutiva della Cassa di previdenza ed assistenza per ingegneri e architetti esclude dall’obbligo di iscrizione i professionisti iscritti a forme di previdenza obbligatorie in dipendenza di un rapporto di lavoro subordinato. Pertanto, premesso il quadro normativo di riferimento, l’ingegnere che abbia una tutela previdenziale quale lavoratore subordinato e non fruisce della forma di previdenza obbligatoria sostitutiva di
RAGIONE_SOCIALE, qualora svolga un’attività professionale autonoma non può non essere iscritto alla Gestione separata e provvedere al pagamento della contribuzione calcolata sull’importo del reddito di lavoro autonomo esposto sulla dichiarazione dei redditi. All ‘uopo , l’istituto ricorrente richiama l’orientamento di legittimità espresso con sentenze n.30344/17 e n.32507/18 ed altre pronunce sul tema della universalizzazione della copertura assicurativa obbligatoria per cui l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata è rivolto a chiunque percepisca un reddito derivante dall’esercizio abituale (anche se non esclusivo), ma anche occasionale (entro il limite monetario dell’art. 44 co. 2 L.269/03) di un’attività professionale per la quale è prevista l’iscrizione ad un albo o ad un elenco, anche se il soggetto svolge altra diversa attività per cui già risulta iscritto ad altra gestione.
Con il secondo motivo è dedotta, in relazione all’art. 360 co.1 n.3 c.p.c., la falsa applicazione dell’art. 2935 c.c., art. 2 commi 26-31 L.335/1995, artt. 10, 13, 18 d.lgs. 241/97, art. 17 commi 1 e 2 DPR 435/2001 come mod. da art. 2 d.l. 63/2022, art. 2 DPR 322/98, art. 36-bis co.2 lett. F, e 36-ter DPR 600/73, per non aver considerato che, in ragione della determinazione del contributo dovuto ad INPS nella misura del 10% del reddito conseguito per l’attività professionale svolta, come risultante dalla dichiarazione dei redditi, e del controllo svolto sulla base dei dati in possesso dell’amministrazione tributaria in ordine alla rispondenza dei contributi versati con la dichiarazione dei redditi, e quindi della circostanza che il reddito costituisce anche la base imponibile per il calcolo del co ntributo, l’accertamento della sussistenza dell’obbligazione contributiva può essere compiuto solo dopo la scadenza del termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all’anno a cui si riferiscono i contributi. L’INPS avrebbe , quindi, contezza della sussistenza
del suo diritto soltanto dopo la scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi, ossia dopo il 31 luglio, ovvero il 31 ottobre, se presentata in via telematica, dell’anno successivo a quello nel quale va versato il contributo; il diritto non può essere esercitato prima di tale scadenza poiché l’ente non può controllare la sussistenza dell’obbligo e l’esatto ammontare delle somme dovute. In definitiva, il termine di versamento dei contributi era scaduto il 20/6/2009, la dichiarazione dei redditi fu presentata il 5/10/09, il primo atto interruttivo era pervenuto il 17/6/2014 e l’avviso bonario il 24/12/2015: la sentenza impugnata aveva perciò erroneamente dichiarato prescritto il credito perché alla data del 20/6/2009 l’INPS non aveva la possibilità giuridica né di fatto di verificare la sussistenza della propria obbligazione.
Il controricorrente, premesso di aver dichiarato i redditi alla propria cassa professionale a cui versa il contributo integrativo, e rammentato il principio di esclusività dell’obbligo di iscrizione ad una gestione previdenziale per una sola attività, confuta, innanzitutto, il secondo motivo di ricorso decorrendo il termine quinquennale di prescrizione dal giorno in cui avrebbero dovuto essere riscossi i contributi ai sensi dell’art. 17 dpr 435/2001 come mod. dal DL 223/2006, ossia dal 16 giugno dell’ann o successivo a quello di riferimento, e, riguardo al primo motivo, evidenzia che la tutela previdenziale dell’attività svolta dal professionista, proprio perché subordinata all’iscrizione all’Albo, non è disciplinata dal comma 26 ma dal comma 25 dell’art. 2 della L. 335/95; inoltre, dalle norme statutarie della Cassa previdenziale di appartenenza è anche previsto l’esonero dall’obbligo di iscrizione e dal versamento del contributo soggettivo ma non da quello integrativo, laddove una contraria tesi finirebbe per violare il divieto di doppia contribuzione.
