Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24590 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 24590 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso 1167-2022 proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliata presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Centrale dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 778/2021 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 06/07/2021 R.G.N. 64/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/04/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
Rep.
Ud. 10/04/2024
CC
con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Palermo, accogliendo l’appello dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e riformando la pronuncia di primo grado, ha dichiarato dovuti i contributi richiesti all’AVV_NOTAIO a titolo di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, in relazione all’attività libero professionale svolta nell’anno 2010, quale avvocato iscritto all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ma non anche alla RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE (in ragione del mancato conseguimento del reddito nella misura utile per l’insorgenza del relativo obbligo e di quello contributivo conseguente);
in particolare, la Corte d’appello ha affermato la sussistenza dell’obbligo di iscrizione alla RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE (e di quello contributivo consequenziale, senza fasce di esenzione) della ricorrente che ha versato, in relazione all’anno 2010, alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE solo il contributo integrativo, in ragione di un reddito inferiore al limite stabilito dalla RAGIONE_SOCIALE per la relativa iscrizione ed ha, inoltre, giudicato tempestiva, e quindi idonea ad interrompere il termine prescrizionale, la richiesta di pagamento dell’RAGIONE_SOCIALE (ritenendo che il termine per il pagamento dei contributi relativi all’anno 2010 scadesse il 6.7.2011, ad opera del differimento disposto dal D.P.C.M. 12 maggio 2011, ed a fronte dell’intimazione inoltrata dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE con nota ricevuta l’1.7.2016);
avverso tale sentenza la professionista ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, e l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ha depositato procura ad litem;
A seguito di ordinanza interlocutoria resa dalla sesta sezione di questa Corte, la causa era rinviata a nuovo ruolo dinnanzi a questa sezione.
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e la falsa applicazione del combinato disposto della L. n. 335 del 1995, art. 2, e del D.Lgs. n. 509 del 1994, art. 2, per avere la Corte di appello ritenuto sussistente l’obbligo di iscrizione alla gestione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del professionista avvocato che, iscritto all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, non versa i contributi alla RAGIONE_SOCIALE corrispondente per difetto dei relativi presupposti;
con il secondo motivo è dedotta la violazione dell’art. 416 c.p.c., avendo, la Corte territoriale, ammesso la produzione del documento interruttivo della prescrizione (la nota dell’RAGIONE_SOCIALE dell’1.7.2016), utilizzando i poteri d’ufficio al di fuori dei limiti legali e supplendo ad una lacuna probatoria; né poteva ritenersi sospeso il termine di prescrizione, ex art. 2941 c.c., non integrando, la mancata compilazione del quadro RR della dichiarazione dei redditi, comportamento doloso;
Il primo motivo è da rigettare nel profilo di censura devoluto.
A seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 12 questa Corte ha interpretato la L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26 nel senso che il professionista non iscritto alla cassa previdenziale di categoria e non tenuto a versare il contributo c.d. soggettivo, deve essere iscritto alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE presso l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE (Cass.30344/2017, Cass.32166/18, Cass.32608/18, Cass.5826/21).
In particolare, se il professionista non supera la soglia di reddito tale da rendere obbligatoria l’iscrizione alla cassa – come è nel caso di specie – lo stesso è tenuto all’iscrizione presso la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in virtù del
principio di universalizzazione della copertura assicurativa, cui risulta funzionale la L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26 (Cass.32508/18, Cass.519/19).
Tale assetto interpretativo della L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26 nella formulazione successiva al D.L. n. 98 del 2011, al quale la Corte d’appello si è uniformata, è stato da ultimo ritenuto costituzionalmente legittimo dalla Corte Costituzionale, con la sentenza n. 104/22.
Da esso non vi è alcun motivo di discostarsi e ne seguirebbe il rigetto del primo motivo se, nelle more del giudizio, non fosse intervenuto il Giudice delle Leggi, con la sentenza cit., in tema di obbligo di pagamento delle sanzioni di cui alla L. n. 338 del 2000, art. 116.
I contributi omessi sono relativi all’anno 2010, e dunque ad epoca precedente l’entrata in vigore del D.L. n. 98 del 2011.
Come ritenuto da questa Corte (Cass.17970/22), sull’apparato sanzionatorio relativo ai professionisti iscritti d’ufficio alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, la Corte Costituzionale, con la citata sentenza n. 104/22, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.L. n. 198 del 2011, art. 18, comma 12 conv. in L. n. 111 del 2011, nella parte in cui non prevede che gli avvocati del libero foro non iscritti alla RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE per mancato raggiungimento delle soglie di reddito o di volume di affari di cui alla L. n. 576 del 1980, art. 22 tenuti all’obbligo di iscrizione alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE costituita presso l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, siano esonerati dal pagamento, in favore dell’ente previdenziale, delle sanzioni civili per l’omessa contribuzione con riguardo al periodo anteriore alla sua entrata in vigore.
