Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23686 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 23686 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 22/08/2025
SENTENZA
sul ricorso 13504-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 469/2018 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 19/04/2018 R.G.N. 1512/2016;
Oggetto
Fiscalizzazione oneri sociali -impresa edile -natura manufatturiera
R.G.N. 13504/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 26/03/2025
PU
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l’avvocato NOME COGNOME per delega verbale avvocato NOME COGNOME
udito l’avvocato NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’appello di Bari ha respinto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza di primo grado di rigetto della domanda di riconoscimento del beneficio della fiscalizzazione degli oneri sociali ai sensi dell’art. 1 L.102/1977 e della domanda di condanna dell’INPS al pagamento della somma di Euro 341.426,35 a titolo di rimborso dei contributi previdenziali versati in eccedenza per il periodo 1/1/199231/12/1998, richiesto dalla società in sede amministrativa in data 10/1/2002 sul rilievo che le imprese edili, svolgendo una attività di trasformazione, mediante l’apporto lavorati vo umano, di prodotti grezzi in prodotti industriali e commerciali, avessero natura manifatturiera secondo la classificazione operata dall’ISTAT, e che pertanto, potessero rientrare nel novero delle imprese ammesse a godere del predetto beneficio.
In particolare, la Corte territoriale ha ritenuto la centralità della questione inerente alla natura dell’attività della società richiedente e la rilevanza del dato normativo: il D.L. n.15/1977 originariamente prevedeva la concessione, in favore delle ‘imprese industriali ed artigiane, escluse quelle edili ed affini’, del credito mensile da portare a conguaglio con gli importi contributivi dovuti agli enti di assicurazione contro le malattie, e di seguito, l’art. 1 della Legge di conversione n.102/1977
modificava la categoria dei beneficiari in favore delle ‘imprese manifatturiere ed estrattive’; ed ancora, con D.L. n. 15/1978 conv. in L. n.75/1978, il credito contributivo previsto al primo comma del citato d.l. 15/77 veniva riconosciuto per un periodo ulteriore e veniva qualificato come riduzione dei contributi per l’assicurazione obbligatoria; infine, con D.L. n.20/1979 convertito in L. n. 92/1979 si indicava nelle imprese artigiane le destinatarie della riduzione contributiva, escludendone espressament e le imprese edili ed affini, e segnatamente all’art. 5 della Legge di conversione n.92/1979 si precisava che le imprese manifatturiere di cui al primo comma dell’art. 1 della L. n. 15/1977 conv. in L. n.15/1977 ‘sono individuate con riferimento alla classificazione delle attività economiche predisposta dall’Istituto centrale di Statistica’.
La Corte territoriale, in conformità con la pronuncia resa da questa Corte con sent. n. 19082/2013, ha escluso l’assimilazione dell’attività edile a quella ontologicamente manifatturiera; e pertanto, considerato che la società ricorrente per sua stessa def inizione era un’impresa edile, che non era provvista del codice statistico fornito da ISTAT nella classificazione delle imprese destinatarie del beneficio, e che non era provata la natura manifatturiera dell’attività economica svolta, intesa come esercizio di attività di trasformazione della materia prima in manufatti, oggetti finiti e pronti per l’acquisito e la messa in circolazione, ha concluso per la conferma del denegato beneficio della fiscalizzazione.
Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE con un unico motivo, illustrato da memoria, a cui INPS resiste con controricorso.
Il Procuratore Generale ha depositato requisitoria scritta nella quale, richiamata recente pronuncia della Corte e la mancanza di condivisibili argomenti per mutare orientamento, ha concluso per il rigetto.
