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Fondo di garanzia TFR: il calcolo è sempre lordo

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 34284/2024, ha stabilito che il Fondo di garanzia TFR, gestito dall’ente previdenziale, è tenuto a liquidare il Trattamento di Fine Rapporto calcolandolo sull’importo lordo, anche quando la richiesta del lavoratore si fonda su un atto che indica una somma netta. L’ente agisce come sostituto d’imposta e deve provvedere a trattenere le imposte dovute. L’onere di dimostrare che le ritenute fiscali siano già state versate dal datore di lavoro insolvente ricade sull’ente stesso e non sul lavoratore.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Fondo di garanzia TFR: la Cassazione conferma, il calcolo è sempre al lordo

Quando un datore di lavoro è insolvente, il lavoratore può rivolgersi al Fondo di garanzia TFR per ottenere il pagamento del proprio Trattamento di Fine Rapporto. Ma cosa succede se la richiesta si basa su un documento, come una diffida dell’Ispettorato del Lavoro, che indica un importo netto? L’ente previdenziale deve pagare la somma netta indicata o quella lorda? La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 34284 del 2024, ha fornito un chiarimento definitivo, rafforzando la tutela del lavoratore.

Il caso: TFR netto o lordo? La questione davanti ai giudici

Un lavoratore, a seguito dell’inadempimento del proprio datore di lavoro, si è rivolto all’ente previdenziale per ottenere il TFR a carico del Fondo di Garanzia. La sua richiesta era supportata da una diffida accertativa emessa dalla Direzione Territoriale del Lavoro, che quantificava il credito in un importo netto. L’ente previdenziale ha liquidato esattamente quella somma, ritenendo di aver adempiuto al proprio obbligo.

Il lavoratore, tuttavia, ha agito in giudizio, sostenendo di aver diritto all’importo lordo del TFR, dal quale l’ente, in qualità di sostituto d’imposta, avrebbe dovuto poi detrarre le ritenute fiscali. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno dato ragione al lavoratore, condannando l’ente a versare le differenze. L’ente ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

La decisione della Corte sul calcolo del Fondo di garanzia TFR

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’ente previdenziale, confermando le sentenze dei gradi precedenti. I giudici hanno stabilito un principio chiaro: l’obbligazione del Fondo di garanzia TFR deve essere sempre calcolata sull’importo lordo del trattamento di fine rapporto, a prescindere dal fatto che il titolo su cui si fonda la richiesta del lavoratore (in questo caso, la diffida accertativa) indichi una somma netta.

Le motivazioni: perché il calcolo va fatto al lordo

La Corte ha basato la sua decisione su diverse argomentazioni giuridiche interconnesse. In primo luogo, ha chiarito che l’obbligazione del Fondo, sebbene autonoma rispetto a quella del datore di lavoro, è commisurata a quest’ultima. Poiché il debito originario del datore per il TFR è sempre quantificato al lordo delle ritenute fiscali, anche l’intervento del Fondo deve basarsi sulla stessa cifra. L’ente previdenziale, intervenendo, assume il ruolo di sostituto d’imposta. Di conseguenza, ha il dovere di calcolare l’importo lordo dovuto, trattenere le imposte e versarle all’erario.

Un punto cruciale della motivazione riguarda l’onere della prova. L’ente sosteneva che il lavoratore avrebbe dovuto provare che le ritenute fiscali non fossero già state versate dal datore di lavoro. La Cassazione ha ribaltato questa prospettiva, affermando che l’onere della prova grava sull’ente previdenziale. Secondo l’art. 2697 c.c., al creditore (il lavoratore) spetta unicamente dimostrare l’esistenza e l’ammontare del proprio credito (il TFR lordo). Spetta invece al debitore (l’ente) provare eventuali fatti estintivi o modificativi del diritto, come l’avvenuto pagamento delle imposte da parte del datore di lavoro originario. Pretendere il contrario significherebbe addossare al lavoratore la prova di un fatto negativo, ovvero il mancato versamento, in violazione dei principi generali.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa sentenza ha importanti implicazioni pratiche. Innanzitutto, rafforza la posizione del lavoratore nei confronti del Fondo di garanzia TFR, garantendogli il pieno diritto a ricevere quanto gli spetta al lordo, senza doversi preoccupare di complesse questioni fiscali. La decisione semplifica l’iter per il lavoratore, che può fare affidamento anche su un documento che indica il netto, sapendo che il calcolo finale sarà correttamente effettuato al lordo.

In secondo luogo, la pronuncia definisce con chiarezza i ruoli e le responsabilità: il lavoratore prova il suo credito, l’ente previdenziale lo liquida al lordo, agisce come sostituto d’imposta e, se del caso, ha l’onere di verificare e dimostrare che le ritenute non siano già state versate. Questo approccio assicura coerenza nel sistema di tutela e garantisce che la funzione del Fondo di garanzia venga espletata in modo completo ed efficace.

Se la mia richiesta al Fondo di garanzia si basa su un documento che indica una somma netta, ho diritto solo a quella?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che si ha sempre diritto al pagamento dell’importo lordo del TFR. L’ente previdenziale deve convertire la somma netta in lorda e poi applicare le ritenute fiscali in qualità di sostituto d’imposta.

Chi deve dimostrare che le tasse sul TFR sono già state pagate dal datore di lavoro insolvente?
L’onere della prova spetta all’ente previdenziale che gestisce il Fondo di garanzia. Il lavoratore deve solo provare l’esistenza del suo credito; spetta all’ente dimostrare che le ritenute sono già state versate all’erario da parte dell’ex datore di lavoro.

L’obbligazione del Fondo di garanzia TFR è identica a quella del datore di lavoro?
Sì, la sentenza chiarisce che l’obbligazione del Fondo, pur essendo autonoma, è commisurata a quella del datore di lavoro. Poiché il debito del datore per il TFR è sempre calcolato al lordo delle ritenute, anche l’intervento del Fondo deve basarsi su tale importo lordo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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