Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 27616 Anno 2024
Oggetto
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 10/04/2024
CC
Civile Ord. Sez. L Num. 27616 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso 11978-2022 proposto da:
NOME COGNOME, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1058/2021 RAGIONE_SOCIALE CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 26/10/2021 R.G.N. 896/2020; udita la relazione RAGIONE_SOCIALE causa svolta nella camera di consiglio del 10/04/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Catanzaro, riformando la pronuncia di primo grado, ha ritenuto idoneamente interrotta dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE la prescrizione quinquennale dei contributi richiesti alla professionista in epigrafe indicata a titolo di RAGIONE_SOCIALE separata di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, in relazione all’attività libero professionale svolta nell’anno 2009, quale avvocato iscritto all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ma non anche alla RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE (in ragione del mancato conseguimento del reddito nella misura utile per l’insorgenza del relativo obbligo e di quello contributivo conseguente);
in particolare, la Corte d’appello ha ritenuto applicabile il differimento del termine di pagamento al 6.7.2010, senza alcuna maggiorazione, previsto dal DPCM 10.6.2010, validamente interrotta la prescrizione quinquennale (con intimazione di pagamento ricevuta il 30.6.2015), dimostrata l’abitualità dell’attività lavorativa, conseguendone, in definitiva, il rigetto dell’opposizione ad avviso di addebito svolto dalla professionista;
avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, ulteriormente illustrato con memoria, avverso il quale l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso;
CONSIDERATO CHE
con i motivi di ricorso la ricorrente si duole di violazione di legge, per avere la Corte di merito applicato il differimento dei termini e attribuito idoneità interruttiva RAGIONE_SOCIALE prescrizione all’intimazione di pagamento; si duole, inoltre, di plurime violazioni di
legge, per non avere la Corte di merito tenuto conto dell’insussistenza dell’abitualità dell’attività svolta;
il primo motivo è da rigettare;
trova applicazione, quanto al primo mezzo di gravame, l’orientamento di legittimità (v., per tutte, Cass. n.27538/2023) che si è andato consolidando in materia di termini di prescrizione, segnatamente in punto di rilievo che va necessariamente attribuito, ai fini RAGIONE_SOCIALE decorrenza degli stessi, al differimento del termine iniziale di prescrizione ad opera dei dd.PP.C.M. ratione temporis applicabili, in virtù del D.Lgs. n. 9 luglio 1997, n. 241, art. 12, comma 5;
la norma da ultimo richiamata devolve, infatti, a un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri la possibilità di modificare i termini riguardanti gli adempimenti dei contribuenti relativi a imposte e contributi dovuti in base allo stesso decreto, tenendo conto delle esigenze generali dei contribuenti, dei sostituti e dei responsabili d’imposta o delle esigenze organizzative dell’amministrazione;
per quanto concerne i redditi prodotti nel 2009 (periodo di causa), il D.P.C.M. 10 giugno 2010, ha differito i termini di pagamento dei contributi dal 16.6.2010 al 6.7.2010, senza maggiorazioni;
l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, dunque, può far valere i propri diritti a partire da tale termine, che rappresenta il dies a quo dal quale computare il quinquennio ai fini del decorso RAGIONE_SOCIALE prescrizione;
quanto alle implicazioni soggettive del differimento, questa Corte ha chiarito che ne beneficiano tutti i contribuenti, allorché esercitano attività economiche per le quali sono stati elaborati studi di settore e non soltanto coloro che, in concreto, alle risultanze di tali
studi fossero fiscalmente assoggettati per non aver scelto un diverso regime d’imposizione ; (Cfr. Cass. n. 10273 del 2021);
ciò che rileva, ai fini del predetto differimento, è il fattore oggettivo dello svolgimento di un’attività economica riconducibile ad una di quelle per le quali sono stati elaborati studi di settore e non la condizione soggettiva del singolo professionista di effettiva sottoposizione al regime fiscale derivante dall’adesione alle risultanze degli studi medesimi (ex multis, cfr. Cass. n. 22336 del 2022; Cass. n. 23314 e n. 23309 del 2022; Cass. n. 24668 del 2022);
