Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 12135 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 12135 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 08/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2970/2022 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata-
e
MINISTERO ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (ADS80224030587) che lo rappresenta e difende -resistente- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 6808/2021 depositata il 18/10/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 6808/2021, pubblicata il 18/10/2021, ha confermato la decisione di primo grado, che aveva respinto la domanda promossa dal Consorzio RAGIONE_SOCIALE, nei confronti del Ministero dell’Istruzione e della Ricerca e e della Intesa San Paolo spa, quale delegata, volta a ottenere la condanna al pagamento della complessiva somma di € 636.303,00, quale residuo (dovuto per i costi del personale, dipendente della consorziata RAGIONE_SOCIALE, distaccato presso il Consorzio) del finanziamento del progetto di ricerca denominato « RAGIONE_SOCIALE », per l’importo complessivo di £. 650.000.000.
In particolare, i giudici d’appello hanno respinto il gravame del Consorzio RAGIONE_SOCIALE, nella contumacia degli appellati Ministero dell’Istruzione e della Ricerca e IMI Istituto Bancario San Paolo spa, rilevando, preliminarmente, che non era presente in atti il fascicolo di parte appellante di primo grado, con tutta la documentazione richiamata e in particolare il capitolato tecnico con relativo contratto, cosicché si poteva esaminare solo la documentazione presente nel fascicolo di parte di appello (consistente nelle buste paga dei dipendenti di Alenia, nelle fatture dalla stessa emesse nei confronti del Consorzio per il distacco del personale e negli estratti-conto relativi); ma da detta documentazione non emergeva che i distacchi di personale di Alenia fossero pertinenti al progetto finanziato e, inoltre, in mancanza del capitolato tecnico, il Collegio non poteva verificare se effettivamente fosse o meno richiesta la rendicontazione dei costi da parte del Consorzio come ritenuto nella sentenza impugnata, che, in difetto, aveva respinto la domanda attrice; peraltro, l’attore non aveva neppure contestato il contenuto dell’art.2 dell’allegato E,
in punto di obbligo per l’impresa finanziata di far predisporre alle società collegate il rendiconto contabile dei costi sostenuti, secondo gli schemi e criteri dell’allegato D, e di inviarlo all’Istituto unitamente al consuntivo dei costi del periodo contabile di cui alla fattura della collegata. Correttamente poi il Tribunale aveva ritenuto non operante il D.M. 8/8/2000, non potendosi allo stesso attribuire un valore meramente integrativo o specificativo di quanto stabilito dal D.M. del 1997, e che le note ministeriali (peraltro, non presenti in atti, in mancanza del fascicolo di parte appellante di primo grado) avessero valenza ricognitiva del debito, costituendo « mere valutazioni personali non aventi alcuna rilevanza esterna» , tanto più che alcun provvedimento amministrativo specifico risulta essere stato a tal fine adottato dalla P.A.
Avverso la suddetta pronuncia, il Consorzio RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione, notificato il 3/2/2022, affidato a quattro motivi, nei confronti del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (che dichiara di costituirsi al solo fine di partecipare all’udienza pubblica di discussione) e dell’IMI Istituto Bancario San Paolo spa (che non svolge difese).
Il PG non ha depositato requisitoria.
Il ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il Consorzio ricorrente lamenta: a) con il primo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art.360 n. 3 c.p.c., dell’art.111 Cost. in relazione all’art.6 della CEDU, nella parte in cui si è respinto il ricorso a causa del mancato rinvenimento del fascicolo di parte agli atti del giudizio, senza che il giudice attivasse i poteri istruttori in suo possesso, ai dini della pronuncia sulla base dei documenti prodotti in giudizio; b) con il secondo motivo, ex art.360 n. 3 c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione del par. 2 All.to E del Capitolato tecnico e par.2 e 3 All.to B9 del Capitolato Tecnico,
nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 4 , comma 11, d.m. 8/8/1997, nella parte in cui in sentenza si è ritenuto che la rendicontazione non fosse stata correttamente eseguita dalla società; c) con il terzo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art.360 n. 3 c.p.c., del d.m. 8/8/2000; d) con il quarto motivo, l’errore di motivazione, il travisamento dei fatti, la violazione e falsa applicazione, ex art.360 n. 3 c.p.c., dell’art.1988 c.c., nella parte in cui si è ritenuto che le note del Ministero prodotte in udienza fossero mere valutazioni personali e non avessero valenza ricognitiva, rilevandosi che nelle predette note il MIUR precisava che « alla luce di un ‘interpretazione sistematica della normativa, anche alla luce della ratio delle prescrizioni vigenti pro tempore i costi sostenuti dal Consorzio RAGIONE_SOCIALE per il personale distaccato della consorziata Alenia e relative spese generali appaiono invero ammissibili e da riconoscersi per come richiesti », dovendosi essi distinguersi da quelli riguardanti « prestazioni affidate dal Consorzio all’esterno e svolte dai soggetti suindicati in altri luogh i», con richiamo al d.m. 593/2000 e al d.m. 1997.
