Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 19575 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 19575 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 15/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 125-2020 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliata presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1309/2019 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 25/06/2019 R.G.N. 2229/2017;
Oggetto
Gestione separata -avvocati -sussistenza, prescrizione, sanzioni
R.G.N.125/2020
COGNOME
Rep.
Ud.29/01/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/01/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1. La Corte d’appello di Bari ha riformato la pronuncia di primo grado che aveva dichiarato inesistente l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata dell’INPS per l’avv. NOME COGNOME ordinandone la cancellazione, ed annullato l’avviso di addebito opposto per l’anno 20 10; ha quindi accolto l’appello di INPS ritenendo che l’attività professionale svolta rientrasse fra quelle disciplinate dalla copertura previdenziale prevista dall’art. 2 co. 26 L. 335/1995 e art. 18 co.12 d.l. 98/2011, escludendo l’invocato esonero per c olui che paga soltanto il contributo integrativo alla Cassa professionale di categoria; ha anche escluso che potesse essere applicato il limite monetario di cui all’art. 44 co.2 d.l. 269/2003 conv. in L. 326/2003, avendo la ricorrente percepito redditi per l’anno di rif erimento superando la soglia ivi prevista per la irrilevanza dell’occasionalità.
La Corte territoriale ha poi respinto l’eccezione di prescrizione poiché il versamento contributivo coincide con i termini per il versamento delle somme dovute in base alla dichiarazione dei redditi ai sensi dell’art. 18 co.4 D.Lgs. n.241/1997, la cui scadenza, inizialmente fissata al 16 giugno di ogni anno solare per il saldo contributivo dell’anno precedente, è stata differita in virtù di D.P.C.M. succedutisi nel tempo; in particolare, per l’anno 2010, il decreto del 12/5/2011 ne aveva prorogato la scadenza al 6/7/2011 senza alcun pagamento aggiuntivo. Pertanto, la comunicazione di richiesta di pagamento notificata il 2/7/2016 era stata tempestiva.
In ordine, poi, alla quantificazione delle sanzioni civili, la Corte di merito ha ritenuto corretta l’applicazione della disciplina di cui
all’art. 116 comma 8 lett. b) della L. n. 388/2000 per l’ipotesi di evasione connessa ad omissione di denunce obbligatorie e, pur ravvisandosi il presupposto dell’incertezza circa la debenza dei contributi, l’applicazione delle sanzioni in misura ridotta è impedita dal difetto di una prova adeguata circa il requisito concorrente dell’integrale pagamento dei contributi.
Avverso tale sentenza ricorre il professionista avvocato affidandosi a due motivi, a cui l’INPS resiste con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 29 gennaio 2025.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo la ricorrente deduce , ai sensi dell’art. 360 c.1 n.3 c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2 commi 25 e 26 L.335/1995 e dell ‘art. 18 L. 111/2011, nella parte in cui la sentenza impugnata ha affermato la sussistenza dei presupposti per l’iscrizione obbligatoria e/o d’ufficio alla gestione separata INPS, in relazione sia a norme nazionali che europee; in particolare, per queste ultime, la ricorrente segnala la violazione delle norme comunitarie che disciplinano il Sistema Europeo dei Conti (SEC ’95 -regolamento CR n.2223/96) attributive della natura di amministrazioni pubbliche alle casse previdenziali private, dotate di propria autonomia impositiva e determinativa, ed a fronte della universalizzazione delle tutele occorreva considerare che il Regolamento della Cassa Forense nell’anno di riferimento consentiva ai neo -iscritti di non pagare il contributo soggettivo fermo restando l’obbligo del contributo integrativo nel rispetto del cd. patto intergenerazionale; e le casse nel rispetto della previdenza sociale erogano un servizio pubblico pur essendo soggetti aventi personalità giuridica
privata dotata di autonomia patrimoniale perfetta. Inoltre, rimarca che sono tenuti all’iscrizione alla Gestione Separata coloro che svolgono attività abituale il cui esercizio non sia subordinato all’iscrizione ad appositi albi professionali, ovvero coloro che svolgono attività non soggette al versamento contributivo agli enti di cui al comma 11 in base ai rispettivi statuti e ordinamento, tali intendendosi gli iscritti ad albi professionali con riferimento alla parte di attività non riservata. In particolare, la ricorrente non sarebbe tenuta al versamento contributivo in riferimento all’unica attività di avvocato svolta nell’anno 2010, e l’obbligazione contributiva non trasmoderebbe in una fiscalità generale. Infine, neppure era stata scomputata l’entità r eddituale sottosoglia, con conseguente imposizione totale nonostante la fascia di esenzione totale entro 5mila euro.