Invoca anche la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 co mma 26 L.335/95 e della sopravvenuta norma di interpretazione autentica introdotta dall’art. 18 co.12 DL 989/2011 per contrasto con gli artt. 3 e 53 Cost. laddove, alla luce delle pronunce di legittimità, è stato esteso il campo di applicazione delle predette norme ad ipotesi espressamente escluse, travolgendo i princìpi del divieto della doppia contribuzione, di autonomia impositiva delle Casse di previdenza e della funzione solidaristica del prelievo. Conclude altresì per la riforma della sentenza nella parte in cui ha compensato le spese di lite dovendosene disporre la condanna a carico di INPS.
3. Il ricorso è fondato.
Riguardo al primo motivo, va confermato il consolidato indirizzo giurisprudenziale di questa Corte, espresso in plurime pronunce rese in fattispecie analoghe a quelle oggetto di causa, ed alla cui motivazione si rinvia ex art. 118 disp. art. c.p.c. (cfr. ord. 179/2025, 36251/2022, n.11322/2022, 33399/2021, n.334/2021, n.35366/2021, 35672/2021). Ivi è rimasto affermato il principio secondo cui gli ingegneri e gli architetti, che siano iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie e che non possano conseguentemente iscriversi all’RAGIONE_SOCIALE (esclusione dall’iscrizione prevista dall’art. 21 L.6/1981 e dall’art. 7 co.5 dello Statuto RAGIONE_SOCIALE per gli ingegneri ed architetti iscritti a forme di previdenza obbligatorie in dipendenza di un rapporto di lavoro subordinato), rimanendo obbligati verso quest’ultima soltanto al pagamento del contributo integrativo in quanto iscritti agli albi professionali (come previsto dall’art. 10 della Legge n.6/1981) , sono tenuti comunque ad iscriversi alla Gestione separata presso l’I.N.P.S.,
in quanto la ratio universalistica delle tutele previdenziali cui è ispirata la L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, induce ad attribuire rilevanza, ai fini dell’esclusione dell’obbligo di iscrizione di cui alla norma di interpretazione autentica contenuta nel D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 12, conv. con modif. in L. n.111 del 2011, al solo versamento di contributi suscettibili di costituire in capo al lavoratore autonomo una correlata prestazione previdenziale. Altrettanto non può dirsi, invece, con riguardo al cd. contributo integrativo, in quanto versamento effettuato da tutti gli iscritti agli albi in funzione solidaristica (in particolare, Cass. Sez. L. 18/12/2017, n. 30344, cui hanno dato continuità, tra le numerose, Cass. Sez. 12/12/2018, n. 32166, Cass. Sez. 6-L. 22/11/2019, n. 30605, Cass. Sez. L. 3/03/2021, n.5826).
