Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23630 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 23630 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/08/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 26456/2021 r.g., proposto
da
NOME COGNOME , elett. dom.to in INDIRIZZO Brescia, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME.
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.to in INDIRIZZO Roma, presso RAGIONE_SOCIALE , rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME;
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.to in INDIRIZZO Roma, presso RAGIONE_SOCIALE , rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME.
contro
ricorrenti
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano n. 998/2021 pubblicata in data 27/08/2021, n. r.g. 270/2021.
Udita la relazione svolta all’udienza e nella camera di consiglio del giorno 11/06/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
Viste le conclusioni scritte depositate dal P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.ssa NOME COGNOME
OGGETTO:
pluralità di contratti a tempo determinato – frode alla legge – configurabilità – limiti
Udita la discussione dei difensori delle parti.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- NOME deduceva di aver lavorato alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE e poi di RAGIONE_SOCIALE in virtù di vari contratti a termine da maggio 2016 ad agosto 2019. Assumeva che il termine finale apposto ai contratti fosse nullo.
Pertanto adìva il Tribunale di Milano per ottenere, previa declaratoria di nullità del termine finale, l’accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato alle dipendenze dell’una o dell’altra società, nonché la cond anna delle società al pagamento dell’indennità risarcitoria.
2.- Costituitosi il contraddittorio, Il Tribunale rigettava le domande.
3.La Corte d’Appello, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava il gravame interposto dal lavoratore.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:
con unico motivo l’appellante contesta che le visure camerali utilizzate dal Tribunale per ritenere provato il rispetto del limite percentuali dei contratti a termine stipulati dalle società -potessero costituire valido e sufficiente mezzo di prova, in quanto si tratterebbe di dichiarazioni di parte;
in senso contrario va evidenziato in primo luogo che le visure camerali sono state depositate in giudizio non dalle società, ma dallo stesso lavoratore e tale comportamento processuale conferisce a tali documenti una validità quantomeno indiziaria relativamente ai dati occupazionali ivi riportati;
inoltre l’appellante non contesta i dati occupazionali ivi riportati, né allega numeri contrari, ma si limita ad eccepire che si tratterebbe di mere dichiarazioni di parte, come tali prive di valore probatorio in favore del dichiarante;
in ogni caso, ai sensi dell’art. 23, co. 4, d.lgs. n. 81/2015, la violazione del limite percentuale non determina la trasformazione del contratto a termine finale in uno a tempo indeterminato, ma solo l’applicabilità di sanzioni amministrative pecuniarie;
il rispetto del limite di durata ex lege dei singoli rapporti di lavoro intercorsi fra le parti -come già accertato dal Tribunale e non impugnato con l’appello consente di escludere la paventata frode alla legge, poiché tutti i contratti erano soggetti ratione temporis al regime di acausalità di cui all’art. 19 d.lgs. n. 81/2015 in quel periodo vigente;
in ogni caso l’onere di provare l’uso fraudolento dei contratti a termine è a carico dell’appellante, il quale non ha allegato alcun elemento o circostanza concreta idonea a sostenere la tesi della frode alla legge.
4.- Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo.
5.- RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE hanno resistito con controricorso.
6.Tutte le parti hanno depositato memoria per l’adunanza camerale.
7.- Il ricorso è stato poi rinviato a nuovo ruolo per la fissazione in pubblica udienza, in considerazione del fatto che il ricorrente ha rilasciato procura ‘cartacea’ poi digitalizzata e depositata unitamente al ricorso nativo digitale.
8.Tutte le parti hanno depositato memoria per l’odierna pubblica udienza.
9.- Il P.G. ha depositato memoria, con cui ha concluso per il rigetto del ricorso.
10.- In data 02/07/2025, dopo la pubblica udienza, il difensore del ricorrente ha depositato rinunzia al ricorso.
CONSIDERATO CHE
1.- In via preliminare il ricorso va considerato ammissibile per l’esistenza di una valida procura speciale (sebbene redatta in forma ‘cartacea’, poi digitalizzata e depositata con il ricorso per cassazione nativo digitale), in difetto di espressioni che univocamente conducano ad escludere l’intenzione della parte di proporre ricorso per cassazione (Cass. sez. un. n. 2077/2024).