questo essendo il quadro generale di riferimento, la Corte d’appello ha dato corretta attuazione all’orientamento consolidato di questa Corte in merito sia alla decorrenza del termine iniziale di prescrizione (differito a norma del D.P.C.M.), sia all’assoggettamento allo stesso anche da parte dei professionisti per i quali sono stati elaborati studi di settore (Cass. n. 4899 del 2021; Cass. n. 10273 del 2021);
passando, poi all’esame del secondo motivo di gravame, questa Corte è costante nell’affermare che il professionista iscritto a un albo o a un elenco è obbligato a iscriversi presso la RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE separata, nell’ipotesi di esercizio abituale, ancorché non esclusivo, di un’attività professionale che produca un reddito non assoggettato a contribuzione da parte RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di riferimento (Cass., sez. lav., 18 febbraio 2021, n. 4419);
quanto al requisito dell’abitualità, si deve apprezzare nella sua dimensione di scelta ex ante del libero
professionista e non invece quale conseguenza ex post, desumibile dall’ammontare del reddito prodotto;
una diversa interpretazione condurrebbe ad ancorare il requisito dell’iscrizione alla RAGIONE_SOCIALE separata alla produzione di un reddito superiore alla soglia di cui all’art. 44 del D.L. n. 269 del 2003, “che invece rileva ai fini dell’assoggettamento a contribuzione di attività libero-professionali svolte in forma occasionale” (di recente, Cass., sez. lav., 19 giugno 2024, n. 16925);
la produzione d’un reddito superiore alla soglia annua di 5.000,00 Euro vale a privare d’ogni rilievo la disquisizione sulla natura abituale oppure occasionale dell’attività libero-professionale da assoggettare a contribuzione;
invero, il superamento di tale soglia determina comunque la sottoposizione dell’attività, quand’anche non sia abituale, all’obbligo di contribuzione in favore RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE separata (Cass., sez. lav., 7 ottobre 2022, n. 29272, punto 17 dei Motivi RAGIONE_SOCIALE decisione);
il requisito dell’abitualità dev’essere accertato in punto di fatto, sulla scorta delle inferenze desumibili dall’iscrizione all’albo, dall’accensione RAGIONE_SOCIALE partita IVA o dall’organizzazione materiale predisposta dal professionista a supporto RAGIONE_SOCIALE sua attività (fra le molte, Cass., sez. lav., 12 settembre 2023, n. 26330);
nessuno di tali elementi, tuttavia, può di per sé rivestire valenza esclusiva, trattandosi pur sempre di forme di praesumptio hominis , che non impongono all’interprete conclusioni indefettibili, ma semplici regole di esperienza per risalire dal fatto noto a quello ignoto (Cass., sez. lav., 6 settembre 2023, n. 26018, punto 9 del Considerato, in coerenza con i principi già enunciati dalla richiamata pronuncia n. 4419 del 2021);
la percezione di un reddito annuo d’importo inferiore alla soglia di Euro 5.000,00 può rilevare quale indizio, da ponderare unitamente agli altri dati acquisiti al processo, per escludere in concreto la sussistenza del requisito dell’abitualità (Cass., sez. lav., 30 aprile 2024, n. 11535, punto 14 delle Ragioni RAGIONE_SOCIALE decisione);
la prova dell’abitualità grava sull’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in quanto rappresenta elemento costitutivo RAGIONE_SOCIALE pretesa dedotta (Cass., sez. lav., 28 settembre 2023, n. 27531, punto 5.4. delle Ragioni RAGIONE_SOCIALE decisione; Cass. n. 21681 del 2024);
ai principi appena richiamati si è conformata la Corte d’Appello di Catanzaro, senza incorrere negli errores in iudicando denunciati dalla ricorrente;
la Corte territoriale non ha fatto leva in via esclusiva sul mancato superamento RAGIONE_SOCIALE soglia reddituale di Euro 5.000,00, dato che di per sé non assurge a portata dirimente (di recente, Cass., sez. lav., 19 giugno 2024, n. 16935);
la sentenza impugnata ha valorizzato la mancata specifica contestazione delle allegazioni dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE concernenti la non occasionalità RAGIONE_SOCIALE libera professione (fin dal primo grado, inerenti atti e attività e predisposizione di mezzi finalizzati all’esercizio dell’attività abituale) unitamente al compendio di elementi di prova raccolti, quali la scelta RAGIONE_SOCIALE professionista di denunciare, nella dichiarazione dei redditi, il compenso derivante dalla libera professione come reddito da lavoro autonomo (quadro CM) e non già come compenso derivante da un’attività di lavoro autonomo non esercitato abitualmente (rigo RL15); l’iscrizione all’RAGIONE_SOCIALE professionale; l’ incontestata