4.1 – Con i richiamati arresti -in particolare con l’ultimo citatosi è ulteriormente ribadito che la disciplina dettata dalla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 25 (che, com ‘è noto, ha delegato il Governo ad emanare “norme volte ad assicurare, a decorrere dal 1 gennaio 1996, la tutela previdenziale in favore dei soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione, senza vincolo di subordinazione, il cui esercizio è subordinato all’iscrizione ad appositi albi o elenchi”), non delinea, rispetto al successivo comma 26, un riparto di competenze tale per cui, laddove una cassa di previdenza abbia escluso dall’obbligo di iscrizione taluni professionisti iscritti al relativo albo in ragione del loro reddito (o, come accade per gli ingegneri e gli architetti, a causa della loro contemporanea iscrizione presso altra gestione previdenziale obbligatoria), non possa riespandersi l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata. La questione è, piuttosto, quella di stabilire la tipologia del “versamento contributivo” che può esonerare dall’iscrizione alla Gestione
separata, da risolversi “volgendosi all’interpretazione della L. n.335 del 1995, art. 2, comma 26 e delle disposizioni che ne hanno dato attuazione, esattamente come ritenuto da Cass. nn. 30344 del 2017 e 32166 del 2018” (così, Cass. n. 5826 cit.).
5. Si aggiunga che sul principio universalistico delle tutele previdenziali e della rilevanza della costituzione di tale tutela per il lavoratore autonomo si è espressa anche l’ ordinanza interlocutoria n.22056/2023 (di rimessione alla Corte Costituzionale per la sola parte relativa alla legittimità delle sanzioni); sul tema del rispetto del principio di divieto di duplicazione di coperture assicurative incidenti sulla medesima attività professionale laddove il professionista iscritto all’Albo sia tenuto al versamento della contribuzione alla gestione separata INPS ancorché non iscritto all’Inarcassa a cui versa il solo contributo di solidarietà, stante la funzione solidaristica della contribuzione integrativa dovuta alla Cassa di categoria in ragione della m era iscrizione all’albo, si veda anche Cass. n. 25605/2023, che sul rapporto fra i due sistemi di copertura previdenziale si è così espressa ‘ Secondo tale orientamento (quello della sentenza 30344/17), il rapporto tra il sistema previdenziale categoriale e quello della gestione separata si pone non in termini di alternatività bensì di complementarietà (ex plurimis cfr. Cass. n.20288 del 2022). A ciò deve aggiungersi che, con sentenza n.104 del 2022, la Corte Costituzionale ha ritenuto esente da profili d’irragionevolezza, illogicità e incoerenza col sistema normativo la norma d’interpretazione autentica dell’art. 2, co.26 L. n. 335 del 1995 (art. 18, co.12, D.L. n.98 del 2011). La Corte Costituzionale ha, infatti, attribuito a tale disposizione il valore di norma di chiusura del sistema, rinvenendone il fondamento costituzionale nell’obbligo dello Stato di dare concretezza al principio della
universalità delle tutele assicurative obbligatorie sancito nei confronti di tutti i lavoratori. Il bagaglio di principi che presiede all’applicazione della normativa richiamata è, perciò, idoneo a fornire risposte a ciascuna delle censure prospettate nei primi sette motivi di ricorso, i quali, in definitiva, non pongono questioni rispetto alle quali questa Corte non abbia già dato risposta ‘. Nello stesso senso, ord. n.28652/2024 che, in applicazione del suddetto principio, ha confermato la pronuncia che av eva affermato l’obbligo di iscrizione per l’attività libero -professionale svolta da un ingegnere, ivi evidenziandosi gli stessi rilievi sulla compatibilità costituzionale della normativa in esame, come espressi con la citata sent. Corte Cost. n. 104/2022, in affermazione di un sistema normativo che rinviene il suo fondamento costituzionale nell’obbligo dello Stato di dare concretezza al principio di universalità delle tutele assicurative obbligatorie per tutti i lavoratori. Per tale ragione, ed in linea con l’espresso orientamento giurisprudenziale, va respinta, perché manifestamente infondata, l’analoga questione di costituzionalità siccome prospettata dal controricorrente.
Ancora, va affermata la compatibilità con il versamento del contributo integrativo in virtù della sola iscrizione all’Albo professionale, poiché il professionista iscritto all’Albo , tenuto al contributo integrativo, non versa contribuzione utile a costituire una correlata prestazione previdenziale se non svolge continuativamente l’esercizio professionale; ed è esonerato non colui che è iscritto all’Albo bensì il professionista che è anche lavoratore dipendente e non esegue versamenti suscettibili di una correlata prestazione previdenziale.