All’udienza del 26 marzo 2025, a cui la causa perviene dopo il rigetto pronunciato dal Presidente Aggiunto in data 17/10/2024 dell’istanza difensiva di assegnazione alle Sezioni Unite per ritenuta inconfigurabilità di un attuale contrasto giurisprudenziale, svolta la relazione del Consigliere relatore, udita la requisitoria del Procuratore Generale, e sentiti i difensori delle parti costituite, la Corte si è riservata di decidere.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con un unico motivo di ricorso, proposto cumulativamente ai sensi dell’art. 360 co.1 n.3 e n.5 c.p.c., la società ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione delle seguenti disposizioni normativa: art. 1 co.1 D.L. n.15/1977 conv. in L. 102/77, art. 1 co.1 d.l. n.20/79 conv. in L. 92/79, art. 5 D.L. 20/79, art. 14 disp. prel. c.c., art. 2195 c.c., e art. 49 primo comma, lett.a), L. 88/89, per avere la Corte di merito, con l’impugnata pronuncia, violato le norme di legge speciale in materia di sgravi alle imprese manifatturiere nel cui ambito rientrerebbero le attività edili; e deduce anche l’omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, inerente alla natura manifatturiera dell’attività svolta e d al l’onere della prova a dimostrarla. Seguendo l’interpretazione letterale del testo normativo, l’art. 1 co. 1 d.l. 20/79, dove dice ‘
si riferisce alle imprese edili di natura artigiana e non a quelle di natura
industriale, di cui la manifatturiera è una species; si tratterebbe di un’eccezione in senso riduttivo dell’obbligo contributivo, il cui riferimento non può essere esteso anche alle imprese industriali (volendosi così interpretare l’art. 1 co.1 d .l. 15/77 nel senso che il beneficio è previsto per le imprese industriali e per le artigiane non edili); ritiene il ricorrente che la fiscalizzazione è diversa dagli sgravi contributivi, in quanto strumento di politica economica generale non territorialmente limitata, pur essendo entrambi un’eccezione all’obbligo contributivo.
1.1 – Inoltre, la natura industriale va individuata in base alla definizione generale del l’art. 2195 c.c., e la manifatturiera è una species di attività industriale che ha ad oggetto la produzione di beni di consumo, non di servizi (che rientrano nel genus di attività industriale secondo la previsione codicistica). Ancora, sostiene il ricorrente che il rinvio alla classificazione predisposta da ISTAT significa che il giudice non può riferirsi ad altre fonti esterne per individuare un criterio di classificazione ai fini della fiscalizzazione degli oneri sociali, ma non è precluso il controllo sulla legittimità dell’atto amministrativo di classificazione, anche in funzione disapplicativa.
1.2 Quanto innanzi sarebbe conforme all’art. 49 L. 88/89 che include l’edilizia, come la manifatturiera, nel settore industria per la classificazione dei datori di lavoro ai fini previdenziali e assistenziali. Ritiene dunque la ricorrente che debba prevalere la natura ontologica dell’attività, se conforme all’inquadramento ISTAT o a seguito di disapplicazione di una diversa classificazione operata da detto istituto; e si verte in un giudizio di diritto e non di merito stabilire se l’attività svolta dalla RAGIONE_SOCIALE sia un’attività manifatturiera in quanto non derivante dall’accertamento delle caratteristiche oggettive
dell’attività quanto dalla valutazione se ad esse si possa o meno attribuire il carattere della trasformazione che costituisce il proprium dell’attività manifatturiera. L’assegnazione del Codice contributivo statistico attribuito da INPS -n. 11301 (codice identificativo delle aziende operanti nel settore industria ‘1’, aventi ad oggetto lo svolgimento di attività di edilizia ed installazione impianti ’13’, e precisamente c ostruzione immobili per abitazioni ed altri usi ’01’) – non rientrerebbe nella classifi cazione predisposta dall’ISTAT (codici dal 45.1 al 45.45.2, riferito ad interventi di demolizioni, trivellazioni, lavori generali di costruzione di edifici, posa in opera e ossatura di tetti e impianti sportivi, costruzioni di strade, opere idrauliche, lavori di isolamento, installazione impianti idraulico-sanitari, intonacatura, posa in opera infissi, rivestimento di pavimenti e muri, tinteggiatura, altri lavori di completamento di edifici noleggio macchine e attrezzature per la costruzione e demolizione con manovratore), e per tale ragione alla società non era stato riconosciuto il richiesto beneficio. Ma l’attività produttiva di manufatti ossia di trasformazione mediante lavoro umano di prodotti grezzi in prodotti industriali o commerciali non aveva costituito oggetto di contestazione di INPS, si trattava di fatti pacifici e non bisognevoli di prova. Conclude per il riconoscimento della fiscalizzazione degli oneri sociali previa valutazione di conformità o di disapplicazione della diversa classificazione assegnata da ISTAT.
1.3 – Nella memoria illustrativa il ricorrente precisa che per il periodo successivo al 1993 si applica l’art. 2 co.4 DL 71/93 (che riconosce il diritto alla fiscalizzazione per le imprese edili di cui ai codici ISTAT 1991 dal 45.1 al 45.45.2): vi rientrerebbero le imprese impiantistiche (ontologicamente manifatturiere) e non
ne sarebbero espressamente escluse le imprese edili, e ribadisce che costituisce giudizio di diritto e non di merito stabilire se l’attività svolta sia manifatturiera, cioè di trasformazione del prodotto. Ribadisce che l’attività rientra nella descrizione dei citati codici ISTAT, che il d.l. 20/79 è norma speciale di stretta interpretazione, insuscettibile di analogia in forza dell’art. 14 delle disp . prel. al codice civile.
Nel controricorso INPS eccepisce l ‘ inammissibilità del ricorso attraverso il quale si chiede un riesame del materiale probatorio, rilevando che non v’è stata alcuna omessa motivazione su un punto controverso, e che è preclusa una censura sul vizio di motivazione in caso di doppia conforme.
Il ricorso è infondato alla stregua dei precedenti di questa Corte.
La tematica della applicazione alle imprese edili dei benefici contributivi di cui all’art. 5 L. 31/3/1979 n.92 è stata già affrontata in sede di legittimità, ed è stata risolta in senso negativo; ‘ In tema di benefici contributivi, l’art. 5 della legge 31 marzo 1979 n. 92, nel prevedere che le imprese manifatturiere ed estrattive di cui all’art. 1, primo comma, del d.l. 7 febbraio 1977 n. 15, convertito, con modificazioni, nella legge 7 aprile 1977 n. 102, sono individuate con riferimento alla classificazione delle attività economiche predisposta dall’Istituto centrale di statistica, si interpreta nel senso che il rinvio non ricomprende le imprese edili avendo il legislatore espressamente escluso dette imprese, con modifica introdotta in sede di conversione dell’art. 1, primo comma, del d.l. 30 gennaio 1979, n. 20 con la legge 31 marzo 1979 n. 92, dall’ambito di applicazione della riduzione contributiva relativa
ai contributi per malattia ‘ (cfr. Cass. sent. n. 19082/2013). Il principio è stato ribadito, per un caso simile, in ord. n. 24634/2023.
Punto nodale del contendere è l’impossibilità di assimilare le imprese edili a quelle manifatturiere; a norma d.l. n.20/1979, introdotto per la necessità di
‘art.1 comma 1 che la riduzione contributiva si applica alle imprese artigiane, escluse quelle edili ed affini, nonché alle imprese che esercitano in forma industriale le attività ivi indicate; in sede di conversione, l’art. 5 L. 92/1979 ha poi specificato che le imprese manifatturiere ed estrattive di cui all’art. 1 co.1 del d.l. n.15 del 1977, convertito , con modificazioni, nella L. n.102 del 1977, sono individuate con riferimento alla classificazione delle
«Determinante, ai fini della soluzione della questione portata all’esame della Corte il confronto tra il dato testuale della previsione del d.l. n. 20 del 1979, art. 1, comma 1, e quello della disposizione -modificativa dello stesso comma 1- di cui alla legge di conversione n. 92 del 1979, art. 1. Inizialmente, invero, il suddetto provvedimento normativo (art. 1, comma 1, decretolegge) nell’estendere ulteriormente la proroga del termine previsto dal (convertito) d.l. n. 353 del 1978 per la fruizione della riduzione contributiva concessa -come già visto tra le altre- alle imprese di cui al d.l. n. 15 del 1977, art. 1 (convertito) -dunque alle imprese manifatturiere ed estrattive (giusta la modificata dizione dell’art. 1 appena citato) – ampliava la platea delle imprese destinatarie del beneficio prevedendo che, nel periodo di proroga del termine in questione, ne beneficiassero, altresì, le imprese costituite in forma di società per azioni che esercitassero in forma industriale, mediante una complessa organizzazione tecnicoamministrativa, l’attività di progettazione di impianti industriali, le aziende idrotermali, nonché le imprese di distribuzione e noleggio di films e di esercizio delle sale cinematografiche. In sede di conversione ad opera della legge n. 92 del 1979, peraltro, il testo della disposizione appena adottata subisce (per quanto qui interessa) una decisiva modifica: il legislatore inserisce, infatti, tra le destinatarie della riduzione contributiva, le imprese artigiane, mentre espressamente ne esclude l’applicazione alle ‘imprese edili ed affini’
