Estinzione del Giudizio in Cassazione: Cosa Succede con Rinuncia e Accettazione?
L’estinzione del giudizio rappresenta una delle modalità con cui un processo può concludersi prima di giungere a una sentenza che decida nel merito la controversia. Questo meccanismo, regolato da precise norme del codice di procedura civile, assume particolare rilevanza nel giudizio di Cassazione, dove le parti possono decidere di porre fine alla lite attraverso la rinuncia al ricorso. Una recente ordinanza della Suprema Corte chiarisce le importanti conseguenze di tale scelta in materia di spese legali e contributo unificato.
Il Caso: Dalla Corte d’Appello alla Rinuncia in Cassazione
Una società operante nel settore turistico aveva proposto ricorso per Cassazione avverso una sentenza della Corte d’Appello. Quest’ultima aveva confermato la decisione del Tribunale di primo grado, il quale aveva dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano in una controversia contro una società estera. Tuttavia, poco prima dell’udienza fissata per la discussione, la società ricorrente ha cambiato strategia, presentando una dichiarazione di rinuncia al ricorso. La società controricorrente ha formalmente accettato tale rinuncia. Insieme, le due parti hanno richiesto alla Corte di compensare integralmente le spese di giudizio.
La Disciplina dell’Estinzione del Giudizio
Di fronte a questa situazione, la Corte di Cassazione ha applicato il combinato disposto degli articoli 390 e 391 del codice di procedura civile. L’articolo 390 c.p.c. consente alla parte ricorrente di rinunciare al ricorso finché non sia iniziato l’esame in camera di consiglio. L’articolo 391 c.p.c. stabilisce che, a seguito della rinuncia, il processo si estingue. La Corte ha quindi preso atto dell’accordo tra le parti e ha dichiarato formalmente l’estinzione del giudizio di legittimità.
Le Conseguenze su Spese Legali e Contributo Unificato
Il punto più significativo dell’ordinanza riguarda le conseguenze economiche della rinuncia. L’articolo 391, al quarto comma, prevede che il rinunciante debba rimborsare le spese alla controparte, salvo diverso accordo. In questo caso, le parti avevano esplicitamente richiesto la compensazione delle spese. La Corte, rispettando la volontà concorde delle parti, non ha emesso alcuna statuizione sulle spese, lasciando che ciascuna sostenesse i propri costi.
Inoltre, la Corte ha chiarito un altro aspetto cruciale: l’obbligo del versamento del cosiddetto ‘doppio contributo’. L’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 115/2002 impone alla parte la cui impugnazione sia stata respinta, dichiarata inammissibile o improcedibile, di versare un ulteriore importo pari a quello del contributo unificato già pagato. La Corte ha stabilito che, in caso di estinzione del giudizio per rinuncia, questa norma non si applica. La rinuncia, infatti, non costituisce un esito sfavorevole nel merito, ma un atto dispositivo delle parti che chiude il processo.
Le motivazioni
La Corte ha basato la sua decisione sull’applicazione diretta e combinata degli articoli 390 e 391 del codice di procedura civile. La rinuncia al ricorso, seguita dall’accettazione della controparte, è un evento che per legge determina l’estinzione del processo. Poiché le parti hanno concordato e richiesto la compensazione delle spese, la Corte non può emettere alcuna statuizione in merito, in piena conformità con quanto previsto dall’art. 391, quarto comma, c.p.c. Di conseguenza, viene a mancare il presupposto fondamentale per l’applicazione dell’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 115/2002, che sanziona con il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato solo gli esiti sfavorevoli dell’impugnazione (rigetto, inammissibilità o improcedibilità). La rinuncia non rientra in nessuna di queste categorie, essendo un atto che preclude l’esame del merito del ricorso.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento pratico: l’estinzione del giudizio per rinuncia accettata è uno strumento efficace a disposizione delle parti per chiudere consensualmente una lite in Cassazione. Tale scelta comporta conseguenze economiche vantaggiose, poiché consente di evitare non solo una possibile condanna alle spese legali, ma anche il pagamento del raddoppio del contributo unificato. La decisione riafferma che la volontà delle parti di porre fine al contenzioso prevale su una valutazione di merito dell’impugnazione, chiudendo la vicenda processuale in modo definitivo e senza ulteriori oneri fiscali per la parte che ha rinunciato.
Cosa succede se una parte rinuncia al ricorso in Cassazione e l’altra accetta?
Se la parte ricorrente rinuncia e la controparte accetta, la Corte di Cassazione dichiara l’estinzione del giudizio, chiudendo definitivamente il processo senza una decisione sul merito.
In caso di estinzione del giudizio per rinuncia, chi paga le spese legali?
Secondo l’ordinanza, se entrambe le parti, nell’accettare la rinuncia, chiedono la compensazione delle spese, il giudice non emette alcuna statuizione e ogni parte sostiene i propri costi.
La rinuncia al ricorso comporta il pagamento del doppio del contributo unificato?
No, l’ordinanza chiarisce che per effetto della rinuncia al ricorso non si applica l’obbligo di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, poiché tale obbligo sorge solo in caso di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 25059 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 25059 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7639/2023 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rapp. p.t. elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), come da procura speciale in atti.
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rapp. p.t., elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME
NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), come da procura speciale in atti.
-controricorrente-
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 4449/2022 depositata il 25/10/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso con quattro mezzi per conseguire la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Napoli, sez. IX civile, n. 4449/2022, emessa ai sensi degli articoli 281 sexies e 352 c.p.c. in data 25/10/2022, pubblicata in pari data, mai notificata, tra la RAGIONE_SOCIALE contro RAGIONE_SOCIALE, con la quale era stato rigettato l’appello della ricorrente avverso la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata n. 1858/2021 pubblicata il 27.09.2021, tra le stesse parti, recante declaratoria del difetto di giurisdizione del giudice italiano adito.
RAGIONE_SOCIALE ha replicato con controricorso.
Poco prima dell’adunanza camerale già fissata, RAGIONE_SOCIALE ha dichiarato di rinunciare al ricorso e RAGIONE_SOCIALE ha accettato la rinuncia. Entrambe le parti hanno chiesto la compensazione delle spese di giudizio.
Ne consegue che, in applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 390 e 391 c.p.c., deve essere dichiarata l’estinzione del giudizio di legittimità, senza alcuna statuizione sulle spese, ai sensi dell’art. 391, quarto comma, c.p.c.
Per effetto della rinuncia, neppure trova applicazione l’obbligo di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, stabilito
dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater (Cass. n. 19071/2018; Cass. n. 23175/2015; Cass. n. 19560/2015).
P.Q.M.
Dichiara estinto il giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il giorno 28 giugno 2024.