2. La prima censura è fondata.
Assume la ricorrente che il giudizio d’appello era stato rinviato varie volte e anche rimesso sul ruolo, essendosi, nelle more della scadenza dei termini ex art.190 c.p.c., verificato il trasferimento ad altro ufficio del Presidente del Collegio; di conseguenza, si lamenta che il giudice d’appello, in tale lasso temporale, avrebbe ben potuto verificare lo stato del fascicolo e consentire, già in sede di rimessione della causa sul ruolo, la ricostruzione del fascicolo di parte nel rispetto delle tempistiche processuali.
In sostanza, si lamenta che la Corte territoriale abbia omesso qualsiasi tentativo di ricerca del materiale istruttorio.
Le Sezioni Unite di questa Corte in una recente pronuncia (Cass. S.U. 4835/2023) si sono nuovamente occupate della questione delle conseguenze della mancata disponibilit à da parte del giudice
d’appello dei documenti posti a base della decisione di primo grado, rientranti tra le prove precostituite, i documenti, inseriti in una sezione separata del fascicolo di parte (art. 74, comma 1, disp. att. c.p.c.), il quale pu ò essere ritirato (secondo le modalit à indicate dall’art. 169 c.p.c. e cio è con autorizzazione del giudice o comunque al momento della rimessione della causa in decisione – e dall’art. 77 disp. att. c.p.c.). Le parti o i loro difensori possono peraltro esaminare i documenti inseriti nei fascicoli delle altre parti e farsene rilasciare copia (art. 76 disp. att. c.p.c.). Si è quindi affermato che « Affinché il giudice di appello possa procedere all’autonomo e diretto esame del documento già prodotto in formato cartaceo nel giudizio di primo grado, onde dare risposta ai motivi di impugnazione o alle domande ed eccezioni riproposte su di esso fondati, il documento può essere sottoposto alla sua attenzione, ove non più disponibile nel fascicolo della parte che lo aveva offerto in comunicazione (perché ritirato e non restituito, o perché questa è rimasta contumace in secondo grado), mediante deposito della copia rilasciata alle altre parti a norma dell’art. 76 disp. att. c.p.c .». E si è precisato che « il giudice di appello pu ò inoltre porre a fondamento della propria decisione il documento prodotto in formato cartaceo non rinvenibile nei fascicoli di parte apprezzandone il contenuto che sia trascritto o indicato nella decisione impugnata, o in altro provvedimento o atto del processo, ovvero, se lo ritiene necessario, pu ò ordinare alla parte interessata di produrre, in copia o in originale, determinati documenti acquisiti in primo grado ».
Già le Sezioni Unite, con la sentenza n. 28498/2005, avevano precisato che « la mancata restituzione del fascicolo, in violazione dei doveri di lealt à e di probit à sanciti dall’art. 88 c.p.c., potrebbe porre la controparte nell’impossibilit à di fornire quelle prove che in precedenza, alla stregua delle risultanze desumibili dal fascicolo avversario, dovevano ritenersi superflue », il che giustificherebbe la
« imposizione, a carico della parte che nel corso del processo chieda il ritiro del proprio fascicolo, dell’onere di depositare copia dei documenti probatori che in esso siano inseriti», cos ì da «far salva la piena attuazione del principio di acquisizione delle prove ».
E con la successiva sentenza n. 3033/2013 si era ribadito il principio, affermandosi che, per quanto riguarda le prove documentali, materializzate nelle produzioni di parte, nei casi in cui il giudice di appello, per l’inerzia della parte interessata e tenuta alla relativa allegazione, non sia stato in grado di riesaminarle, le stesse, ancorch é non materialmente pi ù presenti in atti (per la contumacia dell’appellato o per l’insindacabile scelta del medesimo di non pi ù produrle), continuano tuttavia a spiegare la loro efficacia, nel senso loro attribuito nella sentenza emessa dal primo giudice, la cui presunzione di legittimit à non risulta superata per fatto ascrivibile all’appellante, il quale, rimasto inerte, pur disponendo di un adeguato mezzo processuale (la richiesta di cui all’art. 76 disp. att. c.p.c., di ottenere dalla cancelleria copia dei documenti prodotti dalle altre parti) per prevenire la sopra esposta situazione di carenza documentale, deve, pertanto, considerarsi soccombente, in virt ù del principio actore non probante, reus absolvitur .
