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Frode alla legge contratto a termine: la Cassazione

Un lavoratore, assunto con più contratti a termine da due società collegate, ha chiesto la conversione del rapporto in tempo indeterminato per frode alla legge. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, chiarendo che la mancanza di un’esigenza produttiva temporanea non è di per sé sufficiente a dimostrare l’intento fraudolento. Inoltre, ha specificato che contratti stipulati con datori di lavoro diversi, anche se appartenenti allo stesso gruppo, non costituiscono legalmente un ‘rinnovo’ o ‘contratti successivi’, rendendo le allegazioni del lavoratore insufficienti a provare la frode alla legge.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Frode alla Legge nel Contratto a Termine: Quando non Basta la Successione di Contratti

La stipulazione di una serie di contratti a tempo determinato è una prassi diffusa, ma quando si configura una frode alla legge che giustifica la conversione del rapporto in uno a tempo indeterminato? Con la sentenza n. 23630/2025, la Corte di Cassazione fornisce chiarimenti cruciali, sottolineando che l’onere della prova grava sul lavoratore, il quale deve allegare elementi concreti che vadano oltre la mera successione dei contratti o la presunta mancanza di esigenze temporanee.

I Fatti del Caso: La Successione di Contratti a Termine

Il caso esaminato riguarda un lavoratore impiegato, tra il 2016 e il 2019, da due diverse società operanti nel settore della distribuzione e della vendita al dettaglio, sebbene facenti parte dello stesso gruppo aziendale. Il lavoratore, ritenendo che la successione di contratti a termine fosse finalizzata ad eludere le norme sul rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ha agito in giudizio per chiedere l’accertamento di un unico rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e il conseguente risarcimento del danno.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno rigettato le sue domande. In particolare, la Corte territoriale ha sostenuto che il lavoratore non avesse fornito prove sufficienti a dimostrare l’intento fraudolento delle società, limitandosi a contestazioni generiche.

La Decisione della Corte di Cassazione e la frode alla legge

Il lavoratore ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando una ‘motivazione apparente’ da parte della Corte d’Appello. A suo dire, i giudici di secondo grado non avrebbero adeguatamente considerato le circostanze specifiche da lui prospettate per dimostrare l’assenza di una reale temporaneità delle esigenze produttive.

La Suprema Corte ha dichiarato il motivo infondato, cogliendo l’occasione per ribadire i principi fondamentali in materia di abuso e frode alla legge nei contratti a termine.

L’Irrilevanza della ‘Temporaneità’ dell’Esigenza Produttiva

Un punto centrale della decisione è la distinzione tra la normativa europea sulla somministrazione di lavoro e quella sul contratto a tempo determinato (Direttiva 1999/70/CE). A differenza della prima, la seconda non impone la ‘temporaneità’ dell’esigenza produttiva come requisito di validità del contratto a termine. La direttiva mira a prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti attraverso l’adozione di misure specifiche, quali:

1. Ragioni obiettive che giustifichino il rinnovo.
2. Una durata massima totale dei contratti successivi.
3. Un numero massimo di rinnovi.

Le argomentazioni del lavoratore, incentrate sulla presunta stabilità delle esigenze aziendali, sono state quindi ritenute irrilevanti per dimostrare la frode alla legge.

L’Assenza di ‘Rinnovi’ e ‘Contratti Successivi’ nel Caso Specifico

La Corte ha inoltre evidenziato un dato fattuale decisivo: i contratti erano stati stipulati con due diverse entità giuridiche (una società di distribuzione e una società di vendita al dettaglio) e presso sedi differenti. Di conseguenza, non si poteva parlare tecnicamente né di ‘rinnovo’ né di ‘contratti successivi’, poiché entrambe le nozioni presuppongono l’identità del datore di lavoro. Questa circostanza ha reso le allegazioni del lavoratore ancora più deboli.

Le Motivazioni della Corte

La Cassazione ha stabilito che la motivazione della Corte d’Appello non era affatto ‘apparente’, ma pienamente comprensibile nel suo iter logico. I giudici di merito avevano correttamente ritenuto che il lavoratore non avesse adempiuto al proprio onere probatorio. Provare la frode alla legge richiede infatti l’allegazione di ‘circostanze concrete idonee a sostenere la tesi’, non mere deduzioni sulla natura stabile delle mansioni. Poiché le circostanze addotte dal ricorrente (la successione di contratti con diverse società e le proroghe legittime) erano giuridicamente irrilevanti ai fini della configurazione di un abuso, la Corte territoriale aveva giustamente respinto il gravame.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: per ottenere la conversione di un contratto a termine in uno a tempo indeterminato sulla base di una presunta frode alla legge, non è sufficiente lamentare la stabilità delle esigenze aziendali. Il lavoratore deve provare, con elementi specifici e concreti, che il datore di lavoro ha utilizzato lo strumento del contratto a termine con l’intento elusivo di aggirare norme imperative. Inoltre, la Corte chiarisce che la stipulazione di contratti con società diverse, seppur collegate, non integra automaticamente una successione abusiva, poiché manca il requisito dell’identità del datore di lavoro. La decisione rafforza quindi la necessità di un’analisi rigorosa dei fatti e di un onere probatorio specifico a carico di chi invoca l’abuso.

La mancanza di una temporanea esigenza produttiva è sufficiente a provare la frode alla legge in una successione di contratti a termine?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che, ai sensi della normativa derivante dalla Direttiva 1999/70/CE, la temporaneità dell’esigenza produttiva non è un requisito di validità del contratto a termine. Pertanto, la sua assenza non è, da sola, idonea a dimostrare la frode alla legge.

Due contratti a termine con due diverse società collegate possono essere considerati ‘successivi’ o un ‘rinnovo’ ai fini della normativa anti-abuso?
No. La sentenza specifica che le nozioni giuridiche di ‘rinnovo’ e ‘contratti successivi’ presuppongono l’identità del datore di lavoro. Di conseguenza, contratti stipulati con due diverse persone giuridiche, anche se appartenenti allo stesso gruppo, non rientrano in queste definizioni.

Cosa deve fare un lavoratore per dimostrare un uso fraudolento dei contratti a termine?
Il lavoratore ha l’onere di provare la frode. Secondo la Corte, deve allegare e dimostrare elementi o circostanze concrete e specifiche che siano idonee a sostenere la tesi dell’intento fraudolento, ovvero che il datore di lavoro abbia usato lo schema contrattuale per eludere norme imperative. Le sole allegazioni sulla natura non temporanea delle mansioni o sulla successione di contratti con entità diverse non sono sufficienti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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