Nel secondo motivo di ricorso è denunciato, ai sensi dell’art. 360 co.1 n.3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 c.c.; rammentato il potere d’ufficio nella verifica e controllo della prescrizione contributiva, essendone il regime applicativo sottratto alla disponibilità delle parti, in presenza di un interesse di diritto pubblico, non poteva che darsi atto della scadenza del termine per il versamento al 16/6/2011 e quindi della prescrizione quinquennale del credito preteso da INPS con nota raccomandata del 2/7/2016, laddove il DPCM sarebbe un atto amministrativo non avente forza di legge, quale fonte normativa secondaria.
2.2 – Inoltre, sul piano del trattamento sanzionatorio, la parte privata ne lamenta l’illegittimità poiché da un lato l’INPS ha a disposizione il Casellario previdenziale per conoscere le posizioni previdenziali attive con conseguente possibilità ricognitiva del debito, dall’altro il dolo di evasione non è presunto ma richiede
la prova non già della semplice violazione dell’obbligo dichiarativo, ma della consapevole preordinazione dell’omessa dichiarazione; e sul punto mancherebbero la dimostrazione del dolo e la motivazione della sua sussistenza, ferma restando la sproporzione delle sanzioni applicate, erroneamente calcolate.
Nel controricorso l ‘INPS eccepisce l’inammissibilità di tutte le doglianze già oggetto di numerose pronunce della Suprema Corte, reiettive delle istanze di parte. Correttamente era stata applicata la proroga del termine di scadenza del versamento e legittimamente era stato applicato il regime sanzionatorio.
4. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Le questioni devolute alla Corte sono già state altre volte esaminate e tutte sono infondate sulla base degli argomenti sviluppati a partire dalle sentenze di questa Corte n. 30344/2017 e 30345/17 in cui è stato affermato, in relazione ad altra categoria professionale, il principio secondo il quale gli iscritti (in quel caso, ingegneri) ad altre forme di previdenza obbligatorie, che non possono iscriversi alla Cassa di categoria, alla quale versano esclusivamente un contributo integrativo di carattere solidaristico in quanto iscritti agli albi, cui non segue la costituzione di alcuna posizione previdenziale a loro beneficio, sono tenuti comunque ad iscriversi alla gestione separata presso l’INPS, in quanto la ratio universalistica delle tutele previdenziali, cui è ispirato il cit. art. 2 co.26, induce ad attribuire rilevanza, ai fini dell’esclusione dell’obbligo di iscrizione di cui alla norma di interpretazione autentica contenuta nel D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 12, conv. con modif. in L. n.111 del 2011, al solo versamento di contributi suscettibili di costituire in capo al lavoratore autonomo una correlata prestazione previdenziale. « Altrettanto non può dirsi,
invece, con riguardo al cd. contributo integrativo, in quanto versamento effettuato da tutti gli iscritti agli albi in funzione solidaristica (in particolare, Cass. Sez. L. 18/12/2017, n. 30344, cui hanno dato continuità, tra le numerose, Cass. Sez. 12/12/2018, n. 32166, Cass. Sez. 6-L. 22/11/2019, n. 30605, Cass. Sez. L. 3/03/2021, n.5826). Con i richiamati arresti -in particolare con l’ultimo richiamato- si è ulteriormente ribadito che la disciplina dettata dalla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 25 (che, com’è noto, ha delegato il Governo ad emanare “norme volte ad assicurare, a decorrere dal 1 gennaio 1996, la tutela previdenziale in favore dei soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione, senza vincolo di subordinazione, il cui esercizio è subordinato all’iscrizione ad appositi albi o elenchi”), non delinea, rispetto al successivo comma 26, un riparto di competenze tale per cui, laddove una cassa di previdenza abbia escluso dall’obbligo di iscrizione taluni professionisti iscritti al relativo albo in ragione del loro reddito (o, come accade per gli ingegneri e gli architetti, a causa della loro contemporanea iscrizione presso altra gestione previdenziale obbligatoria), non possa riespandersi l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata. La questione è, piuttosto, quella di stabilire la tipologia del “versamento contributivo” che può esonerare dall’iscrizione alla Gestione separata, da risolversi “volgendosi all’interpretazione della L. n.335 del 1995, art. 2, comma 26 e delle disposizioni che ne hanno dato attuazione, esattamente come ritenuto da Cass. nn. 30344 del 2017 e 32166 del 2018” (così, Cass. n. 5826 cit.) ».
