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Estinzione del giudizio: la rinuncia al ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio a seguito della rinuncia al ricorso da parte di una società. Il decreto chiarisce che, in assenza di attività difensiva della controparte, non vi è luogo a provvedere sulle spese processuali. La decisione si fonda sull’applicazione degli articoli 390 e 391 del codice di procedura civile.

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Pubblicato il 22 agosto 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Estinzione del Giudizio per Rinuncia al Ricorso: Analisi di un Decreto della Cassazione

L’estinzione del giudizio rappresenta una delle possibili conclusioni di un processo e si verifica quando, per varie ragioni previste dalla legge, il procedimento si chiude prima di arrivare a una sentenza di merito. Un recente decreto della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di questa eventualità, originata dalla rinuncia al ricorso da parte dell’appellante. Analizziamo questo caso per comprendere le dinamiche procedurali e le conseguenze pratiche, in particolare per quanto riguarda le spese legali.

I Fatti del Caso

Una società di consulenza aveva impugnato una sentenza della Corte d’Appello, portando il caso davanti alla Corte di Cassazione. Tuttavia, in un momento successivo alla proposizione del ricorso, la stessa società ha deciso di fare un passo indietro, presentando una formale rinuncia all’impugnazione. La controparte, una società a responsabilità limitata, era stata notificata del ricorso (in gergo tecnico, era stata ‘intimata’), ma non aveva depositato controricorso né svolto alcuna attività difensiva nel giudizio di legittimità.

La Decisione della Corte e l’Estinzione del Giudizio

Di fronte alla rinuncia, il Presidente della Seconda Sezione Civile della Cassazione ha esaminato la documentazione. Verificato che l’atto di rinuncia possedeva tutti i requisiti formali richiesti dagli articoli 390 e 391 del codice di procedura civile, la Corte ha proceduto a dichiarare l’estinzione del giudizio. La decisione è stata formalizzata tramite un decreto, una procedura semplificata resa possibile dalla riforma del 2006 (d.lgs. n. 40), che permette di chiudere rapidamente questi casi senza la necessità di una pubblica udienza o di una complessa ordinanza collegiale.

La Questione delle Spese Legali nel Contesto della Rinuncia

Un punto cruciale in ogni chiusura di processo è la regolamentazione delle spese legali. La regola generale vorrebbe che la parte che rinuncia al ricorso si faccia carico delle spese sostenute dalla controparte. Tuttavia, il decreto in esame stabilisce diversamente. La Corte ha ritenuto che non vi fosse luogo a provvedere sulle spese, motivando tale scelta con il fatto che la società intimata non aveva svolto alcuna attività difensiva. Non avendo sostenuto costi per avvocati o per la redazione di atti nel giudizio di Cassazione, non c’era nulla da rimborsare.

Le Motivazioni del Decreto

Le motivazioni alla base della decisione sono squisitamente procedurali e si fondano su due pilastri principali.
Il primo è la conformità della rinuncia ai dettami degli articoli 390 e 391 del codice di procedura civile. La legge richiede che la rinuncia sia incondizionata e provenga da un soggetto che ne abbia il potere, garanzie che in questo caso erano state rispettate.
Il secondo pilastro è l’applicazione del principio di economia processuale. La possibilità di dichiarare l’estinzione con decreto presidenziale, introdotta nel 2006, mira a snellire il lavoro della Corte, evitando di impegnare risorse per un giudizio che le parti non hanno più interesse a proseguire. La decisione sulle spese, infine, segue un logico principio di causalità: nessuna difesa è stata svolta, quindi nessun costo è stato generato e, di conseguenza, nessun rimborso è dovuto.

Conclusioni

Il provvedimento analizzato evidenzia un importante aspetto della procedura civile: la rinuncia al ricorso è uno strumento che consente di porre fine a una controversia in modo definitivo ed efficace. Comporta l’estinzione del giudizio e, di norma, l’addebito delle spese. Tuttavia, come dimostra questo caso, se la controparte rimane passiva e non svolge attività difensiva, il rinunciante potrebbe non essere tenuto a sostenere alcun costo legale relativo a quella fase del processo. Questa dinamica sottolinea l’importanza per la parte ‘intimata’ di valutare attentamente se costituirsi o meno in giudizio, poiché la sua scelta incide direttamente sulla possibilità di recuperare eventuali spese in caso di rinuncia dell’avversario.

Cosa succede se una parte rinuncia al proprio ricorso in Cassazione?
Se la rinuncia possiede i requisiti previsti dalla legge, come nel caso esaminato, la Corte di Cassazione dichiara l’estinzione del giudizio, ponendo di fatto fine al processo in quella sede.

È sempre necessaria una sentenza o un’ordinanza per dichiarare l’estinzione del giudizio per rinuncia?
No. L’articolo 391 del codice di procedura civile, a seguito delle modifiche introdotte nel 2006, consente al Presidente di dichiarare l’estinzione con un semplice decreto, una procedura più agile e rapida, quando la rinuncia è formalmente corretta.

Chi paga le spese legali quando un giudizio si estingue per rinuncia al ricorso?
Di norma, la parte che rinuncia dovrebbe pagare le spese della controparte. Tuttavia, come stabilito in questo decreto, se la controparte (intimata) non ha svolto alcuna attività difensiva, la Corte può decidere che non vi sia luogo a provvedere sulle spese, in quanto non ne sono state sostenute.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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