6.1 – Si osservi anche che non è estranea alla gestione separata l’attività professionale per la quale è richiesta l’iscrizione ad
appositi albi, poiché la delega di cui all’art. 2 comma 25 L.335/95 ad emanare norme volte ad assicurare la tutela previdenziale in favore di soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione senza vincolo di subordinazione, il cui esercizio è subordinato all’iscrizione in appositi albi, non ha escluso ma definito il perimetro di tutela previdenziale, da assicurare anche in favore di coloro per i quali non è possibile procedere a forme autonome di gestione, donde la successiva disposizione del c omma 26 sui soggetti tenuti all’iscrizione alla gestione separata, ivi inclusi i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo, come autenticamente interpretato dall’art. 18 comma 12 DL. 98/2011.
6.2 – È comunque irrilevante il pagamento del contributo integrativo all’Inarcassa per dichiarare l’esenzione dall’iscrizione alla gestione separata quale conseguenza dell’integrale assolvimento degli obblighi verso la cassa previdenziale di categoria, non riscontrandosi una funzione previdenziale del contributo integrativo, bensì solidaristica. Né si ravvisa una violazione del principio di esclusività ed unicità del regime previdenziale vigente per la medesima attività professionale avendo la cassa di gestione separata INPS natura residuale, e disponendo il professionista di proprie cognizioni tecniche nell’esercizio di attività abituale non esclusiva di lavoro autonomo, dando ad essa continuità ed effettività nei suoi contenuti tipici, in una prospettiva dinamica e non statica della professione a servizio della quale abbia fornito la propria competenza e le cognizioni tecnico-scientifiche acquisite. Neppure si ravvisa alcuna prevalenza della Cassa professionale nella disciplina del regime previdenziale spettante, in presenza di norme di rango primario e secondario che precludono
l’iscrizione alla cassa agli ingegneri ed architetti che siano iscritti a forme di previdenza obbligatoria in dipendenza di rapporto di lavoro subordinato (art. 21 L.6/81 ed art. 7 dello Statuto); non riconoscerne l’obbligo significherebbe, come lamentato dal ricorrente istituto, violare anche queste disposizioni normative.
In conclusione, non è corretto l’iter interpretativo seguito dal giudice d’appello; dal perimetro normativo dianzi illustrato si evince che il sistema previdenziale categoriale e quello della Gestione separata va costruito non già in termini di alternatività, bensì di complementarità, atteso che, ai sensi dell’art. 18, comma 12, D.L. 98/2011 della norma di interpretazione autentica (e ‘norma di chiusura del sistema’, come riporta Corte Cost. n.104/2022), anche coloro che sono iscritti ad albi ed elenchi hanno l’obbligo di iscriversi alla gestione separata quando non effettuino agli enti della categoria professionale di appartenenza alcun ‘versamento contributivo’ suscettibile di dar luogo ad una posizione previdenziale (così, ex multis , Cass. nn. 5826/2021, 20288/2022 e 10286/2023, tutte sulla scorta delle già citate sent. Cass. nn. 30344/2017 e 32166/2018).
Sul secondo motivo di ricorso occorre precisare che la soluzione cui perviene l’istituto ricorrente (crediti contributivi non prescritti) è in questa sede condivisa, ancorché ad essa si addivenga per ragioni diverse da quelle illustrate dal ricorrente. La questione concerne la decorrenza della prescrizione del credito contributivo e, quindi, impone la verifica della sua maturazione in base alla disciplina legale di riferimento; la Corte territoriale ha considerato, in via subordinata rispetto alla dichia rata insussistenza dell’obbligo contributivo, che il termine di pagamento dei contributi in Gestione Separata per l’anno 2008 fosse quello del 16/6/2009 (il giorno 16 giugno dell’anno
successivo a quello di riferimento) ; l’INPS invece ritiene non prescritto il proprio credito dovendo individuarsi la decorrenza del termine prescrizionale della propria pretesa alla data della presentazione della dichiarazione reddituale del professionista, essendo questo il momento in cui l’istituto ha la possibilità di accertare l’inadempimento dell’obbligo di versamento.
8.1 L’orientamento giurisprudenziale consolidato di questa Corte è di tutt’altro avviso: sul tema della disciplina della prescrizione dei contributi previdenziali dovuti alla gestione separata è stato affermato, in sent. n.27950/2018 che il termine di prescrizione decorra dal momento in cui scadono i termini per il loro pagamento e non dalla successiva data di presentazione della dichiarazione dei redditi ad opera del titolare della posizione assicurativa, in quanto la dichiarazione in questione, quale esternazione di scienza, non costituisce presupposto del credito contributivo. Il sopraindicato arresto segna il superamento del principio enunciato da questa Corte con ordinanza del 20/4/2016 nr. 7836, ove si era invece ritenuto che nel caso di mancata iscrizione del contribuente alla gestione separata il decorso della prescrizione fosse segnato, ai sensi dell’articolo 2935 cod. civ., dal momento della presentazione della dichiarazione dei redditi. In particolare, come confermato già con ord. n. 19403/19, si è chiarito che « il dies a quo della prescrizione si individua nel momento in cui scadono i termini di pagamento della contribuzione che, a norma dell’articolo 18, comma 4, D.Lgs. 9 luglio 1997 nr. 241, coincidono con i termini previsti per il versamento delle somme dovute in base alla dichiarazione dei redditi, senza che dalla mancata iscrizione del professionista alla gestione separata possa derivare alcun impedimento giuridico all’esercizio del diritto dell’ente previdenziale. Alla dichiarazione dei redditi, quale atto giuridico
successivo alla esigibilità del credito, può riconoscersi, piuttosto, effetto interruttivo della prescrizione ma soltanto se ed in quanto dalla stessa risulti il riconoscimento del debito contributivo, con la compilazione dell’apposito quadro. Nella diversa ipotesi di omessa esposizione all’interno della dichiarazione dei redditi degli obblighi contributivi relativi alla gestione separata dell’INPS e connessi al lavoro autonomo (cd. quadro RR del modello di dichiarazione dei redditi) la incompletezza della dichiarazione può rilevare, invece, (non sotto il profilo della interruzione della prescrizione ma) come ipotesi di sospensione della prescrizione per occultamento doloso del debito, secondo una valutazione riservata al Giudice del rinvio, pur in assenza di allegazione nei gradi di merito da parte dell’ente previdenziale, in quanto la eccezione di sospensione della prescrizione costituisce eccezione in senso lato rilevabile d’ufficio (in termini: Cass. sez. lav., sentenza 31 ottobre 2018, n. 2795; ordinanza 07/03/2019, n.6677 ».
Non è dunque corretto individuare il termine iniziale di decorrenza nella data di presentazione della dichiarazione dei redditi assegnando ad essa la fonte di conoscenza (recte, conoscibilità) dell’entità reddituale alla quale ancorare la determinazione della base contributiva per i versamenti alla gestione separata, giacché già alla data di scadenza dell’acconto IRPEF l’Istituto previdenziale poteva disporre dei dati reddituali, ancorché provvisori, in base ai quali poter avviare gli accertamenti necess ari per contestare l’eventuale omesso versamento contributivo. E non hanno rilievo gli ostacoli di mero fatto come quelli che trovino causa nell’ignoranza, da parte del titolare, dell’evento generatore del diritto: impropriamente sarebbe qualificabile come ostacolo giuridico all’esercizio del diritto la difficoltà di accertamento del diritto previdenziale
prima della dichiarazione dei redditi. Il termine quinquennale di prescrizione del credito contributivo inizia, invece, a decorrere da quando il diritto può essere fatto valere, coincidente con il mancato versamento alla data di scadenza dell’obbligo a cui è tenuto il contribuente, ossia al 16 giugno dell’anno successivo a quello a cui si riferisce la produzione reddituale e, quindi, la copertura contributiva.