La questione principale, oggetto del motivo proposto, concerne quindi l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata presso l’I.N.P.S. degli avvocati non iscritti obbligatoriamente alla Cassa di previdenza forense alla quale hanno versato
esclusivamente un contributo integrativo in quanto iscritti agli albi, cui non segue la costituzione di alcuna posizione previdenziale a loro beneficio; ed è stata decisa, anche con riferimento agli avvocati, già con sentenza n. 3799/2019, con la quale si è dato seguito ai principi innanzi riportati, affermando la sussistenza dell’obbligo in discorso. Nel dare seguito ai propri specifici precedenti in ragione, vengono in considerazione diverse categorie di professionisti (avvocati, praticanti avvocati, commercialisti) che, al pari degli ingegneri e degli architetti, svolgono attività per cui è necessaria l’iscrizione ad albo o ad elenco e per i quali esiste una cassa che gestisce l’assicurazione obbligatoria di categoria alla quale chi esercita l’attività professionale, pur senza esservi iscritto per varie ragioni, versa obbligatoriamente un contributo integrativo.
7. Con particolare riguardo agli avvocati, la sentenza di questa Corte n. 24047 del 3/8/2022 ha affermato l’obbligo di iscrizione alla gestione separata per chi versa il contributo integrativo in difetto di iscrizione: « Gli avvocati iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie che, svolgendo attività libero professionale priva del carattere dell’abitualità, non hanno secondo la disciplina vigente “ratione temporis”, antecedente l’introduzione dell’automatismo della iscrizione- l’obbligo di iscrizione alla Cassa Forense, alla quale versano esclusivamente un contributo integrativo di carattere solidaristico in quanto iscritti all’albo professionale, cui non segue la costituzione di alcuna posizione previdenziale a loro beneficio, sono tenuti comunque ad iscriversi alla gestione separata presso l’INPS, in virtù del principio di universalizzazione della copertura assicurativa, cui è funzionale la disposizione di cui all’art. 2, comma 26, della L. n. 335 del 1995, secondo cui l’unico versamento contributivo rilevante ai fini dell’esclusione di detto
obbligo di iscrizione è quello suscettibile di costituire in capo al lavoratore autonomo una correlata prestazione previdenziale. (In applicazione del principio, la S.C. ha annullato la decisione di merito che aveva escluso la sussistenza dell’obbligo di iscrizione alla Gestione separata presso l’INPS a carico dell’avvocato che, pur esercitando la libera professione, non risultava iscritto alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, in ragione del mancato conseguimento del limite di reddito per il sorgere del relativo obbligo) ». Nello stesso senso, si veda anche sent. Cass. n. 32167/2018.
