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Estinzione del giudizio: la rinuncia al ricorso

Un Ente Locale ricorre in Cassazione contro una sentenza d’appello. A seguito di una proposta di decisione accelerata, l’Ente non chiede la trattazione del caso entro 40 giorni. La Corte dichiara l’estinzione del giudizio per rinuncia presunta e condanna l’Ente al pagamento delle spese legali.

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Pubblicato il 24 agosto 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Estinzione del giudizio: quando il silenzio equivale a rinuncia

L’estinzione del giudizio rappresenta una delle modalità con cui un processo si conclude senza una decisione sul merito della controversia. Questo può accadere per diverse ragioni, tra cui l’inattività delle parti o una rinuncia esplicita. Una recente decisione della Corte di Cassazione fa luce su un caso particolare di rinuncia ‘presunta’, legata al meccanismo del rito accelerato previsto dall’art. 380-bis del codice di procedura civile.

I Fatti del Caso: un Ricorso e una Proposta di Decisione Accelerata

Un Ente Locale aveva presentato ricorso in Cassazione avverso una sentenza della Corte d’Appello che lo vedeva contrapposto a un privato cittadino. Una volta giunto dinanzi alla Suprema Corte, il caso è stato oggetto di una proposta di decisione accelerata ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. Questa procedura si applica quando il ricorso appare, ad un primo esame, palesemente inammissibile, improcedibile o infondato.

La proposta è stata regolarmente comunicata alle parti, le quali, secondo la legge, hanno un termine di quaranta giorni per chiedere la trattazione del ricorso in udienza. Tuttavia, nel caso di specie, l’Ente Locale ricorrente non ha compiuto alcun atto in tal senso, lasciando decorrere il termine.

La Decisione della Cassazione sull’Estinzione del Giudizio

La Corte di Cassazione, preso atto del silenzio della parte ricorrente, ha applicato rigorosamente la normativa. La mancata richiesta di trattazione entro i termini di legge viene interpretata come una rinuncia tacita al ricorso, portando inevitabilmente alla declaratoria di estinzione del giudizio.

L’Applicazione dell’Art. 380-bis c.p.c.

La norma centrale è il secondo comma dell’art. 380-bis del codice di procedura civile. Questo articolo stabilisce che, se dopo la comunicazione della proposta di rito accelerato, la parte ricorrente non presenta un’istanza di decisione, il ricorso si considera rinunciato. Questo meccanismo mira a deflazionare il carico di lavoro della Corte, definendo rapidamente i casi che non necessitano di una discussione approfondita.

La Condanna alle Spese Processuali

Come conseguenza diretta dell’estinzione, la Corte ha applicato il principio della soccombenza virtuale. L’Ente Locale, in qualità di parte ricorrente la cui iniziativa processuale è venuta meno, è stato considerato soccombente e condannato a rifondere le spese legali alla controparte. La liquidazione è avvenuta sulla base del valore della lite e secondo i parametri forensi stabiliti dai decreti ministeriali, ammontando a 2.400 euro per compensi e 200 euro per esborsi, oltre agli accessori di legge.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni del decreto sono lineari e si fondano su una constatazione puramente procedurale. La Corte ha rilevato che:
1. È stata depositata una proposta di decisione accelerata e comunicata alle parti.
2. È trascorso il termine di quaranta giorni previsto dalla legge senza che il ricorrente chiedesse la decisione sull’impugnazione.
3. A norma dell’art. 380-bis, secondo comma, del codice di rito, tale inerzia equivale a una rinuncia al ricorso.
4. Ai sensi dell’art. 391 c.p.c., la rinuncia comporta l’estinzione del processo e la condanna del rinunciante alle spese.
La decisione, quindi, non entra nel merito della controversia originaria, ma si ferma al dato processuale dell’inattività del ricorrente, che assume valore legale di rinuncia.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questo provvedimento ribadisce l’importanza per le parti processuali, e in particolare per i loro difensori, di monitorare attentamente i termini perentori stabiliti dal codice di procedura civile. La riforma del processo civile, con l’introduzione di meccanismi come quello dell’art. 380-bis, ha introdotto oneri di diligenza che, se non rispettati, possono portare a conseguenze definitive come l’estinzione del giudizio. Per il cittadino, questa decisione è un esempio di come una regola procedurale, pensata per l’efficienza della giustizia, possa determinare l’esito di una causa, con conseguenze economiche significative in termini di spese legali.

Cosa succede se, dopo una proposta di decisione accelerata in Cassazione, la parte ricorrente non chiede che il caso venga discusso?
Secondo l’art. 380-bis del codice di procedura civile, se la parte ricorrente non chiede la decisione sull’impugnazione entro 40 giorni dalla comunicazione della proposta, il ricorso si considera rinunciato e il giudizio viene dichiarato estinto.

Chi paga le spese legali in caso di estinzione del giudizio per rinuncia presunta?
Le spese legali sono a carico della parte ricorrente, la cui inattività ha causato la rinuncia e la conseguente estinzione del processo. La Corte condanna il ricorrente a rifondere le spese alla controparte resistente.

Come vengono calcolate le spese legali in un processo civile?
Le spese legali vengono liquidate dal giudice in base a parametri stabiliti da decreti ministeriali (nel caso specifico, il D.M. 55/2014 e il D.M. 147/2022), tenendo conto del valore della lite e dell’attività svolta. Nel caso esaminato, sono stati liquidati 2.400 euro per compensi e 200 euro per esborsi, oltre a rimborso forfettario, contributo previdenziale e IVA.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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