Estinzione del Giudizio in Cassazione: il Silenzio che Costa Caro
L’estinzione del giudizio rappresenta una delle modalità di chiusura del processo civile che non entra nel merito della controversia. Un recente decreto della Corte di Cassazione, datato 18/07/2025, offre un chiaro esempio di come l’inattività di una parte possa portare a questa conclusione, con importanti conseguenze sulle spese legali. Analizziamo insieme questo caso emblematico.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine dal ricorso presentato da un cittadino avverso un provvedimento emesso da una Prefettura. Il caso, giunto dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione, è stato oggetto della procedura semplificata prevista dall’art. 380-bis del codice di procedura civile. In conformità a tale norma, è stata formulata una proposta di definizione del giudizio, regolarmente comunicata a entrambe le parti.
Tuttavia, dalla data di comunicazione, è decorso il termine di quaranta giorni senza che il ricorrente presentasse un’istanza per richiedere una decisione sul ricorso. Questo silenzio procedurale è stato l’elemento scatenante della decisione finale.
La Proposta del Consigliere e l’Estinzione del Giudizio
L’articolo 380-bis c.p.c. è stato introdotto per accelerare i tempi della giustizia in Cassazione. Esso prevede che, in determinati casi, il consigliere delegato possa formulare una proposta su come definire il ricorso. Le parti, una volta ricevuta tale proposta, hanno un termine perentorio per chiedere che la Corte si pronunci comunque sul ricorso.
La norma stabilisce chiaramente che la mancata richiesta di una decisione entro il termine equivale a una rinuncia al ricorso. Si tratta di una presunzione legale di disinteresse alla prosecuzione del giudizio, che porta inevitabilmente alla sua fine anticipata.
Le Motivazioni della Decisione sull’Estinzione del Giudizio
La Corte, nel suo decreto, ha agito come un meccanismo quasi automatico previsto dalla legge. Il ragionamento giuridico è lineare e si fonda su due pilastri normativi:
1. Art. 380-bis, secondo comma, c.p.c.: Questa norma è il cuore della decisione. Il giudice ha semplicemente constatato il superamento del termine di quaranta giorni dalla comunicazione della proposta, senza che il ricorrente si attivasse. Di conseguenza, ha ritenuto che il ricorso dovesse intendersi rinunciato.
2. Art. 391 c.p.c.: Una volta accertata la rinuncia (anche se presunta), la Corte ha applicato l’articolo 391, che disciplina proprio l’estinzione del processo. Questo articolo prevede che, in caso di estinzione, il giudice debba provvedere anche alla liquidazione delle spese processuali.
La Corte ha quindi condannato la parte ricorrente al pagamento delle spese legali in favore della Prefettura, liquidando un importo per compensi, oltre al rimborso forfettario del 15%, agli esborsi sostenuti e agli accessori di legge.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Il decreto in esame ribadisce un principio fondamentale nel processo civile: la vigilanza e il rispetto dei termini procedurali sono cruciali. La passività può avere conseguenze definitive e costose. Per i cittadini e i loro legali, questa decisione sottolinea l’importanza di monitorare attentamente ogni comunicazione proveniente dalla Corte e di agire tempestivamente. Ignorare o sottovalutare una proposta di definizione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. non è una strategia neutra, ma un’azione che la legge interpreta come una chiara volontà di abbandonare il giudizio, con la conseguente condanna alle spese. In sintesi, nel processo di Cassazione, il silenzio non è d’oro, ma può comportare l’estinzione del giudizio e un addebito economico.
Cosa accade se il ricorrente in Cassazione non chiede la decisione dopo aver ricevuto la proposta di definizione del giudizio?
In base all’art. 380-bis c.p.c., il suo silenzio viene interpretato come una rinuncia al ricorso. Di conseguenza, il processo viene dichiarato estinto.
Chi è tenuto a pagare le spese legali in caso di estinzione del giudizio per mancata richiesta di decisione?
La parte ricorrente, la cui inattività ha causato l’estinzione, è condannata a pagare le spese processuali sostenute dalla parte controricorrente.
Qual è il termine previsto dalla legge per chiedere la decisione dopo la comunicazione della proposta?
Il decreto specifica che il termine perentorio è di quaranta giorni dalla data in cui la proposta di definizione del giudizio viene comunicata alle parti.
Testo del provvedimento
Decreto di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20092 Anno 2025
Civile Decr. Sez. 2 Num. 20092 Anno 2025
Presidente:
Relatore:
Data pubblicazione: 18/07/2025
(artt. 380bis e 391 c.p.c.)
IL CONSIGLIERE DELEGATO
Visti gli atti del procedimento n. 26717/2024 R.G., relativo al ricorso proposto da:
COGNOME difeso come in atti contro
PREFETTURA UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO DI COSENZA , difesa come in atti;
Vista la proposta di definizione del giudizio formulata ai sensi dell’art. 380bis c.p.c. e comunicata alle parti;
Considerato che è trascorso il termine di giorni quaranta dalla comunicazione della anzidetta proposta senza che la parte ricorrente abbia chiesto la decisione del ricorso;
Ritenuto, pertanto, che – a norma dell’art. 380bis , secondo comma, c.p.c. – il ricorso deve intendersi rinunciato e deve provvedersi a dichiarare l’estinzione del giudizio di cassazione ai sensi dell’art. 391 cod. proc. civ.;
Ritenuto che, a norma dell’art. 391, secondo comma, c.p.c., deve provvedersi sulle spese processuali, che vanno liquidate come in dispositivo;
P.Q.M.
dichiara l’estinzione del giudizio di cassazione;
condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.800,00 (milleottocento/00) per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
manda alla cancelleria di comunicare il presente decreto alle parti costituite.
Roma, 08.07.2025