Contemporaneamente la legge di conversione aggiunge una disposizione (art. 5) all’evidenza intesa a chiarire, per volontà dello stesso legislatore, quali siano le imprese manifatturiere ed estrattive . Dispone, infatti, testualmente l’art. 5 che ‘Le imp rese manifatturiere ed estrattive sono individuate con riferimento alla classificazione delle attività economiche predisposta dall’Istituto centrale di statistica’ »; 13. l’univoco dato positivo, corroborato anche dalla ratio legis, contraddice dunque la spettanza del beneficio alle imprese edili. La circostanza che, nel convertire il d.l. nr. 15 del 1977, la legge nr. 102 del 1977 abbia indicato come destinatarie del previsto credito contributivo le imprese manifatturiere ed estrattive, non significa, di per sé, che il beneficio sia applicabile alle imprese «edili ed affini», ove si consideri che il legislatore, nei vari provvedimenti in cui tali imprese sono menzionate, ne tratta sempre in modo distinto e differenziato rispetto alle imprese estrattive e manifatturiere come dimostra, inequivocamente, il testo della legge nr. 92 del 1979, art. 1, comma 1; 14. per la Corte «dal delineato quadro normativo è quindi, semmai, argomentabile il contrario, l’intento cioè del legislatore di escludere -e di voler continuare ad escludere -le imprese edili dall’ambito dell’applicazione del beneficio contributivo . La conseguenza, sul piano interpretativo, è che alla disposizione contenuta nella stessa legge n. 92 del 1979, art. 5, non può attribuirsi il significato, preteso dalla società ricorrente, di un’assimilazione delle attività da essa espletate come impresa edile a quelle manifatturiere in ragione della natura ‘ontologicamente’ manifatturiera delle attività
stesse. Invero, una volta escluse le imprese edili dall’area soggettiva di applicazione del beneficio della fiscalizzazione, il suddetto art. 5 deve di necessità leggersi in modo da risultare, con tale previsione, coordinato e coerente; pertanto (nella parte in cui) la norma prescrive che le aziende manifatturiere ed estrattive destinatarie del beneficio in questione sono individuate con riferimento alla classificazione delle attività economiche predisposta dall’ISTAT, l’operato rinvio non può altrimenti intendersi se non nel senso di non ricomprendere in quell’ambito le imprese edili e le attività dalle medesime comunque svolte. E poiché la società ricorrente è, per sua stessa definizione, un’impresa edile, non può pretendere di fondare sulle disposizioni dettate dalla legge n. 102 del 1977 e dalla legge n. 92 del 1979 il diritto alla fiscalizzazione reclamato in giudizio».
Tali considerazioni si attagliano perfettamente al caso di specie, in cui la parte ricorrente ha fatto leva sulla natura ontologicamen te manifatturiera dell’attività edile e, su tale presupposto, ha invocato il beneficio della fiscalizzazione.
Si aggiunga che l’impugnata sentenza ha compiutamente svolto l’iter normativo evolutosi nel tempo ed ha congruamente motivato sulla natura dell’attività svolta dalla RAGIONE_SOCIALE, anche attraverso argomenti di fatto e di diritto, sicché neppure è a dirsi del doluto omesso esame circa un fatto oggetto di discussione tra le parti; ampio è stato il rilievo svolto in sentenza sulla attività non ontologicamente manifatturiera, sulla non attribuzione di un codice statistico di imprese beneficiarie, sulla mancanza di prova della natura
manufatturiera dell’attività economica, sulla carenza di aspetti economici della trasformazione della materia prima in manufatti. Si tratta, poi, di un giudizio doppiamente conforme nei gradi di merito.
Da tanto discende il rigetto del ricorso, conformemente alla requisitoria del PG, con le spese che seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo in ragione del valore di causa.
Sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove il versamento risulti dovuto. Segue la pronuncia sulla condanna al pagamento del doppio del contributo unificato, ove dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in euro 6.000,00, oltre accessori di rito, ed Euro 200,00 per esborsi.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, all’esito dell’udienza pubblica del 26 marzo