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Estinzione del processo per rinuncia: la Cassazione

Un decreto della Corte di Cassazione chiarisce le conseguenze della rinuncia al ricorso. A seguito della rinuncia del ricorrente, accettata dalla controparte, la Corte ha dichiarato l’estinzione del processo per rinuncia. La decisione sottolinea che, in conformità con il Codice di procedura civile, in questi casi non si provvede alla liquidazione delle spese legali del giudizio di cassazione.

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Pubblicato il 23 agosto 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Estinzione del Processo per Rinuncia: Analisi di un Decreto della Cassazione

L’estinzione del processo per rinuncia rappresenta uno strumento processuale fondamentale che consente alle parti di porre fine a una controversia in modo consensuale, anche quando si è giunti dinanzi alla Corte di Cassazione. Un recente decreto della Seconda Sezione Civile illustra con chiarezza l’iter e le conseguenze di tale procedura, confermando come la volontà delle parti di chiudere il contenzioso venga recepita e formalizzata dalla Corte, con specifiche implicazioni anche sul piano delle spese legali. Questo meccanismo deflattivo del contenzioso è cruciale per l’efficienza del sistema giudiziario.

Il Caso in Esame

La vicenda processuale ha origine dal ricorso per cassazione presentato da un privato cittadino avverso una sentenza della Corte d’Appello di Roma, emessa nei confronti di una nota compagnia di assicurazioni. Prima che la Suprema Corte potesse esaminare il merito delle questioni sollevate, il ricorrente ha deciso di fare un passo indietro, depositando un atto formale di rinuncia al proprio ricorso. Tale atto non è rimasto unilaterale: la compagnia di assicurazioni, costituitasi come controricorrente, ha formalmente accettato la rinuncia, manifestando così il proprio consenso alla chiusura definitiva della lite.

La Decisione della Suprema Corte

A fronte della rinuncia e della relativa accettazione, la Corte di Cassazione non è entrata nel vivo della disputa, ma si è limitata a prendere atto della volontà delle parti. Con un decreto presidenziale, ha dichiarato formalmente l’estinzione dell’intero giudizio. La Corte ha inoltre disposto che del decreto fosse data comunicazione ai difensori, concedendo loro un termine di dieci giorni per un’eventuale richiesta di fissazione dell’udienza, una garanzia procedurale a tutela del contraddittorio.

Le Motivazioni

Il Presidente della Sezione ha basato la sua decisione su precisi riferimenti normativi del Codice di procedura civile. La Corte ha innanzitutto verificato la regolarità formale dell’atto di rinuncia e della sua comunicazione alle parti, come previsto dall’articolo 390 del c.p.c., recentemente modificato dal D.Lgs. 149/2022. Successivamente, ha constatato che la rinuncia possedeva tutti i requisiti di legge richiesti dagli articoli 390 e 391 del codice di rito.
La motivazione centrale del decreto risiede nell’applicazione dell’articolo 391 c.p.c., che consente di dichiarare l’estinzione del processo per rinuncia tramite un decreto presidenziale, una procedura più snella rispetto alla tradizionale sentenza. Un punto cruciale, evidenziato nelle motivazioni, riguarda le spese processuali. Il decreto ha stabilito che non vi era luogo a provvedere sulle spese del giudizio di cassazione, applicando il quarto comma dello stesso articolo 391. Questa norma prevede, salvo diverso accordo tra le parti, che il rinunciante debba rimborsare le spese alla controparte, ma la dichiarazione di estinzione non contiene una condanna diretta. La mancata pronuncia sulle spese nel decreto implica che la loro regolamentazione è rimessa agli accordi tra le parti o che ciascuna sopporta le proprie.

Le Conclusioni

Il provvedimento in esame offre importanti spunti pratici. In primo luogo, conferma che la rinuncia al ricorso, se accettata, è una via efficace per chiudere definitivamente una lite, rendendo definitiva la sentenza impugnata. In secondo luogo, chiarisce il regime delle spese legali. La scelta del legislatore di non includere una condanna alle spese nel decreto di estinzione incentiva le parti a trovare un accordo extragiudiziale anche su questo aspetto, favorendo una risoluzione completa e tombale della controversia. Per le parti, ciò si traduce in un risparmio di tempo e risorse, evitando le incertezze e i costi di un’ulteriore fase processuale. La decisione, quindi, non solo applica la legge, ma rafforza il principio della volontà delle parti come motore della conclusione del processo.

Cosa succede se una parte rinuncia al proprio ricorso in Cassazione?
Se la rinuncia viene formalizzata secondo le regole procedurali e, come nel caso di specie, viene accettata dalla controparte, il processo si estingue. Ciò significa che il giudizio si chiude senza una decisione sul merito e la sentenza impugnata diventa definitiva.

Chi paga le spese legali in caso di estinzione del processo per rinuncia?
Il decreto, in applicazione dell’art. 391, quarto comma, c.p.c., non provvede a una condanna sulle spese. La legge prevede che il rinunciante rimborsi le spese alla controparte, salvo diverso accordo. La mancata pronuncia nel decreto lascia intendere che la gestione delle spese è rimessa all’accordo tra le parti.

La procedura di estinzione con decreto è sempre possibile?
Sì, l’articolo 391 del codice di procedura civile, come modificato nel 2006, prevede che l’estinzione per rinuncia al ricorso possa essere dichiarata con decreto del Presidente. Si tratta di una procedura semplificata che accelera la definizione del giudizio quando c’è l’accordo delle parti sulla chiusura della lite.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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