Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31459 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 31459 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 24871-2019 proposto da:
IL RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 14/2019 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 14/01/2019 R.G.N. 105/2014;
Oggetto
R.G.N. 24871/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 12/06/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/06/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO CHE:
Con sentenza del 14.1.19, la corte d’appello di Messina ha confermato la sentenza di tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, sezione di Milazzo, che aveva rigettato l’opposizione ad ingiunzione con cui era stata applicata la sanzione per violazione dell’articolo 3 decreto -legge 12 del 2002 convertito in legge 73 2002 per euro 99.697 in relazione a sette lavoratori non regolarizzati.
In particolare, riteneva la corte territoriale che era applicabile la disciplina della prescrizione quinquennale di cui all’articolo 28 legge 689 del 1981, decorrente dalla data dell’ingiunzione , e non l’articolo 20 del decreto legislativo 472 del 1997 , per il quale la prescrizione matura il 31 dicembre del quinto anno successivo all’infrazione , e ciò perché quest’ultima riguardava l’entità delle sanzioni e non la sorte capitale. Ha ritenuto altresì che il principio del favor rei nella successione delle leggi ex decretolegge 472 del 1997 riguarda solo le sanzioni tributarie e valutarie.
Avverso tale sentenza ricorre la contribuente per due motivi, cui resiste Agenzia delle entrate con controricorso.
Il Collegio, all’esito della camera di consiglio, si è riservato il termine di giorni sessanta per il deposito del provvedimento.
CONSIDERATO CHE:
Il primo motivo deduce violazione dell’articolo 1 comma 3 decreto legge 12 del 2002, 3 comma 3 decreto legislativo 472 del 1997 e 28 legge 689 del 1981, per mancata applicazione del
criterio del favor rei , sebbene la prescrizione abbia natura sostanziale.
Il secondo motivo deduce violazione delle norme predette altresì per avere la corte territoriale escluso il favor rei per non essere la norma di carattere tributario.
I motivi possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione: essi sono infondati.
Invero, secondo Sez. U, Sentenza n. 356 del 13/01/2010 (Rv. 611221 – 01), in materia di sanzioni amministrative pecuniarie non si applica il principio di retroattività della legge più favorevole, previsto dall’art. 3 del d.lgs. n. 472 del 1997 soltanto per le infrazioni valutarie e tributarie, e ciò tenuto conto della peculiarità sostanziale che caratterizza le rispettive materie. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto non applicabile, alle sanzioni amministrative in materia di omessa registrazione nelle scritture contabili dei lavoratori dipendenti, previste dal terzo comma dell’art. 3 del d.l. 22 febbraio 2002, n. 12, conv. in legge 23 aprile 2002, n. 73, la modifica apportata a detta norma dall’art. 36-bis, comma 7, del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, conv. in legge 8 aprile 2006, n. 248 e più favorevole al contribuente).
Nel medesimo senso, Cass. n. 3688 del 2016 e Sez. 5, Sentenza n. 7689 del 27/03/2013 (Rv. 626137 – 01) hanno precisato che, in materia di sanzioni amministrative pecuniarie non si applica il principio di retroattività della legge più favorevole, previsto dall’art. 3 del d.lgs. n. 472/97 limitatamente alle infrazioni valutarie e tributarie, e ciò tenuto conto della peculiarità sostanziale che caratterizza le rispettive materie, e che non consente l’estensione della disciplina dell’una all’altra materia.
Spese secondo soccombenza.
Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
p.q.m.
rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, che si liquidano in euro 8.000 per compensi professionali ed euro 200 per esborsi, oltre a spese generali al 15% ed accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n.115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso oggi in Roma, nella camera di consiglio del 12 giugno