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Ferie non godute società pubblica: il diritto prevale

La Corte di Cassazione ha stabilito che una società a partecipazione pubblica, sebbene operi come ente “in house”, è soggetta alle regole del diritto privato per i rapporti di lavoro. Di conseguenza, non può applicare il divieto di monetizzazione delle ferie non godute previsto per la pubblica amministrazione. La sentenza ribadisce che il diritto all’indennità per ferie non godute è fondamentale e può essere negato solo se il datore di lavoro dimostra che il dipendente ha deliberatamente rifiutato di usufruirne dopo essere stato formalmente invitato a farlo.

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Pubblicato il 31 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Ferie non godute società pubblica: il diritto prevale

Un dipendente di una società a partecipazione pubblica ha diritto al pagamento delle ferie non godute al termine del rapporto di lavoro? O l’azienda può negare questa indennità, equiparandosi a una pubblica amministrazione? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16773/2025, ha chiarito che il rapporto di lavoro in queste realtà è regolato dal diritto privato, sancendo il pieno diritto del lavoratore all’indennità. Analizziamo insieme questa importante decisione sulle ferie non godute in una società pubblica.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine dalla richiesta di un lavoratore di una società di trasporti pubblici, interamente partecipata da un ente pubblico, di ottenere il pagamento di un’indennità per ferie e permessi non goduti. Il Tribunale, in prima istanza, aveva dato ragione al lavoratore, disapplicando la norma (art. 5, comma 8, D.L. 95/2012) che vieta la monetizzazione delle ferie per i dipendenti pubblici, ritenendola in contrasto con la normativa europea.

La società ha presentato appello, ma la Corte d’Appello, pur correggendo il metodo di calcolo dell’importo, ha confermato il diritto del lavoratore. La motivazione dei giudici di secondo grado era però diversa: la norma sul divieto di monetizzazione non era affatto applicabile al caso, poiché il rapporto di lavoro, pur intercorrendo con una società “in house”, è di natura privatistica e non pubblica.

L’Appello in Cassazione e i Motivi del Ricorso

L’azienda ha quindi proposto ricorso in Cassazione, basandosi principalmente su due motivi:
1. Errore procedurale: La società lamentava che la Corte d’Appello avesse accolto il ricorso incidentale del lavoratore senza prima esaminare il proprio appello principale.
2. Errore di diritto: Il punto cruciale. L’azienda sosteneva che, in qualità di società “in house”, dovesse essere considerata a tutti gli effetti un’amministrazione pubblica e, di conseguenza, soggetta al divieto di pagare le ferie non godute.

Ferie non godute società pubblica: La Decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso della società, confermando la decisione della Corte d’Appello e fornendo un’analisi dettagliata dei principi in gioco.

Il Diritto Fondamentale alle Ferie

In primo luogo, la Suprema Corte ha ribadito, richiamando la giurisprudenza consolidata sia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea sia della Corte Costituzionale, che il diritto alle ferie annuali retribuite è un diritto fondamentale e irrinunciabile del lavoratore. La sua monetizzazione al termine del rapporto è la conseguenza diretta di questo diritto quando non è stato possibile goderne.

La perdita di tale diritto può avvenire solo in una circostanza specifica: quando il datore di lavoro dimostra di aver invitato formalmente il lavoratore a prendere le ferie, avvisandolo in modo chiaro e tempestivo che, in caso contrario, le avrebbe perse senza compenso. Solo in questo caso, l’inerzia del lavoratore può essere considerata una scelta deliberata e consapevole.

La Natura Giuridica della Società “In House”

Il punto centrale della sentenza è la distinzione netta tra i diversi ambiti di operatività di una società a partecipazione pubblica. La Corte ha chiarito che, sebbene una società “in house” sia soggetta a regole pubblicistiche per aspetti come il controllo, la responsabilità contabile o l’affidamento di servizi, ciò non trasforma la natura dei suoi rapporti di lavoro.

La scelta di operare attraverso una forma giuridica privatistica (come una S.p.A.) comporta l’applicazione delle regole del diritto privato alla gestione del personale e dei relativi contratti. Pertanto, le norme speciali previste per il pubblico impiego, come il divieto di monetizzazione delle ferie, non possono essere estese automaticamente a questi lavoratori.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sul principio che la forma giuridica prescelta per la gestione di un servizio non è neutra. Se l’ente pubblico decide di operare attraverso una società di diritto privato, accetta che i rapporti con i terzi, inclusi i dipendenti, siano governati dalle norme civilistiche. Il controllo pubblico esercitato sull’azienda non è sufficiente a modificare l’assetto privatistico del rapporto di lavoro.

Di conseguenza, qualsiasi limitazione a un diritto fondamentale del lavoratore, come quello alle ferie, deve derivare da una specifica norma di legge applicabile al rapporto di lavoro privato, che in questo caso manca. Le esigenze di contenimento della spesa pubblica, che giustificano il divieto per le amministrazioni pubbliche, non possono comprimere i diritti dei lavoratori di un soggetto di diritto privato.

Le Conclusioni

La sentenza stabilisce un principio chiaro e di grande importanza pratica: i dipendenti delle società a partecipazione pubblica, anche se “in house”, hanno pieno diritto all’indennità sostitutiva per le ferie non godute alla cessazione del rapporto. Queste aziende, operando secondo le regole del diritto privato per la gestione del personale, non possono avvalersi delle deroghe previste per il settore pubblico. Per negare tale diritto, l’onere della prova è interamente a carico del datore di lavoro, che deve dimostrare la rinuncia consapevole e deliberata del lavoratore a seguito di un formale e specifico invito a fruire delle ferie.

Una società a partecipazione pubblica può rifiutarsi di pagare le ferie non godute come un’amministrazione pubblica?
No. Secondo la Cassazione, anche se la società è a totale partecipazione pubblica e opera come ente “in house”, i suoi rapporti di lavoro sono regolati dal diritto privato. Pertanto, non può applicare il divieto di monetizzazione delle ferie previsto per le pubbliche amministrazioni.

Il lavoratore perde sempre il diritto all’indennità per ferie non godute se non le richiede?
No. Il diritto all’indennità si perde solo se il datore di lavoro dimostra di aver messo il lavoratore in condizione di godere delle ferie, invitandolo formalmente a farlo e avvisandolo in modo chiaro che, in caso di rifiuto, le avrebbe perse senza compenso. L’onere della prova è a carico del datore di lavoro.

Qual è la differenza tra una società “in house” e una vera e propria amministrazione pubblica per i rapporti di lavoro?
La differenza fondamentale risiede nella natura giuridica del rapporto. Mentre i dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono soggetti al diritto pubblico, i dipendenti di una società “in house”, che ha forma giuridica privata (es. S.p.A.), sono legati da un contratto di lavoro di diritto privato, regolato dal Codice Civile e dalle leggi sul lavoro privato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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