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Estinzione giudizio per rinuncia: il decreto

Un gruppo di cittadini ha proposto ricorso in Cassazione contro diverse amministrazioni pubbliche. A seguito di una proposta di definizione accelerata da parte della Corte, i ricorrenti non hanno richiesto una decisione entro il termine stabilito. La Suprema Corte ha quindi dichiarato l’estinzione del giudizio, interpretando il loro silenzio come una rinuncia al ricorso e condannandoli al pagamento delle spese legali.

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Pubblicato il 21 agosto 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Estinzione del Giudizio: Quando il Silenzio Diventa Rinuncia in Cassazione

L’estinzione del giudizio rappresenta una delle modalità con cui un processo si conclude senza una decisione sul merito della controversia. Un recente decreto della Corte di Cassazione illumina un’ipotesi particolare di estinzione: quella derivante dalla mancata richiesta di decisione da parte del ricorrente, un silenzio che la legge interpreta come una vera e propria rinuncia. Analizziamo insieme questo caso per capire le importanti implicazioni procedurali e le conseguenze per le parti.

I Fatti del Caso

Un gruppo di cittadini aveva impugnato una sentenza della Corte d’Appello di Roma, portando la questione dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione. Le controparti nel giudizio erano diverse amministrazioni pubbliche, tra cui la Presidenza del Consiglio dei Ministri e i Ministeri dell’Economia, della Salute e dell’Istruzione.

Durante il procedimento in Cassazione, è stata formulata una proposta per la definizione accelerata del giudizio, come previsto dall’articolo 380-bis del codice di procedura civile. Questa proposta è stata comunicata a tutte le parti coinvolte. Tuttavia, nel termine di quaranta giorni previsto dalla legge, la parte ricorrente non ha depositato alcuna istanza per richiedere che la Corte procedesse a una decisione formale sul ricorso.

La Decisione della Corte e l’Estinzione del Giudizio

Di fronte a questa inerzia, la Corte di Cassazione ha applicato rigorosamente la normativa. Ha ritenuto che il ricorso dovesse intendersi rinunciato e, di conseguenza, ha dichiarato l’estinzione del giudizio.

Questa decisione non è stata solo una formalità procedurale. La Corte ha anche condannato i ricorrenti al pagamento delle spese processuali in favore delle amministrazioni resistenti, liquidando un importo significativo di 12.000,00 Euro per compensi, oltre alle spese prenotate a debito. La decisione sottolinea come l’inazione processuale possa avere conseguenze economiche rilevanti.

Le Motivazioni della Decisione

Il fondamento giuridico della decisione risiede in due articoli chiave del codice di procedura civile.

1. Art. 380-bis c.p.c.: Questa norma disciplina il procedimento per la definizione rapida di ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati (o fondati). Prevede che, una volta comunicata la proposta di definizione, la parte ricorrente ha un termine perentorio di quaranta giorni per chiedere una decisione in udienza pubblica o in camera di consiglio. Se questo termine trascorre invano, la legge stabilisce una presunzione assoluta: il ricorso si intende rinunciato.

2. Art. 391 c.p.c.: Questo articolo regola le conseguenze della rinuncia. Stabilisce che, in caso di rinuncia, il giudice deve dichiarare l’estinzione del processo. Inoltre, la stessa norma impone al giudice di provvedere alla liquidazione delle spese processuali, che di norma sono a carico della parte che rinuncia.

La Corte ha quindi applicato questa sequenza logico-giuridica: la mancata richiesta di decisione equivale a una rinuncia, e la rinuncia comporta l’estinzione del giudizio e la condanna alle spese.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Il decreto in esame offre una lezione fondamentale sull’importanza dei termini processuali e sulla diligenza richiesta nel giudizio di Cassazione. Il silenzio di una parte non è neutro, ma assume un significato giuridico preciso e gravido di conseguenze. Per avvocati e assistiti, questo significa che la gestione di un ricorso in Cassazione richiede un monitoraggio costante e una risposta tempestiva alle comunicazioni della Corte. Ignorare una proposta di definizione o lasciare scadere un termine non è una strategia attendista, ma un atto che conduce direttamente alla chiusura del caso e a una probabile condanna economica. La finalità della norma è chiara: deflazionare il carico di lavoro della Suprema Corte, evitando che ricorsi palesemente deboli o non più sostenuti impegnino inutilmente le risorse della giustizia.

Cosa significa ‘estinzione del giudizio’ in questo contesto?
Significa che il processo si è concluso definitivamente prima di una decisione sul merito, a causa dell’inattività della parte che lo aveva avviato.

Perché il ricorso è stato considerato rinunciato?
Perché i ricorrenti, dopo aver ricevuto una proposta di definizione accelerata dalla Corte, non hanno chiesto entro il termine di 40 giorni che si procedesse a una decisione, un’inerzia che la legge (art. 380-bis c.p.c.) interpreta come una rinuncia automatica al ricorso.

Quali sono state le conseguenze economiche per la parte ricorrente?
La parte ricorrente è stata condannata a pagare le spese legali alla controparte, liquidate dalla Corte in 12.000,00 Euro per compensi, oltre ad altre eventuali spese.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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