Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 34283 Anno 2024
Civile Sent. Sez. L Num. 34283 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/12/2024
SENTENZA
sul ricorso 18792-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME
– intimato –
avverso la sentenza n. 482/2019 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 25/02/2019 R.G.N. 1410/2016;
R.G.N. 18792/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 15/10/2024
PU
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/10/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso; udito l’avvocato NOME COGNOME per delega verbale avvocato NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con sentenza depositata il 25.2.2019, la Corte d’appello di Bari ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva condannato l’INPS, quale gestore del Fondo di garanzia, a corrispondere a NOME COGNOME le ultime tre mensilità di retribuzione maturate nei mesi di gennaio, febbraio e marzo 2005 alle dipendenze dell’ex datore di lavoro, rimasto inadempiente.
I giudici territoriali, in particolare, hanno ritenuto che l’anno entro cui collocare gli ultimi tre mesi di retribuzione indennizzabili dal Fondo di garanzia dovesse essere nella specie computato a ritroso dalla data in cui il lavoratore aveva adito la Direzione Territoriale del Lavoro per ottenere la diffida accertativa da utilizzare quale titolo esecutivo e che, in suo danno, non potesse rilevare il tempo trascorso prima che l’autorità amministrativa adita emettesse la diffida stessa.
Avverso tale pronuncia l’INPS ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura. NOME COGNOME è rimasto intimato. La causa è stata rimessa alla pubblica udienza, a seguito di infruttuosa trattazione camerale, con ordinanza del 28.3.2024. Il Pubblico ministero ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di censura, l’INPS denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 1, d.lgs. n. 80/1992, in relazione
all’art. 12, d.lgs. n. 124/2004 e agli artt. 474 e 543 c.p.c., per avere la Corte di merito ritenuto che l’anno entro cui collocare le ultime tre mensilità di retribuzione indennizzabili dal Fondo di garanzia dovesse nella specie essere computato a ritroso dalla data in cui l’assicurato aveva adito la Direzione Territoriale del Lavoro per sollecitare l’ispezione in danno del suo datore di lavoro e ottenere la diffida accertativa di cui all’art. 12, d.lgs. n. 124/2004: ad avviso dell’Istituto ricorrente, inf atti, a tanto osterebbe la natura amministrativa e non giurisdizionale della diffida accertativa medesima.
Il motivo, nei termini che seguono, è fondato.
Va premesso che la diffida accertativa è istituto disciplinato dall’art. 12, d.lgs. n. 124/2004, il quale, nel testo vigente ratione temporis e rimasto immutato, nella parte che qui rileva, anche dopo le modifiche introdotte dall’art. 12 -bis , d.l. n. 76/2020 (conv. con l. n. 120/2020), prevede che, qualora nell’ambito dell’attività di vigilanza emergano inosservanze alla disciplina contrattuale da cui scaturiscono crediti patrimoniali in favore dei prestatori di lavoro, il personale ispettivo delle Direzion i del lavoro ‘diffida il datore di lavoro a corrispondere gli importi risultanti dagli accertamenti’ e che, se nei trenta giorni successivi il datore di lavoro non promuove apposito tentativo di conciliazione e questo non si conclude con un accordo, il pro vvedimento di diffida acquista ‘efficacia di titolo esecutivo’.
Ciò posto, va ricordato che l’intervento del Fondo di garanzia di cui al d.lgs. n. 80/1992 non è collegato ad un qualsiasi inadempimento dell’obbligazione retributiva, ma ad un inadempimento che si ricolleghi causalmente all’insolvenza del datore di lavoro: proprio per ciò, questa Corte ha avuto modo di chiarire che la previsione del periodo di riferimento di dodici
mesi decorrenti a ritroso dalla data degli eventi specificamente indicati dall’art. 2, comma 1, d.lgs. n. 80/1992 (tra i quali, per quanto qui rileva, la ‘data di inizio dell’esecuzione forzata’: lett. b) dell’art. 2 cit.), assolve non soltanto allo scopo di agevolare la verifica del diritto alla tutela da parte del Fondo di garanzia obbligato ex lege, ma soprattutto di configurare un nesso di consequenzialità tra le retribuzioni non pagate e l’insolvenza del datore di lavoro (così già Cass. n. 23286 del 2009, in motivazione).
Vero è che ciò non impedisce che il dies a quo del computo a ritroso possa essere in concreto individuato in modo che il credito retributivo non pagato possa collocarsi temporalmente in un momento anteriore rispetto all’anno a decorrere dal quale si è constatata l’effettiva esistenza dell’insolvenza: non potendo andare in danno dell’assicurato i tempi lunghi del procedimento concorsuale o di quello esecutivo individuale, questa Corte ha da tempo chiarito che, all’uopo, deve tenersi conto della data in cui v iene proposta la domanda giudiziale volta all’apertura della procedura concorsuale ovvero quella della domanda volta a far valere in giudizio il credito nei confronti del datore di lavoro rimasto inadempiente (così da ult. Cass. n. 33550 del 2022, sulla scorta di CGUE, 10.7.1997, C-373/95).
Tuttavia, diversamente da quanto opinato dai giudici territoriali, ciò non consente di attribuire efficacia altrettanto dilatoria all’iniziativa dell’assicurato volta a richiedere l’intervento ispettivo della Direzione Territoriale del Lavoro: rispetto all ‘avvio di quest’ultimo, infatti, l’amministrazione mantiene ovviamente ferma la propria potestà discrezionale (così Cass. n. 34370 del 2022), solo l’adito giurisdizionale obbligando la pubblica autorità a pronunciarsi sulla domanda (artt. 2907 c.c. e 112 c.p.c.); e sostenere che il tempo occorrente agli organi
ispettivi per decidere se effettuare o meno gli accertamenti propedeutici all’adozione della diffida giovi ai fini del computo del termine a ritroso di cui all’art. 2, comma 1, lett. b) , d.lgs. n. 80/1992, recherebbe con sé il rischio di prolungare sine die il tempo necessario all’assicurato per procacciarsi un ipotetico titolo esecutivo, frustrando in tal modo le ovvie esigenze di certezza sottese all’intervento del Fondo di garanzia.
Il ricorso, pertanto, va accolto e, cassata la sentenza impugnata, la causa va rinviata alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione, che si atterrà al seguente principio di diritto: ‘Nel computo dei dodici mesi decorrenti a ritroso dalla data di inizio dell’esecuzione forzata, previsto all’art. 2, comma 1, lett. b) , d.lgs. n. 80/1992, ai fini dell’individuazione delle tre mensilità indennizzabili dal Fondo di garanzia, non si può tener conto del tempo trascorso tra la richiesta d’intervento ispett ivo alla Direzione Territoriale del Lavoro e l’adozione, da parte di quest’ultima, della diffida accertativa di cui all’art. 12, d.lgs. n. 124/2004’.
Il giudice designato provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 15.10.2024.