Tali principi, tuttavia, non trovano applicazione nella diversa ipotesi, in cui l’indisponibilit à di taluni documenti dal fascicolo di parte non è derivata da una condotta volontaria di una parte ma è dipesa da smarrimento del fascicolo, attestato dalla Cancelleria.
Si ricorda che l’art. 169 c.p.c. (Ritiro dei fascicoli di parte) prescrive (nella versione vigente ratione temporis ) che ciascuna parte può ottenere dal giudice istruttore l’autorizzazione di ritirare il proprio fascicolo dalla cancelleria; ma il fascicolo deve essere di nuovo depositato ogni volta che il giudice lo disponga, mentre ciascuna parte ha la facoltà di ritirare il fascicolo all’atto della rimessione della causa al collegio a norma dell’art. 189, ma deve restituirlo al
più tardi al momento del deposito della comparsa conclusionale. Il c.d. Correttivo Cartabia di cui al d.lgs. 164/2024 per effetto dell’informatizzazione del processo ha limitato la facoltà di ritiro ai soli fascicoli « cartace i» depositati.
Questa Corte, con orientamento consolidato, ha, invero, ritenuto (Cass. 6521/1997) che « il mancato rinvenimento, al momento della decisione della causa, nel fascicolo di parte di alcuni documenti che questa invoca – nella specie atti di istruttoria penale comprovanti le modalità del fatto – e che risultano esser stati depositati (art. 87 disp. att. cod. proc. civ.), comporta che il giudice o la decide “allo stato degli atti” – stante la disponibilità delle prove (art. 115, primo comma, cod. proc. civ.), se non consta l’involontarietà dell’omesso inserimento di essi nel fascicolo di parte al momento della restituzione di questo unitamente alla comparsa conclusionale (art. 169, secondo comma cod. proc. c.) – o – previa, se possibile, valutazione sulla loro rilevanza – se la predetta omissione dipende dallo smarrimento o sottrazione, anche parziale, di tale fascicolo, deve ordinarne alla cancelleria la ricerca, ovvero disporne la ricostruzione; la violazione di questo obbligo può configurare vizio di motivazione su punto decisivo della controversia (art. 360 n. 5 cod. proc. civ.), ma la parte ha l’onere di richiamare nel ricorso il contenuto di tali documenti e di argomentare sulla possibilità, dal loro esame, di una decisione diversa ».
Quindi, se al momento della decisione della causa risulti la mancanza di taluni atti da un fascicolo di parte, il giudice è tenuto a disporne la ricerca o, eventualmente, la ricostruzione solo se sussistano elementi per ritenere che tale mancanza sia involontaria, ovvero dipenda da smarrimento o sottrazione e ove, pur in presenza di tali elementi, il giudice ometta di disporre la ricerca o la ricostruzione degli atti mancanti, tale omissione può tradursi in un vizio della motivazione, ma la parte che intenda
censurare tale vizio in sede di legittimità ha l’onere di richiamare nel ricorso il contenuto dei documenti dispersi e dimostrarne la rilevanza ai fini di una decisione diversa (Cass. 18237/2008; Cass. 12369/2014; Cass. n. 7630/2016; Cass. n. 3771/2017; Cass. 16212/2017; Cass. n. 314/2019; Cass. 21571/2020; Cass. 21571/2020; Cass. 26116/2021).
Tuttavia, ancora diversa è l’ipotesi, che ricorre nella fattispecie in esame, in cui manchi l’intero fascicolo di parte di primo grado, non solo singoli documenti ivi contenuti.
