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Estinzione del giudizio: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio in un caso in cui il ricorrente non ha dato seguito alla proposta di definizione del ricorso entro i termini di legge. Questa inerzia, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., equivale a una rinuncia, comportando la chiusura del procedimento e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese legali. La decisione sottolinea l’importanza di rispettare le scadenze processuali nel giudizio di legittimità.

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Pubblicato il 21 agosto 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Estinzione del Giudizio in Cassazione: Le Conseguenze del Silenzio

L’estinzione del giudizio rappresenta una delle possibili conclusioni di un processo, ma a differenza di una sentenza di merito, non decide sulla ragione o sul torto delle parti, bensì certifica la fine del procedimento per cause procedurali. Un recente decreto della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di come l’inerzia di una parte possa portare a questa conclusione, con importanti conseguenze economiche. Analizziamo la decisione per comprendere la dinamica e le lezioni pratiche che se ne possono trarre.

Il Contesto del Ricorso

La vicenda ha origine da un ricorso presentato alla Corte di Cassazione avverso una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Bolzano. Una parte, sentendosi lesa dalla decisione di secondo grado, decideva di portare la questione davanti ai giudici di legittimità, avviando così l’ultimo grado di giudizio.

La Proposta di Definizione e la Mancata Risposta

Nel corso del procedimento in Cassazione, è stata formulata una proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380-bis del codice di procedura civile. Questo articolo prevede un meccanismo per accelerare i processi, consentendo al relatore di formulare una proposta quando il ricorso appare inammissibile, manifestamente infondato o, al contrario, manifestamente fondato.

La proposta è stata regolarmente comunicata alle parti. La legge, in questi casi, stabilisce un termine perentorio di quaranta giorni entro cui la parte ricorrente, se intende proseguire, deve chiedere una decisione nel merito. Nel caso di specie, il ricorrente è rimasto in silenzio, lasciando decorrere il termine senza presentare alcuna istanza.

L’Estinzione del Giudizio: La Decisione della Corte

La Corte di Cassazione, preso atto del decorso del termine di quaranta giorni senza alcuna comunicazione da parte del ricorrente, ha applicato rigorosamente la normativa. Il silenzio del ricorrente è stato interpretato, come previsto dall’art. 380-bis, secondo comma, c.p.c., quale rinuncia al ricorso stesso.

Di conseguenza, il Collegio ha dichiarato formalmente l’estinzione del giudizio ai sensi dell’art. 391 del codice di procedura civile. Questo ha comportato la chiusura definitiva del procedimento di cassazione, senza alcuna valutazione sul merito delle questioni sollevate nell’atto di ricorso.

La Condanna alle Spese Processuali

L’estinzione non è stata priva di conseguenze. Conformemente all’art. 391, secondo comma, c.p.c., la Corte ha provveduto a regolare le spese processuali. La parte ricorrente, la cui inerzia ha causato la fine del processo, è stata condannata a rimborsare alla parte controricorrente tutte le spese sostenute per il giudizio di legittimità. Queste sono state liquidate in Euro 1.800,00 per compensi, oltre a Euro 200,00 per esborsi, il 15% per spese forfettarie e gli accessori di legge.

Le Motivazioni del Decreto

Le motivazioni della Corte sono concise e si basano su un’applicazione diretta delle norme procedurali. Il fulcro del ragionamento risiede nella presunzione legale di rinuncia stabilita dall’art. 380-bis c.p.c. La norma è concepita per deflazionare il carico di lavoro della Corte, evitando la discussione di ricorsi che lo stesso proponente, di fronte a una probabile valutazione negativa, non ritiene di coltivare ulteriormente. Il mancato rispetto del termine per chiedere la decisione è quindi un comportamento concludente che il legislatore ha equiparato a una rinuncia esplicita. Da questa premessa deriva, in modo quasi automatico, l’applicazione dell’art. 391 c.p.c., che impone la declaratoria di estinzione e la condanna alle spese a carico della parte rinunciante.

Conclusioni

Questa decisione ribadisce un principio fondamentale nella procedura civile, in particolare nel giudizio di Cassazione: la gestione dei termini processuali è cruciale. L’inerzia non è mai una scelta neutra e può comportare la perdita definitiva del diritto di ottenere una pronuncia, oltre a significative conseguenze economiche. Per avvocati e parti processuali, questo caso serve da monito: la procedura semplificata introdotta dall’art. 380-bis c.p.c. richiede una partecipazione attiva. Una volta ricevuta la proposta di definizione, è imperativo prendere una decisione e comunicarla formalmente entro i termini, per non vedere il proprio ricorso archiviato per una presunzione di rinuncia.

Cosa succede se un ricorrente in Cassazione non risponde alla proposta di definizione del giudizio?
Se il ricorrente non chiede una decisione sul ricorso entro quaranta giorni dalla comunicazione della proposta, il suo ricorso si intende rinunciato per legge, portando all’estinzione del giudizio.

Chi è tenuto a pagare le spese legali in caso di estinzione del giudizio per mancata risposta?
La parte ricorrente, la cui inattività è equiparata a una rinuncia, è condannata a pagare le spese processuali sostenute dalla parte controricorrente nel giudizio di legittimità.

Quali sono le norme di riferimento per questa procedura?
Le norme chiave sono l’art. 380-bis del codice di procedura civile, che stabilisce la presunzione di rinuncia in caso di silenzio, e l’art. 391 dello stesso codice, che regola la dichiarazione di estinzione e la conseguente decisione sulle spese.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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