apertura RAGIONE_SOCIALE partita IVA, costituente adempimento tipico di chi esercita abitualmente attività di lavoro autonomo (sentenza impugnata punto 7.4.);
sulla scorta di tali elementi presuntivi, ritenuti in rapporto di vicendevole completamento e prevalenti sull’elemento di segno contrario del reddito sottosoglia, la Corte di merito si è dunque in tali termini cimentata con l’accertamento in concreto, prescritto dalla fattispecie normativa (in termini analoghi, Cass., sez. lav., 1 settembre 2023, n. 25598, punto 18 del Considerato), senza appiattirsi su alcun automatismo e senza arrestarsi al mero riscontro del mancato superamento RAGIONE_SOCIALE soglia di legge;
quell’abitualità che spettava all’RAGIONE_SOCIALE dimostrare è stata, in conclusione, dalla Corte di merito ritenuta provata in via presuntiva e tutte le censure svolte con il secondo mezzo, alla stregua del solo paradigma delle violazioni di legge, non incrinano il detto accertamento di fatto;
va, invece, accolto il secondo mezzo, per quanto si dirà, nel profilo dipendente delle sanzioni accessorie al debito contributivo;
l ‘ assetto interpretativo RAGIONE_SOCIALE L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26 nella formulazione successiva al D.L. n. 98 del 2011, al quale la Corte d’appello si è uniformata, corretta la motivazione nei sensi anzidetti, è stato da ultimo ritenuto costituzionalmente legittimo dalla Corte Costituzionale, con la sentenza n. 104/22;
vale premettere che, come affermato, fra le altre, da Cass. n.21685/2024, l’impugnazione, volta a contrastare la sussistenza del debito contributivo, preclude il formarsi del giudicato riguardo al profilo dipendente delle sanzioni e, a tal proposito, impedisce
di configurare il rapporto controverso come esaurito e dunque impermeabile all’incidenza RAGIONE_SOCIALE sopravvenuta declaratoria d’illegittimità costituzionale RAGIONE_SOCIALE relativa disciplina (Cass., sez. lav., 4 settembre 2023, n. 25653, punto 20 del Considerato, in linea con quanto già affermato da Cass., S.U., 27 ottobre 2016, n. 21691);
la Corte costituzionale, con la richiamata sentenza n. 104 del 2022, ha rilevato che il legislatore, pur fissando legittimamente, con l’art. 18, comma 12, del D.L. n. 98 del 2011, un precetto normativo già desumibile dalla disposizione interpretata dell’art. 2, comma 26, RAGIONE_SOCIALE legge n. 335 del 1995, “avrebbe dovuto comunque tener conto, in questa particolare fattispecie, di tale già insorto affidamento in una diversa interpretazione; ciò, peraltro, in sintonia con un criterio destinato ad affermarsi nell’ordinamento previdenziale” (punto 9.2. del Considerato in diritto);
in virtù di tali considerazioni, la pronuncia citata ha dichiarato l’illegittimità costituzionale “dell’art. 18, comma 12, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111, nella parte in cui non prevede che gli avvocati del libero foro non iscritti alla RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE per mancato raggiungimento delle soglie di reddito o di volume di affari di cui all’art. 22 RAGIONE_SOCIALE legge 20 settembre 1980, n. 576 (Riforma del sistema previdenziale RAGIONE_SOCIALE), tenuti all’obbligo di iscrizione alla RAGIONE_SOCIALE separata costituita presso l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, siano esonerati dal pagamento, in favore dell’ente previdenziale, delle sanzioni civili per l’omessa
iscrizione con riguardo al periodo anteriore alla sua entrata in vigore”;
nel caso di specie, trova applicazione la pronuncia di accoglimento, in quanto si controverte sulle sanzioni riguardanti un’annualità precedente (2009) alla legge d’interpretazione autentica;
entro questi limiti, con esclusivo riferimento alle implicazioni sanzionatorie dell’obbligo contributivo, dev ‘ essere accolta la seconda critica;
conseguentemente, la sentenza d’appello è cassata in parte qua e la causa può essere decisa nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, con la declaratoria che nulla è dovuto per sanzioni civili sui contributi attinenti all’anno 2009;
la complessità delle questioni dibattute, che solo in epoca recente, con la pronuncia RAGIONE_SOCIALE Corte costituzionale, hanno trovato assetto definitivo, induce a compensare le spese dell’intero processo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo nei termini indicati in motivazione, rigettato il primo mezzo; cassa la sentenza impugnata in parte qua e, decidendo nel merito, dichiara che non sono dovute le sanzioni civili sui contributi relativi all’anno 2009; compensa le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, all’adunanza camerale, del 10