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Estinzione del processo: cosa accade in Cassazione?

La Corte di Cassazione dichiara l’estinzione del processo a seguito della rinuncia formale ai ricorsi da parte degli appellanti, accettata dalle controparti. La decisione chiarisce che in caso di estinzione del processo per rinuncia, non si applica la sanzione del raddoppio del contributo unificato, poiché la chiusura del giudizio deriva da un accordo tra le parti e non da una decisione di merito sfavorevole al ricorrente. Le spese legali sono state compensate come da accordo tra le parti.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Estinzione del Processo in Cassazione: Analisi di una Rinuncia Strategica

L’estinzione del processo rappresenta uno degli esiti possibili di un giudizio e si verifica quando, per ragioni specifiche previste dalla legge, il procedimento si chiude senza una decisione sul merito della controversia. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione offre un’importante lezione pratica su una delle cause più comuni di estinzione: la rinuncia al ricorso. Analizziamo come questo strumento processuale possa definire l’esito di una causa e quali siano le conseguenze economiche per le parti.

Il Contesto: Un Complesso Contenzioso Giunge in Cassazione

La vicenda trae origine da una sentenza emessa da una Corte d’Appello territoriale. Contro tale decisione, due distinti gruppi di ricorrenti, tra cui due privati cittadini e una società di revisione in liquidazione, avevano proposto separati ricorsi per Cassazione. La controversia vedeva contrapposte queste parti a una società di pelletteria in concordato preventivo, ai suoi ex amministratori e a un istituto bancario, intervenuto quale successore nel credito della società originaria.

La Svolta: La Rinuncia al Ricorso e l’Accordo tra le Parti

Durante la pendenza del giudizio di legittimità, si è verificato un evento decisivo: entrambe le parti ricorrenti hanno formalmente depositato un atto di rinuncia ai rispettivi ricorsi. Questo atto è stato ritualmente accettato dalla banca controricorrente, l’unica parte che si era formalmente costituita per resistere ai ricorsi.

A seguito della rinuncia e della sua accettazione, tutte le parti costituite hanno avanzato una richiesta congiunta alla Corte: dichiarare la “cessata materia del contendere”, con la conseguente perdita di efficacia delle sentenze di merito, e disporre la totale compensazione delle spese legali sostenute.

La Decisione della Suprema Corte e l’Estinzione del Processo

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha accolto le istanze delle parti. Verificata la sussistenza dei requisiti previsti dall’art. 390 del codice di procedura civile, che disciplina appunto la rinuncia al ricorso, i giudici hanno dichiarato l’estinzione del processo nella sua interezza. La Corte ha preso atto dell’accordo raggiunto tra le parti per la compensazione delle spese, evitando così di dover decidere sulla loro ripartizione.

Le Motivazioni: Perché Non si Applica il Raddoppio del Contributo Unificato?

Il punto giuridicamente più rilevante dell’ordinanza riguarda l’inapplicabilità del cosiddetto “raddoppio del contributo unificato”. Si tratta di una norma (art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 115/2002) che obbliga la parte il cui ricorso è stato respinto, dichiarato inammissibile o improcedibile, a versare un ulteriore importo pari a quello del contributo unificato già pagato.

La Suprema Corte ha chiarito, richiamando un consolidato orientamento giurisprudenziale, che tale sanzione non si applica nei casi di estinzione del processo per rinuncia. La motivazione è logica: la norma ha una finalità sanzionatoria, volta a scoraggiare le impugnazioni infondate. Nel caso di rinuncia, invece, la chiusura del giudizio non deriva da una valutazione negativa del ricorso da parte della Corte, ma dalla volontà concorde delle parti di porre fine alla lite. Pertanto, manca il presupposto stesso per l’applicazione della sanzione.

Conclusioni

Questa ordinanza conferma un principio fondamentale della procedura civile: la volontà delle parti può essere determinante per la conclusione di un contenzioso, anche nel grado più alto della giurisdizione. La rinuncia al ricorso si rivela uno strumento efficace per evitare i costi e le incertezze di una decisione di merito, permettendo alle parti di trovare un accordo che ponga fine alla disputa. La chiarezza della Corte sulla non applicabilità del raddoppio del contributo unificato in questi casi offre una certezza importante, incentivando le soluzioni concordate e deflazionando il carico dei giudizi di legittimità.

Cosa succede se un ricorrente rinuncia al proprio ricorso in Cassazione?
Il processo viene dichiarato estinto se la rinuncia è accettata dalle altre parti costituite che potrebbero avere interesse alla prosecuzione del giudizio. Se non vi sono altre parti costituite o se queste accettano, il giudizio si chiude senza una decisione nel merito.

In caso di estinzione del processo per rinuncia, il ricorrente deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che la norma che prevede il raddoppio del contributo unificato (art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 115/2002) non si applica quando il processo si estingue per rinuncia, poiché manca una decisione sfavorevole di inammissibilità o rigetto del ricorso.

Chi decide sulla ripartizione delle spese legali quando un processo si estingue per rinuncia?
Se le parti, come nel caso di specie, raggiungono un accordo per la compensazione integrale delle spese, la Corte ne prende semplicemente atto. In assenza di un accordo, sarebbe la Corte stessa a decidere sulla ripartizione delle spese secondo le regole generali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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