8. Sulla obbligatorietà della iscrizione alla Gestione Separata INPS per i liberi professionisti che versino nelle condizioni di cui all’art. 2 comma 26 L.335/1995 come autenticamente interpretato ai sensi dell’art. 18 L. 111/2011, questa Corte ha di recen te affermato, per il caso dell’iscritto all’Albo professionale di avvocato (cfr. ord. n. 30481/24) che l’obbligatorietà dell’iscrizione presso la Gestione separata da parte di un professionista iscritto ad albo o elenco è collegata all’esercizio abituale, ancorché non esclusivo, di una professione che dia luogo ad un reddito non assoggettato a contribuzione da parte della cassa di riferimento, mentre la produzione di un reddito superiore alla soglia di € 5.000,00 costituisce invece il presupposto affinché a nche un’attività di lavoro autonomo occasionale possa mettere capo all’iscrizione presso la medesima Gestione, restando invece normativamente irrilevante qualora ci si trovi in presenza di un’attività lavorativa svolta con i caratteri dell’abitualità (così , espressamente, Cass. n. 4419 del 2021, in motivazione); in quest’ottica, la percezione da parte del libero professionista di un reddito annuo di importo inferiore a € 5.000,00 può semmai rilevare quale indizio da ponderare adeguatamente con gli altri che siano stati acquisiti
al processo -per escludere che, in concreto, l’attività sia stata svolta con carattere di abitualità, fermo restando, ovviamente, che l’abitualità di cui si discute dev’essere apprezzata nella sua dimensione di scelta ex ante del libero professionista, coerentemente con la disciplina che è propria delle gestioni dei lavoratori autonomi, e non invece come conseguenza ex post desumibile dall’ammontare di reddito prodotto, dal momento che ciò equivarrebbe a tornare ad ancorare il requisito dell’iscrizione alla Gestione separata alla produzione di un reddito superiore alla soglia di cui all’art. 44, d.l. n. 269/2003, cit., che invece rileva ai fini dell’assoggettamento a contribuzione di attività libero-professionali svolte in forma occasionale.
S otto questo profilo, l’affermazione contenuta nella già citata sentenza n. 3799 del 2019, secondo cui la produzione di un reddito superiore a € 5.000,00 darebbe luogo ex se all’obbligo di iscrizione alla Gestione separata (cfr. paragrafo 34 della parte motiva), deve essere intesa (coerentemente con quanto sostenuto al precedente paragrafo 16) come volta ad affermare che, in quella data fattispecie, la produzione di un reddito superiore alla soglia valeva a privare di rilievo ogni questione circa la natu ra abituale o occasionale dell’attività libero -professionale da assoggettare a contribuzione, dal momento che, quand’anche se ne fosse voluta predicare la non abitualità, il superamento della soglia di cui all’art. 44, d.l. n. 269/2003, cit., ne avrebbe comunque determinato la sottoposizione all’obbligo di contribuzione in favore della Gestione separata (così ancora Cass. n. 4419 del 2021, cit., in motivazione).
Per quanto innanzi, la circostanza della produzione reddituale, ancorché extrasoglia, in relazione ad un’attività occasionale non
esonera il professionista iscritto dall’obbligo di versamento contributivo.
Ed ancora, come confermato in sentenza Cass. n.4419/2021, in materia previdenziale, sussiste l’obbligo di iscrizione alla gestione separata INPS nell’ipotesi di percezione di reddito derivante dall’esercizio abituale, ancorché non esclusivo, ed anche occasionale, ove il reddito superi la soglia di euro 5.000 ex art. 44, comma 2, del d.l. n. 269 del 2003, di un’attività professionale per la quale è prevista l’iscrizione ad un albo o ad un elenco (tale obbligo venendo meno solo se il reddito prodotto è già integralmente oggetto di obbligo assicurativo gestito dalla cassa di riferimento), « restando fermo che il requisito dell’abitualità -da apprezzarsi nella sua dimensione di scelta “ex ante” del libero professionista e non invece come conseguenza “ex post” desumibile dall’ammontare del reddito prodotto- deve essere accertato in punto di fatto, mediante la valorizzazione di presunzioni ricavabili, ad es., dall’iscrizione all’albo, dall’accensione della partita IVA o dall’organizzazione materiale predisposta dal professionista a supporto della sua attività, potendo la percezione di un reddito annuo di importo inferiore alla predetta soglia rilevare quale indizio -da ponderare adeguatamente con gli altri che siano stati acquisiti al processoper escludere in concreto la sussistenza del requisito in questione ».
Non è rilevante, poi, quanto argomentato dal ricorrente circa il riferimento alle norme regolamentari del Sistema Europeo dei Conti, attributive alle Casse previdenziali private della natura di amministrazioni pubbliche dal punto di vista finanziario. La circostanza, di carattere ordinamentale, non determina il mutamento della disciplina legale della universalizzazione della
tutela previdenziale né si pone in contrasto con la finalità di equilibrio di bilancio volta a garantire, anche nel settore in esame, la corretta gestione degli eventi protetti a tutti i lavoratori, in equo bilanciamento di principi costituzionali espressi negli artt. 38 e 97 Cost.