In particolare, si è affermato che “Nella fattispecie in esame l’affidamento dell’avvocato con reddito (o
volume d’affari) ‘sottosoglia, prima dell’entrata in vigore della disposizione di interpretazione autentica, avrebbe dovuto essere oggetto di specifica e generalizzata tutela ex lege per adeguare la disposizione interpretativa al canone di ragionevolezza, deducibile dal principio di uguaglianza (art. 3 Cost., comma 1).
Nell’esercizio della legittima funzione di interpretazione autentica, il legislatore era sì libero di scegliere, tra le plausibili varianti di senso della disposizione interpretata, anche quella disattesa dalla giurisprudenza di legittimità dell’epoca; ma avrebbe dovuto farsi carico, al contempo, di tutelare l’affidamento che ormai era maturato in costanza di tale giurisprudenza.
La reductio ad legitimitatem della norma censurata può, quindi, essere operata mediante l’esonero dalle sanzioni civili per la mancata iscrizione alla RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE relativamente al periodo precedente l’entrata in vigore della norma di interpretazione autentica.
In tal modo è soddisfatta l’esigenza di tutela dell’affidamento scusabile, ossia con l’esclusione della possibilità per l’ente previdenziale di pretendere dai professionisti interessati, oltre all’adempimento dell’obbligo di iscriversi alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e di versare i relativi contributi, anche il pagamento delle sanzioni civili dovute per l’omessa iscrizione con riguardo al periodo intercorrente tra l’entrata in vigore della norma interpretata e quella della norma interpretativa”.
Posto che la sentenza della Corte Costituzionale è una sentenza di accoglimento, nei limiti sopra indicati, ne
discende che – ha osservato ancora Cass.17970/22 – in base all’art. 136 Cost., in combinato disposto con la L. n. 87 del 1953, art. 30, il D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 12 cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione, nella parte in cui non prevede che gli avvocati del libero foro non iscritti alla RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE per mancato raggiungimento delle soglie di reddito o di volume di affari di cui alla L. n. 576 del 1980, art. 22 tenuti all’obbligo di iscrizione alla RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE costituita presso l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, siano esonerati dal pagamento, in favore dell’ente previdenziale, delle sanzioni civili per l’omessa contribuzione con riguardo al periodo anteriore alla sua entrata in vigore.
La sentenza della Corte Costituzionale cancella la norma incostituzionale dall’ordinamento giuridico con riferimento a tutti i rapporti non ancora esauriti, per cui nella presente fattispecie ciò determina che la questione prospettata in ordine alla debenza ed entità delle sanzioni civili, in quanto riferite all’anno 2010 in cui la legge dichiarata incostituzionale non era ancora entrata in vigore, va decisa con la conseguente declaratoria, nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti, che nulla è dovuto per sanzioni civili in conseguenza del confermato obbligo di iscrizione alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE da parte della ricorrente.
In definitiva, accogliendo nei sensi di cui sopra, il primo motivo di ricorso e rigettati gli altri motivi, la sentenza va cassata in parte qua e, decidendosi nel merito la questione relativa all’applicabilità delle sanzioni civili connesse all’obbligo contributivo accertato, va dichiarato che nulla è dovuto a titolo di sanzioni per l’anno 2010.
Manifestamente infondato è il secondo motivo, attinente alla prescrizione.
Questa Corte (v. tra le altre, Cass.10273/21, Cass.1361/22, Cass.19851/22) ha affermato che la prescrizione dei contributi dovuti alla RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE decorre dal momento in cui scadono i termini per il pagamento dei predetti contributi, sicché assume rilievo, ai fini della decorrenza della prescrizione in questione, anche il differimento dei termini stessi, quale quello previsto dalla disposizione di cui al D.P.C.M. 11 maggio 2011, art. 1, comma 1, in relazione ai contributi dovuti per l’anno 2010. Correttamente, dunque, la Corte d’appello ha considerato il D.P.C.M. 11 maggio 2011 e ha fatto decorrere il termine di prescrizione dal 6.7.2011.
In considerazione del fatto che nel presente giudizio di legittimità l’accoglimento in parte qua del primo motivo deriva dalla sopravvenuta parziale declaratoria di illegittimità costituzionale della norma interpretativa, ricorrono idonee ragioni per compensare le spese di lite dell’intero processo.
P.Q.M.
La Corte, accolto per quanto di ragione il primo motivo di ricorso, respinto il secondo, cassa in parte qua la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara che la ricorrente non è tenuta a versare le sanzioni civili relative alla sua iscrizione alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per l’anno 2010. Dichiara compensate le spese di lite dell’intero processo.
Così deciso in Roma, all’adunanza camerale, del 10