Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 34284 Anno 2024
Civile Sent. Sez. L Num. 34284 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/12/2024
SENTENZA
sul ricorso 21950-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME
– intimato –
avverso la sentenza n. 20/2019 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 11/02/2019 R.G.N. 132/2017;
Oggetto
Fondo di garanzia INPS
R.G.N. 21950/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 15/10/2024
PU
dita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/10/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l’avvocato NOME COGNOME per delega verbale avvocato NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza depositata l’11.2.2019, la Corte d’appello di Perugia ha confermato, per quanto qui rileva, la pronuncia di primo grado che aveva condannato l’INPS a corrispondere a NOME COGNOME le differenze sul TFR corrispostogli a carico del Fondo di garanzia nell’importo netto indicato nella diffida accertativa emessa dalla Direzione Territoriale del Lavoro e non invece nella misura lorda indicata nell’ultima busta paga, gravandolo delle ritenute fiscali di legge.
I giudici territoriali, in particolare, hanno ritenuto che pur avendo il lavoratore richiesto l’intervento del Fondo sulla scorta di una diffida accertativa recante ingiunzione di pagamento di somme nette, avesse comunque diritto all’importo lordo del TFR, rimanendo allo stato di mera ipotesi il fatto che sull’importo non corrisposto il datore di lavoro avesse provveduto a versare le ritenute dovute all’erario.
Avverso tale pronuncia l’INPS ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura. NOME COGNOME è rimasto intimato. Il Pubblico ministero ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di censura, l’INPS denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2120 c.c., dell’art. 2, comma 5°, l. n. 297/1982, dell’art. 12, d.lgs. n. 124/2004, e dell’art. 474 c.p.c., in relazione all’art. 2697 c.c., per avere la Corte di mer ito ritenuto che, pur avendo richiesto l’intervento del Fondo di
garanzia in relazione ad una diffida accertativa asseritamente recante l’importo netto delle somme spettanti a titolo di TFR, l’odierno intimato avesse comunque diritto di ottenere il pagamento delle relative somme al lordo delle ritenute di legge. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 2, l. n. 297/1982, 23, d.P.R. n. 600/1973, e 11, d.lgs. n. 47/2000, in relazione all’art. 2697 c.c., per avere la Corte territoriale ritenuto che l’odierno intimato av esse diritto al pagamento dell’importo del TFR al lordo delle ritenute di legge pur in assenza di prova che queste ultime non fossero state comunque versate all’erario da parte dell’ex datore di lavoro.
I motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono infondati.
Questa Corte, decidendo su una vicenda pressoché integralmente sovrapponibile a quella per cui qui è causa, ha già avuto modo di chiarire che anche ove il lavoratore abbia ottenuto una diffida accertativa nei confronti del datore di lavoro per somme nette, il calcolo delle somme dovute a titolo di trattamento di fine rapporto deve avvenire sempre al lordo, di talché, in caso d’intervento del Fondo di garanzia, l’INPS, nel liquidare i relativi importi, deve provvedere alla conversione al lordo, per poi, in q ualità di sostituto d’imposta, trattenere l’importo dovuto per le imposte erariali, sempreché non dimostri che le ritenute siano state già operate e versate all’erario (Cass. n. 8406 del 2023).
A sostegno dell’anzidetta conclusione, si è rimarcato che l’obbligazione del Fondo di garanzia, benché autonoma e di natura previdenziale rispetto a quella, di carattere retributivo, che grava sul datore di lavoro, è pur sempre commisurata a quest’ultima, che va corrisposta al lordo delle ritenute di legge,
e si è precisato che, in considerazione del tenore testuale dell’art. 2, comma 2°, l. n. 297/1982, deve escludersi che l’intervento del Fondo di garanzia debba limitarsi all’importo nominale portato dal titolo esecutivo fatto valere dall’assicurato, essendo piuttosto il Fondo obbligato, a domanda del lavoratore, al pagamento ‘del trattamento di fine rapporto di lavoro e dei relativi crediti accessori, previa detrazione delle somme eventualmente corrisposte’.
A tali principi, cui si sono già uniformate Cass. nn. 8517 del 2023 e 23515 del 2024, il Collegio intende qui assicurare continuità, non senza ribadire che l’onere della prova concernente la sussistenza di ritenute di legge non può che gravare sull’INPS, i n quanto gestore del Fondo di garanzia: e ciò non tanto perché, in caso contrario, si graverebbe il creditore della prova di un fatto negativo, ciò non potendo costituire in alcun modo deroga ai principi posti dall’art. 2697 c.c. (così da ult. Cass. n. 8018 del 2021), ma piuttosto perché, in termini generali, al creditore spetta unicamente di provare l’importo del proprio credito, restando a carico del debitore la prova di eventuali fatti modificativi o estintivi del medesimo (art. 2697 comma 2° c.c.).
Il ricorso, pertanto, va rigettato. Nulla va statuito sulle spese, non avendo l’intimato svolto alcuna attività difensiva, mentre, avuto riguardo al rigetto del ricorso, va dichiarata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 15.10.2024.