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Estinzione del giudizio: la rinuncia al ricorso

Un decreto della Corte di Cassazione chiarisce le conseguenze della rinuncia al ricorso da parte dei ricorrenti. A seguito dell’accettazione di tale rinuncia da parte della società di gestione crediti controricorrente, la Suprema Corte ha dichiarato l’estinzione del giudizio, senza disporre sulle spese. La decisione si fonda sull’applicazione degli articoli 390 e 391 del codice di procedura civile, evidenziando come l’accordo tra le parti possa portare alla chiusura anticipata del contenzioso.

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Pubblicato il 19 agosto 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Estinzione del Giudizio: Quando la Rinuncia al Ricorso Chiude il Contenzioso

L’estinzione del giudizio rappresenta una delle modalità con cui un processo può concludersi senza una decisione sul merito della controversia. Un recente decreto della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di questa fattispecie, originata dalla rinuncia al ricorso da parte dei ricorrenti e dalla conseguente accettazione della controparte. Questo meccanismo procedurale, regolato dagli articoli 390 e 391 del codice di procedura civile, dimostra come la volontà delle parti possa determinare la fine anticipata di una lite, anche nel grado più alto della giurisdizione civile.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un ricorso presentato alla Corte di Cassazione da un gruppo di privati cittadini avverso una sentenza della Corte d’Appello. Le controparti nel giudizio erano un istituto bancario e una società di gestione crediti, quest’ultima costituitasi come successore del primo. Nel corso del procedimento, è intervenuta un’ulteriore società del settore finanziario. Tuttavia, prima che la Corte potesse esaminare il merito del ricorso, i ricorrenti hanno manifestato la volontà di rinunciare all’impugnazione. La società controricorrente, a sua volta, ha formalmente accettato tale rinuncia.

La Decisione della Corte di Cassazione

Preso atto della rinuncia dei ricorrenti e dell’accettazione della controricorrente, la Suprema Corte di Cassazione ha emesso un decreto con cui ha dichiarato l’estinzione del giudizio. La Corte ha verificato la sussistenza dei requisiti formali e sostanziali previsti dalla legge, in particolare dagli articoli 390 e 391 del codice di procedura civile. Di conseguenza, il processo si è concluso definitivamente, senza alcuna pronuncia sulle questioni sollevate nel ricorso. Inoltre, stante l’accordo tra le parti manifestato attraverso la rinuncia e l’accettazione, la Corte ha deciso di non statuire sulle spese legali, lasciando che ogni parte sostenesse i propri costi.

Le Motivazioni: L’impatto della rinuncia al ricorso e dell’accettazione

La motivazione alla base del decreto è puramente processuale e si fonda sulla volontà concorde delle parti di porre fine alla lite. L’articolo 390 c.p.c. stabilisce che la parte può rinunciare al ricorso, e l’articolo 391 c.p.c. prevede che, in caso di rinuncia, la Corte dichiari l’estinzione del processo. La modifica normativa introdotta nel 2016 ha semplificato questa procedura, consentendo che l’estinzione venga dichiarata con un decreto presidenziale, rendendo il processo più snello. L’elemento cruciale, evidenziato dal provvedimento, è l’accettazione della controparte. Questa accettazione non solo perfeziona la procedura di estinzione, ma ha anche un’implicazione diretta sulla regolamentazione delle spese di giudizio. L’accordo tra le parti sulla chiusura del contenzioso porta la Corte a non dover decidere sulla soccombenza, principio che normalmente guida la ripartizione dei costi legali. La decisione, pertanto, non entra nel merito della sentenza della Corte d’Appello, ma si limita a registrare la fine del percorso processuale voluta dalle parti stesse.

Le Conclusioni: Implicazioni pratiche dell’estinzione del giudizio

Le conclusioni che si possono trarre da questo decreto sono di notevole importanza pratica. In primo luogo, viene ribadita la facoltà delle parti di controllare l’andamento del processo, potendo decidere di interromperlo in qualsiasi momento attraverso un accordo. Questo strumento può essere vantaggioso per evitare i costi e le incertezze di un lungo giudizio di legittimità. In secondo luogo, il provvedimento chiarisce le conseguenze dell’accettazione della rinuncia in merito alle spese legali: l’accordo tra le parti solitamente comporta che ciascuna si faccia carico delle proprie, evitando una condanna alle spese per la parte rinunciante. In definitiva, l’estinzione del giudizio per rinuncia accettata si configura come una soluzione efficiente per risolvere le controversie, consentendo alle parti di trovare un’uscita concordata dal processo, con un risparmio di tempo e risorse per sia per i litiganti che per il sistema giudiziario.

Cosa succede se una parte rinuncia al proprio ricorso in Cassazione?
Se la parte che ha proposto ricorso vi rinuncia e la controparte accetta, il processo può essere dichiarato estinto, come stabilito dal provvedimento in esame.

È necessaria l’accettazione della controparte per la rinuncia al ricorso?
Sì, il decreto si basa sia sulla rinuncia dei ricorrenti sia sull’accettazione della controricorrente. Questi sono requisiti richiesti dagli articoli 390 e 391 del codice di procedura civile per l’estinzione del giudizio.

Chi paga le spese legali in caso di estinzione del giudizio per rinuncia accettata?
Nel caso specifico, dato che la controricorrente ha accettato la rinuncia, la Corte di Cassazione ha stabilito che “nulla va statuito sulle spese”, il che significa che ogni parte si fa carico delle proprie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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