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Estinzione del giudizio per silenzio del ricorrente

La Corte di Cassazione dichiara l’estinzione del giudizio poiché il ricorrente, dopo aver ricevuto la proposta di definizione del caso, non ha richiesto una decisione entro il termine di quaranta giorni. Tale silenzio viene interpretato come una rinuncia al ricorso, comportando la chiusura anticipata del processo e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese legali.

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Pubblicato il 23 agosto 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Estinzione del Giudizio di Cassazione: Il Silenzio che Costa Caro

Nel complesso iter del processo civile, ogni atto e ogni termine hanno un peso decisivo. Un recente decreto della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come l’inerzia processuale possa portare a conseguenze definitive, come l’estinzione del giudizio. Analizziamo come il silenzio di una parte di fronte a una proposta di definizione della Corte possa essere interpretato come una rinuncia al ricorso, con tutte le relative conseguenze economiche.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un ricorso presentato alla Corte di Cassazione contro una sentenza emessa dalla Corte d’Appello. Come previsto dalla procedura, il caso è stato esaminato e, ai sensi dell’art. 380-bis del codice di procedura civile, è stata formulata una proposta di definizione del giudizio, successivamente comunicata ai legali di entrambe le parti.

Questo strumento processuale è pensato per accelerare i tempi della giustizia, offrendo alle parti una potenziale risoluzione basata su un orientamento preliminare della Corte. La palla, a quel punto, passa alle parti, che hanno un tempo definito per reagire.

La Proposta di Definizione e la Mancata Risposta

Secondo l’art. 380-bis c.p.c., una volta ricevuta la comunicazione, le parti hanno un termine di quaranta giorni per chiedere una decisione sul ricorso. Questo atto è fondamentale: manifesta la volontà di proseguire nel giudizio, contestando implicitamente la proposta della Corte.

Nel caso in esame, la parte ricorrente non ha compiuto alcuna azione entro il termine stabilito. Nessuna istanza di decisione è stata depositata, lasciando che il termine di quaranta giorni trascorresse invano.

La Decisione della Corte e l’Estinzione del Giudizio

Di fronte a questa inattività, la Corte di Cassazione ha applicato rigorosamente la legge. Il silenzio del ricorrente è stato equiparato a una rinuncia implicita al ricorso. Di conseguenza, il Collegio ha dovuto prendere atto di questa situazione e procedere a dichiarare l’estinzione del giudizio di cassazione, come previsto dall’art. 391 del codice di procedura civile.

Le Motivazioni

La motivazione del decreto è prettamente di natura procedurale e si fonda su un automatismo previsto dal legislatore. Il secondo comma dell’art. 380-bis c.p.c. stabilisce una presunzione legale: se la parte non chiede la fissazione dell’udienza entro il termine, il ricorso si intende rinunciato. Questa presunzione di rinuncia innesca l’applicazione dell’art. 391 c.p.c., che impone alla Corte di dichiarare l’estinzione del processo con decreto.

La decisione si estende anche alla regolamentazione delle spese processuali. L’art. 391, secondo comma, c.p.c., stabilisce che il decreto che dichiara l’estinzione deve provvedere anche sulle spese. Coerentemente con il principio della soccombenza, la Corte ha condannato la parte ricorrente, la cui inattività ha causato la fine del processo, al pagamento delle spese legali in favore della parte controricorrente. Le spese sono state liquidate in Euro 2.500,00 per compensi, oltre a spese forfettarie, esborsi e accessori di legge.

Conclusioni

Questo provvedimento ribadisce un principio cruciale nella pratica legale: nel processo, e in particolare nel giudizio di Cassazione, il silenzio ha un significato giuridico preciso e può avere effetti drastici. L’introduzione della proposta di definizione ex art. 380-bis c.p.c. ha lo scopo di deflazionare il contenzioso, ma richiede una partecipazione attiva e consapevole da parte dei difensori. Ignorare o non rispondere tempestivamente a una comunicazione di questo tipo non è una strategia neutra, ma equivale a un abbandono della lite. La conseguenza non è solo la chiusura del caso senza una decisione nel merito, ma anche l’obbligo di rimborsare i costi legali sostenuti dalla controparte, rendendo l’inerzia una scelta processualmente ed economicamente molto onerosa.

Cosa succede se la parte ricorrente non risponde alla proposta di definizione del giudizio formulata dalla Corte di Cassazione?
Se la parte ricorrente non chiede la decisione del ricorso entro quaranta giorni dalla comunicazione della proposta, il ricorso si intende rinunciato per legge e il giudizio viene dichiarato estinto.

Chi paga le spese processuali in caso di estinzione del giudizio per mancata risposta alla proposta di definizione?
In base al decreto, le spese processuali vengono addebitate alla parte ricorrente, poiché è la sua inattività a causare l’estinzione del giudizio.

Quali sono le basi normative per l’estinzione del giudizio in questo caso specifico?
Le norme di riferimento sono l’art. 380-bis, secondo comma, del codice di procedura civile, che presume la rinuncia al ricorso in caso di silenzio, e l’art. 391 dello stesso codice, che disciplina la dichiarazione di estinzione del processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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