Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 33951 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 33951 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16838/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME unitamente agli avvocati COGNOME COGNOME
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME
NOME COGNOME NOME COGNOME con diritto di ricevere le notificazioni presso la PEC degli avvocati COGNOME e COGNOME che lo rappresentano e difendono
-controricorrenti-
nonchè contro
NOME COGNOME
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 515/2018 pubblicata il 27/11/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Venezia, con la sentenza n.515/2018 pubblicata il 27/11/2018, ha rigettato il gravame proposto da RAGIONE_SOCIALE nella controversia con NOME COGNOME ed altri.
La controversia ha per oggetto il diritto all’intervento del Fondo di garanzia ex legge n.297/1982 nel caso di trasferimento d’azienda ex art.2112 cod. civ., con riferimento al T.F.R. maturato alle dipendenze del cedente (RAGIONE_SOCIALE e fallimento del cessionario (RAGIONE_SOCIALE.
Il Tribunale di Padova dichiarava il diritto all’intervento del Fondo di garanzia, sul presupposto della ammissione dei crediti per T.F.R. allo stato passivo di CRAGIONE_SOCIALE
La C orte territoriale ha ritenuto la inapplicabilità dell’art.2556 cod. civ., siccome destinata a regolare «il rapporto tra aziende», e dunque non idonea ad impedire la prova della cessione di azienda per testimoni o presunzioni. Sulla base di questo presupposto in diritto, ha ritenuto in fatto provata «l’effettività del trasferimento
d’azienda, anche se non formalizzato», sulla base della documentazione prodotta in giudizio, e nonostante la formale costituzione ex novo dei rapporti di lavoro in capo a RAGIONE_SOCIALE Ne ha tratto la conseguenza che tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE fosse intervenuta una cessione d’azienda ex art.2112 cod. civ., e che pertanto RAGIONE_SOCIALE fosse tenuta ex lege al pagamento del TFR, e per la fallita il Fondo di garanzia.
5. Per la cassazione della sentenza ricorre l’istituto previdenziale, con ricorso affidato ad un unico motivo, illustrato da memoria. NOME COGNOME ed altri resistono con controricorso, illustrato da memoria. NOME COGNOME è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il motivo unico l’IRAGIONE_SOCIALE lamenta la violazione degli artt.2 commi primo, secondo, quarto, quinto, settimo ed ottavo della legge n.297/1982, con riferimento agli artt.1298 comma primo e 2112 cod. civ., in relazione all’art.360 comma primo n.3 cod. proc. civ.. Deduce che con riferimento alla quota di T.F.R. maturata presso il cedente il lavoratore deve rivolgersi, per la soddisfazione del credito, anzitutto al cedente che per tale quota è il debitore principale ex art.1298 cod. civ.; e che, in difetto di tale preventiva escussione, non sussiste il requisito essenziale per l’insorgenza della obbligazione principale, ossia la prova che il lavoratore non possa soddisfare il suo credito per l’insolvenza del datore di lavoro.
2. Il motivo è infondato.
Si intende in questa sede dare continuità al costante orientamento di questa Corte, nei termini che seguono: «questa Corte ha costantemente affermato che: a) il Fondo di garanzia deve intervenire allorché l’insolvenza riguardi il datore di lavoro cessionario, poiché l’insolvenza ha determinato la cessazione del rapporto di lavoro e quindi l’esigibilità del t.f.r. (Cass. n.37789/22, Cass.n.4897/21, Cass.n. 19277/18); b) l’obbligo di garanzia del Fondo riguarda anche la quota di t.f.r. maturata nel corso del
rapporto con il cedente; per essa il cessionario è obbligato in solido verso il lavoratore (Cass.n.39698/21); c) l’obbligo del Fondo di garanzia non può dirsi sussidiario, cioè condizionato ad un beneficio d’ordine o di preventiva escussione da parte del lavoratore verso eventuali coobbligati in solido con il cessionario, ovvero il cedente (Cass.nn.26021/18, 39698/21, Cass.8510/23). Tali principi vanno confermati in questa sede, né il novellato testo del comma 7 dell’art.2 l. n.297/82 apporta argomenti di segno contrario laddove prevede che, una volta pagato, il Fondo di garanzia si surroghi anche verso eventuali condebitori solidali, e non verso il solo datore di lavoro. Tale norma non afferma alcuna sussidiarietà dell’obbligo di garanzia del Fondo, ma va nella direzione, già evidenziata da questa Corte (Cass.n.8510/23), di agevolare il diritto di surroga dell’Inps a pagamento avvenuto: l’ente si surroga, ai sensi dell’art.1203, n.3 c.c., nello stesso diritto del lavoratore, compreso il diritto di credito che poteva vantare contro il cedente dell’azienda, coobbligato in solido con il cessionario per il pagamento del t.f.r. maturato durante il periodo lavorativo prestato presso il cedente stesso. Nel caso di specie, essendo intervenuta l’insolvenza della società (cessionaria) alle dipendenze del quale era in corso il rapporto di lavoro con i controricorrenti al tempo in cui divenne esigibile il t.f.r., sussiste l’obbligo del Fondo di garanzia, con conseguente rigetto del ricorso» (Cass. 21/06/2024 n.17140)
Quanto all’art.1298 cod. civ., posto dall’Istituto previdenziale a fondamento del motivo di ricorso, giova rilevare che in materia di obbligazioni solidali occorre distinguere tra il lato esterno ed il lato interno del rapporto obbligatorio: il primo riguarda il rapporto tra i condebitori ed il creditore (art.1292 cod. civ.), il secondo il rapporto tra i condebitori (art.1298 cod. civ.).
Nel lato esterno della obbligazione solidale il creditore non trova nessun limite alla sua facoltà di scelta del debitore al quale
chiedere l’adempimento, ed anche l’art.1297 cod. civ. è funzionale al perseguimento di questa ampia facoltà, non potendo il debitore scelto per l’adempimento opporgli eccezioni personali agli altri condebitori in solido.
La disposizione invocata dall’Istituto previdenziale afferisce al lato interno del rapporto obbligatorio, e dunque non riguarda il tema della facoltà di scelta del creditore. Peraltro, dal combinato disposto dell’art.1299 commi secondo e terzo cod. civ. può trarsi la conclusione che l’unico effetto della insolvenza nel condebitore in solido nel cui esclusivo interesse è stata assunta l’obbligazione è quello della ripartizione della perdita – per contributo – tra gli altri condebitori in solido.
Diverso è il caso della obbligazione sussidiaria, nel quale il debitore sussidiario è tenuto al pagamento solo nel caso in cui l’adempimento sia stato prima richiesto al debitore principale (beneficium ordinis, art.1268 comma secondo cod.civ.), ovvero solo dopo l’escussione negativa del patrimonio del debitore principale (beneficium excussionis, artt.1944, 2268, 2304, 2315 cod. civ.).
La tesi sostenuta dal ricorrente si risolve nel qualificare come sussidiaria una obbligazione prevista dalla legge come solidale (art.2112 comma secondo cod. civ.), rispetto alla quale non possono introdursi i limiti e le condizionalità espressamente previste solo per le obbligazioni sussidiarie. Né può ritenersi che l’Istituto previdenziale sia obbligato in solido con il datore di lavoro insolvente per il pagamento del T.F.R., o che l’obbligazione del Fondo di garanzia sia qualificabile come sussidiaria rispetto a quella del debitore principale. E ciò in considerazione della autonomia della obbligazione previdenziale rispetto alla obbligazione di pagamento del T.F.R., desumibile dalla diversità dei rispettivi fatti costitutivi.
Deve dunque darsi conferma all’orientamento sopra richiamato, e per l’effetto il ricorso deve essere rigettato.
Le spese seguono la soccombenza. Per l’effetto il ricorrente deve essere condannato al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge. Da distrarsi ai procuratori dichiaratisi antistatari.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge. Da distrarsi ai procuratori dichiaratisi antistatari. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2024.