11.1 -Né, v’è il rischio di duplicazione contributiva o sovrapposizione di tutele: sul tema del principio universalistico delle tutele previdenziali e della rilevanza della costituzione di una tutela previdenziale per il lavoratore autonomo si è espressa anche ordinanza interlocutoria n.22056/2023 (di rimessione alla Corte Costituzionale per la sola parte relativa alla legittimità delle sanzioni); sul tema del rispetto del principio di divieto di duplicazione di coperture assicurative incidenti sulla medesima attività professionale laddove il professionista iscritto all’Albo sia tenuto al versamento della contribuzione alla gestione separata INPS ancorché non iscritto all’Inarcassa a cui versa il solo contributo di solidarietà, stante la funzione solidaristica della contribuzione integrativa dovuta alla Cassa di categoria in ragione della mera iscrizione all’albo, si veda Cass. n.25605/2023, che sul rapporto fra i due sistemi di copertura previdenziale si è così espressa « Secondo tale orientamento (quello della sentenza 30344/17), il rapporto tra il sistema previdenziale categoriale e quello della gestione separata si pone non in termini di alternatività bensì di complementarietà (ex plurimis cfr. Cass. n. 20288 del 2022). A ciò deve aggiungersi che, con sentenza n. 104 del 2022, la Corte Costituzionale ha ritenuto esente da profili d’irragionevolezza, illogicità e incoerenza col sistema normativo la norma d’interpretazione autentica dell’art. 2, co.26 l. n. 335 del 1995 (art. 18, co.12, D.L. n.98 del 2011). La Corte Costituzionale ha, infatti, attribuito a tale disposizione il valore di norma di
chiusura del sistema, rinvenendone il fondamento costituzionale nell’obbligo dello Stato di dare concretezza al principio della universalità delle tutele assicurative obbligatorie sancito nei confronti di tutti i lavoratori» .
12. Riguardo al secondo motivo di ricorso vanno tenuti distinti i due rilievi menzionati dal ricorrente. Sul tema della decorrenza della prescrizione e proroga del termine di versamento dei contributi dal 16 giugno dell’anno successivo a quello di riferimento alla data riportata nei D.P.C.M. va preliminarmente asserita la natura di fonte normativa del potere attribuito, ai sensi dell’art. 12 comma 5 d.lgs. 241/97, al Presidente Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente, di modifica dei termini riguardanti gli adempimenti dei contribuenti, dei sostituti e dei responsabili di imposta e per loro esigenze generali od organizzative dell’amministrazione, con o senza maggiorazione a seconda del periodo più o meno lungo (inferiore o superiore a venti giorni) di differimento del pagamento. In particolare, per l’anno 2010 il DPCM del 12/5/2011 aveva differito al 6/7/2011 la scadenza del termine legale; pertanto, la notifica del 2/7/2016, intervenuta entro il quinquennio dalla data di scadenza dell’obb ligo di versamento, ossia dalla maturazione del diritto a richiedere l’adempimento, ha interrotto la prescrizione del credito contributivo; correttamente lo afferma l’impugnata sentenza. Di tanto è stato dato atto anche in sentenza n. 31182/24 a cui si intende dare continuità: « Quanto alla decorrenza del termine di prescrizione, con orientamento altrettanto consolidatosi, la Corte ha ritenuto che il dies a quo vada fissato al momento di pagamento dei contributi, come prorogato dai DPCM succedutisi nel tempo (v. Cass. nr. 10273 del 2021 e successive conformi: ex plurimis, v. Cass. nr. 25791 del 2023, in motiv. p. 12 e ss). Si tratta di
slittamento applicabile alla categoria professionale in senso oggettivo, per la quale sono elaborati studi di settore (v., tra le altre, Cass. nr. 24668 del 2022) senza che venga in rilievo la specifica posizione del professionista» , ed ancora, si rammenti quanto asserito in ord. n. 28817/2024 circa l’attribuzione ex lege al Presidente del Consiglio dei Ministri del potere di modificare i termini sugli adempimenti contributivi, sulla decorrenza del termine quinquennale, sulla devoluzione della disciplina de lla prescrizione con valutazione anche d’ufficio in ordine alla individuazione del termine iniziale e rispetto anche alla sua sospensione.
