LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Fornitura massa vestiaria: obblighi del datore di lavoro

La Corte di Cassazione ha esaminato il caso di alcuni agenti di Polizia Municipale che chiedevano un risarcimento al Comune per la mancata fornitura e lavaggio della massa vestiaria. La Corte ha cassato la sentenza d’appello, affermando che non basta che il datore di lavoro acquisti le divise, ma deve anche provarne l’effettiva consegna. Il semplice affidamento della fornitura a una ditta esterna non è sufficiente a dimostrare l’adempimento dell’obbligo di fornitura massa vestiaria.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Fornitura Massa Vestiaria: La Cassazione Chiarisce gli Obblighi del Datore di Lavoro

La questione della fornitura massa vestiaria ai dipendenti è un tema ricorrente nel diritto del lavoro, specialmente nel pubblico impiego. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sugli obblighi del datore di lavoro, distinguendo nettamente tra l’acquisto delle divise e la prova della loro effettiva consegna ai lavoratori. Vediamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Un gruppo di operatori di Polizia Municipale aveva citato in giudizio il proprio Comune, lamentando la mancata fornitura delle divise di servizio per diversi anni (dal 2008 in poi) e il mancato lavaggio delle stesse. I lavoratori chiedevano un risarcimento del danno, quantificato in base al numero di forniture (invernali ed estive) che avrebbero dovuto ricevere secondo una cadenza biennale.

Il Tribunale di primo grado aveva dato ragione ai lavoratori, condannando l’ente al pagamento di una somma a titolo di risarcimento. La Corte di Appello, invece, aveva riformato la sentenza, accogliendo il ricorso del Comune. Secondo i giudici d’appello, il Comune aveva documentato di aver affidato la fornitura a una ditta esterna e di averla pagata per gli anni in questione. Inoltre, la Corte territoriale aveva escluso che le divise potessero essere considerate dispositivi di protezione individuale (DPI), il cui lavaggio è a carico del datore di lavoro.

L’Analisi della Cassazione sulla Fornitura Massa Vestiaria

Investita della questione, la Corte di Cassazione ha accolto diversi motivi del ricorso presentato dai lavoratori, cassando la sentenza d’appello con rinvio ad un nuovo giudizio. L’analisi della Suprema Corte si è concentrata su alcuni punti nevralgici.

Obbligo di Consegna vs. Semplice Acquisto

Il punto cruciale della decisione è la distinzione tra l’adempimento dell’obbligo di acquisto e quello di consegna. La Cassazione ha ritenuto errato il ragionamento della Corte d’Appello, la quale aveva considerato sufficiente la prova dell’affidamento della fornitura a una ditta esterna e del relativo pagamento per escludere l’inadempimento del Comune.

Secondo gli Ermellini, l’obbligazione del datore di lavoro non si esaurisce con l’acquisto della massa vestiaria, ma comprende anche e soprattutto la sua effettiva consegna ai dipendenti. La Corte territoriale ha sovrapposto indebitamente le due questioni, senza accertare in concreto se i lavoratori avessero effettivamente ricevuto le divise. Non è sufficiente presumere che all’acquisto sia seguita la consegna; tale circostanza deve essere provata dal datore di lavoro.

Omessa Pronuncia e Prova del Danno

Un altro motivo di accoglimento del ricorso riguarda l’omessa pronuncia sulla richiesta risarcitoria relativa alla mancata fornitura per l’anno 2016. La Corte d’Appello aveva limitato la sua analisi al periodo 2010-2015, ignorando le pretese dei lavoratori per l’anno successivo.

La Cassazione ha ricordato che la mancata fornitura della massa vestiaria costituisce un inadempimento contrattuale che legittima l’azione risarcitoria, a condizione però che il lavoratore alleghi e dimostri di aver subito un pregiudizio economico (ad esempio, l’usura di abiti propri o il costo sostenuto per acquistare beni non forniti). La valutazione equitativa del danno da parte del giudice può intervenire solo se l’esistenza del danno (l’an debeatur) è stata provata.

La Gestione della Rinuncia di un Lavoratore

La Corte ha inoltre affrontato la posizione di uno dei lavoratori che, nel corso del giudizio di primo grado, aveva sottoscritto una lettera di rinuncia all’azione. La Cassazione ha stabilito che la Corte d’Appello aveva errato nel gestire questa situazione, poiché il Comune, nel suo atto di appello, non aveva specificamente impugnato la decisione del Tribunale che implicitamente aveva ignorato tale rinuncia. Per far valere una rinuncia soggetta alla disciplina dell’art. 2113 c.c. (rinunce e transazioni del lavoratore), il datore di lavoro deve formulare una censura specifica e rigorosa in sede di impugnazione, cosa che nel caso di specie non era avvenuta.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Cassazione si fondano su principi consolidati del diritto del lavoro e processuale. In primo luogo, l’onere della prova dell’adempimento di un’obbligazione contrattuale, come la fornitura massa vestiaria, grava sul debitore, ossia il datore di lavoro. Questi deve dimostrare non solo di aver attivato le procedure per l’acquisto, ma anche che i beni sono entrati nella disponibilità materiale del creditore, il lavoratore.

In secondo luogo, il giudice non può presumere l’adempimento sulla base di fatti diversi e non direttamente collegati, come il pagamento a un fornitore terzo. Un tale ragionamento presuntivo è stato ritenuto privo dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dalla legge. Infine, la Corte ha ribadito la necessità per il giudice d’appello di pronunciarsi su tutte le domande proposte, senza omettere l’esame di specifici periodi temporali oggetto della richiesta risarcitoria.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza è di grande importanza pratica. Per i datori di lavoro, pubblici e privati, emerge chiaramente la necessità di documentare non solo l’acquisto di divise e indumenti da lavoro, ma anche la loro effettiva consegna a ciascun dipendente, ad esempio tramite registri o verbali di consegna firmati. Affidarsi esclusivamente alle fatture dei fornitori non è sufficiente a mettersi al riparo da contestazioni.

Per i lavoratori, la sentenza conferma che la mancata fornitura è un inadempimento che dà diritto al risarcimento, ma sottolinea l’importanza di allegare e provare il danno economico subito. Sarà compito del giudice di rinvio, ora, riesaminare il caso attenendosi ai principi stabiliti dalla Suprema Corte.

Per adempiere all’obbligo di fornitura della massa vestiaria, è sufficiente che il datore di lavoro dimostri di aver acquistato le divise da una ditta esterna?
No, secondo la Corte di Cassazione non è sufficiente. Il datore di lavoro deve provare l’effettiva consegna delle divise ai lavoratori, poiché il semplice acquisto o l’affidamento della fornitura a terzi non costituisce prova dell’adempimento dell’obbligazione.

Gli indumenti di lavoro e le uniformi ordinarie sono considerati Dispositivi di Protezione Individuale (DPI)?
Nel caso di specie, la Corte di Appello aveva escluso che le divise della Polizia Municipale fossero DPI, in quanto la loro funzione principale è identificare gli operatori e non proteggerli da specifici rischi per la salute. La Cassazione, pur cassando la sentenza per altri motivi, non ha contraddetto questo punto, che si basa sull’art. 40 del D.Lgs. 626/1994.

Cosa deve fare il datore di lavoro in appello se intende far valere una rinuncia all’azione firmata da un dipendente?
Il datore di lavoro che intende avvalersi di una rinuncia del lavoratore deve formulare uno specifico e rigoroso motivo di appello contro la statuizione di condanna, chiedendo una declaratoria di improponibilità della domanda avversaria per intervenuta rinuncia e fornendo la relativa prova documentale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati