Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10031 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10031 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/04/2025
Oggetto: Dirigente con contratti a termine ex art. 110 d.lgs. n. 267/2000 – reiterazione incarichi risarcimento del danno – ferie non godute – arretrati
Dott.
NOME COGNOME
Presidente
–
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere rel. –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23298/2020 R.G. proposto da: COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME con diritto di ricevere le comunicazioni all’indirizzo pec dei Registri di Giustizia ;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI GAETA ;
– intimato –
avverso la sentenza n. 4570/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 08/01/2020 R.G.N. 5222/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/01/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con sentenza n. 985 del 14 giugno 2016 il Tribunale di Latina accoglieva parzialmente la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti del Comune di Gaeta e condannava quest’ultimo al pagamento in favore del ricorrente della somma di euro 22.830,24 a titolo di incentivo ex art. 18 della legge n. 109/1994, respingendo la domanda volta ad ottenere, in relazione ai plurimi contratti a tempo determinato stipulati quale dirigente (dall’1/12/1997 e per dieci anni ‘coprendo ben tre mandati elettivi del sindaco di Gaeta’), il riconoscimento di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato e l’arbitrarietà della risoluzione disposta nei suoi confronti oltre al risarcimento del danno nonché la domanda relativa alla monetizzazione delle ferie (in relazione alla quale dichiarava il difetto di giurisdizione con riguardo al periodo ante 30/6/1998) e quella relativa al premio di produzione per gli anni 2006 -2007 ed a rivendicati incrementi retributivi.
La Corte d’appello di Roma, dinanzi alla quale aveva proposto impugnazione il solo COGNOME, nella contumacia del Comune, confermava la decisione di prime cure (indicando, nell’intestazione, per mero errore materiale quale parte appellata il Comune di Frosinone in luogo di quello di Gaeta, come risultante da tutta la motivazione).
Riteneva la Corte territoriale non applicabile alla situazione in questione (di incarichi dirigenziali reiterati) la disciplina in materia di contratti a termine di cui al d.lgs. n. 368/2001.
Richiamava l’art. 10, comma 4, del d.lgs. n. 368/2001 secondo cui al lavoro dirigenziale è inapplicabile il d.lgs. n. 368/2001 salvo che per
le disposizioni attinenti al limite massimo quinquennale ed alle discriminazioni in materia di trattamento retributivo.
Rilevava che, nello specifico, il suddetto termine quinquennale non era stato superato né con riferimento ai singoli contratti né con riguardo alle proroghe.
Evidenziava che gli incarichi in questione erano conformi tanto all’art. 51 della legge n. 51/1990 quanto all’art. 110 d.lgs. n. 267/2000.
Richiamava Cass. n. 17010/2017 e l’impronta marcatamente fiduciaria di incarichi quali quelli in questione tale da integrare una ‘ragione oggettiva’ per la successione o il rinnovo.
Quanto alla monetizzazione delle ferie, riteneva non corretta la pronuncia di difetto di giurisdizione per il periodo ante 30/6/1998 (essendo il mancato godimento delle ferie traducibile in moneta solo al termine del rapporto) e tuttavia respingeva la domanda rilevando che l’appellante non aveva né allegato né comprovato di aver chiesto le ferie né che vi era stato un diniego per esigenze di servizio.
Inoltre, nella specie, a fronte della stipulazione di contratti a termine, essendo prevedibile la scadenza naturale di detto termine e la qualifica dirigenziale (con conseguente possibilità per il dirigente di autodeterminarsi) non erano state fornite allegazioni e prove in ordine all’insussistenza della possibilità di usufruirne a causa di imprescindibili esigenze dell’ente.
Infine, respingeva la domanda relativa al premio di produzione per gli anni 2006 -2007 rilevando che l’appellante non aveva fornito alcun elemento circa il verificarsi in concreto dei presupposti per la maturazione del diritto.
Quanto agli ulteriori rivendicati incrementi retributivi riteneva estremamente generica la relativa domanda con la quale l’originario ricorrente si era limitato ad invocare l’applicazione della contrattazione collettiva relativa al biennio 2006 -2007 a decorrere dalla sua entrata in
vigore senza tuttavia fornire specifiche allegazione in ordine agli elementi retributivi oggetto di rivendicazione.
Avverso detta pronunzia NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione il lavoratore affidato a quattro motivi.
Il Comune è rimasto intimato.
Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 51, commi 5 e ss. legge n. 142/1990, dell’art. 110 d.lgs. n. 267/2000, dell’art. 10, comma 4, d.lgs. n. 368/2001.
Censura la sentenza impugnata per aver ritenuto legittimi i contratti a termine in questione che si erano svolti senza soluzione di continuità ed erano perdurati ben oltre il mandato del Sindaco.
Il motivo è infondato.
Nella fattispecie in esame la Corte territoriale ha ricostruito gli incarichi di dirigenza attribuiti al Guratti nel seguente modo: – incarico relativo al periodo 1/12/1997-5/6/2002 per esigenze che non potevano essere fronteggiate con il personale interno (mandato Sindaco COGNOME, durata infraquinquennale); – incarico relativo al periodo 6/6/2002-22/11/2006 per migliorare la funzionalità dei servizi (mandato Sindaco COGNOME, durata infraquinquennale); -incarico relativo al periodo 23/11/2006-15/6/2007 per garantire il regolare svolgimento della complessa e delicata attività amministrativa di competenza del VII settore (mandato Commissario prefettizio COGNOME, durata infraquinquennale).
Si trattava in tutti i casi di incarichi conferiti ai sensi dell’art. 110 d.lgs. n. 267/2000.
Come è stato da questa Corte affermato (v. Cass. n. 12837 del 10 maggio 2024; Cass. n. 7875 del 17 marzo 2023 cui si rinvia ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ.) quelli costituiti ai sensi dell’art. 110 d.lgs. n. 267/2000 sono rapporti del tutto peculiari, caratterizzati per la natura
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specialistica, settoriale, temporanea ed eccezionale delle attività affidate e non hanno ad oggetto funzioni ordinarie, di direzione di struttura e di gestione, tipiche, invece, dei profili di dirigente o di posizione organizzativa.
Per tali rapporti è consentita, per espressa previsione del legislatore, deroga alla durata massima di trentasei mesi dei contratti a termine, che non si pone in contrasto con il diritto unionale, stante la temporaneità delle esigenze sottese al ricorso all’istituto e la previsione, comunque, di un limite temporale, benché correlato alla durata del mandato elettorale.
I contratti vanno, dunque, singolarmente considerati e non nella loro durata complessiva.
Sulla base di un accertamento in fatto non rivedibile in questa sede di legittimità, la Corte territoriale ha affermato non solo che gli incarichi in questione erano stati conferiti per le previste esigenze di funzionalità del servizio ma anche che il termine quinquennale previsto dall’art. 110 del d.lgs. n. 267/2000 non era stato mai superato.
La circostanza, poi, che il COGNOME avesse ricoperto per oltre 8 anni l’incarico di dirigente del 7° settore ‘Assetto del territorio e ambiente’ (non è chiaro se si fosse trattato di attività svolta in tutto o in parte in sovrapposizione rispetto ai contratti ex art. 110 del d.lgs. n. 267/2000 ovvero se si fosse trattato del medesimo incarico di cui ai contratti a termine proseguito, come si assume, senza soluzione di continuità), oltre ad integrare una questione di fatto non proponibile dinanzi a questa Corte, non rileva ai fini della legittimità dei contratti in questione che, come detto, è stata ben sacndagliata dalla Corte territoriale.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 36, comma 5, del d.lgs. n. 165/2001.
Censura la sentenza impugnata per aver escluso il risarcimento del danno da illegittima reiterazione dei contratti.
L’infondatezza del motivo deriva dalle ragioni evidenziate con riguardo al motivo che precede.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1463, 2037, 1207, 1217, 2697 cod. civ., degli artt. 3, 36 e 117 Cost., dell’art. 7 direttiva comunitaria 2003/88.
Critica la sentenza impugnata per aver ritenuto insussistente il diritto all’indennità sostitutiva per ferie non godute.
Il motivo è fondato in conformità a precedenti di questa Corte, da intendersi qui richiamati anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. (Cass. n. 13613/2020; Cass. n. 18140/2022; Cass. n. 21780/2022; Cass. n. 9982/2024; Cass. n. 13679/2024).
Questa Corte ha, infatti, affermato che il diritto alle ferie annuali retribuite dei dirigenti pubblici, in quanto finalizzato all’effettivo godimento di un periodo di riposo e di svago dall’attività lavorativa (nel quadro dei principi di cui agli artt. 36 Cost. e 7, par. 2, della direttiva 2003/88/CE), è irrinunciabile; ne consegue che il dirigente il quale, al momento della cessazione del rapporto di lavoro, non ne abbia fruito, ha diritto a un’indennità sostitutiva, a meno che il datore di lavoro dimostri di averlo messo nelle condizioni di esercitare il diritto in questione prima di tale cessazione, mediante un’adeguata informazione nonché, se del caso, invitandolo formalmente a farlo.
Con il quarto motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2, commi 2 e 3 e dell’art. 14 del CCNL della dirigenza delle autonomie locali biennio economico 2006-2007.
Censura la sentenza impugnata per aver respinto la domanda intesa ad ottenere il riconoscimento degli arretrati stante la mancanza di specifiche allegazioni in ordine agli emolumenti retributivi oggetto di rivendicazione.
Rileva che l’art. 2, commi 2 e 3, del CCNL posto a base delle pretese ed espressamente indicato nella richiesta di messa in mora inviata al Comune di Gaeta (note indicate a pag. 23 del ricorso)
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riconosce il diritto agli arretrati a far data dalla stipula del CCNL e il successivo art. 14 quantifica gli incrementi da corrispondere.
Assume che anche il quantum della pretesa era stato determinato ed indicato in euro 4.541,78 proprio con riferimento all’art. 14 del c.c.n.l.
Il motivo è fondato.
È la stessa Corte d’appello ad affermare che le rivendicazioni economiche erano basate sulla sottoscrizione del CCNL dirigenza autonomie locali biennio economico 2006-2007 per l’importo di euro 4.541,78 (v. pag. 2 della sentenza).
Tanto bastava a rendere ineludibile l’esame della domanda intesa ad ottenere il riconoscimento degli arretrati.
Da tanto consegue che vanno accolti il terzo e il quarto motivo di ricorso, rigettati gli altri; la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte d’appello di Roma che, in diversa composizione, procederà ad un nuovo esame attenendosi ai principi su affermati, provvedendo anche per le spese del presente giudizio di cassazione.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della insussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo e il quarto motivo di ricorso e rigetta gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Roma, in diversa