2.- Sempre in via preliminare va affermata l’irrilevanza della rinunzia al ricorso, in quanto tardiva. Questa Corte ha da tempo affermato che nel giudizio di cassazione il ricorrente può rinunciare al ricorso, ai sensi dell’art. 390 c.p.c., fino a quando non sia cominciata la relazione all’udienza pubblica (o sino alla data dell’adunanza camerale o finché non gli siano state notificate le conclusioni scritte del Procuratore generale nei casi di cui all’art. 380-ter c.p.c.), con la conseguenza che è priva di effetti la rinuncia successiva a tale
termine preclusivo (Cass. ord. n. 18531/2024; Cass. ord. n. 21876/2007; v. già Cass. 28/06/1969, n. 2343).
3.- Con l’unico motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4), c.p.c. il ricorrente denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, co. 2, n. 4), c.p.c., per avere la Corte territoriale adottato una motivazione meramente apparente. In particolare il ricorrente censura quel passo della sentenza d’appello, in cui la Corte territoriale, dopo aver premesso che l’onere di provare l’uso fraudolento dei contratti a termine è a carico dell’appellante, ha affermato che il lavoratore non aveva allegato alcun elemento o circostanza concreta idonea a sostenere la tesi della frode alla legge. Deduce che al contrario sia nel ricorso di primo grado, sia in quello di appello, aveva prospettato specifiche circostanze, che si era offerto di provare, per dimostrare l’assenza della temporaneità delle esigenze soddisfatte con i plurimi contratti a termine da lui conclusi.
Il motivo è infondato.
L e Sezioni unite di questa Corte hanno ritenuto che l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integri un error in procedendo che comporta la nullità della sentenza solo nel caso di “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, di “motivazione apparente”, di “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, di “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014). Si è ulteriormente precisato che di ‘motivazione apparente’ o di ‘motivazione perplessa e incomprensibile’ può parlarsi solo nel caso in cui essa non renda ‘percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consenta alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice’ (Cass. SS.UU. n. 22232 /2016).
Tali condizioni non ricorrono nella specie, in quanto è certamente percepibile il percorso motivazionale seguito dalla Corte territoriale per respingere il gravame, avendo essa ritenute mancate le allegazioni sufficienti in fatto per sostenere la prospettata frode alla legge.
Peraltro, le deduzioni al riguardo riportate dal ricorrente come contenute nel ricorso introduttivo ed in quello d’appello (v. ricorso per cassazione, pp. 4
e 5) sono soltanto dirette a prospettare la mancanza di temporaneità delle esigenze produttive che, a suo dire, avrebbero giustificato le sue assunzioni a termine, fatto questo che tuttavia è irrilevante e, come tale, non idoneo ad integrare le allegazioni sufficienti in termini di frode alla legge.
Va infatti evidenziato che -diversamente dalla direttiva eurounitaria 2008/104/CE in materia di somministrazione di manodopera, come interpretata dalla Corte di Giustizia con sentenza del 14/10/2020 in causa C681/18 ed applicata da questa Corte di legittimità (Cass. n. 23495/2022) -quella sul contratto di lavoro subordinato a tempo determinato (direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato) non impone la ‘temporaneità’ dell’esigenza produttiva come requisito di validità o di legittimo ricorso al contratto di lavoro subordinato a tempo determinato. In particolare, la clausola 5 dell’accordo quadro sopra citato, rubricato ‘ Misure di prevenzione degli abusi ‘, si limita a stabilire quanto segue:
‘ 1. Per prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative a:
ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti;
la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi;
il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti.
Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali stesse dovranno, se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato:
devono essere considerati “successivi”;
devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato ‘ .
Rispetto a questi principi, le circostanze dedotte dal ricorrente sono del tutto irrilevanti, in quanto del tutto estranee ai requisiti per il legittimo e
genuino ricorso a contratti di lavoro subordinato a tempo determinato. Peraltro, in punto di fatto risulta pacifico -per averlo dedotto lo stesso ricorrente (v. ricorso per cassazione, p. 2) -che il primo contratto è stato concluso con RAGIONE_SOCIALE e presso la sede di Parma, mentre il secondo con RAGIONE_SOCIALE e presso la sede di Piacenza. Quindi non può parlarsi di ‘rinnovo’ né di ‘contratti successivi’, entrambe vicende che postulano l’identità dei contraenti , nella specie insussistente.
Altrettanto irrilevanti -e quindi, come tali, non idonee ad integrare le allegazioni sufficienti sulla frode alla legge -sono le proroghe legittime che vi sono state, contenute nei limiti della disciplina nazionale: anc h’esse non integrano un ‘ rinnovo ‘ nel senso tecnico -giuridico del termine, che postula l’estinzione del rapporto di lavoro sorto con il precedente contratto e la costituzione di un nuovo rapporto mediante il successivo contratto.
3.- Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.500,00, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali e accessori di legge, in favore di ciascuna controricorrente.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in data