In tale ipotesi « il giudice che accerti che una parte ha ritualmente ritirato, ex art. 169 cod. proc. civ., il proprio fascicolo, senza che poi risulti, al momento della decisione, nuovamente depositato o reperibile, non è tenuto, in difetto di annotazioni della cancelleria e di ulteriori allegazioni indiziarie attinenti a fatti che impongano accertamenti presso quest’ultima, a rimettere la causa sul ruolo per consentire alla medesima parte di ovviare alla carenza riscontrata, ma ha il dovere di decidere la controversia allo stato degli atti » (Cass. 10741/2015) e si è ribadito che « il giudice che accerti che una parte ha ritualmente ritirato, ex art. 169 c.p.c., il proprio fascicolo, senza che poi risulti, al momento della decisione, nuovamente depositato o reperibile, non è tenuto, in difetto di annotazioni della cancelleria e di ulteriori allegazioni indiziarie attinenti a fatti che impongano accertamenti presso quest’ultima, a rimettere la causa sul ruolo per consentire alla medesima parte di ovviare alla carenza riscontrata, ma ha il dovere di decidere la controversia allo stato degli atti » (Cass. 2264/2022; conf. Cass. 3531/2025, non massim.).
Ma deve comunque essere data alla parte la possibilità di fornire prova del tempestivo deposito del fascicolo di parte.
Chiaramente i problemi di distinzione tra fascicolo d’ufficio e fascicolo di parte si sono attenuati con l’adozione del processo telematico e il progressivo abbandono del deposito cartaceo con la
graduale introduzione del deposito con modalit à telematiche dei documenti nel processo civile e le relative discipline transitorie, ma nella specie si discute di allegazioni documentali in formato cartaceo. Invero, solo nel 2014, è stata varata la cd. obbligatorietà del processo telematico, con conseguente maggiore importanza del fascicolo informatico, necessariamente affiancato da quello cartaceo.
E il presente giudizio, per quanto emerge in atti, risulta iniziato prima del 2013 e si discute di un fascicolo di parte cartaceo. E risulta che il giudizio, rinviato più volte, in appello, era stato rimesso sul ruolo, stante il trasferimento ad altro ufficio del Presidente del Collegio, nelle more della scadenza dei termini ex art.190 c.p.c.
La Corte d’appello , al fine di pronunciare nel merito, in assenza del fascicolo di primo grado di parte appellante (essendo rimasti contumaci gli appellati), avrebbe dovuto preventivamente verificare se ci fosse o meno l’annotazione dell’avvenuto ritiro o comunque se il fascicolo della parte fosse stato ritualmente depositato e non ritirato. Infatti, come appena chiarito, solo il positivo riscontro di tale annotazione avrebbe abilitato il giudice a decidere la controversia allo stato degli atti (Cass. n. 10741/2015).
E nella specie il mancato esame soprattutto del capitolato tecnico con relativo contratto ha inciso nel rigetto del gravame.
Invero, il ricorrente deduce che nel Capitolato Tecnico, allegato B), paragrafo 2, comma 6, si leggeva: « Nell’ambito dei criteri generali sopra elencati, sono ammessi al finanziamento i costi sotto indicati … : a.I Personale dipendente. Questa voce comprenderà il personale dipendente impegnato nell’attività di ricerca e/o sviluppo e in quelle di gestione tecnico- scientifica( .. ) » e, al paragrafo 3 del medesimo documento, con riferimento ai criteri per l’imputazione territori e dei costi, si leggeva inoltre che: « detto personale con qualifica di ricercatore deve avere stabile sede di
lavoro presso il laboratorio cosi definito e deve rappresentare la quota prevalente del numero di ore lavorate dai ricercatori (dipendenti dalla ditta titolare del finanziamento e da sue collegate, non dipendenti con contratto di collaborazione coordinata e continuativa) globalmente impegnati in loco nell’attività stessa. Soddisfatte dette condizioni, sono imputabili alle zone eleggibili i costi delle attività svolte presso il laboratorio relativi alle voci indicate di seguito (.. ). d. Personale non dipendente (con contratto di collaborazione coordinata e continuativa) e personale dipendente dell’impresa finanziata e di sue collegate distaccato presso il laboratorio, limitatamente al suo tempo di permanenza e di attività in loco con relativo ricarico di spese generali ».
Da tali norme discenderebbe il diritto alla liquidazione dei costi sostenuti dal Consorzio per il pagamento del personale distaccato dalle Imprese consorziate, anche indipendentemente dal fatto che tali costi siano stati rendicontati e la Corte d’appello ha comunque ritenuto decisivo l’allegato E del capitolato tecnico che prevedeva l’obbligo di rendicontazione contabile, in quanto « non contestato ».
L’appellante sosteneva che l’obbligo di rendicontazione fosse stato ottemperato come dimostrato dalle fatture emesse da Alenia e che il CREO aveva effettivamente pagato i distacchi alla propria
consorziata.
I restanti motivi sono assorbiti.
Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, va cassata la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione.
Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata, con rinvio, anche in ordine alla
liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione.