Estinzione del Giudizio in Cassazione: Il Silenzio che Costa Caro
Nel complesso iter della giustizia, i termini processuali non sono semplici formalità, ma pilastri che garantiscono certezza e celerità. Una recente pronuncia della Corte di Cassazione ha ribadito l’importanza di rispettare queste scadenze, chiarendo come il silenzio di una parte possa portare all’estinzione del giudizio. Il caso in esame, deciso con decreto, offre uno spunto fondamentale per comprendere il meccanismo della rinuncia tacita nel giudizio di legittimità, disciplinato dall’articolo 380-bis del codice di procedura civile.
Il Contesto Processuale: Dal Ricorso alla Proposta di Definizione
La vicenda trae origine da un ricorso presentato alla Corte di Cassazione avverso una sentenza della Corte d’Appello di Brescia. Seguendo la procedura prevista dall’art. 380-bis c.p.c., il giudice relatore ha formulato una proposta di definizione del giudizio, una sorta di ‘pre-decisione’ che anticipa un possibile esito del ricorso. Questa proposta è stata regolarmente comunicata a tutte le parti coinvolte nel processo.
La norma concede alla parte ricorrente un termine perentorio di quaranta giorni dalla comunicazione per chiedere che la Corte si pronunci comunque sul ricorso, fissando un’udienza di discussione. Questo passaggio è cruciale: rappresenta l’ultima opportunità per la parte di insistere sulle proprie ragioni e contestare la proposta del relatore.
La Decisione della Corte e l’Estinzione del Giudizio
Nel caso di specie, la parte ricorrente, una volta ricevuta la comunicazione, non ha compiuto alcuna azione. È trascorso il termine di quaranta giorni senza che venisse depositata alcuna istanza per la decisione del ricorso. Di fronte a questa inerzia, la Corte di Cassazione non ha potuto fare altro che prendere atto della situazione.
Applicando rigorosamente il dettato normativo, i giudici hanno dichiarato l’estinzione del giudizio di Cassazione. Questa decisione non entra nel merito della controversia, ma chiude il processo per una ragione puramente procedurale: l’inattività della parte che lo aveva promosso.
Le Motivazioni
La motivazione del decreto è lineare e si fonda sull’interpretazione del secondo comma dell’art. 380-bis c.p.c. La legge stabilisce una presunzione di rinuncia: se il ricorrente, informato della proposta di definizione, non chiede la prosecuzione del giudizio entro il termine fissato, si presume che abbia rinunciato al ricorso stesso. Questo silenzio viene qualificato dalla norma come una ‘rinuncia tacita’.
La conseguenza diretta di tale rinuncia è l’estinzione del processo, come previsto dall’art. 391 del codice di procedura civile. La Corte ha inoltre chiarito un altro aspetto importante relativo alle spese legali. Poiché le parti intimate (ovvero le controparti nel giudizio) non avevano svolto alcuna attività difensiva nel procedimento di Cassazione, non vi era motivo di condannare la ricorrente al pagamento delle spese. La statuizione sulle spese, infatti, presuppone che la parte vittoriosa ne abbia sostenute.
Le Conclusioni
La decisione in commento è un monito sull’importanza della diligenza processuale. La procedura semplificata dell’art. 380-bis c.p.c. è volta a deflazionare il carico di lavoro della Corte di Cassazione, ma richiede una partecipazione attiva e consapevole da parte dei difensori. Il silenzio, in questo contesto, non è neutro, ma assume il valore legale di una rinuncia, con la conseguenza irreversibile dell’estinzione del giudizio. Per gli avvocati e i loro assistiti, ciò significa che la ricezione di una proposta di definizione impone una scelta strategica da compiere entro un termine breve e non prorogabile: accettare implicitamente la proposta, rimanendo inerti, o insistere per una decisione nel merito, presentando un’apposita istanza.
Cosa succede se la parte ricorrente non risponde alla proposta di definizione della Corte di Cassazione entro il termine stabilito?
Se la parte ricorrente non deposita un’istanza per la decisione del ricorso entro quaranta giorni dalla comunicazione della proposta, il ricorso si intende rinunciato e il giudizio viene dichiarato estinto.
In quali circostanze il ricorso in Cassazione viene considerato rinunciato tacitamente?
Secondo l’art. 380-bis, secondo comma, c.p.c., il ricorso si intende rinunciato quando, a seguito della comunicazione della proposta di definizione del giudizio, la parte ricorrente non chiede la decisione del ricorso entro il termine di quaranta giorni.
Perché la Corte non ha deciso sulle spese legali in questo caso?
La Corte non ha statuito sulle spese perché le parti intimate, cioè le controparti, non avevano svolto alcuna attività difensiva nel corso del giudizio di Cassazione. Di conseguenza, non vi erano spese da rimborsare.
Testo del provvedimento
Decreto di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19488 Anno 2025
Civile Decr. Sez. 2 Num. 19488 Anno 2025
Presidente:
Relatore:
Data pubblicazione: 15/07/2025
DECRETO
sul ricorso iscritto al n. 22792/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in BONDENO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BRESCIA n.1242/2023 depositata il 27/03/2023
Vista la proposta di definizione del giudizio formulata ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c. e comunicata alle parti;
Considerato che è trascorso il termine di giorni quaranta dalla comunicazione della anzidetta proposta senza che la parte ricorrente abbia chiesto la decisione del ricorso;
Ritenuto, pertanto, che – a norma dell’art. 380 -bis, secondo comma, c.p.c. – il ricorso deve intendersi rinunciato e deve
provvedersi a dichiarare l’estinzione del giudizio di cassazione ai sensi dell’art. 391 cod. proc. civ.;
Ritenuto che nulla va statuito sulle spese, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva;
P.Q.M.
Dichiara estinto il giudizio di Cassazione.
Così deciso in Roma, il 01/07/2025