13. Con riferimento al secondo profilo affrontato nel secondo motivo di ricorso, esso è fondato limitatamente allo specifico punto della applicabilità del trattamento sanzionatorio per l’omesso versamento contributivo. Invero, come di recente osservato in ord. n. 13171/2025, sgombrato il campo dalla questione della prescrizione, si deve osservare che, nelle more del giudizio, la Corte costituzionale, con la sentenza n.104 del 2022, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale «dell’art. 18, comma 12, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111, nella parte in cui non prevede che gli avvocati del libero foro non iscritti alla Cassa di previdenza forense per mancato raggiungimento delle soglie di reddito o di volume di affari di cui all’art. 22 della legge 20 settembre 1980, n. 576 (Riforma del sistema previdenziale forense), tenuti all’obbligo di iscrizione alla Gestione separata costituita p resso l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), siano esonerati dal pagamento, in favore dell’ente previdenziale, delle sanzioni civili per l’omessa iscrizione con riguardo al periodo anteriore alla sua entrata in vigore». Il
legislatore, pur fissando legittimamente, con l’art.18, co.12, del decreto-legge 6/7/2011, n. 98, convertito, con modificazioni, nella legge 15/7/2011, n. 111, un precetto normativo già desumibile dalla disposizione interpretata dell’art.2, co.26, della L. n.335 del 1995, « avrebbe dovuto comunque tener conto, in questa particolare fattispecie, di tale già insorto affidamento in una diversa interpretazione; ciò, peraltro, in sintonia con un criterio destinato ad affermarsi nell’ordinamento previdenziale » (punto 9.2. del Considerato in diritto).
13.1Per effetto della declaratoria d’illegittimità costituzionale, la disciplina delle sanzioni cessa di applicarsi al caso di specie, in cui si controverte su una annualità (2010) antecedente alla legge d’interpretazione autentica del 2011 (in termini, Cass . n.17970/22). Né (come osservato nella recente ord. n. 10892 del 2025), si frappone il limite dei rapporti esauriti, indiscutibili per effetto del formarsi del giudicato e dunque idonei a precludere quell’efficacia retroattiva della pronuncia di accoglimento che rappresenta caposaldo del sistema di giustizia costituzionale e ne salvaguarda l’effettività. La contestazione radicale del debito contributivo impedisce il formarsi del giudicato e dunque il consolidarsi del rapporto controverso (Cass., sez. lav., 1/8/2024, n.21685, punto 7 delle Ragioni della decisione) anche con riferimento al profilo più circoscritto delle sanzioni applicabili e alle relative statuizioni, legate a quelle specificamente censurate dal vincolo di stretta consequenzialità (Cass., sez. lav., 4/9/2023, n.25653, punto 20 del Considerato). Pertanto, nel presente giudizio, l’inefficacia della norma dichiarata costituzionalmente illegittima (art. 136, primo comma, Cost.) è coerente con i princìpi generali che presiedono alla funzione giurisdizionale di legittimità e la vincolano alle censure espresse con i motivi di ricorso e all’osservanza del
divieto di reformatio in peius (Cass., sez. lav., 24/6/2022, n. 20446), così impedendo che, della pronuncia di accoglimento, possa giovarsi quella parte che non abbia messo ritualmente in discussione il rapporto sostanziale su cui tale pronuncia incide.
13.2- Entro questi limiti, con esclusivo riguardo alle implicazioni sanzionatorie dell’obbligo contributivo, devono essere accolte le censure della ricorrente. La sentenza d’appello è cassata, dunque, per quanto di ragione; e poiché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, dichiarando che nulla è dovuto per sanzioni civili sui contributi attinenti all’anno 2010.
La necessità di procedere alla correzione della motivazione e la complessità delle questioni dibattute, che solo in epoca recente, con la pronuncia della Corte costituzionale, hanno trovato un assetto definitivo, inducono a compensare le spese dell’inter o processo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso per quanto di ragione, respinto il resto; cassa la sentenza impugnata nella parte relativa all’applicazione delle sanzioni e decidendo nel merito, dichiara che nulla è dovuto per sanzioni irrogate per l’anno 2010. Compensa le spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta