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Gestione Separata avvocati: obbligo anche con redditi bassi

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8648/2025, ha stabilito che l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata per gli avvocati non dipende dal superamento di una soglia di reddito, ma dall’esercizio abituale della professione. Un avvocato era stato chiamato a versare i contributi all’ente previdenziale pur avendo un reddito inferiore alla soglia per l’iscrizione obbligatoria alla Cassa Forense. La Corte d’Appello aveva dato ragione al professionista, ma la Cassazione ha ribaltato la decisione, chiarendo che il reddito basso non esclude di per sé l’abitualità dell’attività. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per una nuova valutazione basata su questo principio.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Gestione Separata Avvocati: Abitualità vs Reddito, la Cassazione Fa Chiarezza

L’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata per avvocati e altri professionisti è un tema che genera spesso dubbi e contenziosi. Quando un professionista, pur essendo iscritto all’albo, non raggiunge il reddito minimo per l’iscrizione obbligatoria alla propria cassa di categoria, deve comunque versare i contributi all’ente previdenziale nazionale? Con la recente ordinanza n. 8648/2025, la Corte di Cassazione è intervenuta per chiarire un punto fondamentale: il criterio decisivo è l’esercizio abituale della professione, non l’ammontare del reddito prodotto.

I Fatti del Caso: Un Avvocato contro l’Ente Previdenziale

La vicenda ha per protagonista un avvocato iscritto all’Albo professionale. Per l’anno 2010, il professionista aveva versato alla Cassa Forense solo il contributo integrativo, ma non quello soggettivo, poiché il suo reddito non raggiungeva la soglia minima prevista per l’iscrizione obbligatoria alla cassa di categoria. Di conseguenza, l’ente previdenziale nazionale gli aveva imposto l’iscrizione d’ufficio alla Gestione Separata, richiedendo il pagamento dei relativi contributi.

L’avvocato si è opposto, sostenendo l’illegittimità di tale iscrizione. In primo grado, il Tribunale ha dato ragione all’ente, confermando la pretesa contributiva.

La Decisione della Corte d’Appello

In secondo grado, la Corte d’Appello di Firenze ha ribaltato la decisione. I giudici hanno accolto il reclamo dell’avvocato, ritenendo che non sussistesse l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata. La motivazione si basava su due punti principali:

1. Mancanza di abitualità: Secondo la Corte, il fatto che il reddito del professionista fosse al di sotto della soglia per l’iscrizione alla Cassa Forense dimostrava l’assenza del carattere continuativo e abituale dell’attività.
2. Soglia di reddito: Il reddito prodotto era inferiore anche alla soglia di 5.000 euro annui, prevista per distinguere il lavoro autonomo occasionale da quello che richiede obblighi contributivi.

In sostanza, la Corte d’Appello ha equiparato il basso reddito a un’attività di tipo occasionale, escludendo così l’obbligo di iscrizione.

Il Ricorso in Cassazione e l’obbligo alla Gestione Separata per avvocati

L’ente previdenziale ha impugnato la sentenza d’appello dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando una violazione di legge. Secondo l’ente, la Corte territoriale aveva erroneamente collegato l’abitualità dell’esercizio professionale al superamento di una determinata soglia di reddito.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’ente, offrendo una lettura chiara e rigorosa della normativa. Gli Ermellini hanno stabilito che i due regimi – quello per i professionisti iscritti ad albi e quello per i lavoratori autonomi occasionali – sono distinti e non vanno confusi.

Il principio cardine è il seguente: per un professionista iscritto a un albo, l’obbligatorietà dell’iscrizione alla Gestione Separata è legata all’esercizio abituale, ancorché non esclusivo, di una professione. Questo esercizio deve produrre un reddito che non sia già soggetto a contribuzione presso la cassa di categoria.

La soglia dei 5.000 euro, invece, è rilevante solo per qualificare come produttiva di obblighi contributivi un’attività di lavoro autonomo occasionale. Non è un parametro per determinare l’abitualità di un’attività professionale svolta da un soggetto iscritto a un albo.

La Corte d’Appello ha quindi commesso un errore nel dedurre la natura occasionale dell’attività del legale dal semplice mancato superamento delle soglie di reddito. La Cassazione ha sottolineato che l’abitualità deve essere accertata in concreto, e non può essere esclusa a priori solo perché il reddito è basso.

Le Conclusioni

In conclusione, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte d’Appello di Firenze, in diversa composizione, affinché riesamini il merito della controversia. Il nuovo esame dovrà basarsi sul principio secondo cui, per gli iscritti ad albi professionali, l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata dipende da una valutazione concreta dell’abitualità dell’esercizio professionale, a prescindere dall’ammontare del reddito prodotto. Questa decisione rafforza la finalità universalistica della Gestione Separata, volta a garantire una copertura previdenziale a tutti i lavoratori che altrimenti ne sarebbero privi.

Un avvocato con un reddito molto basso è obbligato a iscriversi alla Gestione Separata?
Sì, può essere obbligato. L’obbligo non dipende dall’importo del reddito, ma dal fatto che l’attività professionale sia esercitata in modo abituale, anche se non esclusivo, e che il reddito prodotto non sia già soggetto a contribuzione presso la Cassa Forense.

La soglia di reddito di 5.000 euro annui è rilevante per un professionista iscritto a un albo?
No, secondo la Cassazione questa soglia è un presupposto per far rientrare nell’obbligo di iscrizione le attività di lavoro autonomo occasionale. Per un professionista iscritto a un albo, il criterio determinante è l’abitualità dell’esercizio della professione, che deve essere accertata in concreto.

Cosa significa che l’attività professionale è esercitata in modo ‘abituale’?
La sentenza chiarisce che l’abitualità non coincide con il superamento di una soglia di reddito. Si tratta di un’attività svolta con regolarità e continuità nel tempo, anche se non in via esclusiva o prevalente. La valutazione deve essere fatta caso per caso, esaminando le concrete modalità di svolgimento della professione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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