Non va tuttavia obliterato che a seguito della impugnazione della sentenza di appello sul tema della denunciata violazione dell’art. 2935 c.c., l’intera fattispecie della prescrizione, anche con riguardo alla decorrenza del “dies a quo” ed eventuali vicende interruttive del termine, rimane “sub iudice” e rientra, pertanto, nei poteri del giudice di legittimità valutare d’ufficio, sulla scorta degli elementi ritualmente acquisiti, la corretta individuazione del termine iniziale di decorrenza (cfr. sul punto, sent. 28565/2022, e sent. n. 32683/2022). In entrambi i casi esaminati nelle due pronunce da ultimo citate, come in quello in questa sede, si agganciava il “dies a quo” della prescrizione dei contributi alla proroga prevista dal d.p.c.m. 4 giugno 2009, in applicazione dell’art. 12, co.5, del d.lgs. n. 241 del 1997, norma attributiva del potere, in capo al Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro competente, di modifica dei termini riguardanti gli adempimenti dei contribuenti, dei sostituti e dei responsabili di imposta, per esigenze generali od organizzative dell’amministrazione, con o senza maggiorazione a seconda del periodo più o meno lungo (inferiore o superiore a venti giorni) di differimento del pagamento.
Trattasi dunque di fonte normativa subprimaria, non regolamentare, di cui occorre tener conto per la prescrizione dei contributi dovuti alla gestione separata. In particolare, l ‘ambito
applicativo è definito, per l’annualità oggetto di interesse (2008), dal D.P.C.M. del 14/6/2009 che ha prorogato al 6/7/2009 la scadenza del versamento contributivo per l’anno precedente; rispetto a tale data, il termine quinquennale di prescrizione si intende spirato al 6/7/2014. Ed entro tale data va verificato se l’isti tuto previdenziale abbia compiuto un atto interruttivo idoneo a far valere la propria pretesa creditoria, esplicativo dell’interesse ad esercitare il proprio diritto.
11.1 L’impugnata sentenza, nel far decorrere la prescrizione dal 16/6/2009, ha trascurato di tener conto del differimento al 6/7/2009, in forza del citato DPCM, inscindibilmente connesso con la fonte primaria (in tal senso, anche ord. n.24816/24, n.24584/24 e, da ultimo, ord. n.28817/2024). Sulla base del dato temporale riportato in ricorso (notifica della richiesta di pagamento al 17/6/2014) devesi affermare, da un lato, che il termine di scadenza del pagamento contributivo non era ancora decorso ai sensi del DPCM del 14/6/2009, dall’altro che la valenza interruttiva della comunicazione INPS medio tempore intercorsa costituisce una verifica demandata al giudice di merito, unitamente alla verifica di eventuali ulteriori atti di sospensione e/o interruzione del termine di prescrizione (presentazione della dichiarazione dei redditi e notifica di avviso bonario), cui potrebbero altresì aggiungersi verifiche sul quantum debeatur, se comprensive di accessori ove richiesti.
12. La Corte territoriale, che non si è attenuta ai suddetti principi ricostruttivi della fattispecie, deve confrontarsi con la differita scadenza di versamento e con le ulteriori verifiche menzionate. Per quanto innanzi, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa rinviata, per un nuovo esame, alla stessa Corte
d’appello, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese di lite del giudizio di legittimità.
Non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente vittorioso.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso , cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del grado, alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione.
Ai sensi dell’art. 13 co.1 -quater del DPR 115/2002, dà atto della insussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 13 febbraio 2025.