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Estinzione del giudizio: la rinuncia in Cassazione

In una causa per il pagamento di compensi professionali, un avvocato aveva proposto ricorso in Cassazione. A seguito della rinuncia al ricorso, accettata dagli eredi della controparte, la Corte Suprema ha dichiarato l’estinzione del giudizio. La decisione chiarisce che, in questo caso, non vi è condanna alle spese e non è dovuto il raddoppio del contributo unificato.

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Pubblicato il 23 novembre 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Estinzione del Giudizio: effetti della rinuncia in Cassazione

L’estinzione del giudizio rappresenta una delle modalità con cui un processo si conclude senza una decisione sul merito della controversia. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sugli effetti della rinuncia al ricorso, specialmente per quanto riguarda le spese legali e il contributo unificato. Questo caso, nato da una disputa sul compenso di un avvocato, si è concluso proprio con una declaratoria di estinzione, delineando un percorso procedurale con precise conseguenze economiche per le parti.

I fatti del caso: dalla richiesta di compenso alla Cassazione

La vicenda ha origine dalla richiesta di un avvocato di ottenere il pagamento di un cospicuo importo, circa 78.000 Euro, a titolo di compenso per l’attività difensiva prestata in favore di un suo cliente. La Corte d’Appello, tuttavia, aveva respinto la richiesta del legale.

Non soddisfatto della decisione, l’avvocato ha proposto ricorso per cassazione. Durante lo svolgimento del giudizio di legittimità, si sono verificati due eventi significativi: il decesso del cliente (il controricorrente) e, successivamente, la decisione dell’avvocato ricorrente di rinunciare al ricorso.

La Rinuncia al Ricorso e l’Accettazione degli Eredi

Il punto di svolta del procedimento è stata la formale rinuncia al ricorso depositata dall’avvocato. Elemento cruciale è che tale rinuncia è stata esplicitamente accettata dagli eredi del defunto cliente, subentrati nella sua posizione processuale.

Questo atto congiunto, rinuncia da un lato e accettazione dall’altro, ha attivato una specifica disciplina procedurale che ha portato la Corte a non dover esaminare nel merito i motivi del ricorso, ma a prendere semplicemente atto della volontà delle parti di porre fine alla lite.

L’Estinzione del Giudizio e le sue conseguenze

La Corte di Cassazione, verificata la regolarità formale dell’atto di rinuncia e della relativa accettazione, ha dichiarato l’estinzione del giudizio. La pronuncia ha chiarito due aspetti fondamentali con importanti ricadute pratiche:

1. Interruzione del processo: La Corte ha ribadito un principio consolidato, ossia che nel giudizio di cassazione, dominato dall’impulso d’ufficio, la morte di una delle parti non determina l’interruzione del processo, a differenza di quanto accade nei gradi di merito.
2. Regolamentazione delle spese e del contributo unificato: La decisione si è concentrata sulle conseguenze economiche della rinuncia accettata.

Le Motivazioni della Corte

La decisione della Suprema Corte si fonda su precise disposizioni normative e su orientamenti giurisprudenziali consolidati.

In primo luogo, la Corte ha verificato che la rinuncia rispettasse i requisiti di forma previsti dall’art. 390 del codice di procedura civile, potendo così procedere a dichiarare l’estinzione ai sensi dell’art. 391 del medesimo codice.

In secondo luogo, e di grande importanza pratica, la Corte ha stabilito che, poiché gli eredi del controricorrente avevano accettato la rinuncia, non si doveva provvedere alla liquidazione delle spese legali del giudizio di cassazione. L’ultimo comma dell’art. 391 c.p.c. prevede infatti che in caso di accettazione della rinuncia, il rinunciante non possa essere condannato alle spese.

Infine, la Corte ha affrontato la questione del cosiddetto “raddoppio del contributo unificato”. L’art. 13, comma 1-quater del D.P.R. 115/2002 prevede che la parte il cui ricorso è respinto integralmente o dichiarato inammissibile o improcedibile debba versare un ulteriore importo pari a quello del contributo unificato iniziale. La Corte ha chiarito che l’estinzione del giudizio per rinuncia non rientra in queste casistiche. Pertanto, chi rinuncia al ricorso non è tenuto a pagare questo importo aggiuntivo, come confermato da precedenti pronunce di legittimità.

Le Conclusioni: Implicazioni pratiche

L’ordinanza in esame offre due indicazioni pratiche di rilievo per chi si trova ad affrontare un giudizio in Cassazione. La prima è che la rinuncia al ricorso, se accettata dalla controparte, rappresenta una via d’uscita “indolore” dal punto di vista economico, poiché neutralizza il rischio di una condanna alle spese legali. La seconda è che tale scelta strategica evita anche il pagamento del raddoppio del contributo unificato, un onere economico significativo previsto solo per i casi di soccombenza piena. La decisione, quindi, non solo definisce il caso specifico ma fornisce una guida chiara sulle conseguenze procedurali ed economiche di una scelta processuale fondamentale.

Cosa succede se una parte muore durante un processo in Cassazione?
Secondo la Corte, il processo non si interrompe. Il giudizio di cassazione è dominato dall’impulso d’ufficio, il che significa che prosegue indipendentemente da eventi come la morte di una delle parti.

Se si rinuncia a un ricorso in Cassazione e la controparte accetta, chi paga le spese legali?
Nessuno. La Corte ha stabilito che, in caso di rinuncia accettata dalla controparte, non si provvede alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, come previsto dall’art. 391 del codice di procedura civile.

La rinuncia al ricorso comporta il pagamento del doppio del contributo unificato?
No. L’ordinanza chiarisce che la rinuncia al ricorso, che porta all’estinzione del giudizio, non rientra tra i casi (rigetto, inammissibilità o improcedibilità) per i quali la legge prevede l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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