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Fondo di garanzia TFR: No al pagamento se il lavoro prosegue

La Corte di Cassazione ha stabilito che il Fondo di garanzia TFR gestito dall’INPS non è tenuto a intervenire quando, a seguito di una cessione di ramo d’azienda, il rapporto di lavoro dei dipendenti prosegue senza interruzioni con la nuova società. Anche se un accordo sindacale ha esonerato l’acquirente dalla responsabilità per il TFR maturato in precedenza e l’azienda cedente è successivamente fallita, la condizione essenziale per l’accesso al Fondo – la cessazione del rapporto di lavoro – non si è verificata. L’accordo sindacale non è opponibile all’INPS.

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Pubblicato il 27 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Fondo di garanzia TFR: niente intervento se il rapporto di lavoro continua

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale per i lavoratori coinvolti in operazioni di cessione d’azienda: l’accesso al Fondo di garanzia TFR. La questione centrale è se il Fondo debba intervenire quando il vecchio datore di lavoro fallisce, ma i dipendenti hanno proseguito la loro attività con la nuova società acquirente. La risposta della Suprema Corte è stata negativa, delineando con precisione i confini operativi di questa importante tutela previdenziale.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da una controversia tra un gruppo di lavoratori e l’INPS. I lavoratori erano dipendenti di una società che, prima di essere dichiarata fallita, aveva ceduto un ramo d’azienda a un’altra impresa. Nell’ambito della cessione, era stato stipulato un accordo sindacale in deroga, con cui i lavoratori avevano rinunciato al principio di solidarietà del nuovo datore di lavoro per i crediti maturati in precedenza, incluso il TFR.

Il loro rapporto di lavoro era quindi proseguito senza interruzioni alle dipendenze della società acquirente. A seguito del fallimento della società cedente, i lavoratori si sono rivolti all’INPS per ottenere dal Fondo di garanzia TFR il pagamento della liquidazione maturata fino al momento della cessione. Mentre il Tribunale di primo grado aveva accolto la loro richiesta, la Corte d’Appello l’aveva respinta, portando la questione dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Fondo di garanzia TFR

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dei lavoratori, confermando la decisione della Corte d’Appello. Il principio cardine affermato è che l’intervento del Fondo di garanzia TFR è subordinato a presupposti specifici che, nel caso in esame, non erano presenti. La prosecuzione del rapporto di lavoro con la società cessionaria è risultata essere l’elemento decisivo per escludere il diritto alla prestazione del Fondo.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha basato la sua decisione su una serie di argomentazioni giuridiche chiare e distinte.

1. Autonomia del rapporto previdenziale:
In primo luogo, è stata ribadita la netta distinzione tra il rapporto di lavoro (che lega il dipendente al datore) e il rapporto previdenziale (che lega il lavoratore all’INPS). L’accordo sindacale, pur essendo valido nell’ambito del rapporto di lavoro per escludere la responsabilità del nuovo datore, non può produrre effetti sul rapporto previdenziale. Tale accordo, in altre parole, non è opponibile all’INPS, le cui obbligazioni sono stabilite esclusivamente dalla legge.

2. I presupposti per l’intervento del Fondo:
La normativa che istituisce il Fondo di garanzia TFR (Legge n. 297/1982) richiede, come condizione imprescindibile, la cessazione del rapporto di lavoro. È solo con la cessazione che il credito per il TFR diventa esigibile. Nel caso di specie, i lavoratori non avevano mai interrotto la loro attività, essendo semplicemente passati alle dipendenze di un nuovo soggetto. Di conseguenza, il loro TFR non era ancora esigibile e, pertanto, non poteva essere oggetto di garanzia da parte del Fondo.

3. La finalità della tutela:
La Corte ha sottolineato che lo scopo del Fondo è assicurare una tutela in caso di insolvenza del datore di lavoro, non di coprire le conseguenze di scelte negoziali, come la rinuncia alla solidarietà del cessionario. Ammettere l’intervento del Fondo in una situazione del genere significherebbe deviare le risorse previdenziali dalla loro finalità istituzionale, gravando la collettività di un onere derivante da un accordo tra privati.

Le Conclusioni

L’ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso: il Fondo di garanzia TFR non interviene se, in seguito a una cessione d’azienda, il rapporto di lavoro prosegue con il nuovo acquirente. La continuità lavorativa impedisce che il TFR diventi esigibile nei confronti del cedente, facendo così venir meno il presupposto fondamentale per l’attivazione della garanzia INPS. Per i lavoratori, questa decisione sottolinea l’importanza di valutare attentamente le conseguenze degli accordi sindacali in deroga, poiché la rinuncia alla solidarietà del cessionario, in caso di successivo fallimento del cedente, può precludere l’accesso a questa fondamentale rete di protezione sociale.

L’accordo sindacale che esonera il nuovo datore di lavoro dal TFR pregresso è valido nei confronti dell’INPS?
No. Secondo la Corte, tale accordo riguarda solo il rapporto di lavoro tra lavoratore, cedente e cessionario. Non è opponibile all’INPS, il cui rapporto con il lavoratore è di natura previdenziale e autonomo, regolato da norme di legge imperative.

Il Fondo di garanzia TFR interviene se il rapporto di lavoro prosegue con un’altra azienda dopo una cessione?
No, il Fondo non interviene in questo caso. La Corte ha stabilito che un presupposto fondamentale per l’intervento del Fondo è la cessazione del rapporto di lavoro, che rende il TFR esigibile. Se il rapporto prosegue, il credito per TFR non è ancora sorto e quindi la garanzia non può operare.

Perché la prosecuzione del lavoro con il nuovo datore impedisce l’accesso al Fondo di garanzia TFR?
Perché l’intervento del Fondo è legato all’insolvenza del soggetto che è datore di lavoro al momento della cessazione del rapporto. Se il lavoro continua, il TFR non è esigibile. L’insolvenza riguarda un soggetto (il cedente) che, al momento della richiesta, non è più il datore di lavoro dei ricorrenti, e il credito per TFR non è ancora maturato definitivamente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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