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Estinzione del giudizio: la Cassazione decide

Un gruppo di cittadini ha impugnato una sentenza della Corte d’Appello dinanzi alla Corte di Cassazione. A seguito della proposta di definizione del giudizio, i ricorrenti non hanno chiesto la fissazione dell’udienza entro il termine di legge. La Suprema Corte ha quindi dichiarato l’estinzione del giudizio per rinuncia presunta, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali in favore delle Amministrazioni Pubbliche resistenti.

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Pubblicato il 25 agosto 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Estinzione del Giudizio: Quando il Silenzio Costa Caro in Cassazione

L’estinzione del giudizio rappresenta una delle eventualità più delicate nel processo civile, specialmente nel giudizio di legittimità dinanzi alla Corte di Cassazione. Si tratta della chiusura del processo non per una decisione sul merito della questione, ma a causa dell’inerzia o della rinuncia delle parti. Un recente decreto della Suprema Corte offre un chiaro esempio di come la mancata osservanza dei termini procedurali possa portare a questa conseguenza, con l’inevitabile condanna alle spese. Analizziamo insieme questo caso per comprendere le dinamiche e le implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine dal ricorso presentato da un gruppo di cittadini avverso una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Roma. Una volta che il caso è giunto all’esame della Corte di Cassazione, è stata formulata una proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380-bis del codice di procedura civile. Questa proposta, che delinea una possibile risoluzione rapida della controversia, è stata regolarmente comunicata a tutte le parti coinvolte.

La legge prevede che, a seguito di tale comunicazione, la parte ricorrente abbia un termine perentorio, in questo caso di quaranta giorni, per richiedere che la Corte proceda comunque alla decisione del ricorso in un’udienza pubblica. Nel caso di specie, tuttavia, i ricorrenti sono rimasti inerti, lasciando decorrere il termine senza presentare alcuna istanza.

La Decisione della Corte sull’Estinzione del Giudizio

Di fronte al silenzio dei ricorrenti, la Corte di Cassazione ha agito in stretta conformità con le disposizioni procedurali. Con il decreto in esame, i Giudici di legittimità hanno dichiarato l’estinzione del giudizio di cassazione.

Questa decisione non si è limitata a chiudere il processo. Conformemente a quanto previsto dall’art. 391 c.p.c., la Corte ha provveduto anche alla regolamentazione delle spese processuali. Di conseguenza, ha condannato i ricorrenti in solido al pagamento delle spese legali sostenute dalle Amministrazioni Pubbliche resistenti, liquidandole in un importo significativo di Euro 11.000,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione del decreto è lineare e fondata su una precisa interpretazione delle norme procedurali. Il fulcro della decisione risiede nell’applicazione combinata degli articoli 380-bis e 391 del codice di procedura civile.

L’articolo 380-bis, al secondo comma, stabilisce una presunzione di rinuncia. Se, dopo aver ricevuto la proposta di definizione agevolata, il ricorrente non manifesta attivamente la volontà di proseguire il giudizio chiedendo la trattazione in udienza, il suo ricorso si intende rinunciato. L’inerzia viene quindi equiparata dalla legge a una rinuncia tacita all’impugnazione.

Una volta accertata la rinuncia presunta, entra in gioco l’articolo 391 c.p.c., che disciplina le conseguenze dell’estinzione. Tale norma impone al giudice di dichiarare estinto il processo e di decidere sulle spese. La condanna alle spese è una conseguenza quasi automatica dell’estinzione per rinuncia, poiché la parte che ha dato causa al processo, per poi abbandonarlo, deve farsi carico dei costi sostenuti dalla controparte, che è stata costretta a difendersi.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Il provvedimento in esame ribadisce un principio fondamentale per chiunque operi nel contenzioso civile: l’importanza cruciale del rispetto dei termini e degli adempimenti procedurali. Nel giudizio di Cassazione, caratterizzato da un rigido formalismo, un’omissione come la mancata richiesta di udienza dopo la proposta ex art. 380-bis c.p.c. ha effetti drastici e irreversibili.

Per gli avvocati, questa decisione è un monito a monitorare con la massima attenzione le scadenze processuali e a comunicare tempestivamente con i propri assistiti per decidere la strategia da adottare. Per le parti, invece, emerge chiaramente come l’inerzia processuale non sia una scelta neutra, ma un comportamento che la legge interpreta come una rinuncia, con conseguenze economiche anche pesanti. La scelta di non proseguire un giudizio deve essere consapevole e, se del caso, formalizzata, ma il semplice silenzio può portare all’estinzione del giudizio e a una severa condanna alle spese.

Cosa succede se il ricorrente in Cassazione non risponde alla proposta di definizione del giudizio entro il termine previsto?
La legge presume che il ricorso sia stato rinunciato. Di conseguenza, la Corte di Cassazione dichiara l’estinzione del giudizio.

Qual è la principale conseguenza economica dell’estinzione del giudizio per il ricorrente?
Il ricorrente viene condannato a pagare le spese processuali sostenute dalla controparte. Nel caso specifico, l’importo liquidato per i compensi è stato di 11.000,00 Euro.

Su quali articoli di legge si fonda la decisione della Corte di dichiarare l’estinzione?
La decisione si basa sull’articolo 380-bis, secondo comma, del codice di procedura civile, che presume la rinuncia in caso di inerzia, e sull’articolo 391 dello stesso codice, che impone alla Corte di dichiarare l’estinzione e provvedere sulle spese.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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